In viaggio con i Romani

Le grandi vie di comunicazione tracciate dagli ingegneri dell'Urbe, vere e proprie autostrade dell'antichità, sono sempre più spesso protagoniste di una riscoperta che le trasforma in nuovi itinerari di turismo. E' il caso della Via Annia, che nel suo tragitto dalla provincia di Rovigo a quella di Gorizia può fare sfoggio di molte tappe da non perdere: prima fra tutte quel gioiello d'arte, di storia e di fede che è la città di Padova.

Indice dell'itinerario

Questo è un viaggio sulle tracce di una strada romana che attraverso il Polesine e le lagune del nord-est univa Adria, tra Rovigo e il Delta del Po, con Aquileia, in terra friulana. Citata dallo storico Strabone, la Via Annia – così chiamata dal nome del pretore Tito Annio Rufo che la fece costruire nel 131 a.C. – era uno strategico asse di comunicazione in una delle aree cruciali per il dominio dell’Urbe e gli spostamenti fra l’Adriatico e le regioni dell’Europa centro-orientale, ma finì via via seppellita già nella tarda antichità dalle esondazioni fluviali e dall’incuria. Oggi i suoi basolati giacciono al di sotto di città, paesi e appezzamenti agricoli: ma a rivelarne l’esistenza, insieme a tombe, lapidi e iscrizioni rinvenute qua e là, sono i reperti esposti in vari musei delle principali località situate lungo il tragitto.
Al di là degli interessi storici che possono solleticare la curiosità degli appassionati, basta dare un’occhiata alla carta stradale per rendersi conto che siamo su un itinerario fra i più sostanziosi dell’Italia settentrionale, ricco di motivazioni di visita e di soggiorno. La Via Annia, infatti, è il filo conduttore di un percorso che tocca territori e paesaggi molto diversi fra loro, dalle pianure del Polesine ai blandi rilievi dei Colli Euganei, dalle città d’arte – Padova in primo luogo – ai contesti naturali della Laguna Veneta, offrendo inoltre l’opportunità di scandire le tappe con rilassanti momenti di vacanza nei non lontani centri turistici e balneari.

Incontro con il Polesine
Il tracciato esatto della porzione meridionale dell’antica strada non si conosce con precisione, ma il punto di partenza era probabilmente la città di Adria, colonia romana dal 225 a.C. Quello che fu uno dei porti più importanti dell’Adriatico si trova attualmente a circa 20 chilometri dal mare a seguito del progressivo interramento del Delta del Po. Il suo Museo Archeologico Nazionale è l’ideale per una prima conoscenza del nostro tema: oltre a un ricco lapidarium, tra le sale spicca quella dedicata alla romanizzazione dell’area, capitolo in cui la Via Annia rivestì un ruolo di primo piano. Ma anche il centro cittadino merita attenzione, con monumenti come Palazzo dell’Orologio, Palazzo Tassoni Labia (ora sede del Municipio), la Cattedrale Vecchia, risalente addirittura al VI secolo, e la Basilica della Tomba, dell’VIII secolo.
Il territorio circostante è solcato da innumerevoli canali che costituiscono la cifra estetica e geografica più significativa di tutta la zona, marcando i confini e condizionando la viabilità. Risultato di una lunghissima opera di bonifica iniziata con gli stessi Romani e terminata nel ‘900, queste vie d’acqua scorrono spesso rialzate sul livello della pianura, cioè sopra i propri sedimenti, e fa una certa impressione ritrovarsi al cospetto di argini la cui altezza può essere di vari metri: sono le alzaie, un tempo utilizzate per spostare le imbarcazioni con l’aiuto del traino animale e oggi spesso riadattate a piste ciclabili, che consentono di effettuare piacevoli e facili escursioni. Stradine secondarie pochissimo frequentate assecondano i canali, ed è proprio lungo una di queste che in poco più di 20 chilometri raggiungiamo Rovigo. Antica mansio sorta su un sito già abitato nel VI secolo a.C. al confine tra il bacino del Po e quelli degli altri fiumi più settentrionali, il capoluogo del Polesine conserva numerose testimonianze dei suoi periodi più floridi: intorno alla bella Piazza Vittorio Emanuele II sono la quattrocentesca Loggia dei Notari, la Torre dell’Orologio, Palazzo Roverella, la neoclassica Accademia dei Concordi, il cinquecentesco Palazzo Roncale e la coeva chiesa della Beata Vergine del Soccorso, nota come la Rotonda. Anche qui non mancano collezioni artistiche di pregio, ma la visita da non perdere è senz’altro il Museo dei Grandi Fiumi, ricco di reperti e di allestimenti sul rapporto tra uomo e corsi d’acqua, allestito nel duecentesco Monastero Olivetano di San Bartolomeo da poco restaurato.
Prima di tornare sulla nostra direttrice vale la pena compiere una deviazione lungo il Canal Bianco sino a Fratta Polesine, nota per aver dato i natali a Giacomo Matteotti. Qui sorgono alcune delle più belle ville del Palladio fra cui La Badoera, elegantissima realizzazione del celebre architetto e patrimonio dell’umanità: l’edificio, del 1554, ospita un Museo Archeologico Nazionale con numerosi reperti che vanno dall’epoca protostorica al periodo romano.

