Il fiume d'inverno

In crociera sul Danubio da Vienna a Budapest e ritorno, ma nell'insolita atmosfera della stagione fredda: un modo alternativo per trascorrere le feste o una breve vacanza invernale all'insegna del relax.

Indice dell'itinerario

Vi è mai capitato di fare un viaggio in bianco e nero? Mai un raggio di sole, mai uno spicchio di cielo blu, avvolti da bufere di vento che si alternano a fitte nebbie mentre morbidi fiocchi bianchi cadono quasi senza interruzione… Ma anche il brutto tempo ha il suo fascino, specialmente quando non si deve guidare e ci si trova in bella compagnia: ad esempio se si decide di trascorrere qualche giorno di vacanza a bordo di una confortevole nave da crociera. Non in mezzo al mare, però, ma sul più lungo fiume navigabile dell’Europa unita, il Danubio. Un’idea diversa, tra paesaggi che si mostrano da insoliti punti di vista e piacevoli atmosfere barcaiole che il clima invernale rende ancora più calorose e accoglienti. Le crociere fluviali, inoltre, hanno il vantaggio che i porti si trovano nel centro storico delle città e consentono perciò di visitarle senza lo stress del traffico o del parcheggio. E’ il caso di uno degli itinerari più battuti dell’est europeo, quello che collega Vienna a Budapest: due splendide capitali che al Danubio devono molta della loro lunga storia.

Partenza a freddo
Mentre mi avvicino alla frontiera di Tarvisio, la neve già mi obbliga a montare le catene. Ne approfitto per comprare la Vignette e, visto che gli spalaneve stentano a tenere pulita l’autostrada, decido di passare la notte in un’area di sosta austriaca, lontano dai Tir e dall’asfalto sdrucciolevole. Al risveglio i fiocchi gelidi si sciolgono al contatto con i vetri delle finestre del camper; tra una pausa e l’altra per mettere e togliere le catene arrivo a Vienna, spettacolare nel suo candido manto illuminato dagli addobbi natalizi. Grazie alle precise indicazioni stradali raggiungo facilmente il porto fluviale situato lungo Franz-Josefs-Kai, il viale che costeggia il Donaukanal. Attraccata al molo, la confortevole motonave a bordo della quale trascorrerò i prossimi giorni lascia intravvedere ampi saloni dai finestroni laterali. Mentre sto spalando di buona lena per ricavare un’estemporanea piazzola, mi accorgo che i marinai stanno facendo la stessa cosa per sgomberare il ponte e lanciano a terra badilate di neve, che vengono sollevate dal vento e si dissolvono nell’aria creando vorticose nuvolette ghiacciate. Oltre al cielo plumbeo e ai fiocchi che cadono incessanti, le poche persone che passeggiano lungo il fiume indossano abiti scuri, le piante sono spoglie e le case avvolte dalla bassa foschia che aleggia sul fiume. Tutt’intorno solo bianco, nero e qualche pennellata di grigio: e con questa immagine negli occhi, che per un fotografo di solito significa “lascia la macchina fotografica nella borsa”, salgo a bordo.
Una grande sala mi avvolge con il suo tepore fra tappeti, quadri, lampadari e una lunga tavola imbandita con il cocktail di benvenuto. Un solerte cameriere si precipita ad accogliermi con vassoi colmi di bicchieri e tartine: non parla italiano, ma sorride nel vedere la mia aria divertita e sollevata. Con il calice in mano seguo un addetto ai bagagli che mi guida alla cabina: lo spazio è sfruttato al massimo, cassetti e armadi sono piccoli ma funzionali e il bagno, anche se di dimensioni maggiori e con qualche mobiletto in più, è in tutto simile a quello del mio v.r.
Prima di salpare ho mezza giornata di tempo da dedicare a Vienna, e da quel poco che ho visto all’arrivo dev’essere una meraviglia in questi giorni di festa. Dopo aver trasferito il camper in un parcheggio custodito, passeggio tra la folla nel centro sfavillante di vetrine e mi fermo in una pasticceria per gustare una cioccolata calda e una bella fetta di Sachertorte, tornando a bordo satollo e pronto per la partenza.
In crociera normalmente si viaggia durante la notte per sfruttare al meglio la luce del giorno; e così, lasciati gli splendenti addobbi della capitale austriaca, ecco il buio delle campagne spezzato qua e là da luci fioche e tremolanti, che si scorgono tra gli alberi lungo gli argini. Non ci sono onde, la nave è stabile, non beccheggia e non rolla, e nel silenzio ovattato della cabina sembra di essere fermi, ma guardando fuori dall’oblò si vede scorrere veloce l’acqua lungo lo scafo, mentre i fiocchi di neve graffiano il buio con righe bianche che sembrano tracciate da una sottile matita. Nel cuore della notte passiamo Bratislava senza nemmeno rendercene conto, e secondo il programma questa prima giornata di viaggio sarà tutta dedicata alla navigazione.
Mi sveglio con le migliori intenzioni fotografiche: faccio questo, faccio quello, inquadro così, sovraespongo, sottoespongo. Poi, con la macchina a tracolla, mi avvio baldanzoso verso il corridoio esterno della nave. Aperta la pesante porta stagna, un freddo inimmaginabile mi ghiaccia istantaneamente il viso, aghi di neve mi entrano negli occhi e ai primi due passi rischio di finire a terra scivolando sul palchetto di legno innevato. Mi aggrappo al mancorrente con le dita che si attaccano al metallo e, dopo una decina di metri nella bufera, conquisto la porta del ristorante. Il mio ingresso, accompagnato da una folata di gelo, crea un grande scompiglio e mi vale un’occhiataccia da parte di due scollacciate signore dall’aspetto teutonico, intente a una colazione degna di un capitano vichingo. Oggi non è giornata per le foto: meglio chiacchierare con qualcuno dei compagni di crociera e poi ritirarsi in cabina a leggere e a fantasticare.

