Il bastone e la conchiglia

Un mese di cammino sulla via di Compostella: i luoghi, le storie, le leggende, i simboli, i personaggi di un'avventura lunga novecento anni.

Indice dell'itinerario

La salita verso l’Alto de Ibañeta è stata impegnativa, con una pioggerella fastidiosa che ha bagnato la maggior parte dei 1.200 metri di dislivello della prima tappa lungo il Camino de Santiago. Sul colle avvolto nella nebbia, un monumento di pietra mi ricorda che nell’anno 778 qui avvenne l’eccidio di Rolando da parte dei Saraceni o di un gruppo di soldati dell’esercito di Carlo Magno alle prese con feroci montanari baschi. Il conte Rolando, con gran pena, grande sforzo e dolore suona il suo olifante. E dalla sua bocca sgorga il sangue chiaro e si rompono le tempie della sua fronte, ma il suono del corno che impugna si spande ben lontano… . Carlo Magno arrivò in ritardo per salvare il suo paladino prediletto, dando il via a una delle leggende più note e affascinanti di tutta l’Europa medioevale.
Una breve discesa tra alberi maestosi e un sottobosco rigoglioso mi porta finalmente a Roncisvalle, uno dei più grandi ospedali dei fedeli che camminavano verso Compostela. Le guide non sono del tutto concordi, e non è quindi chiaro a nessuno quanti siano effettivamente i chilometri da percorrere: 760, 780, 800? Con buona approssimazione direi che da qui fino a Santiago ne mancano circa 760, e una trentina di giorni di cammino. Le distanze sono ovviamente molto variabili, cosicché alcuni suggeriscono di dividere l’itinerario in 30 tappe, altri in 32 o 33: ma l’essenziale è arrivare e non la lunghezza di ogni singola giornata di cammino, che può mutare in base al clima, allo stato d’animo oppure ai doloretti (che prima o poi colpiscono quasi tutti).
Mi accomodo sul traballante letto a castello e, nel momento in cui le luci si spengono sotto la volta dell’ex dormitorio dei monaci, provo a immaginare le lunghe giornate che mi attendono.

