I pascoli del gelo

Seguiamo l'annuale transumanza delle greggi dall'alta Val Senales alle praterie dell'Ötzal in Austria. Ed è come ripercorrere una storia di millenni imprigionata tra i ghiacci alpini.

Indice dell'itinerario

A valle di Vernago, a Madonna di Senales, si sta celebrando come ogni anno la messa per impetrare la buona riuscita della transumanza. Benché si sia alla metà di giugno soffia un vento gelido che poco più in alto ha già cominciato a far cadere un sottile nevischio. Ma nel nostro programma abbiamo calcolato di seguire non le greggi dirette alla Niedertal, bensì quelle che su un diverso itinerario raggiungeranno la malga Rofenberg. Sono poco più di un migliaio gli animali che 7 km a monte di Vernago partiranno da Maso Corto, alla testata della stessa Val Senales, toccheranno i quasi 3.000 mt del valico del Giogo Alto e si inoltreranno sull’adiacente ghiacciaio, per proseguire quindi verso i pascoli austriaci dell’Ötztal.
La duplice transumanza della Val Senales, ormai l’ultima grande migrazione stagionale italiana delle greggi, ha origini antiche, che risalgono addirittura al Trecento. Nel gelo dell’alba, negli stazzi di Maso Corto ci si prepara a partire: tutti i capi sono stati marcati per tempo, con macchie di vernice che variano secondo la proprietà di ciascun gregge. Non tutti gli allevatori hanno titolo al pascolo, molti lo hanno ottenuto per la stagione in corso da qualche erede del diritto non più allevatore. Ora, ad accompagnare le pecore per le sei ore di cammino fino all’alpeggio, pastori e padroni ci sono tutti, ma il ritorno lo faranno nella stessa giornata. Sarà infatti un solo pastore, non proprietario, a sorvegliare fino a settembre il gregge insieme ad alcuni bastardini. Intanto un piccolo gruppo è già partito, batterà il sentiero nella neve fresca e informerà via cellulare gli altri sullo stato del tempo e del percorso. Nella notte, in alto, la temperatura è scesa a otto sotto zero. Tra il primo gruppo e il resto del gregge saliamo anche noi al valico per l’antichissimo sentiero delle transumanze. Non si sentono più belati ma soltanto il suono dei campanacci, anche gli animali debbono risparmiare fiato sulla dura salita.
A quota 2857 il Rifugio Bellavista è da oltre un secolo il tradizionale punto di sosta nel lungo cammino. Costruito verso il 1890, è un bell’edificio all’antica, di ruvida apparenza ma accogliente negli interni tutti in legno, con la comoda sala di soggiorno, le stanze per una cinquantina di cuccette, una spaziosa cucina. Da un lato si guarda verso il ghiacciaio, dal lato opposto verso il buco verde scuro del fondovalle, al di là del quale si dispiega una distesa di cime innevate. Il posto giusto per fermarti con amici amanti delle escursioni in quota e buoni libri o qualche mazzo di carte per i giorni di cattivo tempo. Paolo, il gestore, ha trovato in un nevaio una pecorotta ricciuta color caffè perduta dal gruppo precedente, e se la balocca in attesa di affidarla agli uomini del gregge in arrivo.
Snodandosi su per il sentiero in una fila interminabile ecco arrivare il grosso delle greggi. Arrivano anche i primi pastori. Naturalmente c’è la sosta di rito prima di proseguire e ci sediamo tutti insieme al lungo tavolo, davanti a una sostanziosa minestra e a un vassoio di speck tagliato in robuste fette. E il cammino continua verso nord, sul ghiacciaio reso candido dalla fresca nevicata (ci sono già tracce di volpi, lepri e caprioli). Dicono che il pericolo maggiore qui va da fine luglio a settembre, quando i crepacci si allargano; a ogni modo evitiamo di spostarci dal sicuro tracciato battuto dalle pecore. Mentre si sta per lasciare il ghiacciaio il tempo comincia a richiudersi e inizia un lieve sfarfallio di fiocchi. Ma un pezzo oltre il rifugio austriaco dell’Hochjochchospiz la transumanza continua, verso pascoli già sgombri di neve e verso la malga, che consiste in un solo ambiente con un tavolo e una branda. Anni fa, mentre non c’era nessuno, venne scoperchiata da una valanga; credete l’abbiano spostata altrove? Impossibile, trovandosi alla base di una paretina era già nel punto meno esposto. Gli fecero solo una copertura di sassi e terreno addossata alla roccia, in modo che altre valanghe potessero scavalcarla senza far danno. Lì i pastori resteranno fino al 15 settembre, come si è sempre fatto in secoli di transumanze, solitari signori dei prati e di un reame di migliaia di pecore.

PleinAir 320 – marzo 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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