I misteri di Artù

Una tenda sul tetto dell'auto, un sottofondo di musica celtica e percorriamo le strade più interne della Bretagna... Inseguiamo antiche leggende dei druidi, attratti da luoghi e nomi misteriosi: pleinair insolito e molta fantasia tra menhir e alberi magici, laghi incantati e dimore fantasma.

Indice dell'itinerario

Se si considera che in Bretagna si trovano 855 campeggi, tutti ottimi e ben tenuti, si comprende perché sia una delle mete preferite dagli amanti del pleinair. Peccato però che i turisti si accalchino sulla costa ignorando l’Argoat, la Bretagna interna. Così ci si affanna per trovare una piazzola libera a Saint-Malo o a Nantes, e si fanno code interminabili per visitare Pointe du Raz (fino a 6000 visitatori al giorno, in estate) o Ploumanac’h (un milione di presenze annue); ma si perde l’occasione di capire cosa renda veramente diversa questa zona della Francia. Prestando attenzione a quegli indizi e suggestioni che testimoniano la continuità con il passato, abbiamo cercato di individuare le località più interessanti e significative, fornendo indicazioni utili per scoprirne altre.

Città inghiottite e barche dei morti
A Quimper, molti secoli fa, regnava Gradlon, re di Cornovaglia; sua figlia, la bellissima Dahut, conduceva una vita dissoluta (si dice che uccidesse i propri amanti e che commettesse le più atroci nefandezze). Ignaro di ciò Gradlon le edificò nella baia di Douarnenez una reggia chiamata Ys. Le leggende ci dicono che questa città (perché di una vera e propria città si trattava) era talmente bella che quando venne fondata la futura capitale di Francia, la si chiamò “Par-Ys”, cioè “sembra Ys”… In questa reggia, dunque, Dahut viveva circondata dal lusso, finché un giorno le forze del Male la convinsero a rubare nottetempo dal collo di suo padre le chiavi della diga che proteggeva l’intero golfo dal mare. Mal gliene incolse: le acque sommersero Ys e Dahut annegò… La leggenda, che ripercorre uno dei temi eterni del rapporto tra l’uomo e la divinità, quello cioè del “delitto e castigo”, non è del tutto priva di riscontri. Chiusa a nord dalla penisola di Crozon – dove esiste, vicino Camaret-sur-Mer, un importante allineamento di menhir – e a sud dalla Punta di Raz, la Baia di Douarnenez nasconde altri misteri. Le punte estreme dell’Armorique, la Pointe du Raz, appunto, il Bec du Van e soprattutto Cap Sizun sono considerate nella leggenda come “l’Imbarcadero dei Defunti”, le “Penn ar Bed”. L’Ankou, il “Caronte” bretone, guida la sua “barca della notte” (bag-noz) verso “l’Isola dell’Eterna Giovinezza” (Tir na n’Og in Irlanda, Avalon in Galles). In verità, l’isola di Avalon è destinata soprattutto agli eroi: come il mitico re Artù, trasportato qui da Merlino e Morgana (regina di Avalon) dopo la morte, avvenuta nella battaglia di Camlann; e qui egli dorme nella sua dimora di cristallo fino a quando col suo risveglio segnerà la rinascita del mondo dei Celti.
Per chi è interessato, il sito della sepoltura arturiana sarebbe segnalato sull’isola di Aval (nome significativo) di fronte Pleumeur Bodou, dove esiste una cappella dedicata a Saint Marc: Marc’h, il Cavallo Marino, conduttore dei morti…

Niente è come sembra
In Bretagna nulla è come sembra di primo acchito: occorre sempre prestare una grande attenzione a ciò che c’è “dietro” quanto osserviamo. Molti santi bretoni, per esempio, hanno ereditato le caratteristiche di eroi e divinità celtiche. Dietro al nome di St. Venier, venerato in una cappella gallo-romana a Langon, si può indovinare l’antico culto di Venere, dea dell’amore. Così St. Cornély ha una parentela piuttosto evidente con Kernunnos, vecchio dio dei Galli. E chi può negare che qualcosa del gigante Gargan (il noto Gargantua), personaggio mitologico dei Celti, sia rimasto addosso a St. Gorgon? E Gobanion, antico fabbro divino, non continua ad essere invocato sotto le mentite spoglie di St. Gobrien?Non a caso poi la Vergine e Sant’Anna sono particolarmente amate in Bretagna. Esse rappresentano la continuazione del culto degli alberi celtico nella fede cristiana. Innanzitutto, infatti, la gran parte delle chiese che avremo modo di visitare sono in stile gotico (dal celtico “Ar-Goat”, bosco): le navate richiamano le volte create dagli alberi in una foresta. Poi pensiamo all’uso di sistemare statuette della Vergine o di Sant’Anna nel tronco degli alberi; tale tradizione potrebbe collegarsi al culto della Venere Nera, dea della terra e della fecondità, il cui nome originario è “Ana Ou Dana”… Pensateci visitando la foresta di Huelgoat, proprio ai piedi dei Monts d’Arrée. Un sentierino attrezzato, che si addentra nella foresta partendo dal paese, permette di fare la conoscenza delle leggende ambientate tra questi possenti tronchi. Ma ciò che colpisce di più sono gli enormi massi che ingombrano il corso del torrente: pare siano il frutto di una delle “lotte magiche” di Merlino…

