I segreti del Paguro

Una variante in blu per scoprire la natura del Ravennate con maschera, pinne e bombole.

Indice dell'itinerario

Quarant’anni di silenzioso riposo in fondo al mare hanno trasformato una tragedia in un miracolo della vita. Era il settembre del 1965 quando la piattaforma Agip Paguro per l’estrazione di metano, 12 miglia al largo della costa ravennate e oggi davanti al parco del Delta del Po, esplose e colò a picco dopo che la trivella, a circa 2.900 metri di profondità, aveva perforato un giacimento con gas ad altissima pressione.
I tronconi della piattaforma giacciono sul fondale sabbioso, tipico dell’alto Adriatico, a una profondità compresa tra i 9 metri (dove si raggiungono i tralicci e le prime sovrastrutture) e i 33 del punto più basso con una trasparenza delle acque variabile a seconda del periodo. Un vero paradiso per gli appassionati di diving, tanto più che dal 1995 questa sorta di secca è stata dichiarata zona di tutela biologica dove sono precluse navigazione e pesca: così il “Titanic dell’Adriatico” è divenuto una delle mete di immersione più frequentate dai sub (circa 3.000 all’anno).
La maggior parte degli alloggi è crollata, ed è particolarmente suggestivo ripercorrere con l’immaginazione le fasi di un affondamento che, come sempre accade per i relitti, non lascia indifferenti prima né, a maggior ragione, dopo l’immersione. Passaggi e cunicoli tra le ferraglie divelte dei tralicci, pesci stanziali, banchi di spigole, salpe, corvine, saraghi, serranidi: ed è sufficiente volgere lo sguardo al di là delle strutture, verso il profondo blu del mare aperto, per scorgere veloci nuvole di castagnole, occhiate, mormore e filanti ricciole che prediligono questo tratto di mare tra la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno. Per non parlare della varietà di vita bentonica che, sulla tavolozza dei colori, non lesina ricci di mare, attinie, ostriche, spugne rosse e gialle, anemoni, scorfani, sino alle eleganti ofiure. Senza timidezza, poi, dai numerosi anfratti fanno capolino astici, cicale di mare, gronghi e granchi facchini.
Negli abissi, a 22 metri di profondità, c’è tempo anche per una preghiera in dialetto locale: Ave o Maria, prutéz tot qui ch’i va sot’aqua. Amen (Ave o Maria, proteggi tutti coloro che si immergono). Ed è una testimonianza di devozione e gratitudine che due subacquei hanno voluto lasciare nel 1994 in questo luogo magico.

PleinAir 405 – aprile 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio