L'altra sponda dell'Egeo

Sulle limpide acque del Mediterraneo orientale si affaccia una Turchia ancora poco nota, dove il pleinair trova ovunque liberi approdi.

Indice dell'itinerario

Per iniziare un giro sull’altra sponda del Mare Nostrum, la presenza di un grande porto è quanto mai propizia: è il caso di Çesme, accesso naturale alla Turchia per chi giunge dall’Italia via mare. Questa gradevole cittadina situata al centro della costa egea è un riferimento essenziale per i collegamenti turistici con l’Adriatico, rendendo a portata di camper l’Asia Minore senza dover attraversare i Balcani. L’abitato (dove è difficile trovare fontane, ed è meglio dunque sbarcare con il serbatoio pieno) offre una zona commerciale, un bel lungomare e un porticciolo per yacht e riceve un tocco di nobiltà dal ben restaurato castello che i Genovesi innalzarono nel Quattrocento a protezione di uno dei loro numerosi empori del Mediterraneo orientale.
L’unica spiaggia urbana si trova a nord, presso le ultime case; numerose le località balneari dei dintorni, piuttosto sfruttate da alberghi e ville. Noi procediamo invece a sud lungo la strada che rasenta la stazione marittima e, dopo aver toccato il piccolo centro di Çiftlik, si dirama in due direzioni. A destra si scende alla spiaggia Pirlanta, spesso battuta da onde e vento, e conviene pertanto andare a sinistra tenendo sempre la strada asfaltata sulla stessa mano per i lidi di Altinkum. Un centinaio di metri prima del termine (da Çesme sono 8 chilometri) si trova sulla destra un parcheggio adatto anche al pernottamento, quindi un bar con stabilimento balneare; subito dopo la fine della strada si incontra un più ampio Beach Club e altri se ne trovano scaglionati lungo le spiagge, tutte con libero accesso al mare.
Tra Çesme e Izmir c’è da qualche tempo, oltre alla strada, un’impeccabile autostrada di 80 chilometri scarsamente trafficata, ma abbiamo preferito ad entrambe una più lunga via alternativa. Nel paese di Ilica ci attende subito una piccola sorpresa percorrendo, dopo il club velico, la gittata di scogli a protezione dalle onde: si giunge così a un paio di scalette con mancorrente per scendere in mare… bagnandosi in acque riscaldate da una sorgente che sgorga a 50°C (nella zona sono presenti anche impianti termali).

Lasciamo la costa e deviamo per il villaggio di Ildir che sorge sotto l’acropoli dell’antica Eritre, di cui in verità poco rimane. Molto belli invece, più avanti, gli aspri e solitari paesaggi dischiusi dalla strada asfaltata che taglia la montagna con grandi panorami e riporta al livello del mare presso Balikliova. Si giunge infine alla strada Çesme-Izmir e, oltrepassata Urla, si profila la vasta periferia del secondo porto turco dopo Istanbul.
Izmir, l’antica Smirne, ha ormai dimensioni metropolitane ed è percorsa sul lato del mare da una comoda strada di scorrimento. Quest’ultima, in prossimità della centrale piazza Konak Meydani, si incassa brevemente in un sottopassaggio dal quale si dovrebbe cogliere la prima possibilità per compiere la conversione; reimboccato il sottopasso in senso inverso, subito all’uscita si trova un segnale di parcheggio e più avanti l’indicazione “Taxi”, arrivando in un posteggio custodito dalle 7 alle 22 e dove si può sostare e pernottare a modestissimo costo (noi vi abbiamo fatto base per 48 ore). La Konak Meydani, area pedonale, è caratterizzata da una secolare torre dell’orologio e da una piccola vecchia moschea, la Konak Cami dalle belle piastrelle smaltate. Sotto i vicini portici ci sono le botteghe dei cambiavalute e a breve distanza il bazar, oltre il quale salire all’agorà che contiene i resti più significativi del periodo romano. A poca distanza dalla piazza anche il museo archeologico e quello di etnografia, con istruttivi spazi dedicati ai mestieri artigiani.

 

La leggenda di Creso

Il ginnasio e le terme di Sardi ancora rivelano la potenza del suo fondatore, il re Creso
Il ginnasio e le terme di Sardi ancora rivelano la potenza del suo fondatore, il re Creso

Lasciando la città verso nord si imbocca subito dopo un’arteria sulla destra, badando a seguire le indicazioni per Bornova e poi quelle per Ankara (è la D 300, un’autostrada gratuita). Per la cambusa vale una sosta il tranquillo abitato di Turgutlu, rinomato per le sue ciliegie, anche se sono i vigneti da cui proveniva la famosa uvetta di Smirne a caratterizzare il paesaggio agricolo. Percorsi 75 chilometri, il bivio per il villaggio di Sart conduce in breve agli imponenti resti di Sardi, la città di Creso che nel VI secolo a.C. fu re della Lidia e di cui si ricordano le leggendarie ricchezze. Un cancello sulla sinistra dà accesso al parcheggio e di qui a una strada di negozi d’epoca bizantina, alla sinagoga di recente restauro coi suoi mosaici, al grande edificio del gymnasium e delle terme dove i marmi delle colonne contrastano con il rosso dell’edificio. Al tempio di Artemide, voluto dallo stesso Creso, si accede per una stradetta di un chilometro al cui termine si trovano il cancello di accesso e una fontana (vicino alla quale si può parcheggiare il camper): dei resti dell’edificio, ripristinato dopo eventi bellici da Alessandro Magno, colpiscono le enormi proporzioni e lo stesso contesto, che lo fa apparire come una sorta di colossale macchina del tempo abbandonata da qualche dio scontento nella vallata solitaria.
Senza tornare sulla D 300, basta continuare sulla deviazione iniziale per imboccare a destra la buona strada di montagna che ci porterà fino a quota 1.200 lungo un percorso di buon valore ambientale. Interessanti sono i villaggi di Bozdag e di Elmabag, ma anche il lago di aspetto alpino di Gölcük adatto, con la sua frescura, al riposo notturno (lungo la discesa verso il bacino è segnalato un campeggio). La sosta lungo le sponde, pur vietate alla balneazione, offre l’opportunità di gustare il pesce gatto in un ristorante su palafitte o di provare qualche giro in bici spingendosi oltre il termine dell’asfalto.

A Goluck il lago circondato dalle colline
A Goluck il lago circondato dalle colline

Passando tra i platani del vecchio villaggio di Birgi si nota la bella moschea seicentesca appartenuta ai dervisci. Potremo lasciare il camper nei pressi per continuare a piedi verso il Çakyraga Konagy, una sorta di villa-museo fatta erigere da un qualche benestante funzionario locale. Più avanti, passato un ponticello, incontriamo decaduti edifici a tralicci da vecchia Turchia, un paio di caffè ma soprattutto la bella moschea trecentesca Ulu Cami, dove un gentile imam versato nell’inglese ci fa da guida illustrando con perizia i resti greci e romani reimpiegati nella costruzione, le sculture in legno dell’arredo, un pulpito anch’esso in legno e alcune preziose porticine scolpite, che erano state trafugate ma poi, riconosciute in un museo di Londra, sono tornate in patria.
Superato Ödemis, ci portiamo a Tire sostando accanto al piccolo museo archeologico, da cui si arriva in breve alla quattrocentesca moschea Yesil Imaret dalla semplice e garbata architettura. Verso Selçuk, in una calda zona pianeggiante chiusa tra aride colline, l’improvvisa apparizione di una zona umida con il suo verde tenero è un piacere per la vista.

 

Città di meraviglie

L'odeon di Efeso
L’odeon di Efeso

La nascita di Selçuk fu favorita, verso il V secolo, dalla decadenza della vicina Efeso il cui porto andava via via interrandosi a causa dei depositi di fango del Caistro (oggi il mare dista ben 9 chilometri). Da vedere la basilica di San Giovanni eretta da Giustiniano sul luogo della tomba dell’evangelista, la trecentesca moschea Ysa Bey Cami e un bel museo archeologico al quale si perviene appena imboccato lo stradone per Efeso (qui ci si potrà fermare anche all’ampio sterrato libero che si trova girando l’angolo, appena oltre il parcheggio a pagamento antistante l’edificio).Una scorrevole diversione di una dozzina di chilometri porta al Railways Steam Engine Museum di Çamlyk, dove si potrà ammirare una vasta e curata collezione all’aria aperta di locomotive e altri macchinari ferroviari con l’ottima guida del simpatico gestore del museo, Attila, il cui padre fu capostazione di questo scalo. Salendo in collina tra vigneti e uliveti, lo storico paese di Sirinçe vanta invece belle architetture tradizionali.

