I giorni della civetta

Gli animali della foresta, i ponti sospesi, le malghe, i massi di roccia... I bambini vivono come in un libro di favole il Parco di Paneveggio.

Indice dell'itinerario

La civetta capogrosso dovrebbe essere contenta. In suo onore, tutte le settimane dell’estate, percorre la Foresta di Paneveggio una rumorosa processione di genitori e bambini. I più piccoli trottano sui viottoli del bosco, cercano di scoprire i picchi che battono ritmicamente sugli abeti, si affacciano a bocca aperta sulla forra del Travignolo, che si scavalca su un impressionante ponte sospeso.
Ma l’attenzione della giornata è tutta per il più piccolo rapace notturno del parco. Quando il biologo Maurizio Paladin racconta il difficile viaggio della civetta dalla tundra artica alle Alpi, anche i bimbi più piccoli lo ascoltano concentrati e in silenzio. Quando spiega che la povera civetta arriva stanca, e spesso non riesce a trovare un nido, sono pronti a scoppiare in lacrime.
La civetta, spiega ancora Maurizio, ama i boschi di abete, ma non è capace di costruirsi il nido da sola. Di solito s’installa nei buchi scavati dai picchi nei tronchi degli abeti più vecchi. Dove questi vengono tagliati dai boscaioli, la civetta rischia di non poter nidificare. «Siamo qui per aiutarla!» conclude, e dai bambini parte un applauso scrosciante.
Poi il gruppo s’incammina di buon passo. In testa marcia Paladin, curvo sotto a una scala metallica, un rotolo di cavo d’acciaio e una cassetta di arnesi. Lo seguono bambini e genitori che trasportano i pesanti nidi artificiali in legno di abete costruiti dagli operai forestali di Paneveggio. Ma la passeggiata non è lunga.
Gli abeti adatti a reggere i nidi devono essere solidi, abbastanza lontani tra loro per evitare litigi tra le civette, affacciati su radure abbastanza ampie da consentire loro di avvistare topi, passeri e insetti. Quando scopre l’albero giusto Maurizio fa allontanare di qualche metro i bambini, sale sull’ultimo gradino della scala, aggancia un anello del cavo metallico al tronco, fissa uno dei nidi artificiali. Mentre ci allontaniamo Niccolò, cinque anni, si volta indietro e sorride. «Dai, civetta, questa casa ti piacerà!» mi sussurra all’orecchio.
Il fascino della Foresta di Paneveggio non sta solo nelle civette e nei loro nidi. Per chi sale da Bellamonte e Predazzo, il benvenuto nel più grande bosco del Trentino è dato dai cervi ospitati nel recinto che si affianca alla strada, e che pascolano spesso a un metro dalla rete. Più avanti, accanto al centro visitatori del parco, le cataste di tronchi e i boscaioli al lavoro spiegano come la natura, qui, sia ancora utilizzata dall’uomo. Purtroppo per i bambini, i cartelli vietano di arrampicarsi sul legname.
Poi ci sono i sentieri. Il più breve, che inizia dal centro visitatori, attraversa la foresta di abeti verso la forra del Travignolo, che scavalca con due ponti molto diversi tra loro. Chi s’intende di architettura alpina apprezza soprattutto il più vecchio, coperto da una tettoia per evitare l’accumulo della neve.
I bambini, invece, si entusiasmano davanti al ponte sospeso costruito pochi anni fa. Anche se le reti di protezione lo rendono assolutamente sicuro, il ponte dondola e regala a chi lo attraversa sensazioni da Indiana Jones. Le rapide del fiume che rimbombano venti metri più in basso rendono il luogo emozionante al punto giusto.
Agli adulti i laghi del Colbricon consentono di scoprire il contrasto tra le rocce delle Pale e i dolci pendii dei Lagorai, frequentati dai cacciatori della preistoria. I bambini possono giocare sulle sponde e avvistare camosci e marmotte. Il sentiero di accesso, che richiede un’oretta di cammino, scavalca vari affioramenti rocciosi e attraversa una serie di ruscelli. Per i piccoli è un “percorso di guerra” entusiasmante, che consente di evitare la noia sempre in agguato sui sentieri. La Val Venegia, ai piedi delle Pale di San Martino, offre ai visitatori di Paneveggio uno dei più classici panorami delle Dolomiti, la possibilità di escursioni di ogni lunghezza, la cucina a base di polenta, funghi, salsicce, spezzatino, formaggio delle malghe Venegiotta e Venegia. I bambini possono giocare a perdifiato nei prati, fare il bagno nelle gelide acque del Travignolo, osservare (ma non cogliere!) i fiori che crescono al margine del bosco.
I camminatori allenati possono salire al Rifugio Mulaz, che si raggiunge con una rude scarpinata ai piedi delle vette più eleganti delle Pale. Altri lunghi e solitari itinerari sono offerti da Cima Bocche e dalle altre vette granitiche che segnano il confine settentrionale del parco, e che si raggiungono dagli impianti di Passo Lusia o dalla strada che sale da Paneveggio al Passo Valles.
Chi vuole faticare di meno può salire da Passo Rolle alla Malga Segantini e scendere al di là in Val Venegia, o salire verso l’imponente Forte Dossaccio, costruito dagli austro-ungarici poco prima della Grande Guerra per bloccare un’avanzata italiana a settentrione di Passo Rolle. Le decine di carrarecce del parco consentono splendide gite in mountain bike. I massi di dolomia nei pressi di Malga Venegia e quelli di granito ai piedi di Cima Bocche consentono a grandi e piccini di provare senza rischi l’emozione dell’arrampicata.

Un parco in movimento
Istituito nel 1968 su una superficie di 19.000 ettari, il Parco di Paneveggio-Pale di San Martino è una fucina di iniziative a tutela dell’ambiente. Ogni estate, mostre e concerti vengono organizzati a Willa Welsperg, l’antico fabbricato in Val Canali che ospita anche la sede e il più bel centro visite dell’area protetta.
Tra le iniziative che hanno per teatro la Foresta di Paneveggio spiccano le escursioni alle malghe. La Juribello, che si raggiunge in un’ora di cammino tra boschi e prati, permette agli adulti e ai bambini di assistere alla fabbricazione del formaggio e del burro. Mentre il casaro rimesta il latte nel suo calderone di rame, i più piccoli lo guardano incantati, come se fosse uno stregone al lavoro.
Malga Bocche, dove si arriva con una camminata un po’ più lunga, inizia i bambini ai mestieri della montagna. Sotto la guida attenta del proprietario e dei suoi tre figli, i piccoli visitatori imparano a mungere le mucche, ad allattare i vitelli e gli agnellini appena nati, a cucinare all’aperto le salsicce e la polenta. I più piccoli possono fare una passeggiata nei prati cavalcando gli asinelli della malga.
Accanto al cervo, reintrodotto nel 1960 e oggi arrivato a un migliaio di esemplari, la Foresta di Paneveggio ospita qualche centinaio di caprioli. Più in alto, sui crinali dei Lagorai e delle Pale, vive da sempre il camoscio che si lascia avvistare dagli escursionisti impegnati sui sentieri che conducono ai rifugi e alle vette.
Ma la vera novità è lo stambecco. Nella primavera del 2000, dopo qualche secolo di assenza, un nucleo di animali provenienti dal Gran Paradiso è stato liberato nelle aree più tranquille delle Pale di San Martino. Un anno fa, un secondo gruppo ha portato la popolazione a una ventina di capi.
Gli zoologi del parco, grazie a delle piccole radio, seguono in tempo reale gli spostamenti di camosci e stambecchi. Ogni lunedì da giugno a settembre, anche i visitatori possono seguire i ricercatori al lavoro. La lunghezza delle camminate, però, rende queste gite adatte solo a ragazzi allenati. L’estate scorsa non ce la siamo sentita, l’anno prossimo parteciperemo di sicuro. Jacopo e Niccolò lo hanno promesso.

PleinAir 360/361 – luglio/agosto 2002

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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