I luoghi del Camino
Da Saint-Jean-Pied-de-Port a Puente la Reina
La prima parte del viaggio si svolge tra la frontiera francese e la Navarra, in un paesaggio di montagne e colline ricche di boschi, ampi panorami e, in caso di pioggia, anche di fango sui sentieri (come ben sanno i ciclisti che a maggio ho visto arrancare disperatamente sulle alture tra le pozzanghere).
La partenza da Saint-Jean-Pied-de-Port, l’ultimo borgo prima del confine, porta al famoso Alto de Ibañeta, il colle che permette di attraversare i Pirenei. Una mezz’ora in lieve discesa conduce fino al complesso di Roncisvalle: qui si trovano l’abbazia (che merita una visita e dove, sul far della sera, si svolge la messa per i pellegrini) e lo splendido dormitorio gotico dell’ostello.
Il paesaggio si apre tra boschi e pascoli e, superati i due passi dell’Alto de Mezkiritz, segnalato da una stele dedicata alla Vergine di Roncisvalle, e dell’Alto de Erro, il paese di Zubiri offre diverse possibilità di sosta oltre al più noto e successivo ostello di Larrasoaña, gestito direttamente dal sindaco che è un appassionato del Camino. Man mano che ci si lasciano alle spalle i Pirenei, il percorso si snoda in un ambiente piacevole e tranquillo fino alla cittadina di Burlada. Poi, quasi senza rendersene conto, si raggiungono le prime case di Pamplona, che merita una visita più accurata con la sua cattedrale e il centro storico di grande interesse. Se l’ostello cittadino è affollato può essere una buona idea proseguire per 4 chilometri e pernottare a Cizur Menor.
Oltre Pamplona la via sale verso l’Alto del Perdón, dove si trova un monumento al pellegrinaggio composto da sagome metalliche costruito all’incontro dei cammini della fede e del vento . La discesa seguente porta ai paesi di Uterga e Obanos e, volendo, alla chiesa di Nuestra Señora de Eunate, una delle più eccezionali opere romaniche del Camino, ormai a meno di un’ora da Puente la Reina.Da Puente la Reina a Burgos
Il tratto seguente si sviluppa tra le colline della Rioja ed entra in Castiglia, con molte piccole e gradevoli cittadine da visitare prima di raggiungere la spettacolare facciata della cattedrale di Burgos. Da Puente la Reina si esce sullo splendido ponte romanico verso Cirauqui, dove il Camino percorre tratti dell’antica via romana per poi entrare a Estella, annunciata dalla facciata gotica della chiesa del Santo Sepolcro; assai meritevoli anche il Palacio de los Reyes de Navarra e la chiesa di San Pedro de la Rúa, con il suo eccezionale chiostro.
Irache è famosa per il monastero di Santa Maria la Real e per una più prosaica fonte da cui sgorga vino (peraltro non di ottima qualità). Si toccano poi il castello templare di Villamayor de Monjardín, Los Arcos e infine Torres del Río dove la chiesa del Santo Sepulcro, di forma ottagonale, è legata ai miti dei Templari e custodisce uno splendido crocifisso del XIII secolo.
Salite e discese, in un paesaggio agricolo ricco di uliveti e vigne, portano prima all’Alto de Poyo e poi a Viana dove si trovano la chiesa di Santa Maria (in cui è sepolto Cesare Borgia, il condottiero fratello dell’altrettanto celebre Lucrezia) e le rovine di quella di San Pedro: qui, tra le mura diroccate e la cinta della cittadina, è situato un suggestivo albergue.
Tra svincoli e deviazioni, il Camino raggiunge finalmente Logroño, che vale una sosta soprattutto per la Fuente del Peregrino, la chiesa di Santiago el Real e la cattedrale di Santa Maria la Redonda. Il colle Alto de la Grajera conduce fino a Navarrete, paese di origine medioevale che conserva i resti di un antico ospedale per i pellegrini e offre un piacevole ostello. Si sale quindi oltre il borgo di Ventosa sulle pendici dell’Alto de San Antón, e poi ha inizio la discesa verso Nájera, l’antica capitale dei re di Navarra dove vale la pena fermarsi al convento di Santa Maria la Real, con il sepolcro dei regnanti medioevali. Poco più avanti s’incontra Azofra, uno dei pochi centri abitati di questa tappa che deve la sua nascita al flusso di pellegrini diretti a Santiago.
Un lungo tratto pianeggiante di campagne coltivate conduce alle porte di Santo Domingo de la Calzada, con la cattedrale in cui sono rappresentati il gallo e la gallina in ricordo di un miracolo compiuto da San Giacomo. Da qui, in circa 6 chilometri verso Redecilla del Camino, si può raggiungere l’ostello di Grañón, ricavato nella chiesa di San Juan Bautista; per strade sterrate si prosegue in direzione di Redecilla e poi di Belorado, nella valle del Rio Tirón: la cittadina conserva molte chiese e resti di una rocca medioevale. Pochi chilometri di strada sterrata portano al villaggio di Tosantos, sovrastato dalla chiesa rupestre dedicata alla Virgen de la Peña.
Ancora un tratto in pianura collega a Villafranca, ai piedi delle alture dei Montes de Oca (in passato uno dei tratti più pericolosi del percorso a causa di lupi e briganti). La ripida salita nel bosco si dirige verso un lungo altopiano per poi scendere a San Juan de Ortega: nella chiesa romanica, dichiarata monumento nazionale, si trova il sepolcro del santo che qui aveva costruito un ospedale per i viandanti.
Ai margini della Sierra de Atapuerca – dove da più di vent’anni sono in corso scavi archeologici che hanno portato alla scoperta di antichi resti fossili umani – il Camino sale e si apre di colpo sulla grande pianura di Burgos, con le torri della cattedrale che già fanno spettacolo all’orizzonte. La discesa è un fastidioso itinerario periferico fino a raggiungere la strada principale a Villafría: da qui molti scelgono di prendere un autobus verso il centro.

