Imola, bel suol di motori

A metà settembre, sulla pista dedicata ai Ferrari, un fantastico mercato dell'usato celebra i fasti di auto e moto d'epoca, tra centinaia di veicoli che hanno fatto storia e migliaia di ricambi d'ogni sorta. Per passione o per curiosità, un appuntamento da non perdere.

Indice dell'itinerario

Più o meno venticinque anni fa Bruno Brusa, vicepresidente del Club Romagnolo Auto e Moto d’Epoca e, quel che più conta, camperista di lungo corso, si trovava in un ristorante di Tresigallo per un’abbuffata di pesce con gli amici. La combriccola era composta interamente da appassionati di veicoli storici; e prima della grigliata, come bambini con le figurine, cominciarono a barattare pezzi di ricambio visto che, se non servivano più a qualcuno, potevano benissimo essere utili a un altro.
Quell’informale commercio tra amici era molto utile alla causa della piccola comunità, ma nessuno dei commensali immaginava che da quell’idea sarebbe nata la leggendaria Mostra Scambio di Imola, il mercato motoristico dell’usato più affollato d’Europa.
Dalla tavola imbandita di Tresigallo, i ricambi trovarono posto nel più capiente capannone di Benito Battimani, vicepresidente dell’Automotoclub Storico Italiano. Poi, visto che lo spazio non era più sufficiente e i visitatori – specialisti o semplici curiosi – aumentavano di anno in anno, si passò all’esposizione presso il mercato ortofrutticolo della città fino ad arrivare, nel 1983, allo storico trasferimento nell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola.
Oggi molti accorrono a Imola semplicemente per osservare dal vivo vecchie moto in voga oltre mezzo secolo fa, trattori Balilla degli anni Trenta (la cui fabbrica si trova proprio in Emilia Romagna), meravigliose auto d’epoca e perfino tricicli a vapore con tanto di caldaia e ruota dentata. Altri rovistano tra le centinaia di migliaia di oggetti ritrovati in decrepite carrozzerie: fari, freni, bulloni, bielle, pulegge, cinghie di trasmissione, specchietti, carburatori, pezzi vari di motore e di telaio, contachilometri, serbatoi… Per non dire delle mostre motoristiche o degli eventi collaterali: quest’anno, per esempio, all’autodromo si potrà vedere la clinica mobile diretta dal dottor Claudio Costa che illustrerà ai visitatori come si svolge l’assistenza ai piloti del motomondiale in caso di infortuni durante le gare.
Più d’uno, ovviamente, arriva alla Mostra Scambio con un obiettivo preciso: recuperare il pezzo di qualche veicolo storico di proprietà, di quelli custoditi come una reliquia nella semioscurità di un garage o di un vecchio hangar. Ciò che di solito si cerca – e che non di rado si trova proprio qui a Imola – è infatti l’anello mancante che farà funzionare un vecchio motore in avaria o ridarà lustro a una carrozzeria a cui, per essere perfetta, mancano solo il retrovisore originale, il puntale del cofano o la vecchia borchia di una ruota ormai irreperibile da anni se non da decenni: particolari minimi ma indispensabili, che riporteranno auto e moto storiche al tempo glorioso in cui uscirono luccicanti dalla catena di montaggio. E spesso l’oggetto tanto ambito giace abbandonato sull’erba dell’autodromo o sull’asfalto della pista, appoggiato su coperte da picnic o vecchi sedili, in mezzo a frittelle e fiaschi di vino, in un pittoresco caos di reperti che hanno fatto funzionare i veicoli di intere generazioni di amatori.La caccia grossa comincia molto presto: le leggende metropolitane dicono che gli affari migliori si fanno all’alba del giorno inaugurale alla luce di pile e torce elettriche, in un’atmosfera da carboneria, mentre centinaia di camion sono ancora in fila con i loro preziosi carichi, in attesa di entrare in pista per scaricare. L’intero circuito, lungo 5 chilometri, viene preso d’assedio dagli espositori e in poche ore nasce una piccola città del ricambio d’epoca, che durerà fino al tramonto del giorno successivo.
A metà giornata, quando l’asfalto sembra tremolare per il gran caldo come in un miraggio, i venditori sono già esausti. Sotto tendoni e ombrelli divorano panini con la porchetta, sorseggiano una birra, qualcuno schiaccia un pisolino e i pochi che ne hanno ancora la forza illustrano le caratteristiche delle mercanzie e rispondono alle domande di clienti e curiosi: sentir narrare storie e storielle sui nostalgici veicoli stipati sui due lati della pista è infatti uno dei piaceri più belli della mostra. C’è addirittura il notaio che redige sul posto gli atti di compravendita, e ben sei container sono a disposizione di chi non bada a spese e acquista tutto quello che gli vien voglia di comprare, portandoselo magari all’estero: qui infatti i visitatori arrivano da ogni angolo del mondo, Germania, Francia, Inghilterra, persino dagli Stati Uniti e dal Giappone, spesso alla ricerca di motociclette di marche ormai scomparse dal mercato. Sono pochi quelli che se ne vanno a mani vuote; la maggior parte esce con fasci di marmitte in spalla, ruote sottobraccio o pezzi di carburatore nei sacchi, dato che qui a Imola si vendono anche a pezzettini. Qualcuno arriva a piedi e riparte felice sul sellone di una vetusta moto lungamente sognata, altri si tirano dietro carretti pieni di un po’ di tutto, insegne sbiadite di vecchie stazioni di servizio, targhe malandate, volanti, bulloni, ruote e ogni altro inimmaginabile pezzo di ricambio. Ci sono perfino donne con i passeggini, ma al posto del bebè con sonaglio e biberon troviamo minuterie d’ogni tipo che serviranno per i restauri.
Saranno almeno 70.000 le persone che quest’anno affolleranno l’autodromo Ferrari nella duegiorni della nostalgia. Il rischio è quello di farsi prendere dall’entusiasmo, come è successo a un ricco collezionista belga che lo scorso anno ha fatto man bassa di Vespe degli anni Sessanta, acquistandone trenta (amate fino all’idolatria e ricercate da tutti, ma non sempre acquistabili: quelle più vecchie e in perfette condizioni valgono ormai una fortuna e vengono a volte esposte dai proprietari con la scritta ‘Non in vendita’). L’unica altra accortezza è quella di schivare qualche affascinante, decrepita motocicletta provata lì per lì dai compratori prima dell’acquisto, perché non è detto che i freni funzionino a meraviglia.
All’uscita, con o senza il bottino della visita, già si avrebbe voglia di ritornare: qui, in questo sterminato museo a cielo aperto lontano anni luce dalle asettiche esposizioni dell’era moderna, tra i venditori con la canottiera sporca d’olio, i cofani amorevolmente lucidati, i vecchi motori che rombano ancora come cinquant’anni fa, ciò che accomuna la gente è la passione di una vita.

PleinAir 386 – settembre 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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