Il riposo di Giovanni

A poche decine di chilometri da Roma e a due passi dalle grandi vie di comunicazione dell'Italia centrale, i Monti Prenestini sono circondati da un gruppo di cittadine e paesi fra i più suggestivi del Lazio. Con base a Palestrina, dove nacque uno dei protagonisti mondiali della musica sacra, esploriamo questo territorio dai vasti panorami, tra boschi, rocce e antiche sorgenti.

Indice dell'itinerario

Uno dei più begli alberi secolari del Lazio è legato alla storia di un grande compositore del XVI secolo. Nella Valle delle Cannuccete, sui Monti Prenestini che chiudono verso est la campagna romana, una roverella dell’età di settecento anni veglia sulle sorgenti che approvvigionavano d’acqua la città romana di Praeneste, e che riforniscono oggi Palestrina. Ai piedi del grande albero, secondo la tradizione popolare, si riposava Giovanni Pierluigi da Palestrina, il celeberrimo musicista che fra il 1550 e il 1594 lavorò per sei papi (Giulio III, Paolo IV, Pio IV, Pio V, Gregorio XIII e Sisto V) componendo ben 946 tra messe, madrigali, offertori, litanie, salmi e magnificat, in buona parte composizioni in polifonia, cioè a più voci. Se quelle visite del compositore alla quercia si sono svolte davvero, la sua musica ne avrà senz’altro tratto giovamento.

Pochi luoghi della natura del Lazio, d’altronde, sembrano in grado di ispirare un artista come questo bosco dei Prenestini. Rivestita da fitte foreste sul versante rivolto all’Appennino, la catena che culmina nei 1.218 metri del Guadagnolo scende verso Palestrina con pendii sassosi o rivestiti di macchia; ma nella Valle delle Cannuccete (o delle Cannucceta, come vogliono alcuni dialetti laziali anche per il plurale) il silente paesaggio roccioso della montagna lascia il posto allo stormire della foresta, dove cerri, aceri, carpini e tigli si affiancano a roverelle secolari. La fauna include l’assiolo, il gheppio, l’istrice e la salamandrina dagli occhiali. Nel fondovalle sgorgano acque sfruttate sin dall’antichità, e grazie alle quali il pascolo e il taglio sono vietati da sempre.

Oggi però a insidiare la quercia di Pierluigi è l’erosione, naturale e non causata dall’uomo, del bordo del vallone sul quale il grande albero si affaccia. Una parte delle radici è ormai allo scoperto, alcuni rami si sono seccati da qualche anno, una sistemazione dei luoghi è oggettivamente difficile: conviene allora visitare la zona prima che il patriarca vegetale perda il suo antico splendore. Per arrivare fin qui si può seguire un sentiero segnato che inizia da Castel San Pietro Romano, e che conduce al grande albero con un’ora di piacevole cammino. In alternativa si può seguire la strada per Capranica Prenestina, deviare a destra verso il ristorante Cannucceta (per posteggiare occorre chiedere il permesso), poi scendere a piedi oltre il laghetto e, superati due cancelli, imboccare il breve sentiero segnato che conduce al sito in una decina di minuti.

Capranica Prenestina: il campanile
Capranica Prenestina: il campanile

 

Storia romana

La quercia dove si narra si riposasse Giovanni Pierluigi da Palestrina
La quercia dove si narra si riposasse Giovanni Pierluigi da Palestrina

La famosa quercia è solo una delle molte cose da vedere sui Monti Prenestini, con un primo e facile approccio ai borghi che sorgono ai piedi del massiccio, al confine tra il mondo del calcare e quello del tufo. Perno di ogni itinerario della zona è Palestrina, una delle piccole città più sorprendenti della regione, costruita sui resti di uno dei maggiori santuari antichi d’Italia che sono rimasti in buona parte nascosti per secoli e sono tornati alla luce dopo i bombardamenti alleati del 1944. L’impianto urbano medioevale e moderno coincide con l’antica Praeneste, città dei Latini legata al santuario della Fortuna Primigenia, la cui nascita è tuttora avvolta nel mistero: costruito negli ultimi anni del II secolo a.C. e articolato su sei terrazze artificiali, ricorda l’altare di Giove a Pergamo, in Asia Minore, ed è stato forse progettato da architetti di cultura ellenistica. I livelli inferiori sono in opera poligonale che si rifà alla tradizione italica ed etrusca di Alatri, Arpino e Segni, e includono blocchi enormi del peso di varie tonnellate. Su uno dei terrazzamenti più bassi sorge il duomo di Sant’Agapito, che ha preso il posto di un tempio di Giove, mentre il terzo livello includeva alcune grandi fontane. La parte più alta del santuario antico ospitava la cella della dea Fortuna, sormontata da una cupola: al suo posto oggi troviamo Palazzo Colonna-Barberini, un suggestivo edificio nobiliare al cui interno è allestito il Museo Archeologico Prenestino. Fra statue, sarcofagi, fregi ed ex voto spiccano alcune urne in bronzo provenienti dalle necropoli della Praeneste italica, mentre al primo piano è esposto il gruppo della Triade Capitolina che comprende Giove, Giunone e Minerva, unica scultura a noi nota in cui le tre divinità si sono conservate quasi interamente.

Tornata alla luce in uno scavo clandestino a Guidonia, venne poi esportata illegalmente e infine recuperata nel 1993 dai Carabinieri. L’ingresso al museo consente inoltre di visitare le terrazze superiori del santuario.
Stradine e scalinate da percorrere piacevolmente a piedi conducono in centro dove si raggiunge per prima cosa il duomo, nato in forme romaniche e più volte modificato nei secoli successivi. L’opera più importante che vi è conservata, la Pietà Barberini (o di Palestrina), è una copia dell’originale di Michelangelo esposto alla Galleria dell’Accademia di Firenze. A pochi passi dalla chiesa si trova la casa natale di Giovanni Pierluigi da Palestrina: costruita fra il XV e il XVI secolo, ospita dal 1994 la fondazione dedicata al compositore, con un centro studi e una biblioteca che conta oltre 7.000 volumi. Da vedere ancora i grandi ambienti del santuario che si aprono accanto alle case e alle strade, come il Propileo, l’arco che dava ingresso al tempio, e le quattro navate che formano l’area sacra, scavate nel pendio. Attiguo alla chiesa di Sant’Egidio è il Museo Diocesano, inaugurato nel 2005, che ospita ori, argenti (notevole un busto di Sant’Agapito), sculture, paramenti sacri, dipinti, ex voto, arredi lignei e bronzei ed epigrafi cristiane dei secoli IV e V.

Il monumento a Giovanni Pierluigi da Palestrina.
Il monumento a Giovanni Pierluigi da Palestrina.

A 7 chilometri da Palestrina e ad altrettanti da San Cesareo, una delle due comode uscite dell’Autosole per accedere a questo territorio, Zagarolo fu a lungo contesa tra le famiglie dei Crescenzi, dei conti di Tuscolo, degli Orsini e dei Colonna. Proprio a causa dell’opposizione di questi ultimi a papa Bonifacio VIII la cittadina, come Dante ricorda nell’Inferno, venne rasa al suolo dalle truppe del pontefice nel 1297. Nel ‘600 i Rospigliosi fecero ricostruire un grande palazzo, che oggi accoglie il Museo Regionale del Giocattolo (vedi riquadro “I giochi del ‘900”). La parte antica, che si allunga tra due profondi valloni di tufo, conserva altri interessanti scorci urbani e monumenti fra cui le porte Rospigliosi e San Martino con le loro bizzarre decorazioni, Piazza Santa Maria, la chiesa barocca di San Pietro del 1722 e la cinquecentesca Piazza Marconi, già del Commercio, sulla quale si affacciano la chiesa di San Lorenzo e il palazzo del Comune. Poco prima, sulla sinistra, è il portico in cui si trovavano la pesa pubblica, il forno, il macello e lo spaccio.

Zagarolo: una torre campanaria.
Zagarolo: una torre campanaria.

Tornati a Palestrina e continuando dalla parte opposta si arriva rapidamente a Cave, borgo di origine medioevale appartenuto agli Annibaldi e poi ai Colonna, nel cui centro storico spiccano i palazzi Leoncelli e Mattei, la settecentesca chiesa di Santo Stefano Protomartire, il duecentesco oratorio di San Pietro Apostolo e la collegiata di Santa Maria Assunta. A Colle Palme, in un edificio originariamente destinato ad ospitare una scuola ma mai utilizzato a questo scopo, si visita invece il Museo della Civiltà Contadina di Cave, con un migliaio di oggetti pazientemente raccolti da alcuni appassionati e una piccola sezione dedicata alla coltivazione del tabacco, attività di una certa importanza nella zona fino a una quarantina d’anni fa.

Il centro storico di Cave.
Il centro storico di Cave.

 

Verso la montagna

Genazzano: l'accesso per Porta Romana
Genazzano: l’accesso per Porta Romana

L’antica e nobile Genazzano contende a Palestrina il titolo di piccolo capoluogo di questo territorio. Circondata da vigneti, oliveti, boschi di castagno e frutteti, diventata una meta turistica già molti secoli fa, la cittadina si stende sulle pendici di un colle verso l’imponente Castello Colonna, che sorge alla sommità: ricordato per la prima volta nel 1022, trasformato in fastosa residenza nel corso del Rinascimento, passato per breve tempo in mano ai Borgia, danneggiato dal terremoto di Avezzano del 1915 e dalle bombe del ’44, ospita oggi il Centro Internazionale d’Arte Contemporanea, che organizza mostre di prestigio. Elegantissimi il portico del cortile, gli affreschi della cappella gentilizia, il pozzo e una fontana, tutti d’epoca rinascimentale. La salita verso l’edificio inizia dal Ninfeo Bramantesco, dei primi anni del ‘500. Entrati nel borgo medioevale attraverso Porta Romana, si toccano la basilica di San Paolo Apostolo risalente con tutta probabilità al ‘200 e sormontata da un campanile cosmatesco, la casa dei Brancaleone, la chiesa di San Nicola e il Palazzo Apolloni, per poi raggiungere il santuario della Madonna del Buon Consiglio, sorto alla fine del X secolo, che accoglie dal 1467 un’immagine sacra molto venerata nella zona, come testimoniano anche gli ex voto che la circondano. Alle spalle del castello spiccano i resti dell’acquedotto romano, anche questo con una storia piuttosto articolata: fatto ricostruire da Filippo I Colonna, venne interrotto dai bombardamenti dell’ultima guerra e poi rifatto in cemento.

La tortuosa provinciale che da Genazzano sale verso la montagna conduce a San Vito Romano, un altro dei borghi più pittoreschi del Lazio, dal quale lo sguardo spazia sui boschi e sulle rocce dei Monti Prenestini, dei Ruffi, dei Simbruini e sulle colline della Ciociaria. Appartenuto ai Colonna e poi ai Theodoli, il paese è sorvegliato dal severo castello che oggi porta il nome della seconda famiglia: progettato intorno alla metà del ‘700 da Carlo Theodoli, ha un’inconfondibile forma a nave ma lo si può osservare solo dall’esterno, poiché attualmente è chiuso al pubblico. Ai suoi piedi, tra i vicoli del nucleo medioevale, si visitano la chiesa di Santa Maria in Arce, rifatta tra il XIX e il XX secolo, e quella seicentesca di San Biagio; della stessa epoca è la chiesa di San Sebastiano e San Rocco posta al di fuori delle mura, mentre in alto sorge la settecentesca parrocchiale di San Vito.

