Il Campo dei Miracoli

Nei goldfields dello stato australiano del Victoria rivive l’epopea dei cercatori d’oro dell’800. Un’esperienza davvero fuori dal comune per sentirsi parte della storia e delle tradizioni di questo grande paese, e magari per riportare a casa un prezioso souvenir.

Indice dell'itinerario

Mi trovo da giorni nella prateria australiana, praticamente isolato dal mondo. Ho in mano una minuscola e luccicante pepita e sto provando, o così immagino, la stessa euforia di un pioniere dell’800 durante il periodo della corsa all’oro negli sconfinati territori del continente oceanico.
Bendigo, dove sono arrivato qualche giorno fa, è una località situata nella parte centro-settentrionale dello stato del Victoria, a un centinaio di chilometri dal Murray River. Passeggiando in città non ho potuto fare a meno di notare un vecchio tram ancora regolarmente in servizio tra gli edifici vittoriani del centro, e sono salito a bordo: lucide panche di legno, lampade in ottone, finestrini dalle elaborate decorazioni. Ascoltando le tranquille chiacchiere degli altri passeggeri ho sentito che qualcuno di loro ha trovato una piccola pepita d’oro in un campo vicino a Ballarat, una cittadina poco lontana, ed ecco com’è nata la mia piccola avventura lungo la Goldfields Tourist Route.

Una pepita di 63 chili
La strada turistica dedicata all’epopea dei cercatori d’oro è un anello di circa 360 chilometri che attraversa un’area particolarmente ricca di storia e tradizioni, protagonista dell’espansione pionieristica del territorio australiano nella seconda metà del XIX secolo. L’itinerario, segnalato da piccoli cartelli stradali con una G dorata, si sviluppa per circa 360 chilometri fra le città di Bendigo, Ballarat, Ararat e Maryborough, dove ogni cosa che ricorda quel periodo è considerata un valore culturale: non solo gli stili architettonici, ma anche battelli, treni a vapore, auto d’epoca e perfino i modi e le abitudini di vita.
Oltre al percorso stradale c’è anche una linea ferroviaria, che fu inaugurata nel 1884 e per decenni ha trasportato, da e verso le miniere della regione, avventurieri, commercianti, imprenditori o semplici immigrati in cerca di fortuna nei goldfields, i campi d’oro divenuti a quel tempo i principali motori per lo sviluppo economico del paese. Un anziano capotreno mi racconta una storia sentita da suo nonno sul ritrovamento, nel 1858, di un’enorme pepita nei pressi di Ballarat: pura al 99,2% e del peso di ben 63 chilogrammi, fece di questa cittadina la capitale mondiale delle pepite per oltre un secolo ed è orgogliosamente riprodotta in un monumento nel centro cittadino.
Nella vetrina di un gold shop sono invece esposte alcune pepite, simili a bitorzolute patate. Il proprietario Cordell Kent, un omone barbuto e sorridente, mi racconta che una quindicina di anni fa ha iniziato a cercare l’oro e, dopo averne accumulato un certo quantitativo, ha aperto la gioielleria. Poiché esprimo dubbi sulla facilità di trovare il prezioso metallo, mi dice: «Se non ci credi, vieni con me». Pochi minuti dopo siamo in marcia sul suo fuoristrada, che procede sobbalzando su una pista dissestata in terra battuta che si inoltra nel bush. Mi stupisco dell’equipaggiamento di cui è dotato: il piccone non può mancare, ma piatti e setacci sono stati sostituiti da metal detector in grado di segnalare anche il più piccolo oggetto metallico sino a una profondità di 40 centimetri e oltre. Arrivati in uno dei luoghi più favorevoli alla ricerca, Kent scandaglia un’ampia porzione di terreno costellata da grandi e profonde buche: diverse volte posa il metal detector a terra iniziando a scavare con il piccone, ma il risultato è sempre un chiodo o un pezzo di ferro arrugginito. Era impensabile trovare l’oro in un paio d’ore, ma lo ringrazio ugualmente per l’interessante esperienza. Nel salutarci mi raccomanda di visitare Sovereing Hill dove, afferma con un tono di buon augurio, potrò sicuramente rivivere il glorioso passato dei goldfields.
Il giorno successivo raggiungo quindi la collina nei pressi di Ballarat, sede di un’antica miniera d’oro ancora in funzione, attorno alla quale un intero paese vive secondo usi e costumi di un tempo. I turisti in visita a Sovereign Hill (molti dei quali in camper come me, visto che questo è senz’altro il mezzo ideale per visitare l’Australia) sono letteralmente trasportati nel passato, fra carrozze e diligenze trainate da cavalli, e nel torrente è possibile setacciare le acque e il terriccio alla ricerca di brillanti pagliuzze.

Segnali dal sottosuolo
Proseguendo il giro sulla Goldfields Tourist Road, mi dirigo verso Ararat e poi devio per Maryborough. Poco prima di questa località appare lungo la strada l’enorme cartello giallo di un gold center con uno slogan quanto mai invogliante: “Diventa cercatore d’oro, noleggia un metal detector”. Entro nel grande locale dove, in una serie di bacheche, risplendono pepite di piccole e medie dimensioni, trovate e vendute dai clienti al centro. Parlando con Tony, il proprietario, scopro che per poter fare il cercatore è necessaria una licenza e che nel pomeriggio potrò partecipare a un corso per capire come utilizzare l’apparecchiatura tecnica.
Il mattino successivo, di buon’ora, sono pronto per dare inizio alla ricerca. Parcheggio il camper in prossimità della zona consigliata dalle mappe, una vasta area boschiva situata a qualche decina di chilometri da Maryborough nei pressi del Paddys Ranges National Park, mi equipaggio di tutto punto e parto in esplorazione. Il metal detector di tanto in tanto emette segnali che mi riempiono di rosee speranze, ma il bottino delle prime tre giornate consisterà in qualche chiodo, una lima, una testa di martello, bossoli di vecchi proiettili, una palla di fucile, alcuni antichi e consunti ferri di cavallo e perfino il meccanismo di un vecchio orologio.
La mattina dell’ultimo giorno sto perlustrando una piccola valle scavata da un fiumiciattolo ormai scomparso, quando all’improvviso sento nelle cuffie che equipaggiano il detector un beeep forte e prolungato. Mi fermo di colpo, individuo il punto esatto e con il piede inizio a pulire da foglie e sterpaglie una piccola area circostante. Un nuovo passaggio del rilevatore mi conferma che qui sotto c’è qualcosa: con il piccone e inizio a scavare, poi con la massima attenzione prendo piccoli pugnetti di terra e li passo vicino alla piastra del cercametalli. Finalmente vedo un riflesso che non può essere prodotto da un pezzo di ferro arrugginito, sento sotto le dita una piccola massa ed ecco comparire sul palmo della mia mano un pezzetto d’oro color giallo opaco, delle dimensioni di un piccolo bullone. Sono letteralmente estasiato e rimango ad ammirare quella pietruzza informe per parecchio tempo, poi raccolgo tutto e torno al gold center entusiasta come un bambino. Sono diventato anch’io un cercatore d’oro, e nel mio piccolo sento di far parte di quei tempi gloriosi che fecero la fortuna del Victoria.

Testo e foto di Carlo Piccinelli

PleinAir 447 – Ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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