La città di Sant’Antonio
Sfiorata l’area termale dei Colli Euganei, giungiamo in breve a Padova e alla celeberrima basilica intitolata al patrono della città, che ogni anno attira milioni di turisti e viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo. Nato intorno al 1195 a Lisbona, Sant’Antonio viaggiò lungamente in Europa prima di giungere a Bologna e infine a Padova, dove sarebbe morto il 13 giugno del 1231. Proprio in questa data si celebra la sua festa, durante la quale fedeli, curiosi e gitanti affollano le vie cittadine attraversate da una solenne processione.
Le forme del Santo, come i padovani chiamano la basilica, sono il frutto di una storia lunga e complessa. Le cupole ricordano San Marco e l’Oriente, mentre la facciata romanica introduce alla chiesa che si allunga fino alle absidi, in stile gotico, e conserva al suo interno le cappelle di tutte le nazionalità che hanno voluto manifestare la loro venerazione per Sant’Antonio. Fra i diversi chiostri, quello della Magnolia o del Capitolo è il più antico; il Chiostro del Noviziato venne iniziato nella seconda metà del XV secolo, il Chiostro del Paradiso è di epoca cinquecentesca e nel Chiostro del Generale, tra gli archi gotici, si allineano gli stemmi di papi e vescovi appartenuti all’ordine dei Frati Minori.
Sul lato opposto del centro antico, l’ex convento degli Eremitani ospita un importante Museo Archeologico che ha dedicato alcune sale, dall’allestimento moderno e accattivante, al tracciato della Via Annia. Proprio a fianco si trova un altro fondamentale polo d’attrazione della città: la piccola chiesa di Santa Maria dell’Annunciata, che tutto il mondo conosce però con il nome di Cappella degli Scrovegni. La sua realizzazione fu finanziata dal ricchissimo banchiere Enrico Scrovegni come atto di fede per il padre Reginaldo nei primi anni del ‘300, e per capire il perché di una simile opera non bisogna dimenticare che all’epoca la professione del committente si trovava, secondo la Chiesa, su un pericoloso confine tra gli affari leciti e il peccato di usura. L’entrata è scandita da un rituale complicato, con la sosta in una sorta di anticamera necessaria per conservare i livelli di temperatura e di umidità dell’interno in qualunque stagione. Ma dopo l’attesa, l’ingresso è davvero emozionante: il ciclo affrescato da Giotto si sviluppa attorno all’intera navata in senso orario, passando poi al livello intermedio e a quello inferiore. Nello zoccolo alla base delle pareti della cappella, sul lato destro, si trovano le Sette Virtù Capitali, fronteggiate sulla parete sinistra dai Sette Vizi Capitali (tra queste raffigurazioni l’Ira, la Prudenza e la Giustizia sono tra le più celebrate creazioni giottesche). La superficie dell’ingresso originario è occupata dal Giudizio Universale con Cristo, Maria e gli Apostoli nella parte alta e in basso l’Inferno, descritto con didascalica crudezza nei suoi particolari. Sulla stessa parete, a cercarlo bene, si trova anche il ritratto di colui che volle questo capolavoro: un piccolo Scrovegni, accompagnato da un frate, che presenta al Signore il modello della cappella.
Ma non di solo sacro si nutre Padova, città mercantile e in fondo anche godereccia. La sua consuetudine con il profano deriva da una lunga storia fatta di commerci e di buon vivere, e la scoperta di questo secondo volto della città può tranquillamente partire da uno dei mercati più spettacolari del Veneto. Centro della Padova medioevale era l’insieme urbanistico che comprendeva Piazza delle Erbe, oggi come in passato occupata dai banchi ortofrutticoli, e la parallela Piazza delle Frutta, separate tra loro dalla mole del Palazzo della Ragione. Il monumentale edificio, nato come sede tribunalizia nel 1218, venne in seguito coperto dal grande tetto a forma di carena di nave, mentre l’ampio spazio sottostante ospita il mercato coperto.
Altro esempio dei piccoli piaceri cittadini, sulla centrale piazza dedicata a Garibaldi, è il famoso Caffè Pedrocchi, nato nel 1831 per volontà di quell’Antonio Pedrocchi che fece trasformare la piccola bottega lasciatagli dal padre in una sontuosa costruzione neoclassica progettata dall’amico architetto Giuseppe Jappelli. Al primo piano della costruzione e nell’adiacente struttura del Pedrocchino si trovano le sale del Museo del Risorgimento, decorate in stili diversi ed eclettici: una scelta non casuale, visto che il Pedrocchi fu teatro di uno scontro violento tra padovani e austriaci che nel 1848 avrebbe portato all’insurrezione cittadina contro l’esercito asburgico. Se chiedete a uno degli eleganti camerieri, certamente vi accompagnerà a vedere il punto in cui, dentro un muro, ancora si conserva uno dei proiettili sparati dalle truppe di Cecco Beppe contro i manifestanti. Interessante sapere che il grandioso locale era stato pensato per essere aperto anche di notte e qui si riunivano, fra i tanti avventori, anche studenti e professori della vicina Università, un’altra delle grandi glorie di Padova. Fondata nel 1222 da un nucleo di studiosi provenienti da Bologna, e quindi seconda in Italia, è attualmente ospitata nel Palazzo del Bo’, del 1493: affacciandosi sui suoi cortili si potrà degnamente concludere la visita della città, non senza prevedere un ritorno per conoscerne le altre innumerevoli bellezze.