I pittoreschi resti del tempio di Artemide
I pittoreschi resti del tempio di Artemide

Le vaste rovine di Efeso, dopo Istanbul il sito turistico più frequentato della Turchia, digradano lungo una collina a 3 chilometri da Selçuk. Dei due ingressi, a chi viaggia in camper conviene quello inferiore dotato di un parcheggio molto ampio, facendo in modo di arrivare nelle prime ore del mattino (d’estate la biglietteria apre alle 8) per trovare posto nell’esigua zona ombreggiata; importante portare con sé dell’acqua, perché nell’area archeologica non abbiamo visto alcun punto di ristoro.

I resri della biblioteca di Celso
I resri della biblioteca di Celso

Tra i molti monumenti citiamo la biblioteca di Celso dalla sontuosa facciata e accurate decorazioni, il tempio dell’imperatore Adriano e, nei pressi della porta superiore, l’antica torre dell’acqua che distribuiva alla città le risorse idriche. Quanto al colossale tempio di Artemide, una delle sette meraviglie del mondo antico, ne rimangono una colonna e alcuni massi squadrati che emergono da uno stagno: il complesso originario fu dato alle fiamme nel 356 a.C. da un certo Erostrato, passato alla storia proprio per quell’incendio, ma anche delle successive opere di ripristino resta ben poco. Un altro sito assai noto è la cosiddetta Casa della Madonna, un edificio risalente al I secolo che fu rinvenuto nell’Ottocento seguendo le descrizioni di una religiosa tedesca, Katharina Emmerich, la quale individuò il luogo solo grazie ad alcune visioni mistiche non essendo mai uscita dal suo paese. Legata alla tradizione cristiana è anche la curiosa leggenda dei Sette Dormienti, un gruppo di giovani seguaci di Gesù che nel II secolo, avendo rifiutato di sacrificare all’imperatore Decio, si rifugiarono all’interno di una grotta nella quale vennero murati; allorché un terremoto fece crollare il muro, i sette si risvegliarono dal loro profondo sonno e tornarono in città, per scoprire che erano trascorsi due secoli e che l’editto di Teodosio aveva prescritto tutti i culti pagani in favore del cristianesimo. Il sito, meta di pellegrinaggio, si raggiunge dalla strada laterale che precede la biglietteria del parcheggio inferiore di Efeso e conduce in circa un chilometro a un ombroso sterrato con adiacente parcheggio, dal quale si sale in breve alla cavità.

 

Oracoli e matematica

Il parco del Dilek  Yarimadasi
Il parco del Dilek Yarimadasi

Il lido efesino si chiama oggi Pamucak, lunghissima e profonda spiaggia di sabbia fine. Al piccolo distaccamento della Jandarma ci informano che potremo tranquillamente accedervi e pernottare con il camper, essendo il margine interno battuto e bagnato quotidianamente perché resti praticabile ai veicoli senza rischio di insabbiamenti. Merita peraltro la citazione l’invitante campeggio, appena più a sud, annesso al motel Dereli e dotato di scarico e di servizi che appaiono in stato impeccabile.
Dopo un tuffo nell’Egeo, ci spostiamo verso nord fino a un villaggio con spiaggia dove la tabella “Claros” ci guida nell’entroterra per poco più di un chilometro. Una deviazione sulla destra e un successivo breve sterrato conducono ai resti semisepolti dall’acqua, tra rane e uccelli, dell’accesso a un oracolo di Apollo: un sito suggestivo quanto negletto, del quale siamo i soli visitatori.

