Inverno andaluso

Nel sud della Spagna alla scoperta della cultura araba, di maestose montagne, di deliziosi paesini e dell'unico deserto d'Europa: una proposta per ritagliarsi, annata permettendo, una parentesi primaverile nel bel mezzo della stagione della neve.

Indice dell'itinerario

A sud di Granada, oltre le torri rosse dell’Alhambra, si vede una catena montuosa chiamata Sierra Nevada, ricoperta di neve tutto l’anno. Approdiamo in città da nord così come ci arrivò nel 1919 Gerald Brenan, scrittore inglese che finì col rimanere da queste parti per quasi quindici anni. Granada è giustamente famosa per i suoi monumenti, eredità del ruolo di ultima roccaforte della cultura araba in Europa: Andalusia, dall’arabo al-Andalus o bilâd al-landahlautsiyya, letteralmente il paese dei feudi gotici, derivante a sua volta dal goto Landahlauts. Furono i cattolicissimi regnanti Ferdinando e Isabella a determinare l’atto conclusivo della lunga guerra contro los Moros: correva l’anno 1492, cruciale nella storia del mondo anche per le scoperte condotte oltreoceano da Cristoforo Colombo.
I sovrani sono sepolti nella maestosa Capilla Real della cattedrale di Granada. A pochi passi c’è la Plaza de Bib-Rambla, con la sua grande fontana e i colorati chioschi di fiori. L’adiacente Alcaicería, l’antica borsa araba interamente restaurata dopo un incendio avvenuto nell’800, è piena di negozi per turisti. Raffigurato su oggetti in ceramica, adesivi, magliette, e accanto alle decorazioni tradizionali arabe, campeggia ovunque il simbolo della città: il melograno.
Granada si presenta moderna e pulita, con trasporti efficienti e un’evidente impostazione multiculturale. E’ piacevole passeggiare per le sue strade e sostare nei caratteristici bar come quelli del Paseo del Padre Manjón, affollati di gente d’ogni tipo, dove si può mangiare a qualunque ora spiluccando tapas, i tipici ed economici spuntini.
L’Albayzín, aggrappato alla collina che sovrasta il centro, è il quartiere più autentico, dal carattere decisamente arabo. Lungo le sue viuzze, nei giardini e nelle piazzette lastricate di ciottoli si respira un’atmosfera d’altri tempi. L’emirato Nazarí, iniziato nel 1238, fu l’ultimo ad arrendersi all’ostinazione cattolica, e dopo la sua caduta soltanto l’Albayzín conservò i tratti originari. Ma oggi il barrio porta anche i segni della tradizione gitana, ed è facile incontrare chitarristi che si esibiscono per strada, accompagnati dal commovente battito delle mani degli astanti; oppure, passando sotto una finestra aperta, si può sentire la viva voce di qualcuno intonare le note del cante jondo, meglio conosciuto come flamenco. Brenan ne scriveva così: Chi ha sentito il cante jondo in una stanza o alla radio non può avere un’idea del suo effetto all’aria aperta, sentito da lontano. Il quartiere gitano per eccellenza è il Sacromonte dove, nelle grotte scavate nella roccia e spesso adibite a localini di flamenco, vivono ancora molti gitani.
Il fascino di Granada si mostra appieno al Mirador de San Nicolás, dal quale si apprezza in tutta la sua imponenza il profilo di uno dei monumenti più celebri al mondo: l’Alhambra, il castello rosso. Il limite meridionale dell’Albayzín è segnato dal fiume Darro (che più a valle si congiunge col Genil, l’altro corso d’acqua della città); lungo la Carrera del Darro si affacciano importanti edifici come i Baños Árabes, dell’XI secolo, e quello che ospita il Museo Archeologico, mentre dalla cima di alti costoni rocciosi vediamo di nuovo incombere l’Alhambra. Edificato tra il XIII e il XIV secolo dagli emiri nasridi sui resti di una precedente fortezza del IX secolo, il complesso ha subito interventi che ne hanno modificato la struttura originaria. Autentica meraviglia è il Palacio Nazaríes, realizzato nel XIV secolo da Yusuf I e da Mohammed V. Dopo la cacciata dei Mori la moschea fu sostituita dal convento di San Francesco (che oggi ospita il Parador Nacional, hotel storico dell’omonima catena) e in seguito Carlo I fece abbattere un’intera ala del palazzo arabo per fare spazio all’edificio rinascimentale noto come Palacio de Carlos V. Dal XVIII secolo l’Alhambra cadde in completo abbandono, mendicanti e ladri ne fecero scempio e fu addirittura adibito a deposito di armi, rischiando di saltare in aria. Soltanto verso la fine dell’800, anche grazie a scrittori come l’americano Washington Irving (autore dei Tales of the Alhambra), fu dichiarato monumento nazionale. Il Patio de los Leones e il Palacio de Comares, con le loro incredibili architetture e decorazioni, insieme alla vista dell’Albayzín dalle grandi torri lasciano senza fiato.

Neve sulla Sierra
I dintorni della città sono ricchi di opportunità di scoperta in ogni stagione: sci, escursionismo, trekking, passeggiate a cavallo, ma anche i tanti piccoli paesi. Meta ideale per gli amanti del pleinair è la Sierra Nevada, il bastione roccioso che si leva al margine meridionale della Penisola Iberica e a pochissima distanza dal mare: soltanto 65 chilometri separano Granada dalla costa, ma la presenza di queste montagne fa sì che i due mondi appaiano lontanissimi.
Salire sulla Sierra in automobile o in camper è agevole in tutte le stagioni: la A395 è ampia e ben tenuta, e in poco più di 30 chilometri conduce agli impianti sciistici di Pradollano (2.100 m) che vantano il maggior numero di giorni soleggiati in Europa. Da qui una strada valica la montagna passando a pochissima distanza dal Pico del Veleta (3.392 m), seconda cima della penisola dopo il vicino Mulhacén (3.482 m), ma l’istituzione nel 1989 del Parque Nacional de Sierra Nevada e l’intervento dell’Unesco, che nel 1996 ha dichiarato tutto il massiccio riserva della biosfera, hanno comportato la chiusura di questo tragitto. Per andare a sud è necessario quindi compiere un lungo giro che tuttavia si prospetta molto piacevole, ed è proprio quello che facciamo. Tornati a Granada imbocchiamo la A44 in direzione Motril, poi seguiamo le indicazioni per Lanjarón e Alpujarras e ci inoltriamo sulla A348, scoprendo poco a poco l’ampia valle tra la Sierra Nevada e la Sierra de Lújar. Il paesaggio delle Alpujarras evoca per certi versi quello himalayano, al punto che in queste valli, a 1.600 metri di quota, è nato un centro di ritiro buddista.
Attraversiamo i graziosi paesini di Pampaneira, Bubión e Capileira, dove dall’alto arriva la strada chiusa al traffico che valica la Sierra. Le cime innevate fanno da sfondo al profilo delle case imbiancate dei villaggi, dove lo stile di vita è rimasto quello di una volta; a prezzi ragionevoli si possono comprare alfombras, tappeti artigianali tipici di questa zona. Passiamo poi per Busquistar e Trevélez, che si insinua sul fondo di una stretta valle, e dopo Bérchules e Mecina Bombarón arriviamo a Yegen, il paesino in cui visse Gerald Brenan: ci affacciamo al cortile della sua casa e una signora ci accoglie con gentilezza spiegandoci che, da quando il suo libro South of Granada ha cominciato a circolare, sempre più gente viene a vedere la casa del inglés.

Non è l’America
Verso est il paesaggio si fa sempre più arido, i fiumi sono asciutti e fanno la loro comparsa rossi calanchi. Imbocchiamo la A337 e per una magnifica vallata raggiungiamo il valico di Puerto de la Ragua, a 2.000 metri di quota. La strada scende dolcemente verso la Hoya de Guadíx; in cima a una collina scorgiamo l’elegante castello rinascimentale di La Calahorra.
Siamo diretti verso la provincia di Almería per andare a visitare l’unico deserto dell’Europa continentale, il Desierto de Tabernas, dove la roccia arida è stata modellata dalle rare piogge e dal vento e ha formato valli e calanchi, che insieme alla sabbia e agli sterpi disegnano un paesaggio surreale. Imbocchiamo una strada a caso e ci ritroviamo magicamente lontani da tutto: niente più asfalto, niente rumore di automobili e tutta l’emozione dei grandi spazi selvaggi, tanto simili a quelli americani che Sergio Leone vi ha ambientato alcuni dei suoi film più famosi, tra cui Il buono, il brutto, il cattivo. L’eredità lasciata dall’industria del cinema è stata messa a frutto da quella del turismo: i set usati per le riprese sono diventati un parco in stile western raggiungibile percorrendo una polverosa ma agevole sterrata.
Tornando a Granada la nostra attenzione è colpita dalla roccia di arenaria rossa che colora il paesaggio ai lati della strada, nei pressi di Guadíx. Le pareti rocciose sono traforate da finestre e porte, accessi di uno sconfinato labirinto sotterraneo: questa è infatti una delle principali città troglodite al mondo e vale la pena visitare almeno i quartieri più vecchi e autentici, come il Barrio de Cuevas, le cui abitazioni sono completamente scavate nella pietra e i comignoli spuntano dai prati come funghi.

Un tempio, due cuori
Le meraviglie dell’Alhambra ci hanno messo voglia di visitare anche la moschea di Córdoba, tra le massime espressioni della cultura islamica. Arriviamo in città in un paio d’ore per la N432, che scorre tra morbide colline e uliveti a perdita d’occhio, e subito ci immergiamo nella medina, che circonda la moschea con un dedalo di viuzze: sbucando da uno di questi vicoli ci troviamo di fronte all’edificio circondato da spesse mura che racchiudono un incantevole cortile, il Patio de los Naranjos.
La struttura originaria della moschea era aperta e integrata con le costruzioni circostanti, ma le innumerevoli manomissioni operate più tardi dai cristiani l’hanno completamente trasformata, rendendola unica al mondo. All’interno ci troviamo in una foresta di oltre 850 colonne, superstiti delle originali 1.300, sormontate da due ordini di archi arabi a strisce di mattoni rossi e pietra bianca; la parte più antica è quella centrale, fondata nel 785 da Abd ar-Rahman I sul sito di una chiesa che era stata divisa tra musulmani e cristiani. Nei secoli successivi la moschea fu ampliata e vi fu aggiunto il mihrab, una raffinatissima cappella di preghiera completamente decorata. Nel cuore del complesso, perfettamente integrata dal punto di vista architettonico ma con un salto stilistico davvero impressionante, venne realizzata nel XVI secolo la cattedrale cattolica con classica pianta a croce latina, volte affrescate e un raffinato coro in mogano intagliato.

A spasso nella preistoria
La A45 e la N331 ci riportano verso sud, fino all’incrocio per l’autostrada che conduce a Granada. Con una breve deviazione raggiungiamo Antequera, graziosa cittadina che possiede un patrimonio preistorico di tutto rispetto. All’entrata nord-orientale dell’abitato ci imbattiamo in un complesso megalitico tra i principali della Penisola Iberica: si tratta dei dolmen di Viera e di Menga, entrambi del tipo a tumulo, l’uno con corridoio e camera finale, l’altro con una galleria coperta da blocchi di granito del peso di svariate tonnellate. Gli archeologi spagnoli li attribuiscono alla civiltà chiamata Calcolítica, ovvero a un periodo compreso tra 5.000 e 4.000 anni fa. Qui, del resto, il popolamento umano affonda le sue radici in tempi ben più remoti: è infatti andaluso l’Uomo di Orce, le cui origini risalgono a oltre un milione di anni fa.
Ma c’è anche un altro motivo per visitare questa zona, ed è un altro eccezionale comprensorio naturalistico: il Torcal de Antequera, altopiano calcareo dalla particolare geomorfologia carsica che si trova a pochi chilometri dalla città con accesso da una strada secondaria in direzione di Malaga. Ci incamminiamo per un magnifico sentiero che serpeggia tra le rocce, modellate in forme bizzarre dall’azione delle acque: campi solcati, marmitte, canyon, torri affusolate e alti bastioni che si stagliano contro il cielo, assieme all’inconsueta immagine di alcuni stambecchi che si riposano al sole distesi sulle rocce.
Meno di 50 chilometri ci separano dal Mediterraneo che in questa limpida giornata, nonostante la stagione fredda, promette il tepore del suo clima e spiagge finalmente sgombre dalla folla dell’estate, per una parentesi di relax in riva al mare a nemmeno due ore di marcia dalle bianche piste della Sierra Nevada. Scendiamo verso la costa e la lunga autostrada che la risale verso casa: in lontananza, al di là degli sterminati uliveti che segnano il paesaggio andaluso, ci sembra quasi di scorgere la costa settentrionale dell’Africa.

PleinAir 424 – novembre 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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