Intorno alla Serenissima
Oltre Padova il tracciato della Via Annia è stato ricostruito con maggior precisione: decisi a seguirlo, almeno idealmente, superiamo Mestre e lungo la statale 14 della Venezia Giulia ci portiamo rapidamente ad Altino, la Altinum dei Romani oggi sede di un altro Museo Archeologico Nazionale. Nei dintorni dell’edificio sono visibili alcuni tronconi della Via Annia, mentre nelle piccole sale è in mostra un vario e dovizioso patrimonio di reperti, frammenti di statue e corredi funerari provenienti da necropoli locali, a ricordare che l’antico insediamento fu il cardine della colonizzazione della laguna (pare che arrivassero proprio da qui i fondatori di Venezia). Altino, del resto, era un crocevia di grande importanza e per un lungo periodo detenne il monopolio dell’ambra proveniente dal Baltico, essendo per di più il capolinea meridionale della Via Claudia Augusta Altinate, altra grande strada romana realizzata nel 15 a.C. per collegare la costa veneta con la Baviera.
A una sessantina di chilometri, Portogruaro ci accoglie con il suo grazioso centro storico attraversato dal fiume Lemene, rimasto navigabile fino al ‘600. L’antico ruolo mercantile della città si riconosce in edifici come la gotica Loggia Comunale, costruita fra il XIV e il XVI secolo, o nei quattrocenteschi palazzi Muschietti, Moro e de Götzen, ma anche nel duomo di Sant’Andrea e nel suo suggestivo campanile romanico, pendente come molte torri della zona. All’interno della Villa Comunale è il Museo di Paleontologia Gortani, ricco di fossili provenienti da tutto il nord-est italiano.
Un’altra tessera del mosaico della Via Annia si trova nel Museo Nazionale Concordiese, costruito nel suggestivo stile di una basilica a tre navate e ricco di reperti provenienti dalla vicina area archeologica di Iulia Concordia, oggi Concordia Sagittaria. Proprio qui è possibile visitare un altro piccolo ma ben fatto museo, nonché osservare un bel tratto della nostra strada portata alla luce al di sotto della piazza principale.
A chi vuole cambiare millennio per qualche momento suggeriamo la deviazione ad Alvisopoli, meno di 10 chilometri a nord-est di Portogruaro: si tratta di una cittadella fatta costruite nell’800 dal conte Alvise Mocenigo, che intendeva realizzare la città ideale ispirandosi alla filosofia del Rinascimento. Il complesso venne progettato per essere del tutto autosufficiente, con terreni e canali per drenarli, coltivazioni e fabbriche di tessuti, cantine e scuderie, granai e magazzini, un mulino e una celebre tipografia: oggi la struttura è visitabile ed ospita eventi e manifestazioni culturali.