Viaggiamo ormai nell’antica Ionia, ma la zona di Kusadasy – carente di parcheggi pur se disseminata di alberghi e lottizzazioni turistiche – offre poche memorie storiche se non un caravanserraglio adibito a hotel. Giunti di fronte all’ex Isola degli Uccelli, se ci fosse posto nel parcheggio antistante la diga si può fare una passeggiata in questo sito tranquillo dal quale si leva la scabra sagoma di un fortilizio genovese.Oltre il paese di Davutlar si trovano altre spiagge valorizzate da insediamenti turistici, finché i veicoli vengono filtrati da un casello di pedaggio. Entriamo così nel parco nazionale Dilek Yarimadasi, montuosa penisola che supera i 1.200 metri di quota ed è accessibile ai mezzi privati nella prima parte, per una decina di chilometri (più oltre resta zona militare). Il paesaggio è boscoso e suggestivo tra pini, querce, castagni e cipressi, e la rotabile asfaltata dà accesso mediante alcune bretelle a quattro spiagge di sabbia o ghiaia ben attrezzate, su un mare di grande limpidezza.
Söke è punto di passaggio obbligato per raggiungere la valle del Büyük Menderes e tre dei siti più interessanti dell’antica Ionia. Dopo che all’inizio del V secolo a.C. i Persiani ebbero bruciato la città fondata nella piana molti secoli prima, gli abitanti di Priene scelsero di rifondarla sul monte e seguirono i precetti di Ippodamo basandosi su un tracciato di strade ortogonali con terrazzamenti a diverse altezze per compensare la posizione scoscesa: l’insediamento, di grandissima suggestione, sfoggia un ben conservato teatro e il tempio di Atena.

Anche Mileto, la città del matematico e astronomo Talete, venne distrutta dai Persiani e sui resti della sua rifondazione si sovrapposero le edificazioni romane. Sulle estese rovine campeggia il teatro, insieme ai riconoscibili resti di una fortezza bizantina; tra le rovine degli sparsi edifici spiccano le possenti murature delle terme dedicate a Faustina, moglie dell’imperatore Marco Aurelio, e la quattrocentesca moschea di Ilyas Bey. Come per Efeso, alla decadenza di Mileto concorsero i depositi del Meandro che continuano ad allontanare una linea litoranea ormai ben distante da ciò che fu il porto della città.

La celebre effigie della terribile Medusa nell'area archeologica di Didime
La celebre effigie della terribile Medusa nell’area archeologica di Didime

Il terzo sito, quello di Didime, fu un famoso oracolo di Apollo nonostante l’enorme tempio voluto da Alessandro Magno non venisse ultimato, in sette secoli, nemmeno dai Romani: ma quanto ne rimane – tra cui un’effigie della Medusa – continua a suscitare profonda ammirazione.
Dalla moderna Didim le indicazioni per Bodrum portano in vista del grande lago Bafa, ma occorrerà continuare fino a Çamiçi per prendere il bivio a sinistra che conduce alle sue rive; continuando, si può salire fino a Kapykyry dalla cui sommità si ha una pittoresca veduta, oppure deviare verso un ristorante accanto al lago dove è possibile anche la sosta di un camper. Una delle particolarità del luogo è che anticamente era la parte più interna di un golfo, anch’esso interrato dal Meandro: qui sorgeva una volta la città di Latmos, divenuta in seguito Eraclea e di cui sono sparsi all’intorno numerosi resti. Ma la tappa merita soprattutto per farsi accompagnare, in barca, a qualcuna delle molte isolette tuttora disseminate di resti degli eremi e conventi di anacoreti bizantini.

Il villaggio di Kapikiri sul lago Bafa
Il villaggio di Kapikiri sul lago Bafa

 

La spiaggia di Cleopatra

Il porto turistico di Bodrum
Il porto turistico di Bodrum

Sulla strada per Mylas e Bodrum, 3 chilometri oltre il paese di Selimiye, il tempio di Euromos voluto da Adriano e dedicato a Giove (lo si nota sul lato sinistro del percorso) sorprende per il suo raro stato di conservazione, essendo tuttora in piedi una metà delle colonne con i relativi architravi.
A Mylas deviamo di una cinquantina di chilometri verso Bodrum, divenuto uno dei centri più turisticizzati della costa, che sorge quasi all’estremità di una grande penisola. Nell’antica Alicarnasso – patria degli storici Erodoto e Dionigi – sorse la raffinata tomba monumentale voluta per sé e per il consorte da Artemisia, sposa di quel Mausolo che alla metà del IV secolo a.C. fu signore della Caria: il famoso Mausoleo, rimasto indenne per 1.600 anni, venne distrutto da un terremoto e ciò che ne rimaneva fu riutilizzato dai Cavalieri di San Giovanni per erigere il castello. Nel fortilizio, oggi restaurato, si visita anche il cospicuo museo di reperti subacquei dei naufragi. Per il non facile parcheggio in città abbiamo sperimentato la seguente possibilità: alla fine di una discesa che arriva al margine del centro, bisogna comunque proseguire fino a una rotatoria con semaforo dove voltare a sinistra seguendo l’indicazione Otogar e girare poi a destra per la Turgut Reis Caddesi; dopo alcune centinaia di metri, subito dopo una falegnameria d’angolo, c’è un ampio sterrato in cui si sosta a poco prezzo per l’intera giornata e da dove una viuzza scende al porto in pochi minuti.La strada da Mylas a Mügla attraversa nella sua prima parte alture ricoperte di estese pinete e tocca qualche gradevole punto di sosta con alcune fontanelle. Tralasciando il bivio con l’indicazione per Marmaris (si tratta solo di una circonvallazione), ci addentriamo in questa interessante cittadina che affianca alla parte moderna un gradevole quartiere ottomano. Dalla piazza centrale con statua di Atatürk, il centro storico con il bazar si incontra procedendo a piedi sulla sinistra fino alla moschea Kursunlu Cami; qui c’è un vecchio caravanserraglio restaurato, mentre continuando a salire si arriva a una moschea trecentesca. Ma l’interesse è ancor più nel dedalo di stradine dai molti negozi artigiani, compresa la pittoresca bottega dell’ottimo barbiere Alì con il quale siamo finiti a guardare vecchie foto, bevendo tè dai tipici bicchierini convessi.

