Il moro di Sarteano

Fra memorie etrusche, monumenti del Medioevo e sorgenti minerali, nel borgo senese si celebra il Ferragosto con una sfida cavalleresca di antica origine che accende gli animi delle contrade paesane.

Indice dell'itinerario

Cori, bandiere, striscioni, urla, sfottò, un tifo da stadio. Nemmeno il torrido sole del pieno agosto riesce a scoraggiare la folla accalcata sulle tribune montate in piazza per l’occasione. L’atmosfera è perfino più calda dell’aria e diventa incandescente man mano che si avvicina il momento tanto atteso, quello della sfida, della gara, della tenzone.
Per Sarteano, tranquillo borgo collinare della Toscana senese a un tiro di schioppo dal Trasimeno e dal confine con l’Umbria, la Giostra del Saracino rappresenta l’appuntamento più importante dell’anno, capace di richiamare un folto pubblico di appassionati del circondario e di turisti. Il lessico e lo svolgimento stesso appaiono del tutto simili a quelli della più celebre manifestazione che si tiene nella non lontana Arezzo, ma la parentela storica fra i due eventi consiste solo nella passione per i giochi equestri, piuttosto diffusa in questa zona fra Medioevo e Rinascimento. Il torneo, molto sentito dagli abitanti del paese schierati in cinque contrade, affonda le sue radici appunto nei duelli cavallereschi dell’Età di Mezzo, che erano decisamente cruenti e spesso con esiti mortali: oggi è uno spettacolo di abilità e destrezza dove il nemico dei cavalieri – uno per ogni contrada – è una statua di legno girevole che rappresenta appunto il Saracino, simbolo dei predoni arabi che per secoli terrorizzarono i popoli cristiani con le loro scorrerie. Il braccio destro del manichino regge un’arma costituita da un supporto al quale sono appese cinque sfere colorate, mentre il sinistro è dotato di uno scudo sulla cui sommità è collocato un anello di appena 7 centimetri di diametro che i giostratori, cavalcando al galoppo, devono cercare di infilare con la propria lancia: chi ci riesce guadagna dei punti, considerando anche il tempo impiegato, mentre chi urta lo scudo imprime una rotazione al Saracino e viene simbolicamente colpito dalle sfere.
E’ difficile datare con esattezza le origini della Giostra, che probabilmente faceva parte di quelle manifestazioni collegate alle feste religiose che si celebravano a Sarteano; le prime notizie certe in proposito sono documentate a partire dal 1583, ma si ha ragione di pensare che risalga ad epoche molto precedenti. Si svolgeva il 16 agosto, assieme ad altre prove di forza e abilità, nell’ambito dell’importante ricorrenza di San Rocco, curata dalla Compagnia Laicale di San Rocco e San Sebastiano: per l’occasione i priori di Sarteano nominavano ogni anno due sovrintendenti alla festa, scelti fra i notabili del borgo, mentre la preparazione vera e propria era compito dei quattro Festaioli, che ogni volta designavano i loro successori per l’edizione seguente.
La Giostra del Saracino, tuttavia, restò per lungo tempo un evento saltuario, probabilmente per via della complessa organizzazione che richiedeva rispetto ad altri spettacoli di più semplice allestimento come il Gioco della Pugna, una sorta di lotta a squadre in cui scorreva immancabilmente il sangue dei partecipanti. Nel 1712 quest’ultimo fu definitivamente eliminato dal programma proprio perché troppo pericoloso, lasciando spazio alla Giostra che divenne così un appuntamento fisso e vide crescere sempre di più la propria fama, tanto che nelle carte del 1755 si parla di grande afflusso di popolo e forestieri . La festa di San Rocco proseguì con alterne vicende fino al 1830, anno in cui fu ufficialmente abolita, ma continuò ad essere celebrata spontaneamente dagli abitanti di Sarteano fino al 1928. Nel 1933 l’istituzione delle cinque contrade, attive ancora oggi, diede nuovo impulso allo sviluppo della Giostra, che tornò a svolgersi con regolarità fino al 1939 quando gli avvenimenti bellici imposero una lunga pausa; riprese nel 1947, portando una ventata di allegria negli anni duri della ricostruzione, per proseguire con continuità fino al 1962, quando si fermò per altri vent’anni. Dal 1982 è tornata in auge, sostenuta da una grande partecipazione e riscuotendo fino ad oggi un crescente successo di pubblico.
Numerose le iniziative che nei giorni precedenti il Ferragosto fanno da preludio alla manifestazione, tra cui la processione in onore di San Rocco, la cena medioevale al castello con piatti dell’epoca e figuranti in costume, la suggestiva Tratta dei Bossoli, ovvero l’estrazione dell’ordine di partenza delle cinque contrade, e la Provaccia della Giostra, una vera e propria prova generale cha ha luogo il giorno prima della festa.
Il pomeriggio seguente arriva il momento tanto atteso, la sfida che vede fronteggiarsi le cinque contrade di Sarteano: Sant’Andrea, San Bartolomeo, San Lorenzo, San Martino e Santissima Trinità, i cui stemmi araldici nacquero nel ’47 su iniziativa dello studioso di tradizioni locali Domenico Bandini. La Giostra è introdotta da un corteo storico che sfila per le vie del paese, con i figuranti che sfidano stoicamente la calura estiva indossando i fastosi abiti in stile: ci sono i priori e i capitani a cavallo, le ancelle e gli armigeri, le dame e i cavalieri, i musici e gli sbandieratori, il Carroccio trainato dai buoi e naturalmente i giostratori. E se questi ultimi avranno i loro momenti di gloria durante la nobile disputa, nella fase preliminare gli applausi della platea sono tutti rivolti alle spettacolari esibizioni e ai virtuosismi degli sbandieratori. Seguono poi, secondo un rituale ben preciso, la benedizione dei cavalli e dei fantini, la lettura del bando con le varie regole e infine la tanto attesa e fatidica frase: «…e senza porre più mora alcuna si dia cominciamento alla Giostra». A questo punto il tifo diventa assordante e i cavalieri, uno alla volta, lanciano al galoppo i loro destrieri contro il feroce Saracino nell’arena di Piazza Bargagli. Il vincitore, inutile dirlo, viene portato in trionfo come un eroe, dando così inizio ai lunghi e chiassosi festeggiamenti che si protraggono fino a tarda ora nelle vie del borgo: per la prossima sfida, appuntamento a Ferragosto.

PleinAir 419 – giugno 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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