Natura d’acqua
In tutta quest’area deltizia e lagunare è stata messa a punto una particolare tecnica di pesca che sfrutta le maree per spingere i pesci all’interno di baie il cui accesso è regolato da chiuse e reti. Sono le cosiddette valli da pesca, oggi importantissime anche dal punto di vista naturalistico, che formano ecosistemi spesso unici e tutelati. E’ il caso della Vallevecchia, una zona palustre dotata di un centro visite e di un piccolo museo modernamente allestito, facilmente raggiungibile sia da Caorle sia dalla non lontana Bibione, passando per Lugugnana e proseguendo di nuovo verso il mare.
La stessa Caorle vale una visita: nota per la sua vocazione balneare che la accomuna ad altri rinomati centri costieri dei dintorni, conserva un centro storico di gradevole impronta. Sulle sue stradine affacciano case coloratissime che improvvisamente si aprono sul mare come la cattedrale romanica di Santo Stefano, dell’XI secolo, con i magnifici interni e il campanile cilindrico e pendente. Al largo del lungomare, nelle giornate più terse, si scorgono senza difficoltà i rilievi del Carso e le montagne dell’Istria, che chiude il Golfo di Trieste verso est.
Con un ultimo tratto sulla statale 14 aggiriamo la Laguna di Marano e, raggiunto Cervignano del Friuli, imbocchiamo la statale 352 per Grado fino ad Aquileia, punto d’arrivo della Via Annia. Al centro di quella che un tempo fu una delle grandi città dell’impero e un florido porto che dominava i commerci sull’Adriatico si trova la grandiosa basilica, con i suoi mosaici d’eccezione e i resti di più antiche chiese che riposano al di sotto della struttura odierna. Il grande Museo Archeologico conserva tracce importanti e copiose della storia di allora, mentre una passeggiata alle spalle della basilica permette di intuire l’andamento dei canali che servivano lo scalo marittimo dell’antichità.
E qui saremmo arrivati al termine del nostro viaggio, ma ci pare giusto concludere il percorso dedicato alla Via Annia raggiungendo il centro di Grado, dove gli abitanti della città cercarono scampo dalle invasioni barbariche. Tracce della presenza di questa popolazione colta e raffinata s’incontrano nei luoghi di culto cittadini, nel Battistero del IV secolo e soprattutto nella basilica di Sant’Eufemia, costruita sul sito di una chiesa del 579: all’interno si conserva un meraviglioso pavimento musivo, mentre sul campanile svetta un arcangelo segnavento risalente al ‘400. E poi, dopo aver passeggiato per calli e campielli, si torna in riva a quell’Adriatico che i Romani vollero unire, strada facendo, ai freddi mari del nord.

Testo e foto di Fabrizio Ardito e Natalino Russo

PleinAir 453 – aprile 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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