Il Lunedì della Tammorra

Tradizioni religiose e ritmi del dopo Pasqua nell'area vesuviana. Tre appuntamenti in successione sul ritmo delle travolgenti tammorriate.

Indice dell'itinerario

Il periodo pasquale nel Sud Italia è ancora vissuto con autentico fervore religioso e trasporto. L’atmosfera cupa della Settimana Santa incomincia a lievitare la Domenica delle Palme e poi si trascina greve, dal venerdì di Passione alla domenica in cui Cristo risorge. Il giorno dopo, il Lunedì dell’Angelo, per molti il misticismo si dissolve miseramente tra i gas di scarico, lungo strade divenute inestricabili serpenti di lamiere dove si consuma un altro genere di passione, quella dell’automobilista che non riesce a tornare a casa.
Per evitare queste sofferenze e immergersi in atmosfere di emotività religiosa e allegria altrettanto coinvolgenti, consigliamo di partire proprio quando tutti gli altri ritornano, tra il Lunedì di Pasqua e la domenica successiva: direzione l’entroterra vesuviano, l’antica Campania felix, luoghi non immuni dal degrado urbano ma dove la fantasia popolare è elevata al rango di genialità.

E’ un’occasione per vedere spettacoli di folla che prega, s’esalta e si commuove per piazze e strade. E per assistere a uno degli spettacoli più sanguigni della tradizione campana, la tammorriata, antico ballo della civiltà contadina vissuto al ritmo di castagnette (nacchere) e tammorra (tamburo di pelle di capra coi sonagli largo dai 30 ai 60 centimetri). Questa danza si differenzia dalla tarantella per la struttura ritmica, per l’essere danzata da una o più coppie (anziché una sola persona) e per la sua distribuzione geografica, prevalentemente nell’area vesuviana. Se si impugna il tamburo con la mano sinistra e lo si percuote con la destra, la tammorriata è maschia, al contrario invece è femmina.

La tammorriata in piazza
La tammorriata in piazza

 

Di corsa a Sant’Anastasia

Le squadre di “fujenti” portano le insegne della propria devozione
Le squadre di “fujenti” portano le insegne della propria devozione

La prima tappa del nostro viaggio comincia il Lunedì dell’Angelo alle pendici del Vesuvio, e precisamente a Sant’Anastasia, dodici chilometri a est di Napoli, durante il pellegrinaggio al santuario di Maria Santissima dell’Arco (vedi PleinAir n. 333).
Le danze si eseguono al mattino sulla strada in salita davanti alla chiesa che porta alla Circumvesuviana, mentre i fedeli, i fujenti (coloro che corrono), arrivano numerosissimi per offrire, in toni d’intensa partecipazione emotiva, la loro devozione alla Madonna.
Secondo alcuni i fujenti appartengono agli strati del sottoproletariato urbano e del popolo contadino. Per loro la Madonna dell’Arco è la “mamma di tutte le mamme” e per questo portano a turno il tosello, la statua che la ritrae in trono. Arrivano a squadre, o paranze, vestiti di bianco con una fascia blu, correndo nell’ultimo tratto – come vuole la tradizione – davanti ai banconi della paganissima fiera che affollano il vialone.

Numerosi i fedeli camminano per tutta la notte, spesso scalzi, alla volta di Sant’Anastasia, per poi aspettare spossati dalla fatica il proprio turno di entrata in chiesa. Vecchi, donne e bambini che attendono per ore sotto il sole o la pioggia, davanti ai toselli addobbati, tra i vessilli e le bandiere, tra l’immagine della Vergine e le insegne di paese e associazioni.
fujenti vengono a Sant’Anastasia per supplicare la Vergine o per offrirsi completamente alla Madre pietosa dopo avere ricevuto la grazia. Una volta entrati, strisciano in ginocchio fino all’altare, gridano, piangono, pregano e cantano in preda all’estasi; alcuni vanno perfino in trance e spesso ci vogliono tre o quattro persone per tenerli fermi. In taluni casi è addirittura necessario l’intervento dell’ambulanza, e capita che il suono sinistro della sirena si mescoli a quello trascinante della tammorra.