La strada più suggestiva dei Monti Prenestini è però quella che sale direttamente da Palestrina a Castel San Pietro Romano, sorto nel Medioevo sui resti dell’acropoli italica e romana di Praeneste. Il paese, belvedere sulla campagna romana, la Valle del Sacco e i Castelli, conserva tratti di mura megalitiche e ha fra i suoi monumenti principali la chiesa di San Pietro, del secolo XIII ma rielaborata in forme barocche nel ‘700. La cima del colle è invece occupata dalla Rocca dei Colonna, dove furono imprigionati il poeta Jacopone da Todi e il giovane Corradino di Svevia.
Continuando in direzione della montagna si lasciano a destra la Valle delle Cannuccete e la quercia di Pierluigi portandosi sul crinale a Capranica Prenestina, ancora un piacevole borgo appartenuto ai Colonna. Al centro dell’abitato, nel quale si entra per un passaggio coperto, si erge la chiesa cinquecentesca di Santa Maria Maddalena, dominata da una cupola rinascimentale inconsueta nei borghi montani del Lazio e nel cui stile è stato ravvisato da alcuni studiosi un intervento del Bramante. Merita una visita anche il Museo Naturalistico dei Monti Prenestini, con le sue raccolte dedicate alla geologia, alla flora e alla fauna della zona.

Rocca di Cave: il museo dedicato ad Ardito Desio
Rocca di Cave: il museo dedicato ad Ardito Desio

Un museo ancora più sorprendente attende chi continua per pochi chilometri verso Rocca di Cave, dal quale si apre una vista straordinaria che spazia fino al Circeo, ai Simbruini e perfino ai Monti della Laga. All’interno della rocca medioevale è stato aperto nel 2002 il Museo Civico Geopaleontologico dedicato al geologo ed esploratore Ardito Desio, che permette di scoprire la lunga e affascinante storia delle rocce del Lazio. Nella torre panoramica si trova anche un piccolo osservatorio astronomico, mentre un sentiero tematico permette di raggiungere un sito ricco di fossili.

I ruderi della chiesa di San Giacomo Apostolo a Guadagnolo
I ruderi della chiesa di San Giacomo Apostolo a Guadagnolo

L’altra strada che inizia da Capranica Prenestina si dirige verso nord incrociando più volte la Via delle Creste, il più classico itinerario escursionistico del massiccio. Sulle pendici dell’omonima vetta sorge il paese di Guadagnolo, il più alto del Lazio, ideale coronamento dell’itinerario: la sua notorietà, oltre alle trattorie, si deve al panorama che si gode dalla spianata dove sono i resti della chiesa di San Giacomo Apostolo e la grande statua in bronzo del Santissimo Salvatore, realizzata nel 1976 dallo scultore Elverio Veroli. Un breve e comodo sentierino che inizia dal monumento ai Caduti si inoltra fra le verticali pareti calcaree del Guadagnolo, frequentate dagli arrampicatori di tutto il Lazio. La strada asfaltata che scende al di là del paese porta invece al santuario della Madonna della Mentorella, antichissimo luogo di culto (la prima chiesa venne fondata nel IV secolo dall’imperatore Costantino sul luogo della conversione di Sant’Eustachio) che ospitò per due anni San Benedetto da Norcia. Dopo secoli di abbandono, l’edificio venne restaurato a partire dal 1661 per volontà del gesuita Athanasius Kircher, filosofo e storico tedesco: all’interno della chiesa campeggia la statua lignea della Vergine, opera duecentesca di scuola romana, sormontata da un elegante ciborio. Dalla terrazza alla sommità della Scala Santa ci si affaccia sull’ennesimo indimenticabile panorama, nel quale spiccano i torrioni rocciosi dei Monti Caprini. Storia e natura, ancora una volta, vanno di pari passo.

Il santuario della Madonna della Mentorella sulle pendici del Monte Guadagnolo
Il santuario della Madonna della Mentorella sulle pendici del Monte Guadagnolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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