I giardini del cielo

Fra i tanti primati della Val d'Aosta ce n'è uno che è conosciuto forse soltanto dagli addetti ai lavori: la presenza dei maggiori giardini botanici alpini. Eccone un breve guida a misura di camper

Indice dell'itinerario

Si può andare in Val d’Aosta per fare trekking, sciare o scalare montagne, per i castelli, per la gastronomia o semplicemente per combattere il caldo. Ci si può andare, perché no, anche per visitare i suoi famosi giardini botanici, veri scrigni di cultura naturalistica resa accessibile a tutti. Il prezzo d’ingresso, quando previsto, è inferiore a 2 euro, i cartellini che illustrano le piante sono esaurienti, il personale è gentile. Anche chi ha poco interesse all’argomento è così in grado di distinguere una genziana da una sassifraga, o semplicemente di coglierne la bellezza. Lo testimoniano le decine di migliaia di visitatori l’anno, che non sono certo tutti botanici professionisti. Ma quando andare? La diversa altidudine consiglierebbe periodi diversi per ognuno dei quattro giardini che presentiamo, ma tra la fine di giugno e la prima metà di luglio si possono ammirare in tutti le fioriture migliori.

Castel Savoia (1.350 m)
Arrivando da Milano o da Torino, si lascia l’autostrada a Pont St. Martin e ci si inoltra nella Val di Gressoney lungo una strada che, quando fu costruita, non prevedeva evidentemente il passaggio di mezzi con un certo ingombro, come i v.r. Nei paesi le terrazze minacciano la mansarda, le strettoie sono la regola e anche l’incrocio con un motorino può risultare difficile.
Il primo giardino si trova a Gressoney St. Jean, seguendo il cartello che, sulla sinistra, indica Castel Savoia. Superato il ponte, dopo neanche un chilometro si arriva al parcheggio, piccolo e quasi sempre affollato.
Già che ci siamo conviene visitare anche il castello, di cui il giardino botanico è il complemento. A suo tempo apparteneva alla regina Margherita di Savoia, mentre adesso è proprietà regionale. A dire il vero, il castello è più interessante del giardino, un po’ perché quest’ultimo è troppo recente, risale infatti al 1990, ma soprattutto perché la scelta delle specie botaniche è stata fatta più con criterio ornamentale che tecnico. Il parcheggio non è l’ideale per un pernottamento, essendo piccolo, in pendenza e troppo isolato, ma ce n’è uno immenso e pianeggiante proprio all’inizio del paese.

Paradisia (1.700 m)
Rientrando in autostrada, si prosegue fino a superare Aosta, uscendo a St. Pierre e prendendo la Val di Cogne. Un’occhiata agli splendidi castelli di St. Pierre e Aymaville non è sprecata, visto che ci si passa proprio davanti. La Val di Cogne ha una buona transitabilità ma è difficile parcheggiare, una volta arrivati a Valnontey. Qui si trova il giardino Paradisia che deve il suo nome a uno spettacolare giglio alpino, il candido Paradisia liliastrum.
Fondato nel 1955, con le sue 1.500 piante divise per ambienti ben ricostruiti, dalle roccere calcaree e silicee fino alla torbiera, è notevolmente più tecnico del precedente. Si trova all’interno del Parco Nazionale del Gran Paradiso e proprio da questo habitat proviene la maggioranza delle specie coltivate. Conviene visitarlo, se non altro per togliersi ogni curiosità su quello che abbiamo visto durante le escursioni o semplicemente lungo la strada.
Interessante, quasi unica, l’esposizione di licheni ottenuta cartellinando le piantine che vivono sulle rocce all’interno del giardino, la maggioranza delle quali molto prima che il giardino stesso venisse recintato, inglobandole. I licheni sono frutto della simbiosi tra alghe e funghi e, come tali, possono vivere secoli.
Per il pernottamento ci sono due campeggi e due aree attrezzate a Cogne e nella vicina Lillaz; ma prima di allontanarsi conviene sperimentare la gastronomia locale: dalla celeberrima polenta valdostana, condita con formaggio fuso, alla sconosciuta zuppa di Cogne, a base di verza, patate, carni varie e fontina.

Saussurea (2.187 m)
Tornati nella valle principale, si prosegue in direzione del Monte Bianco, sulle cui pendici si trova questo giardino che è il più alto d’Europa. Tanto alto che, per raggiungerlo, ci vuole la funivia. Lasciamo il camper nell’ampio parcheggio di La Palud, poco dopo Courmayeur, dove parte la funivia che porta a Punta Helbronner e da qui, tramite una combinazione di altri impianti, attraversa tutto il Monte Bianco fino alla Francia. Il giardino si trova all’arrivo del primo spezzone, ma è difficile non lasciarsi tentare da un’escursione che ci porterà fino a 3.500 metri di altitudine, con viste sui ghiacciai circostanti, chiusi fra la cima del tetto d’Europa da un lato e lo spettacolare Dente del Gigante dall’altro.
Soddisfatti gli occhi, si torna indietro per visitare il giardino Saussurea, recintato, più che creato, nel 1987 dalla Fondazione Donzelli-Gilberti in collaborazione con l’Amministrazione Regionale della Val d’Aosta. Cosicché il giradino ingloba nel suo ampio perimetro tutta una serie di ambienti naturali, in parte ricostruiti ma molti già presenti e lasciati nella loro condizione originaria, come la torbiera, il greto, la morena, il macereto, il pascolo, le cascatelle, il saliceto e così via.
Mancano, al di fuori delle aiuole, i cartellini con il nome ma una serie di giovani guide, cortesi e competenti, soddisfano in modo eccellente ogni curiosità.
Notevole il panorama, con le valli Veny e Ferret sui due lati, la spettacolare lingua del ghiacciaio Miage sullo sfondo e il Monte Bianco praticamente sopra la testa.
Per il pernottamento il parcheggio de La Palud non va bene, perché la pendenza è impossibile. Per fortuna, meno di un chilometro più a valle, ce n’è un altro perfettamente pianeggiante alla partenza di un’altra funivia, con una vista ancora migliore sul Monte Bianco e sui suoi ghiacciai. Difficile non vederlo, perché i camper in sosta sono sempre numerosi e si dorme in buona compagnia.

Chanousia (2.170 m)
Si torna verso Aosta ma, dopo pochi chilometri, si devia in direzione di La Thuile e del passo del Piccolo San Bernardo. La strada comincia a salire ripida e tortuosa fino al passo, dove si attraversa la frontiera per entrare in Francia. Può sembrare un paradosso ma il giardino botanico è in territorio francese, benché in zona di influenza italiana. L’abolizione del posto di frontiera ha in parte smorzato l’anacronismo.
Dulcis in fundo, verrebbe da dire, e in un certo senso è proprio così. Questo giardino è il più antico dei quattro: fu infatti fondato nel 1897 dall’abate Chanoux, che gli ha dato il nome. Fu poi abbandonato nel 1942, durante la guerra, per essere recuperato e in parte ricostruito nel 1976 da un’associazione internazionale. È anche quello con il maggior numero di piante alpine, circa 1.600 specie, oltre ad avere un laboratorio e un piccolo museo. L’organizzazione del giardino prevede la distribuzione delle piante secondo caratteristiche ecologiche, con la ricostruzione di ambienti come la roccera silicea, il macereto, la prateria alpina, il megaforbieto e così via. Lo si può paragonare, sotto l’aspetto tecnico, al giardino Paradisia di Cogne, con la differenza che è situato su una fascia altitudinale superiore.
Nonostante sia leggermente meno alto del Saussurea, è più esposto al freddo e i dépliant segnalano che l’apertura è estiva… neve permettendo. Ma lo spettacolo è nei dintorni, con gli immensi prati dolci del passo del Piccolo San Bernardo, nelle cui vicinanze si trova il bel lago Verney dove si può praticare la pesca alla trota. L’ampio spazio erboso adiacente al lago permette di pernottare in compagnia, godendosi temperature di pochi gradi sopra lo zero quando in pianura non si riesce a dormire per il caldo. Le marmotte lanciano le loro strida di pericolo a poca distanza dal camper parcheggiato, insidiate dall’aquila che fa la sua comparsa nel cielo a intervalli regolari.
Un posto che, tempo permettendo, invita a soffermarsi oltre le poche ore necessarie per la visita al giardino botanico, magari indugiando nei prati circostanti, divertendosi a riconoscere le piante che abbiamo appena visto allineate, con tanto di cartellino, e che adesso formano tappeti variopinti e disordinati intorno alle ruote della nostra casa mobile.

PleinAir 369 – aprile 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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