Jonio in bottiglia

Sui colli del Crotonese si stendono a perdita d'occhio i vigneti di uno degli orgogli enologici d'Italia e fiore all'occhiello di una Calabria piena di sorprese: il Cirò.

Indice dell'itinerario

Duemilasettecento anni fa, quando i Greci approdarono sulle coste dello Jonio calabro, tale era l’abbondanza di viti ad ammantare piane e colline che i coloni scelsero per questi luoghi il nome di Enotria, terra del vino. Gli stessi ellenici diedero un notevole contributo alla già fiorente viticoltura locale con nuovi impianti nel circondario di Crimissa (che sorgeva nella zona dell’odierna Punta Alice, vicino Cirò Marina): e fu proprio in quest’area che si affermò la vocazione enologica del territorio, a tal punto che i vini qui prodotti divennero noti in tutta la Magna Grecia e venivano dispensati in coppe ai vincitori delle Olimpiadi. Milone di Crotone, l’atleta più famoso dell’antichità, conosciuto non solo per le sue imprese sportive ma anche per l’insaziabile appetito da grande lottatore, era un affezionato estimatore del Krimisa, l’antenato del Cirò DOC, oggi sinonimo di una realtà vitivinicola che rappresenta un motivo d’orgoglio per la Calabria intera.
Viaggiando tra Isola di Capo Rizzuto, Strongoli, Cirò, Melissa e Crucoli, il paesaggio è una distesa di vigneti che crescono rigogliosi dal suolo generoso. Alla copiosità della produzione si affianca inoltre una qualità firmata dall’intraprendenza di alcune cantine che hanno introdotto nuove tecniche di viticoltura e vinificazione, permettendo di raggiungere interessanti traguardi e dando ulteriore notorietà a questa zona sulla scena mondiale. Colline e pianure asciutte, unitamente al terreno ideale e al clima temperato, sono gli ingredienti giusti per imbottigliare un buon Cirò, ricavato soprattutto dalle uve dell’autoctono Gaglioppo (circa l’80%) e di Magliocco Canino; vitigni che coprono gran parte delle terre del Cirò e che costituiscono la maggioranza dei 19.000 ettari dell’intera regione.
Ma come si fa ad ottenere il rosso Cirò DOC di color rubino, odore gradevole, sapore armonico e, se invecchiato in barrique, vellutato e di grande struttura? Ci risponde Nicodemo Librandi, produttore vitivinicolo della cantina omonima di Cirò Marina che vanta 230 ettari di vigneti: «Ci vuole soprattutto l’amore per questo vino e per questa terra. Noi lo facciamo dal 1950 con passione e dedizione, mai stanchi di curare la coltivazione e di dedicare nuove idee alla cantina. Produciamo numerosi vini e per ognuno, come diceva il pittore romantico John Mortimer, il bello è gustare il sole imprigionato in una bottiglia. Per noi è entusiasmante riuscire a imbottigliare il sole di Calabria per dar vita a un vino che racchiuda in sé l’atmosfera del Sud». I Cirò rosso classico, rosato e bianco, i bianchi Labella, Efeso e Critone, il passito Le Passule, i rossi Val di Neto Magno Megonio e Gravello, il rosato Terre Lontane, il rosso Asylia (Melissa DOC) e la riserva Cirò Duca Sanfelice sono i biglietti da visita delle cantine Librandi.
Sempre a Cirò Marina, prodotti come Torrione Melissa DOC Rosso, Macalla IGT Calabria Rosso, Krimisa Cirò Rosso Classico nascono invece dalla cantina Zito, una storica struttura risalente al 1870: oggi è diretta e coordinata dai fratelli Valentino e Francesco, che hanno raggiunto l’ambizioso traguardo delle 100.000 bottiglie.
Si deve invece tornare indietro al 1845 per le cantine Ippolito, che vantano il marchio più vecchio della Calabria: l’affiatato terzetto dei cugini Gianluca, Vincenzo ed Elisa è il nuovo pilastro di un’azienda che produce annualmente circa un milione di bottiglie da una superficie di 100 ettari.
In località Petraro, tra scenografici filari di Gaglioppo e Greco Bianco, l’azienda vinicola Francesco Malena fonda la propria attività su 16 ettari di vigneti amorevolmente curati dallo stesso titolare e dai figli Cataldo e Antonio; le 150.000 bottiglie prodotte sono in gran parte dedicate ai Cirò Rosso Classico Superiore, Rosato, Bianco, Riserva e agli IGT Lipuda Bianco e Rosso.
Puntando ancora più a sud, a Strongoli, il tour vitivinicolo fa sosta in località Dattilo, nota soprattutto per i gibbosi ulivi secolari a cui si sono affiancate le distese di vite dell’azienda agricola di Roberto Ceraudo, che con orgoglio dice: «Qui si sta bene come in nessun altro posto del mondo. Ho il mare a due passi e una campagna ricca di storia e di buoni frutti che hanno contribuito a far affermare il nostro marchio. Vini come Imyr, Petraro, Patella, Dattilo e Grayasusi non sarebbero mai potuti nascere altrove, e lo stesso vale per il nostro olio extravergine d’oliva, assolutamente biologico». Provare per credere: l’elegante agriturismo di Roberto è il luogo ideale per gustare i suoi vini in abbinamento a una cucina straordinaria. Ci sono voluti oltre dieci anni e investimenti di oltre un milione e mezzo di euro per collezionare 70.000 bottiglie di vino all’anno provenienti da 20 ettari di vigneti, insieme a 30.000 bottiglie d’olio da 40 ettari di oliveti. «Il bello – continua sorridendo Roberto – è che nonostante la fatica mi accollo tanto altro lavoro. A darmi la forza, come ai miei vitigni, ci pensa questa terra dove il Mediterraneo è davvero autentico».

PleinAir 410 – settembre 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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