I vigneti del Vate

In viaggio sui colli del Chietino dove si produce il famoso Montepulciano d'Abruzzo, il vino preferito da Gabriele d'Annunzio che amava spesso tornare nella sua terra natale per godere appieno i frutti eccezionali di quei dolci pendii.

Indice dell'itinerario

“Verresti tu a passare l’estate con me, qui in Abruzzo, in una casa solitaria sul mare, lontana da Francavilla, sicura? E’ una piccola casa rurale composta di due stanze al primo piano, di una stanzetta al piano terreno e di un portichetto; e, accanto, un grande orto d’aranci e d’altri alberi fruttiferi, e sotto il mare gli scogli, una vista interminabile di coste e monti marini, e sopra tutto una immensa libertà come un buen retiro di santi anacoreti…”. Così Gabriele d’Annunzio, firmandosi con lo pseudonimo di Ariel, scriveva a Barbara Leoni che ospitò durante l’estate del 1889 nella sua casa di San Vito Chietino. L’Abruzzo del Vate ruota intorno a questi luoghi, a questo mare, a queste colline dove nasce anche uno dei vini rossi più apprezzati d’Italia: il Montepulciano. D’obbligo citare fra gli odierni viticultori Gianni Masciarelli ed Edoardo Valentino, che hanno saputo raggiungere risultati straordinari – impensabili fino a pochi anni fa – diventando punti di riferimento per l’enologia italiana. Oltre il 90% della produzione regionale è costituito da montepulciano e trebbiano, anche se di recente si sta cercando di ampliare la varietà riscoprendo uve autoctone come il pecorino, la passerina, la cococciola e il montonico; vitigni più conosciuti come lo chardonnay, il cabernet sauvignon e il merlot sono invece presenti già da diversi anni, con ottime prove.
Il nostro itinerario è dunque strettamente legato alla vita e alle opere di d’Annunzio e, nel contempo, a questa autentica emergenza qualitativa: due motivi da abbinare nella scoperta di un territorio le cui mete sono piccole perle del paesaggio abruzzese.

L’arte nel bicchiere
La casa natale del poeta a Pescara è un punto di partenza quasi obbligato: trasformata in museo, si trova in quel delizioso borghetto urbano che è Corso Manthonè, sulla destra del porto canale (a poca distanza sorge il celebre Museo delle Genti d’Abruzzo ospitato nell’ex Bagno Penale Borbonico, che include una sezione archeologica e una dedicata alla civiltà rurale della regione). Una breve passeggiata ci porterà sull’altra riva del canale per visitare, nel novecentesco Palazzo del Governo, la Sala della Giunta dove si conserva La figlia di Jorio, la grandiosa tela dipinta da Francesco Paolo Michetti che ispirò l’omonima opera teatrale dannunziana.
All’uscita meridionale della città si stende la pineta di Francavilla, in vista di quel “tremolar della marina” che annunciava ai pastori l’arrivo sulla costa nella lenta discesa con le greggi verso il Tavoliere delle Puglie (“Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare…”). A Francavilla al Mare la nostra tappa è il convento di Santa Maria del Gesù, del XV secolo, più noto come convento di Michetti perché qui l’artista abitò lungamente a partire dall’ultimo ventennio dell’800; vi realizzò anzi una sorta di comune ante litteram in cui spesso ospitava amici quali Eduardo Scarfoglio, Matilde Serao, il musicista Francesco Paolo Tosti, lo scultore Costantino Barbella e ovviamente lo stesso d’Annunzio, che qui si rifugiò spesso per dedicarsi al suo lavoro scrivendo fra l’altro Il Piacere, romanzo simbolo dell’estetismo italiano. Nel Municipio si ammira La Via degli Storpi, altro dipinto del Michetti che riproduce una celebre scena descritta da d’Annunzio nel Trionfo della Morte.
Seguendo ora la statale 263 che si stacca dalla costa poco più a sud, ci immergiamo nei vigneti che vestono le colline fino alle prime pendici della Majella: è questo l’habitat più congeniale per il vitigno del Montepulciano d’Abruzzo. A Miglianico, nella chiesa di San Michele Arcangelo, un affresco del ‘500 che ritrae la Madonna tra due Santi ispirò d’Annunzio per una delle sue Novelle della Pescara. Nel vicino paese di Ripa Teatina meritano invece una sosta il campanile del monastero di Santo Stefano, che tra poco vedrà l’alba del secondo millennio (risale al 1010) e le due torri di difesa fatte erigere sulla cinta delle mura da Alfonso II d’Aragona. Villamagna è un antico fortilizio dei Marrucini posto a difesa della città di Chieti: la chiesa di Santa Maria Maggiore è uno splendido esempio di barocco con stucchi rococò e tele di scuola napoletana, mentre la Porta da Capo e la Porta da Piedi, anche se mostrano evidenti segni di rifacimenti, sono di chiara origine medioevale e costituivano gli unici due accessi al borgo. Ripresa la 263 in direzione della montagna presto si incontra il bivio per Vacri, altro perfetto esempio di architettura medioevale, anche se diversi reperti archeologici trovati nei pressi fanno risalire la nascita del primo insediamento al III secolo a.C. Dal centro del paese lo sguardo spazia dai Monti della Laga al Gran Sasso all’imponente massiccio della Majella che sovrasta tutta la vallata.
San Martino sulla Marrucina si sviluppa su quattro colli disposti praticamente in fila, che racchiudono due vallette pianeggianti. A parte il vino, caratteristica del luogo è la tradizione dei polverieri, singolari figure di mercanti-soldati che dal ‘500 fino alla Seconda Guerra Mondiale producevano e commerciavano una polvere pirica la cui eccezionale potenza era dovuta alla presenza del carbone di vite nella miscela di zolfo e salnitro (l’impiego, del resto, non era prevalentemente bellico bensì agricolo, poiché la polvere da sparo veniva utilizzata soprattutto per liberare i terreni dai massi e per frantumare i tronchi).
Ormai a ridosso della Majella, Guardiagrele è il nostro giro di boa sulla rotta del Montepulciano, trattandosi del comune più occidentale del territorio di produzione. Il paese, definito dal Vate “la terrazza d’Abruzzo” per la sua felicissima posizione panoramica, conserva un possente torrione del VII secolo a testimonianza dell’opera militare costruita per far fronte alle invasioni barbariche.
La fondovalle 538 che scende verso il mare ci porta a Orsogna: nominata per la prima volta in un documento di Ruggero II il Normanno nel 1151, fra i suoi motivi d’interesse vanta la Torre del Bene, superbo esempio di edificio rurale fortificato del XIII secolo, costruito lungo il tracciato dei tratturi che gli armenti seguivano per arrivare in Puglia.
Sotto le torri meridionali del castello di Crecchio – tappa di Gabriele d’Annunzio come ospite della nobile casata De Riseis – si nasconde certamente un altro edificio di origine angioina che dopo l’8 settembre 1943 ospitò Vittorio Emanuele III, la famiglia reale e lo Stato Maggiore in fuga da Roma e in attesa di imbarcarsi ad Ortona. Ma il richiamo principale del paese è oggi il Museo dell’Abruzzo Bizantino e Altomedioevale, la cui collezione comprende pezzi di pregio come un elmo ostrogoto e la particolare ceramica di Crecchio.
Canosa Sannita viene citata dall’abate Bertario nel suo Memorandum del IX secolo. Alcune leggende narrano che nelle grotte limitrofe al paese, le cosiddette chicurummelle, siano nascosti chissà quali tesori lasciati dai briganti guidati dal temibile Nunziato Mecola, che le utilizzavano come rifugi. Un vero tesoro naturalistico è invece il Bosco di Moggio, all’interno del quale c’è una piccola pieve dedicata alla Madonna Addolorata.
Ed eccoci finalmente nella piccola capitale dell’enologia abruzzese, Tollo, dove il legame con la cultura della vite è tale da aver ispirato un progetto di ristrutturazione del centro storico, i cui palazzi nei prossimi anni saranno dipinti con i colori dell’uva e del vino. Nella prima domenica di agosto, una grande festa in costume ricorda la vittoria della popolazione locale che nel 1566 riuscì a respingere i Mori, reduci dall’aver distrutto Francavilla e Ortona: a quell’epoca Tollo era un borgo fortificato con tre torri, la maggiore delle quali era il punto di avvistamento del territorio più a sud del feudo.
Circondata da spiagge e scogliere che si affacciano su uno dei mari più puliti d’Italia, Ortona fa parlare di sé per la prima volta nel I secolo a.C., quando fu chiamata Epineion dal geografo greco Strabone. Fra le numerose emergenze architettoniche della cittadina segnaliamo il Castello Aragonese del XIV secolo e il cinquecentesco Palazzo Farnese, che fu residenza estiva di Margherita d’Austria ed è oggi sede della Biblioteca Civica. Imperdibile una visita in Via Matteotti all’Enoteca Regionale, dove potrete degustare e acquistare – se non l’avete già fatto lungo il percorso – pregiate etichette del territorio.
L’autostrada e la statale Adriatica risalgono verso Pescara a chiudere il nostro anello, ma c’è ancora una deviazione che ci riporta al motivo ispiratore dell’itinerario. Pochi chilometri a sud di Ortona, San Vito Chietino è il luogo in cui d’Annunzio visse l’ultimo scorcio della sua intensa relazione con Barbara Leoni, ispiratrice del Trionfo della Morte. Varrà infine la pena procedere, lungo un panoramico tratto di costa, fin quasi alle porte di Fossacesia per visitare la stupenda abbazia di San Giovanni in Venere, che dall’alto della sua piccola collina ci regalerà un ultimo, sorprendente sguardo sul verde “Adriatico selvaggio”.

PleinAir 412 – novembre 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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