Profumo di gulash
La prima vera sosta lungo il tragitto è ad Esztergom, capitale dell’Ungheria fra il X e il XIII secolo e oggi cittadina turistica con un ricchissimo centro storico. All’ora prevista esco sul ponte per fotografare l’attracco; anche stavolta vengo accolto dalla tormenta, ma mi sono premunito con tanto di sciarpa e guanti. Purtroppo la differenza di temperatura tra l’interno e l’esterno appanna immediatamente l’obiettivo. «Effetto flou?» mi chiede un signore. «No, condensa» devo rispondere con un leggero sorriso.
Aspettando che le lenti si adattino alla temperatura, riesco a fare solo un paio di scatti a un marinaio intirizzito dal freddo. Incredibilmente, a ormeggio completato il tempo peggiora: la neve è meno fitta, ma si alza un vento teso e forte che la solleva e la accumula in ogni angolo, mentre il grigio del cielo appiattisce le forme e i pochi colori vengono subito ricoperti di bianco. Anche il pullman che doveva prelevarci all’imbarco per il giro della città è bloccato dalla neve e dal ghiaccio, e così i crocieristi, in fila indiana con la neve al ginocchio, s’incamminano verso il centro. Ad Esztergom venne costruita la prima chiesa cattolica romana d’Ungheria: il Keresztény Múzeum, il più importante museo d’arte sacra del paese, è situato sulla sponda del Danubio proprio sotto la collina su cui sorge l’enorme Bazilika. Il palazzo accoglie nelle ampie sale preziosissimi dipinti provenienti da tutta l’Europa, tra cui alcune opere di Neri di Bicci, Luca di Tommè e un quadro attribuito a Filippo Lippi. Passeggiando lungo le strade, più riparate dal vento, la neve si accumula sulle porte e sulle finestre e finalmente ho l’occasione di scattare qualche fotografia di contesto nei caratteristici scorci medioevali. In giro ci sono poche persone che camminano rasente ai muri; solo noi, infreddoliti turisti del Natale, passeggiamo a piccoli gruppi parlottando da dietro le sciarpe, fino a raggiungere un piccolo bar che prendiamo d’assalto alla ricerca di una bevanda calda. Intanto l’autobus, liberato dalla neve, viene a prelevarci per andare visitare una storica scuderia, dove ci aspetta una cena tipica a base di gulash. Tra bollenti minestre, salsicce e vino l’atmosfera si scalda rapidamente, cadono cappotti e maglioni, e in men che non si dica eccoci tutti a cantare sull’onda di melodie popolari dal testo ovviamente incomprensibile.

Giro di boa
A un’altra buia notte di tempesta segue un lento giorno di navigazione scandito dal passaggio delle grandi chiuse di Gabcíkovo, che consentono alle imbarcazioni di superare il dislivello di una zona collinare: dopo qualche decina di minuti e qualche decina di metri più in basso, davanti alla prua si aprono le gigantesche porte dello sbarramento, consentendoci di proseguire.
E’ di nuovo mattina quando la nave attracca al porto fluviale di Budapest, con la severa architettura del castello che veglia dall’alto sulla città vecchia di Buda. Ha smesso di nevicare, e il Parlamento e gli altri palazzi storici che si specchiano nelle grigie acque del Danubio si presentano in una veste, se possibile, ancora più maestosa. Al termine delle manovre di attracco, la nave si svuota dei crocieristi che scendono a terra per il giro della città. Mi rendo conto che negli ultimi anni la capitale ungherese ha compiuto grandi sforzi per ritrovare l’antica magnificenza, restaurando molti edifici del grande centro storico; lungo le vie più frequentate di Pest si allineano negozi d’ogni genere, con insegne luminose e ricche vetrine a confermare la dimensione europea della città. Ma le viste più affascinanti restano quelle sul fiume, specialmente quando torna a scendere la notte e, protetti dal confortevole tepore del ristorante della nave, si può osservare il panorama a proprio agio.
E il ritorno? Lo si può forse dire meno vivace, ma certo molto rilassante: per la maggior parte del tempo giocherò a carte con una coppia di inglesi, parteciperò a una spassosa tombola di gruppo con l’estrazione dei numeri in ungherese e leggerò un libro con fotografie, guarda caso, in bianco e nero .

Testo e foto di Carlo Piccinelli

PleinAir 449 – Dicembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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