Il placido approdo peschereccio di Akiaka
Il placido approdo peschereccio di Akiaka

Akiaka è un tranquillo villaggio tra balze coperte di pini che nel quartiere in basso dispone di un molo protetto (ampio parcheggio accanto alla foce di un limpido fiume con ponticello pedonale); salendo alla parte superiore dell’abitato si passa accanto a un camping, per poi scendere a un ormeggio da pescatori. Ancora un paio di chilometri e nella costa rocciosa si apre un’apprezzabile spiaggia con lettini e ombrelloni, dove è possibile solo il parcheggio di fortuna a meno di non spostarsi di qualche centinaio di metri, all’ombra dei pini.
Riprendendo la direzione di Marmaris la strada si mantiene molto ampia fra belle collinette alberate: quando il tracciato si restringe è il momento di cominciare a fare attenzione per non perdere, sulla destra, il segnale per il pontile dal quale imbarcarsi per una gita alla Sedir Adasi, l’Isola di Cleopatra, dove sorgeva l’antica Cedreae. Ma ben più dei resti di mura e teatro è impagabile la bellezza della spiaggia che sarebbe stata la prediletta dalla regina, e la cui sabbia – forse portata in nave sin qui dall’Egitto per volere di Antonio – appare composta di microscopiche sferette.
Marmaris, che conoscemmo piacevole villaggio, la severa impossibilità di parcheggiare si accompagna a un’intensa attività delle autogru. Un poliziotto ci dà il permesso di fermarci brevemente, sia pure in divieto, per richiedere informazioni all’ufficio turistico; ma prontamente un negoziante ci invita brusco ad andarcene. L’episodio può dare un’idea del clima di questa città, la cui mancata visita non desta rimpianti.

 

La penisola del tesoro

Un meraviglioso scorcio del mare di Datça
Un meraviglioso scorcio del mare di Datça

Della frastagliata costa egea sin qui visitata, è la penisola di Datça ad offrire le atmosfere più originali. Lunga, sottile e solitaria, tra rari villaggi e belle macchie boschive, sul lato nord è battuta dal meltemi mentre a sud offre spiagge o piccole insenature lambite dai pini. Forse a causa della tortuosità della strada che al capo di Krio ne raggiunge l’estremità (distante un centinaio di chilometri da Marmaris) l’afflusso turistico è ancora relativamente modesto, ma è facile prevedere che nel giro di qualche anno la situazione cambierà.

Vari chilometri dopo aver superato alcuni campeggi noteremo a sinistra l’indicazione Hotel Robinson , seguendo la quale si scopre in breve una serie di strabilianti vedute su seni marini simili a laghi – è la zona del cosiddetto fiordo di Bençik – fino ad alcuni panorami costieri più ampi. Una bella e lunga spiaggia di sabbia si trova una decina di chilometri prima di Datça quasi di fronte a un’isola rocciosa, raggiungibile talvolta a piedi; la deviazione di un chilometro parte dalla tabella Sunsail Peril Club oppure seguendo il discreto sterrato che s’incontra poco dopo.

Il porticciolo di Datça
Il porticciolo di Datça

Il paese di Datça (che è praticamente l’unico riferimento per gli approvvigionamenti grazie a un supermercato, banche, ristoranti, negozi e due distributori) ha la sua parte più attraente nella zona del porto nei pressi del quale si trovano, accanto alla spiaggia, un campeggio e un piccolo lago balneabile alimentato da una sorgente calda. Proseguendo lungo la strada che attraversa l’abitato noi siamo scesi invece all’insenatura di Kargy, dove ci siamo fermati per la notte tra gli eucaliptus accanto a un paio di piccoli ristoranti tipici.

Più avanti la strada s’insinua tra monti di forme bizzarre ma, giunti in quota, conviene seguire una sorta di variante marina prendendo la deviazione per Mesudiye Bükü. Lasciata sulla destra una cava, s’incontra più avanti un nuovo bivio dove, tenendo a sinistra, si può scendere al placido villaggio tra le rocce di Hayit Bükü con la sua spiaggia. Quasi inesistenti gli spazi per sostare, ma se ci si riesce vale la pena percorrere a piedi la stradina sulla sinistra per godere la vista della successiva deliziosa spiaggia Hail Bükü. Proseguendo invece col mezzo lungo le casette del paese si raggiungono le sparse abitazioni di Ovabükü, con un altro invitante arenile affacciato sul limpido mare oltre il promontorio. Qui facciamo la conoscenza di Adam Özdemir e signora, una coppia di rara simpatia che a pochi metri dalla spiaggia tiene una pansiyon di poche stanze e, secondo un’usanza locale già vista altrove, fa anche servizio di campeggio su un’area capace di ospitare una ventina di camper.

L'abbinata camper traghetto è la soluzione più confortevole per raggiungere l'Egeo turco e le sue bellissime spiagge
L’abbinata camper traghetto è la soluzione più confortevole per raggiungere l’Egeo turco e le sue bellissime spiagge

La nostra strada secondaria sale a qualche decina di metri sulla costa rocciosa sfiorando alcune invitanti calette di ghiaia, la prima delle quali raggiungibile anche col mezzo. Il successivo Palamut Bükü è un esteso villaggio anch’esso con lunga e bella spiaggia di sabbia; di qui si prende la bretella che torna alla strada principale in quota, con magnifiche viste su varie spiagge raggiungibili solo via mare o per difficili strade bianche.
Gli ultimi 5 chilometri sono di discreto sterrato e terminano al parcheggio dell’area archeologica di Cnido, un luogo di magica bellezza affacciato su un Egeo di un blu senza confronti (e nel cui parcheggio è possibile pernottare con l’autorizzazione della Jandarma). Fondata verso il 1000 a.C. da genti doriche a metà della costa sud della penisola, la città si spostò molto più tardi all’estremità di fronte alla piccola isola del capo Krio, che venne congiunta alla costa creando il basso istmo di terra tuttora esistente: in questo modo si venne a disporre di due porti orientati in direzioni opposte e quindi utilizzabili dalle navi con qualsiasi vento. La panoramica passeggiata tra le rovine dell’insediamento e lungo il declivio che sale all’acropoli è resa gradevole anche dalla brezza; sono riconoscibili il teatro, una zona commerciale e un tempio di Apollo.

La penisola di Datça
La penisola di Datça

Lo sviluppo culturale ed economico di Cnido fu tale che quando per il tempio di Afrodite si rese necessaria una statua della dea dell’amore venne chiamato il grande Prassitele che, a quanto si sa, fu il primo scultore greco a realizzare un’effigie della dea completamente nuda. La celebratissima opera rese famosa anche la città, tanto che i visitatori sbarcavano da ogni parte per ammirarla, e il re di Bitinia che l’aveva richiesta a qualunque prezzo si vide opporre un netto rifiuto. Finita a Costantinopoli in epoca bizantina, sembra che la preziosa scultura sia andata distrutta in un incendio e oggi ne restano solo alcune copie, una delle quali si ammira nei Musei Vaticani di Roma. E a noi, in quest’ultimo splendido lembo di Turchia, rimane l’immaginazione: in cima all’abitato, una scalinata circolare permette di rivedere con gli occhi della fantasia il punto nel quale la statua di Afrodite doveva levarsi, quasi a salutare i viaggiatori del Mediterraneo, contro il purissimo cielo dell’Egeo.

 

 

 

 

 

 

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