Le montagne magiche
Definire montagne i Monts d’Arée è quantomeno ottimistico. Si tratta di scabre rocce che emergono per 3-400 metri dalle brughiere e dalle torbiere dell’Argoat, la “terra dei Boschi”, severe quanto basta per ambientarvi molti miti legati al mondo dei morti. Appena sotto la cresta che unisce la Roc’h Trevezel al Mount St. Michel de Brasparts, si trovano, proprio lungo le rive di un bel lago, le torbiere di Yeun Ellez. Le si distingue subito perché la vegetazione vi cresce a stento: gli alberi sono seccati dal suolo acido, l’erba è giallastra. Proprio qui si spalancano le porte dell’Inferno, abisso in cui le anime vengono gettate alla rinfusa, quasi come le rocce che ingombrano il bosco di Huelgoat (altro accesso a questo luogo d’espiazione).
E’ compito degli Anaon (corrispettivi terrestri degli Ankou marini) trasportare le anime fino a Yeun Ellez. Il percorso seguito dai loro carri colmi di spiriti è più o meno quello della Statale 785. Se avete la pazienza (e il coraggio…) di attendere la notte sulla vetta del Roc’h Trevezel (si ammirano bellissimi tramonti), potete verificare se gli esseri infernali ancora frequentano questi luoghi. Ma fate attenzione alle “Lavandaie della notte”, che escono dall’inferno per andare a lavare i panni tra i vivi. Se ne incontrate una, vi chiederà di aiutarla a strizzare i propri panni. Non fatelo! Coloro che accondiscendono, vengono anch’essi “strizzati” finché tutte le ossa non divengono polvere, e le loro anime precipitano all’inferno!
Marini o terrestri, gli accessi al mondo dell’aldilà (detti Sidhs) si aprono una volta l’anno, agli inizi di novembre; è il momento delle grandi ricorrenze per Samain, che apre l’anno celtico e di cui Ognissanti è la forma cristianizzata. Durante tre notti cade l’invisibile barriera tra il nostro mondo e quello dei morti. Per questo si lasciano aperte le porte delle case, affinché le anime defunte possano entrare nelle loro antiche dimore. Questa familiarità dei bretoni e delle popolazioni celtiche in generale con la morte spiega anche perché la festa di Ognissanti sia, tra le feste religiose, forse la più importante.

La foresta incantata
Lasciati i Monts d’Arrée potremo recarci, col cuore un po’ più leggero, verso la magica foresta di Brocéliande, teatro del mito di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Mito di epoca medievale, ma apertamente ispirato a precedenti leggende dei Celti. A Brocéliande (in Bretone “Koat brec’hellan”, cioé “Foresta della potenza druidica”) nacque Merlino, figlio di un diavolo e di una donna, educatore e consigliere di Artù, ed incarnazione di un vero e proprio druido. Maghi e fate, giganti e mostri hanno a più riprese popolato la foresta, e forse… ci sono ancora. Non troverete Brocéliande neppure sulle carte stradali più accurate; tuttavia la magica foresta viene generalmente identificata con quella che circonda lo splendido borgo di Paimpont, non lontano da Rennes, nell’Ile-et-Vilaine. Arrivate sul posto all’alba e vi convincerete come proprio nei brumosi stagni di Paimpont si trovino il castello invisibile di Viviana e la dimora della Dama del Lago, custode di Excalibur… Così, vi stupirete meno dei cartelli stradali che indicano quasi con noncuranza la Valle senza Ritorno, la Fonte dell’Eterna Giovinezza o la Tomba di Merlino. Ma non commettete l’errore di avvicinarvi a questi luoghi come se si trattasse di “monumenti” nel vero senso del termine. Cercatene invece le atmosfere più nascoste, in particolare visitando la Fonte di Barenton e la Valle senza Ritorno.
La prima si raggiunge dalla D141, non lontano da Trehorentuc: il sentiero parte da un parcheggio segnalato (meglio comunque acquistare la guida presso l’Ufficio Turistico di Paimpont) e si inoltra tra gli alberi sino alla fonte, accanto alla quale si osserva una grande pietra piatta: qui Merlino recitava le sue parole magiche e, versando alcune gocce d’acqua della fontana, scatenava tempeste… Fino al secolo scorso, nei periodi di siccità, si svolgevano processioni per chiedere alla fonte di far piovere; ma ancora oggi può capitare di trovare nei pressi corone di piante “sacre”, intrecciate dai difensori delle tradizioni.
La Valle senza Ritorno è anche uno dei luoghi più noti e frequentati di Paimpont. I più, in verità, si limitano a dare un’occhiata al bel laghetto detto “specchio delle fate” e all’Albero d’Oro, singolare opera di F. Davin, collocata sul posto nel 1989. Se però visitate il luogo la mattina presto, magari seguendo il sentierino che prosegue oltre il laghetto, vi sembrerà davvero possibile incontrare Merlino intento a raccogliere le erbe per le sue pozioni; o fare la conoscenza del prode Lancillotto che, passando da queste parti, riuscì a liberare i cavalieri rinchiusi nella valle da Morgana.
Tornando indietro, non mancate di visitare il bel castello di Trecesson. Molto tempo fa, i contadini al lavoro nei campi che lo circondavano videro arrivare una carrozza da cui scesero due uomini, vestiti di nero, e una fanciulla in abito da sposa. Immediatamente i due si misero a scavare una fossa, dove seppellirono viva la povera fanciulla. Informati di quanto accaduto, i castellani accorsero per salvarla, ma troppo tardi. Nessuno seppe mai spiegare quell’orribile omicidio, ma da allora, ogni notte, la “dama bianca” vola senza pace tra le torri del castello…

Misteri pietrificati
Menhir, dolmen, cromlech (cerchi di menhir) datano al Neolitico (dal 4500 al 1800 a.C.), almeno mille anni prima dell’arrivo in Bretagna dei Celti; questi però li riutilizzarono nei loro culti e li integrarono nella propria mitologia, come pietrificazioni di esseri umani. Il caso più noto è quello di Carnac, i cui 5000 menhir rappresenterebbero un intero esercito pietrificato da St. Cornély, ma altri esempi non meno affascinanti si rinvengono a Saint-Just, poco a sud di Rennes, dove si possono ammirare decine di dolmen e menhir di grande bellezza. Nell’immaginario dei Bretoni le pietre suscitarono fantasiose interpretazioni; vennero ad esse attribuiti poteri magici e taumaturgici, mentre la forma fallica ispirò diverse storie di stampo sessuale, con chiari riferimenti alla capacità di rendere fertile.
Il rapporto dei Bretoni con la pietra non si è interrotto nemmeno in tempi recenti. Un secolo fa circa, sulle rocce di Rotheneuf, a breve distanza da St-Malo, un religioso scolpì 500 metri di roccia, traendone 300 personaggi misteriosi. Non vi stupirà scoprire che l’Abate Fouré, prima di accingersi a quest’opera imponente (a cui dedicò venticinque anni) era stato il rettore dell’Abbazia di Paimpont… A proposito di continuità, vale la pena di notare che molte chiese bretoni sono state realizzate nei pressi o addirittura sopra i luoghi sacri dei Celti, mentre gli antichi miti ed i simboli dell’alchimia occhieggiano – incompresi dai fedeli moderni – un po’ ovunque. La chiesa di Sizun presenta strani altorilievi sulla facciata esterna e statue con simbolismi esoterici. Ricolma di elementi ermetici è la basilica di Notre Dame de Bon Secours a Guingamp, a cominciare da un’enigmatica statua della Madonna Nera – unica in tutta la Bretagna – che sembra voler rinnovare il ricordo della Vergine Nera celtica.
I maestri scalpellini del Medioevo hanno qui scritto un messaggio iniziatico che solo pochi possono comprendere. In tal modo, ovunque in Bretagna, milioni di turisti passano accanto, sopra, dentro mille misteri, toccano simboli, ascoltano leggende e non si accorgono di nulla…

PleinAir 308 – marzo 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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