L'altra faccia della Sicilia

A poche decine di chilometri dal Tirreno, il parco delle Madonie è uno splendido campionario delle montagne sicule: una rigogliosa natura d'alta quota, un paesaggio segnato dalla varietà geologica, una collana di borghi storici che custodiscono un'infinità di piccoli tesori d'arte e di tradizione.

Indice dell'itinerario

Il visitatore che, partendo dalla costa, procede verso l’interno della Sicilia scopre paesaggi del tutto inaspettati. Il primo impatto è con una terra che soprattutto nella bella stagione appare riarsa dal sole, ma basta poco per ricredersi: la via verso l’entroterra introduce a un mondo completamente diverso, dove la fanno da padroni la montagna e il verde, i boschi, i torrenti. D’inverno, poi, le cime sono innevate e vi si praticano lo sci e l’escursionismo con le ciaspole, mentre il mare poco distante conferisce a questi luoghi una suggestione particolare. L’isola, con la sua forma triangolare, è del resto una terra aperta a tre continenti: le specie vegetali provengono dall’Africa, dall’Asia e dall’Europa, e così anche gli influssi culturali. Il comprensorio delle Madonie, almeno per quanto riguarda gli aspetti naturalistici, è una sintesi di questa integrazione fra diversi mondi, tutto da esplorare per conoscere una realtà a torto trascurata da chi pensa alla Sicilia solo come a una meta balneare.

Verso l’interno
E’ proprio dal Tirreno che prende le mosse il nostro percorso. Il principale polo turistico litoraneo della zona è Cefalù, che in estate arriva quasi a decuplicare i suoi 13.000 abitanti. Nell’incantevole centro storico, dove le casette si allineano lungo un bel porticciolo, si aprono negozi e laboratori di artigianato; durante tutto l’anno i turisti passeggiano al sole e si siedono ai tavolini dei bar a godersi il tepore del giorno. Senz’altro da consigliare la visita al Museo Mandralisca con sezioni dedicate alla malacologia, all’ornitologia, alla numismatica, all’archeologia e una pinacoteca che custodisce un importante dipinto di Antonello da Messina, il Ritratto d’uomo (1465 circa). Sovrasta l’abitato la mole della Rocca, un bastione di calcare sollevatosi per effetto di movimenti tettonici che hanno generato pareti verticali alte fino a 100 metri: percorriamo volentieri i gradini che conducono alla sommità della rupe, dove l’attiva sezione locale di Legambiente gestisce un bel parco da cui la vista sulla città e sul tratto di costa verso ovest è davvero magnifica.
Procedendo in direzione di Messina sulla statale costiera si incontra il bivio per la nostra prima incursione verso le quote alte: stretta e tortuosa, ma percorribile anche dai mezzi di buona stazza, la strada sale nel giro di 25 chilometri dal livello del mare agli oltre 1.000 metri di San Mauro Castelverde, dall’impianto tipicamente medioevale, con autentici piccoli tesori architettonici e artistici fra i quali spicca il portale del Monastero della Catena, opera di Francesco di Liberto da Pettineo. Il 15 agosto si svolge in paese l’Acchianata della Madonna, suggestiva rievocazione durante la quale speciali congegni sollevano l’effigie della Vergine assunta in cielo.
Non lontano da qui il fiume Pollina ha intagliato una forra impressionante, la Gola del Tiberio, raggiungibile mediante una discesa di cinquecento scalini. Il canyon è visitabile in parte (consigliabile rivolgersi alle guide dell’area protetta) lungo un percorso che permette di scoprire una vegetazione assai varia con sughero, olivastro, lentisco, cisto, felce, rovo, origano e menta, mentre sul fondo crescono oleandro, salice, pioppo e giunco.