Alcuni “fujenti”
Alcuni “fujenti”

 

Il Sabato dei Fuochi

Canti e suoni a Sommavesuviana
Canti e suoni a Sommavesuviana

Sommavesuviana è a un tiro di schioppo da Sant’Anastasia ed è qui che ci si dovrà trovare per il Sabato dei Fuochi, il primo dopo Pasqua.
Conviene arrivare presto al mattino e parcheggiare sotto la chiesa della Madonna del Castello, ai piedi di monte Somma, e poi incamminarsi lungo il ripido sentiero, percorribile anche con un fuoristrada, che porta verso la vetta. Una dopo l’altra si incontreranno, preannunciate da echi di risa e tamburi, le varie paranze, i festosi gruppi che fino a notte cucinano coi pentoloni sulla brace, costruiscono falò di legna e soprattutto cantano e ballano con nacchere, fisarmoniche, tammorre e altri strumenti della tradizione campana. Tra questi, il putipù o caccavella, una sorta di tamburo a frizione il cui suono è prodotto sfregando con la mano una canna fissata al centro di una scatola di latta.

Uno degli strumenti della tradizione
Uno degli strumenti della tradizione

Su improvvisati tavolacci apparecchiati non mancano mai ciotole di fagioli, badilate di maccheroni e pesce, il tutto inondato da numerosi fiaschi di vino. Mangiar pesce è una regola sacrosanta della festa di Sommavesuviana: se qualcuno mangia carne, avrà di sicuro il mal di pancia; e poi, immancabilmente, si metterà a piovere…
Quando la brigata ne ha abbastanza di mangiare, si dà inizio ai canti popolari, comea figliola e a fronne, e alle ballate della tradizione napoletana, seduti sull’erba o in circolo intorno alla catasta del futuro falò. Così si va avanti in allegria per tutto il giorno, e se una ragazza mette male un piede e se lo rompe… anche questo fa parte della tradizione del Sabato dei Fuochi. A sera le paranze accendono i falò e scendono alla chiesa della Madonna del Castello per la benedizione, riprendendo poi con le tammorriate fino a notte inoltrata.
Chi non se la sentisse di affrontare a piedi la salita del monte Somma può trovare le tammorriate anche dove lascia il camper, nei campi intorno alla chiesa; oppure in località D’Ognunto, sulle colline che dominano il paese all’estremità opposta del monte. Ci si arriva per un labirinto di strade attraverso il quale è consigliabile farsi accompagnare. Ma ne vale la pena, perché a D’Ognunto ha sede la più antica paranza di Sommavesuviana.
Cantano e ballano nell’aia grasse donne, vecchi sdentati con mille rughe sul volto e bambini già esperti, davanti ai campi e alle vigne, tra gli antichi casolari di campagna. E’ un ritmo trascinante che dura fino a quando l’ultimo raggio di sole sparisce, mentre il cerchio magico dei danzatori si dissolve nell’oscurità.

La festa è allietata da pentoloni di pastasciutta, fagioli e pesce
La festa è allietata da pentoloni di pastasciutta, fagioli e pesce

 

Galline pasquali

La domenica dopo Pasqua gli abitanti di Pagani offrono alla Madonna polli e altri volatili
La domenica dopo Pasqua gli abitanti di Pagani offrono alla Madonna polli e altri volatili

Pagani, la domenica dopo Pasqua, la chiesa barocca del Carmelo diventa l’aia di un pollaio.
Sul sagrato la gente reca galline sottobraccio, e dentro ci sono persino un pavone e due o tre placide colombe bianche sulla statua della Vergine che aspetta d’uscire in processione. La reliquia se ne andrà per tutto il santo giorno lungo le strade del paese e per i viottoli di campagna, come vuole la tradizione: a Maronna esce ‘e nove e s’arritira a calata ‘ell’ora, la Madonna esce alle nove e ritorna al tramonto.
Non è di tutti i giorni vedere un così vasto campionario di volatili tra gli stucchi seicenteschi e gli affreschi di una chiesa, ventuno dipinti per la precisione, sulla vita di Maria e santi, realizzati da mano misteriosa intorno al 1710.

Per i paganesi la statua che dopo la Messa esce dalla chiesa ondeggiando su un baldacchino, tra ali di popolo entusiasta, è da sempre la Madonna delle Galline. Si racconta che un gruppo di polli, intorno al 1503, mentre razzolava per i campi nell’ottava di Pasqua dissotterrò con le zampe la sacra immagine di una vergine dipinta su tavola, probabilmente interrata ai tempi dei saraceni, durante l’epurazione iconoclasta dell’ottavo e nono secolo. Era una tavoletta larga da due in tre palmi con la figura di Maria del Carmelo, poi riprodotta su tela forse da Andrea da Salerno. Per altri l’origine del nome risale invece al tempo in cui, il giorno della festa, si offrivano mille e più galline e altri animali domestici a Maria Santissima, retaggio dei rituali pagani in onore di Demetra, dea della natura e delle messi.Una volta uscita dalla chiesa, la Madonna di Pagani procede per le strade del paese tra file di petardi scoppiettanti nei vicoli stretti, dove il fracasso rimbalza sulle pareti all’infinito, o per i larghi stradoni dove si alzano fumi come di battaglia. Sui marciapiedi, dall’uscio dei negozi o dai balconi delle case, dove sono appesi panni ricamati, la folla lancia petali e osanna il passaggio.

In chiesa, prima ancora di scendere in strada per la sfilata, la statua della Madonna offre rifugio ad alcune colombe
In chiesa, prima ancora di scendere in strada per la sfilata, la statua della Madonna offre rifugio ad alcune colombe

Ogni tanto la Madonna si ferma. Il baldacchino sottostante si apre e incomincia l’offerta di polli, colombe, galli e pulcini, il tutto sotto lo sguardo attento del pavone, l’antico custode delle messi nel culto pagano. Altri invece, con l’aiuto di una scala, sollevano verso la statua della Vergine bimbi piccoli e anche grassi, perché bacino o sfiorino la reliquia, oppure attaccano alle sue vesti notevoli somme di danaro.
L’odore della fede si diffonde per il paese, mescolandosi a quello profano del sugo coi tagliolini, che esce dalle case, o a quello dei carciofi cotti per strada sulle fornacelle, le braci di carbonella. E’ questo il pranzo tipico del giorno della Madonna delle Galline.
L’apice emotivo della festa si raggiunge quando, in una ressa inimmaginabile, la processione raggiunge il tosello, nello storico cortile di Casa Califano. Si tratta di un vecchio portico addobbato che introduce in un androne accuratamente allestito dal tosellaro Francesco Tiano e dai suoi collaboratori. Solo pochissimi riescono ad entrare. E’ qui che la Madonna delle Galline riceve il dono più caro: la devozione intima dei paganesi. Qui, nella semioscurità, si raggiunge il culmine della commozione popolare, intrisa della fede dei tammorriati che dedicano alla Madonna i suoni antichi della tradizione. Uscita dal cortile di Casa Califano e finito il giro per il paese, la Madonna col suo stuolo di volatili se ne va in campagna, per poi tornare in chiesa sul far della sera. Intanto l’allegra e trascinante baldoria musicale continuerà fino a notte, con le tammorriate spontanee e i concerti ufficiali in Piazza Corpo di Cristo.

All’interno del “tosello”, un locale addobbato con lenzuola e effigi sacre, si esibisce un manipolo di tammorriati
All’interno del “tosello”, un locale addobbato con lenzuola e effigi sacre, si esibisce un manipolo di tammorriati

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio