Il paese dei buskers

All'inizio di giugno il centro storico di Pennabilli si popola di clown, equilibristi, musici e burattinai: agli artisti di strada e alle loro scatenate performance è dedicato uno dei più celebri festival italiani.

Indice dell'itinerario

Chi arriva a Pennabilli per la prima volta e da un’occhiata al cartello indicatore non leggerà che il borgo è arroccato sul cucuzzolo di un impervio colle a 620 metri di quota: scoprirà subito, invece, di essere approdato nella “città amica degli artisti di strada”.
Mentre si procede in salita dal fondovalle intorno a Rimini, l’aria cristallina degli Appennini entra nelle narici e allarga il respiro. Non è cambiato molto da quando il poeta e sceneggiatore Tonino Guerra veniva coi genitori a cavallo degli anni Trenta, da Santarcangelo di Romagna, a vendere frutta e verdura: lo portavano a Pennabilli volentieri, soprattutto in quei tempi in cui la tubercolosi era la più brutta delle malattie e far rotta verso le montagne era garanzia di salute. L’aria buona è ancora quella, tanto che Guerra ha costruito qui il suo rifugio.
L’abitato domina le verdi colline della Valmarecchia, sospeso in un paesaggio meraviglioso con le case sistemate ad anfiteatro ai piedi del versante occidentale del Monte Carpegna. Insomma, un piccolo paradiso in cui regna sovrana la tranquillità. Ma ogni anno, a giugno, l’incantesimo si spezza e una pacifica invasione trasforma il paese in un altro mondo: per cinque giorni vicoli e piazze del centro storico diventano una sorta di grande teatro a cielo aperto dove alcuni tra i più fantasiosi artisti di strada provenienti da tutto il pianeta mettono in scena le loro variegate abilità. Sono i cosiddetti buskers, quelli cioè che si guadagnano la pagnotta alla giornata esibendosi davanti all’improvvisato pubblico che si raduna nelle vie e nelle piazze.
E’ un tempo giocoso e spensierato dove lo scorrere delle ore è accompagnato dagli immancabili spuntini a base di piadina e Sangiovese, mentre tutt’intorno si vedono curiosi personaggi che trasportano enormi contrabbassi, teatrini mobili, bauli delle meraviglie. Nei bar di Pennabilli si incrociano le lingue dei cinque continenti, mentre le tende variopinte tappezzano l’area verde intorno al paese come una grande bandiera della pace. Chi viene a seguire gli spettacoli si accorgerà presto di trovarsi in un grande laboratorio della fantasia. La scena cambia letteralmente a ogni passo: in un angolo un trapezista brasiliano dondola in equilibrio sul filo, in una stradetta vicina una stravagante band austriaca abbina musica e comicità, su un palco mobile due francesi danno vita alla loro famiglia di burattini e marionette, qualcun altro cammina malinconico con l’andatura di Charlie Chaplin, danza in un cerchio di fuoco o compie salti mortali al ritmo di un indiavolato tamburo africano. Sono più o meno quaranta gli spettacoli che giornalmente, a ciclo continuo, vengono proposti dal primo pomeriggio fino a quando la luna avrà già fatto un bel po’ di strada nel cielo sereno della Valmarecchia (e se mai dovesse piovere, ci si trasferisce nel Palacirco al coperto).
E’ certo, in ogni caso, che qui si esibiscono i migliori interpreti dell’arte di strada internazionale, dopo accurate ricerche svolte dall’organizzazione del festival in giro per il mondo o più semplicemente visionando filmati che arrivano da ogni dove. Basta un’occhiata all’elenco di coloro che interverranno alla prossima edizione: i funambolici Jambo Acrobats del Kenya, i giocolieri giapponesi Senmaro Kagami, l’acrobata tedesco Sebastian Matt, il poker comico-musicale australiano dei Von Trolley Quartet, il grande clown italiano Osvaldo Carretta, il piccolo circo acrobatico dei Fratelli Ochner e i torinesi Bandaradan che si esibiranno in esilaranti spettacoli con sottofondo musicale. Ma ci saranno anche gli Handsome Little Devil, gruppo americano interprete della cosiddetta comicità vaudeville in voga negli anni Venti, e gli Ooooh Sticky & the Greasy Pigs (nome che è tutto un programma), un mix di danesi, italiani e americani che ripropone il genere skiffle, una sorta di nostalgico blues a base di mandolini e chitarre accompagnati dai rumori “domestici” prodotti da manici di scope o bollitori da tè.
Al di là della spettacolare manifestazione, il piccolo miracolo che Pennabilli è riuscito a compiere è quello d’aver trasformato il paese in un punto di riferimento culturale per ogni forma di spettacolo di strada. Sino a poco tempo fa, infatti (ma succede ancora in diverse località), i protagonisti delle esibizioni all’aria aperta erano visti come accattoni e la loro attività era regolarmente osteggiata dalle amministrazioni comunali; nulla a che vedere con quanto succede di frequente all’estero, dove sono incoraggiati e addirittura sovvenzionati poiché li si reputa, a ragione, portatori di cultura per l’intera comunità oltre che eccellenti intrattenitori amati dai turisti. In Italia, d’altro canto, è un’antiquata legge del 1931 che degrada i buskers a vagabondi e disturbatori della quiete pubblica: ma la Pro Loco di Pennabilli ha deciso di raccogliere il “grido di dolore” di diversi artisti finché, nel 1998, la giunta comunale ha approvato un regolamento che li dichiara benvenuti e ha dato via libera al festival. Dovrebbe essere così ovunque, e invece Pennabilli è solo uno dei pochi centri del nostro paese dove l’arte e la fantasia possono esprimersi liberamente en plein air.
Nei giorni della manifestazione compare nelle strade anche un lunghissimo telone variopinto, lungo 1.300 metri e pesante oltre un quintale, che guida idealmente il visitatore nel labirinto di viuzze del centro storico: seguendo le sue spire sostenute da 1.500 pinze metalliche si scovano gli spettacoli più nascosti e le prospettive più insolite del luogo e dell’evento. Lo striscione viaggiante torna ogni anno a giugno a Pennabilli, ma è stato dipinto negli anni da gente d’ogni provenienza ed è un’opera aperta a cui tutti possono partecipare: chi vuole deve solo rimboccarsi le maniche e, grazie a vernici e pennelli offerti dall’organizzazione, dipingere i propri sogni accanto a quelli dei Piedi Neri d’America e dei nomadi Tuareg del Sahara, in un grande arcobaleno di colori e di idee affratellate sotto il segno dell’arte, della fantasia, della libertà.

PleinAir 394 – maggio 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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