Dolce montagna
Ridiscesi al mare, prendiamo ora la statale in direzione di Palermo e poco dopo svoltiamo in direzione di Pollina. Lasciato il mezzo nel piccolo parcheggio all’entrata del borgo, inerpicato su uno sperone roccioso, saliamo a piedi fino alla sommità della rupe (730 m) occupata da un bel teatro all’aperto: restaurato dall’architetto veneziano Foscari, presenta una cavea ricavata nella roccia e nei mesi estivi ospita importanti rappresentazioni teatrali, con il paesaggio a fare da quinta. Lo sguardo spazia in tutte le direzioni abbracciando l’intero versante settentrionale delle Madonie, la rocca di Cefalù e, nei giorni più sereni, l’Etna e le Eolie. Anche il centro storico vale una passeggiata: l’impianto urbano, curato da un altro restauro, incorpora elementi moderni come la scala in cemento che collega la parte alta del paese a quella bassa. Nei dintorni si possono osservare le coltivazioni di una particolare specie di frassino dal quale per tradizione si ricava la manna, una resina biancastra e zuccherina utilizzata nella produzione dei rinomati dolci siciliani, alla quale è dedicato il Museo della Manna che illustra l’intero processo di raccolta e lavorazione.Le più famose produzioni a base di manna le troviamo a Castelbuono, uno dei centri principali delle Madonie, che raggiungiamo in pochi chilometri. Qui ha sede l’azienda Fiasconaro, che ha saputo coniugare la qualità con la promozione: mediante una rete di rivenditori selezionati, distribuisce in Italia e all’estero un assortimento di delizie che include liquori, marmellate, dolci e torroni. Soddisfatta la gola, percorriamo l’elegante Corso Umberto fino al trecentesco castello dei Ventimiglia con collezioni di reperti archeologici e paramenti sacri; dalle finestre si gode una bella vista sul centro, con le strade diritte che sembrano convergere verso le quote più alte.
Tra fitte e ombrose sugherete la strada serpeggia fino a Geraci Siculo, allungato su una cresta che di nuovo supera i 1.000 metri di altitudine e costituisce il margine orientale dell’area protetta. Nel pomeriggio non è raro imbattersi in contadini che ritornano dalla campagna a dorso di mulo e, già sul finire dell’estate, indossano ‘u cappularo, un tipico mantello nero con cappuccio che serve a proteggersi dai rigori dei mesi freddi.

Balconi sul parco
Le Petralie, ovvero i due centri che portano questo nome, vengono così indicate anche su qualche cartello stradale. Provenendo da Geraci si incontra per prima Petralia Soprana, la più piccola, che da 1.147 metri di quota domina il panorama argilloso verso l’interno della Sicilia. L’Etna si trova in linea d’aria a più di 100 chilometri ma nelle belle giornate, soprattutto al tramonto, sembra a due passi e fa da sfondo all’abitato di Gangi, ben visibile su un’altura. Petralia Soprana conserva diverse chiese interessanti e una biblioteca che raccoglie libri, manoscritti e opere donate o lasciate per testamento da abitanti della zona deceduti o emigrati all’estero.
Poco più ad ovest e a un’altitudine leggermente inferiore, Petralia Sottana occupa una roccia calcarea affacciata sui bastioni delle Madonie. Da qui si nota la caratteristica parete di Pizzo Sant’Otiero, ai cui piedi si apre la cava utilizzata per ricavare il materiale per la costruzione della Chiesa Madre; recandosi sul posto, si può vedere ancora una colonna parzialmente estratta dalla pietra. Lungo le vie del paese ci accompagnano i fratelli Alessandro e Fabio Torre, fra i principali promotori di progetti naturalistici come l’originale Sentiero Geologico Urbano, un percorso alla portata di tutti per strade e vicoli che permette appunto di scoprire la storia geologica di questa parte della Sicilia. La competenza degli esperti locali di scienze della Terra è testimoniata anche dal Geopark, sezione del Museo Civico Antonio Collisani, che offre un vero e proprio laboratorio interattivo la cui visita risulta divertente e istruttiva per grandi e piccini. Il museo si sta arricchendo inoltre di una sezione dedicata al sale, poiché qui ha sede un’azienda che lavora nella più grande miniera europea di salgemma, profonda oltre 400 metri e sviluppata su sette livelli. Un’altra sorpresa del sottosuolo è l’abbondanza di sorgenti, alcune delle quali captate e utilizzate per alimentare le fontane del paese come quella visibile nel cortile dell’Albergo Madonie, fra i più antichi hotel di provincia di tutta la Sicilia.
Nel centro di Petralia Sottana, il magnifico palazzetto Pucci-Martinez è la sede del Parco Naturale Regionale delle Madonie: una tappa indispensabile, con personale disponibile e competente nonché una grande quantità di informazioni e pubblicazioni sull’area. Insieme a Lucia Macaluso, artista locale ed esperta guida, visitiamo il duomo e poi, con una breve passeggiata, raggiungiamo la chiesa della Trinità, parte di un ex convento di clausura attualmente adibito a scuola, che custodisce un meraviglioso polittico marmoreo opera di Giandomenico Gagini, alto ben 10 metri e con ventitré bassorilievi raffiguranti la vita di Cristo; sulla destra della navata è un organo ligneo perfettamente conservato e funzionante.

Passeggiate in natura
Dalle Petralie si intuisce che la montagna autentica è molto vicina: basta percorrere poco più di 16 chilometri per raggiungere Piano Battaglia (1.700 m), un campo in quota che nella stagione invernale funge da centro sciistico e dal quale partono numerosi sentieri per esplorare in lungo e in largo la catena. Da qui soltanto due ore di cammino conducono ai 1.979 metri del Pizzo Carbonara, ma si può anche camminare nei dintorni alla ricerca delle curiosità geologiche sapientemente sottolineate da appositi cartelli, che ne illustrano i dettagli e forniscono appropriati commenti. Al piede del versante settentrionale del Monte Spina Puci, a pochi metri dalla strada asfaltata, sono visibili bellissimi esemplari di coralli fossili, mentre la Conca della Battaglietta e l’omonimo inghiottitoio formano un vero e proprio museo geomorfologico all’aperto, mostrando tanto i processi tettonici quanto l’azione erosiva delle acque.
La varietà geologica, d’altra parte, è uno dei punti forti delle Madonie, e proseguendo in direzione di Polizzi Generosa si resta sorpresi dalla rapidità con cui cambia il paesaggio. Lungo la strada, sulla sinistra, ci si imbatte ad esempio in un grande contrafforte di roccia dolomitica le cui punte frastagliate sono dovute questa volta all’azione dei ghiacci, con un effetto di grande spettacolarità accresciuto dalla disposizione ad anfiteatro sulle pendici meridionali del Monte dei Cervi. Anche questo è molto interessante, offrendo innumerevoli spunti di osservazione per la natura calcarea che ha prodotto rare forme di erosione carsica: profonde gole ne incidono il fianco e, quasi alla sommità, fa bella mostra di sé la vasta depressione chiamata Padella per la forma tondeggiante, generata dal collasso di quella che un tempo doveva essere un’enorme cavità carsica, una delle tante che si aprono in queste montagne. Gli speleologi locali hanno esplorato diverse grotte, tra le quali l’Abisso del Vento, profondo 210 metri e lungo oltre 4 chilometri, e l’Abisso del Gatto nei pressi di Cefalù, che si sviluppa per meno di un chilometro ma raggiunge la profondità di 323 metri, la maggiore della Sicilia.

Madonie ieri e oggi
Sino a qualche decennio fa la Sicilia era rimasta in una condizione di arretratezza, che ha però favorito la conservazione della maggior parte dei centri storici e delle loro caratteristiche. Gli ultimi decenni hanno portato una relativa apertura, mentre la cultura locale maturava la consapevolezza delle proprie risorse: gli interventi successivi, i restauri, i consolidamenti e anche la semplice manutenzione sono stati perciò eseguiti con rispetto. Il risultato è che molti di questi paesi sono veri e propri gioielli arrivati fino a noi nella loro remota autenticità. E’ il caso di Polizzi Generosa, poggiata su un ampio pianoro a oltre 900 metri di quota a sorvegliare il torrente Fichera: quando la vallata si riempie di umidità l’abitato sembra navigare sulle nuvole, un fenomeno chiamato maretta che conferisce alla cittadina un fascino tutto particolare).
Polizzi, che ricevette l’appellativo di Generosa da Federico II, custodisce innumerevoli tesori d’arte fra i quali si segnala in particolare un trittico quattrocentesco di scuola fiamminga, probabile opera del Memling, a destra dell’altare maggiore nella Chiesa Madre. In compagnia di Giovanni Caruso, guida culturale e collaboratore dell’ente parco, visitiamo il Museo Ambientalistico Madonita, una struttura privata nata grazie alla passione e al lavoro del dottor Cannata, farmacista del paese, e ospitata nell’antico Palazzo Notarbartolo: nelle sale sono esposti svariati esemplari imbalsamati dei principali rappresentanti della fauna delle Madonie oltre alla ricostruzione dei principali habitat di uccelli come la beccaccia, il grifone, l’aquila reale, il corvo imperiale, e di mammiferi come la volpe e il lupo. C’è anche un orso, e il dottor Cannata ci racconta alcuni episodi del folklore popolare legati alla presenza del plantigrado su questi monti. Annessi al museo un bel giardino, un ristorante con foresteria, uno spazio adibito alla degustazione di vini e una saletta circolare con soffitto a cupola dotata di un’acustica eccezionale: si dice che fosse utilizzata per i giuramenti dei Templari mentre oggi, più prosaicamente, vi è prevista la realizzazione di un caffè letterario.L’adiacente pasticceria Al Castello apre un’altra irresistibile finestra sul mondo dei dolci siciliani, e non possiamo far altro che cedere alla tentazione di assaggiare lo sfoglio polizzano a base di tuma (un formaggio fresco di produzione locale), cannella, cacao e zuccata; proviamo anche il buccellato e qualche crostatina di nocciole, ripromettendoci di smaltire sui sentieri le calorie accumulate. Intanto ci dedichiamo al Civico Museo Archeologico, prendendo confidenza con la storia antica di questi luoghi, e poi a una passeggiata nel centro storico fra murature, scale in legno, dettagli architettonici altrove scomparsi per sempre. E’ invece una cava a raccontarci qualcosa della storia recente di Polizzi: colpito dalla piaga dell’emigrazione, il paese ha vissuto un momento di relativa serenità economica grazie all’estrazione dei materiali utilizzati per la costruzione dell’autostrada Palermo-Catania, anche se al termine dei lavori molti si sono ritrovati nuovamente disoccupati.

Ritorno sulla costa
Sul margine occidentale del parco, Caltavuturo è un borgo di origini medioevali alla base dell’impressionante torrione roccioso della Sciara. Le vie principali, in piano, seguono le curve di livello della montagna, mentre le secondarie corrono lungo la massima pendenza e nella parte alta del paese si trasformano in vicoli, fino a condurre alla zona archeologica dove sono state rinvenute una necropoli, tracce di strade e di abitazioni ellenistiche. L’ampio panorama si apre fino al mare, che da qui dista meno di 30 chilometri.
Ma la vista più strepitosa è quella che si gode da Sclafani Bagni, al quale si giunge lungo una strada un po’ sconnessa a causa della natura argillosa dei terreni, soggetti a frequenti frane e caratterizzati da bellissimi calanchi dalle tinte cangianti. Passiamo accanto a grandi generatori eolici di recente installazione e in breve scorgiamo l’abitato, che abbraccia la sommità dell’ennesimo spuntone calcareo: il paese si rivela minuscolo, chiuso entro le mura alle quali si accede passando per una porta ogivale, e chi viaggia in camper farà bene a parcheggiare in prossimità del cimitero coprendo a piedi le poche centinaia di metri fino al centro, per poi salire ai ruderi del castello sommitale. A poca distanza dal villaggio, nei pressi di uno stabilimento termale ora abbandonato (raggiungibile solo con un mezzo agile), una sorgente di acqua sulfurea calda è l’occasione per un bagno ristoratore.
Per ridiscendere al mare scegliamo la strada più lunga, che meglio ci permetterà di apprezzare i cambiamenti della vegetazione. Al bivio di Scillato riprendiamo dunque in direzione di Polizzi Generosa e da qui, passando per la Baita del Faggio, scendiamo verso Piano Zucchi, una terrazza naturale che di nuovo affaccia sul Tirreno in lontananza: in una vera e propria sfilata botanica, si passa rapidamente dalla faggeta ai boschi di abete, poi ai lecci e alla macchia mediterranea, sino ai fichi d’India e alle palme.
Una breve deviazione conduce a Collesano, l’antica Golisano (dall’arabo Qalat-as-Sirât, rocca della strada) dove si produce una ceramica di particolare valore artistico, i cui esemplari meglio conosciuti sono le pigne ornamentali maiolicate. In passato l’argilla veniva lavorata, cotta e smaltata in locali chiamati stazzuna, da cui il nome del quartiere Stazzone che offre un bell’esempio di archeologia industriale. Da vedere anche la Chiesa Madre, del XV secolo, con facciata monumentale e un ciclo di affreschi dello Zoppo di Gangi. Nella chiesa del Collegio è invece conservata una bella immagine della Collesano del ‘600.
Prima di chiudere il giro, ci aspetta ancora una tappa che riassume le peculiarità di questo territorio: dalla strada avvistiamo le franose pareti orientali del Monte Grotta Grande alla cui base sembra collocato, in pericolosa posizione, il centro di Isnello. In realtà il paese si trova al di qua di una profonda gola che lo separa dalla parete, e ci accoglie con i suoi vicoli in salita fino alla panoramica area del castello dov’è anche la chiesa di Santa Maria Maggiore, su cui svetta una cuspide maiolicata. Ancora una pausa in pasticceria per assaggiare la versione locale dei buccellati, che qui si chiamano corna, e poi riprendiamo la discesa verso Cefalù che, annunciata dalla vegetazione sempre più mediterranea, già si scorge all’orizzonte.

PleinAir 418 – maggio 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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