Da Puente la Reina a Burgos
Il lungo tratto delle mesetas castigliane, gli altipiani coltivati che separano Burgos da León, è uno dei momenti più duri dell’intero viaggio. La monotonia di queste pianure può essere spesso sconfortante, e inoltre non sono molte le soste interessanti: è certamente meglio percorrerle in primavera, poiché qui il caldo estivo diviene un nemico agguerrito.Partendo dalla piazza di Santa Maria, ai piedi della cattedrale, il percorso che conduce fuori dall’abitato di Burgos è assai più piacevole di quello che ci aveva condotti in città. Dopo Tardajos si lasciano le vie principali per salire sul primo altopiano, scendendo infine verso il paesetto di Hornillos del Camino tra campi coltivati e ampi panorami. Il tracciato, solitario e selvaggio, continua tra distese di grano a perdita d’occhio: dopo Hontanas, antica tappa del Camino, il sentiero raggiunge Castrojeriz dove, ai piedi dell’antico castello, si trova la collegiata di Santa Maria del Manzano.
Una nuova meseta è all’orizzonte: si tratta della Cuesta de Mostelares, dalla quale si scende nella valle del Rio Pisuerga; prima di raggiungere il fiume e attraversarlo sul Puente de Itero, s’incontra il piccolo e accogliente ostello di San Nicolás, restaurato e gestito dalla confraternita italiana di San Jacopo di Perugia. Oltre il fiume, entrati nella provincia di Palencia, si raggiunge Frómista: da non perdere la chiesa di San Martín, un altro dei migliori esempi di romanico dell’intero Camino.
Non lontano dalla strada asfaltata (sulla quale notiamo il cartello che indica “Santiago 475”) il sentiero pedonale tocca molti piccoli paesi: merita una sosta Villalcázar de Sirga, fondato dai Templari, che conserva la chiesa duecentesca di Santa Maria la Blanca con le tombe di Fernando III il Santo e di altri personaggi della corte di Castiglia. A Carrión de los Condes, che richiede ancora un’ora e mezzo, si possono visitare il centro antico del paese con la chiesa di Nuestra Señora de Bélén e il monastero di San Zoilo.
Un altro tratto capace di mettere alla prova anche l’escursionista esperto è il rettilineo assolato che conduce fino a Calzadilla de la Cueza. Il paesaggio muta leggermente e qualche collina fa da cornice al tratto che raggiunge il piccolo borgo agricolo di Terradillos de Templarios, il quale conserva nel nome un legame con i cavalieri che qui avevano una delle loro tenute. Sempre tra campagne e pascoli, il percorso si snoda lungo un altopiano toccando vari paesi che presentano qualche traccia del loro passato: ora una chiesa, più avanti un semplice cruceiro. Ben altre testimonianze riserva invece Sahagún, cittadina di enorme importanza per il pellegrinaggio poiché i monaci cluniacensi vi fondarono un gran numero di conventi; tra le numerose chiese, all’ingresso dell’abitato s’incontra il santuario della Virgen del Puente.
La strada asfaltata, con una pista pedonale costeggiata da platani, è la compagna del tratto che conduce al paese di El Burgo Ranero; a poco a poco, si profilano all’orizzonte le prime montagne della Cordillera Cantábrica. Da Mansilla de las Mulas a León la tappa è breve ma non piacevole perché in buona parte coincide con la strada n. 120, uno dei tratti più pericolosi del Camino per i pellegrini a piedi e in bicicletta. Usciti da Mansilla si toccano i paesi di Villamoros, Puente de Villarente, Valdefuente e poi, dalla modesta quota dell’Alto del Portillo, le guglie della cattedrale di León sembrano finalmente a portata di mano.

Da León a Santiago
Finite le mesetas, il Camino affronta due salite più lunghe che difficili per entrare nella vallata del Bierzo e poi, finalmente, in Galizia: fatica a parte, è un momento piacevole perché significa che le grandi pianure sono ormai alle spalle. All’uscita da León, le prime due ore del tragitto che conducono al moderno santuario della Virgen del Camino sono un monotono susseguirsi di fabbriche, case e traffico che si abbandonano con gioia quando, seguendo la via verso sinistra tra le due possibili (verso destra il Camino costeggia sempre l’asfalto in direzione di Villadangos del Páramo) s’inizia a camminare per strade di campagna e paesi minuscoli fino a raggiungere Villar de Mazarife.
Dopo un primo tratto simile a quello dei giorni precedenti si arriva a Hospital de Órbigo, con il suo splendido ponte di origine romana seguito dalla cittadina cresciuta attorno a un ricovero per i pellegrini. Più avanti si cammina sulle alture della Sierra de la Paloma, da cui si apre il colpo d’occhio verso Astorga con la sua imponente cattedrale e i Montes de León all’orizzonte; da non perdere una visita alla cittadina e al palazzo episcopale, disegnato dall’architetto Gaudí.
I colli del Bierzo si avvicinano: su strade secondarie si sale verso le pendici delle montagne e lungo la strada le prime case con il tetto coperto di paglia segnalano il cambiamento geografico. Rabanal del Camino fu in passato una tappa importante prima della salita verso i Montes de León: qui, nel monastero del Salvador del Monte Irago, i padri benedettini benedicono i sassolini che i viaggiatori porteranno con sé verso la Cruz de Ferro, il punto più alto del Camino a quota 1.504, dove è tradizione lasciarli come simbolo dei propri peccati. Una breve salita arriva al paese semiabbandonato di Foncebadón, splendido punto per sostare, e in breve si raggiunge la Cruz de Ferro. Con un’impressionante discesa che tocca El Acebo, Riego e Molinaseca, si tocca Ponferrada, celebre per il castello costruito dai Templari e per la bella piazza porticata nella quale concedersi un po’ di riposo.
La vallata del Bierzo, chiusa tra le montagne, si attraversa in un paio di giornate di cammino. Prima sosta importante è Cacabelos, che conserva numerose chiese e i resti di un ospedale per i viandanti; poi viene Villafranca del Bierzo dove, sul fianco della chiesa dedicata a Santiago, si trova la Puerta del Perdón che i pellegrini ammalati o troppo deboli per proseguire potevano attraversare per ricevere comunque l’indulgenza. Un tratto iniziale del percorso successivo segue la strada statale e costringe a camminare lungo una banchina asfaltata di giallo.
Dopo aver superato Pereje, Trabadelo e Ambasmestas, uno splendido sentiero sale verso Laguna de Castilla, ultimo paese della regione. Seguono il valico e il monastero di O Cebreiro, a quota 1.293, dove la cappella di Santa Maria la Real custodisce un calice miracoloso.
Finalmente si aprono le colline della Galizia, che già sembrano profumare d’oceano: il paesaggio si fa sempre più verde e movimentato, e dopo Liñares si sale nuovamente fino all’Alto de San Roque, con un’imponente statua dedicata al pellegrino. Altra discesa e altro colle: l’Alto do Poio, da cui si prosegue verso Triacastela che conserva una chiesa dedicata a Santiago. Oltre il paese, la via che passa per Samos è selvaggia e solitaria; raggiunto il monastero in un paio d’ore, si può decidere di sostarvi e di assistere alla messa della sera cantata in gregoriano.Tra minuscole frazioni e boschi frondosi si arriva a Sarria da dove il Camino si inoltra per strade secondarie che toccano paesi agricoli e pastorali, con pochi negozi e quasi nessun punto di ristoro. Il paesaggio è verdeggiante e tranquillo e a Brea si passa il pilastrino che segnala solo 100 chilometri a Santiago.
Dall’altura della Peña do Cervo si scende verso Portomarín: il paese attuale è stato spostato su un colle nel 1962, insieme con la chiesa-fortezza di San Nicolás, per la costruzione del lago artificiale. Superato uno dei bracci secondari del lago lungo la passerella del ponte pedonale, continua il saliscendi per le colline della Galizia; qualche chilometro prima di Palas de Rei, una deviazione verso Vilar de Donas permette una visita alla chiesa del Salvador, con i sepolcri dei Cavalieri dell’Ordine di Santiago. I paesi che si attraversano sono tranquilli, con le loro case di pietra e gli hórreos, i lunghi granai sopraelevati.
Melide ricorda il passato del pellegrinaggio con i resti del portale romanico di una chiesa, trasferiti nel Campo de San Roque, e le pitture del XV secolo che raffigurano Santiago nella chiesa di Santa Maria. Poi il ponte medioevale di Ribadiso conduce all’ultima salita della giornata, verso Arzúa. Ci si muove su e giù tra piccole valli e collinette in genere ricoperte di eucalipti, e con una serie di deviazioni talvolta complicate quasi sempre si riesce a evitare di procedere sull’asfalto.
L’Alto de Santa Irene conduce ad Arca e a uno dei più grandi e importanti rifugi per i pellegrini dell’intero Camino. Poi, dopo la deviazione attorno all’aeroporto di Lavacolla, si raggiunge il Mons Gaudii del Medioevo, il Monte do Gozo.
Gli ultimi chilometri attraversano l’autostrada e la periferia della nostra meta finché, in corrispondenza della Porta do Camiño, si raggiunge il perimetro della città antica. L’ultimo tratto è quasi un sogno, e di colpo l’enorme mole della cattedrale fa la sua comparsa tra gli antichi palazzi di Santiago de Compostela.

L’abbraccio dell’apostolo
Dopo un mese di cammino, l’ingresso a Santiago è un’emozione veramente unica. I nomi delle vie del centro storico scorrono davanti agli occhi uno dopo l’altro, come in un film: Rúa das Casas Reais, das Animas, la piccola Praza de Cervantes, Rúa du Preguntoiro e da Conga e finalmente, su Praza das Praterías, la parete laterale della cattedrale. Pochi passi ancora per Rúa de Fonseca, ed ecco che si spalanca l’enorme Praza do Obradoiro, su cui si allunga l’ombra delle torri della facciata principale.
La storia narra che la prima chiesa dedicata a Santiago venne costruita intorno all’840, per essere sostituita da una seconda che vide la luce nell’899. Nel 997 si costruì una terza cattedrale, che presto si rivelò troppo angusta per accogliere i numerosissimi viaggiatori giunti a venerare l’apostolo Giacomo (testimone, insieme a Pietro e Giovanni, della Trasfigurazione di Cristo): per questa ragione, dopo il 1075 si edificò la maestosa chiesa voluta dal vescovo Diego Paláez. La chiesa descritta dai cronisti del XII secolo fu certamente la cattedrale del momento d’oro della via giacobea, la meta sognata, poi ricordata per decenni da chi aveva avuto la fortuna di arrivare sano e salvo a vederla. A quest’epoca risale anche l’istituzione del primo anno santo compostellano, concesso come privilegio da papa Callisto II nel 1119, celebrato tutte le volte che il 25 luglio cade di domenica (così è stato ad esempio nel 2004 e sarà nel 2010 e nel 2021).

Per chi entra nella cattedrale e si dirige verso il sepolcro di San Giacomo il percorso è obbligato e conduce, dopo aver fiancheggiato il coro, a salire per una scaletta alle spalle dell’altare fino al vano da cui si vede la statua del santo, coperta dal suo paliotto dorato e tempestato di pietre preziose: il rito vuole che il pellegrino abbracci la statua dalle spalle, con il volto di fianco a quello sereno dell’apostolo che guarda verso la navata centrale. Le sue spoglie, a quanto avrebbe detto il cronista duecentesco Aymeri Picaud, si trovano in un’urna dorata sotto all’altare, che si raggiunge proseguendo giù per una scaletta. Oltre al sepolcro, il luogo più importante della cattedrale è certamente la selva di sculture che compone il portico della Gloria: un vero capolavoro d’arte e di progettualità romanica nel momento in cui il gotico iniziava ad affacciarsi anche nella Galizia, così lontana dal cuore d’Europa. Del maestro Matteo, l’artista che realizzò il portico, sappiamo poco o nulla, a parte che nel 1168 il re Ferdinando II gli concesse una rendita sufficiente a dedicarsi alle mille opere ancora incompiute della cattedrale di Compostela. Certo è che, con la sua creazione, nacque uno dei massimi esempi dell’arte medioevale, con un Santiago ieratico ma sorridente al centro dell’insieme che sembra invitare i fedeli a entrare nel suo tempio.

Finis Terrae, l’ultimo metro Dopo la visita della cattedrale, molti pellegrini giunti a Santiago decidono di proseguire verso Cabo Fisterra, il latino Finis Terrae dove, per i Romani, il mondo terminava dinanzi al tramonto nell’oceano.
La strada che scende alle sponde dell’Atlantico, che in questo tratto hanno l’inquietante nome di Costa da Morte, scorre dolcemente attraverso le foreste di eucalipti e raggiunge la rada del porto di Noia, in fondo al primo dei grandi fiordi della zona: il panorama è splendido, quasi inaspettato, fatto di profonde insenature scolpite nella roccia. Il primo dei fari affacciati verso l’enormità dell’oceano è quello di Punta Carreira; poi la costiera che corre verso Corcubión oltrepassa piccoli paesi di pescatori e qualche isoletta riparata, prima di avvicinarsi finalmente alla mole rocciosa del Cabo. Il sole fa splendere l’acqua bassa, che gorgoglia tra le rocce rosse mentre la marea sale, quasi correndo dove c’è la sabbia: solo scorrendo l’elenco dei naufragi avvenuti da queste parti (non ultimo quello drammatico della petroliera Prestige) si comprende il nome di Costa da Morte. Nella rada di Fisterra le barche da pesca ondeggiano nel piccolo porto e sulle banchine si allineano le cassette di pesce, molluschi, granchi, aragoste e astici in attesa di essere imbarcate sui camion diretti verso i mercati di tutta la Spagna.
Dal paese resta solo un’ultima tappa: i 3 chilometri di strada che portano al faro iniziano tra le case vicino alla piccola chiesa romanica di Santa María de Areas, dove si conserva il Cristo de Fisterra che la leggenda vuole portato a riva dalle onde. Oltre al faro bianco, con le sue sirene che nelle notti nebbiose urlano al mare il loro avvertimento di pericolo, una statua indica il punto più alto del promontorio, aperto davanti all’immensità del mare. Ma il senso di un mese di lento viaggio attraverso la Spagna viene notando un piccolo pilastrino bianco, scrostato dal vento e dalla salsedine, che si erge fiero e solitario proprio alla fine dell’ultimo metro di sentiero: con la sua conchiglia, simbolo del pellegrino, e l’evidente indicazione che il Camino de Santiago finisce veramente qui, non un metro più avanti né uno più indietro.

PleinAir 392 – marzo 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio