I belli e i brutti

A pochi chilometri dal Lago di Como, una festa alpina di antichissima origine: due maschere protagoniste e una corte di caratteristici personaggi rievocano la storia e le tradizioni di Schignano.

Indice dell'itinerario

La notte del Martedì Grasso, le finestre illuminate di Schignano squarciano il buio della Val d’Intelvi. Come ogni anno, gli abitanti si alzano intorno alle 5 del mattino per attendere a un antico, meticoloso rituale: la vestizione delle maschere che indosseranno per tutto il giorno, durante la baldoria in paese. Da queste parti il gioco sottile del Carnevale si incarna, come spesso accade, in due personaggi che inscenano una sorta di teatro degli opposti: il Bel o Mascarun, ovvero il Bello la cui leziosa eleganza si accompagna al butàsc, il pancione prominente simbolo di prosperità, e il Brut, il Brutto vestito di stracci, cupo e inquietante, quasi un reietto della società. Entrambe le figure indossano un’enigmatica maschera lignea che, nascondendone l’identità, costituisce il pezzo più affascinante dell’intero travestimento.
Per realizzare il costume viene riesumato da bauli, soffitte e scantinati un composito insieme di stoffe, sacchi, camicioni, sottane, nastri, pizzi, foulard, bamboline e altri ornamenti. Quanto duri la vestizione non è dato sapere: certo è che già intorno alle 6, quando i camini fumano a più non posso nell’aria gelida del pieno inverno, alcune maschere dei Bei scendono in strada con il grosso ventre imbottito di foglie di faggio e i brunz, quattro campanacci pesanti 8 chili legati alla cintola, per annunciare che il gran giorno sta per cominciare.
Quello di Schignano è uno dei Carnevali più autentici dell’arco alpino, uno dei pochi che riesca a coniugare la spettacolarità dell’evento a un profondo significato socioculturale, legato ai tempi arcaici non meno che alla storia recente del territorio. Sberleffi e pantomime delle maschere sono un modo per esorcizzare timori antichi e conservare sempre ben viva la memoria della collettività, messa a dura prova – soprattutto nella seconda metà del ‘900 – dalla piaga dell’emigrazione che ha spopolato la valle. Mentre aspetto che la festa entri nel vivo, sorseggiando una cioccolata fumante al bar Sorriso, scopro infatti dal libro di Natale Perego sulla storia del paese e della festa che alla fine dell’800 Schignano era il centro più popoloso di tutta la Val d’Intelvi: 2.262 abitanti, che arrivarono a 3.700 subito dopo la Grande Guerra, per poi ridursi al migliaio di oggi. Non è difficile immaginare il giorno dell’addio: la moglie accompagnava il marito ad Argegno, sulla vicina sponda del Lago di Como, per vederlo imbarcarsi sul piroscafo alla volta del capoluogo, mentre a lei non restava che tornare mesta in paese sotto il peso della gerla andando a ingrossare l’elenco delle vedove bianche destinate a tirar su da sole un’intera famiglia.
Da queste parti, del resto, l’emigrazione è molto più remota: basti ricordare i Magisteri Intelvesi, maestranze di abili pittori, scultori e architetti che fra il XVI e il XVIII secolo furono richiamati dalle maggiori corti d’Europa desiderose di avvalersi delle loro arti. Tra loro c’erano anche scalpellini e falegnami, antenati di quello sparuto manipolo di artigiani come ad esempio Battista Peduzzi e l’ottantacinquenne Giovanni Abate detto Tita, che ancora oggi continuano a intagliare nel legno di noce le splendide maschere lignee del Carnevale schignanese. Ci vogliono due giorni di lavoro per completarne una a regola d’arte: è un’opera lenta e meticolosa, fai il minimo errore e il lavoro è da buttare, tanto che non sono più di cinquanta le maschere firmate da Tita Abate negli ultimi vent’anni. Quella dei Bei, che meglio identifica l’abilità dell’intagliatore, è la più curata e difficile da realizzare: liscia, luminosa, di un colore tendente al dorato o al marrone chiaro, con i tratti armoniosi e ben levigati a celare l’eccentrico personaggio il cui compito è pavoneggiarsi tra la folla. La maschera dei Brut, al contrario, è di colore scuro, quasi olivastro, con profonde rughe incise ai lati della bocca e sulla fronte, naso sproporzionato, orbite asimmetriche, labbra dipinte di rosso che si aprono in un ghigno beffardo a scoprire i denti acuminati. Anche l’abbigliamento vuole sottolineare l’antitesi: stracci riempiti di paglia, scope rotte, scarpe sfondate, corna di animali, pelli di pecora e di coniglio e l’immancabile valigione malridotto che si apre disperdendo il misero contenuto per strada, chiara allusione alla figura dell’emigrante umiliato e sottomesso. E’ la faccia dominata della società – scrive Perego – così come la maschera del Bel incarna quella dominante .Dopo una fugace apparizione per le frazioncine del paese ci si ritrova tutti a Piazza San Giovanni in frazione Occagno, dove nel primo pomeriggio entrano in scena le altre stravaganti maschere locali: la Ciocia, una donna petulante e brontolona vestita di stracci (l’unica maschera parlante del Carnevale schignanese, interpretata da un ragazzo in abiti femminili), con il viso sporco di fuliggine, portata in giro legata a una fune dal Bel, il marito-padrone che ignora le sue ossessive lamentele e anzi se la spassa con balli, moine e avance alle altre donne. La messa in scena è una chiara allusione ai diverbi coniugali tra moglie e marito, e anche alla dura condizione della donna schignanese ai tempi dell’emigrazione. I Sapeur in palandrana bianca e grande cappello entrambi di pelle di pecora, lunghi baffoni di stoppa, barba bianca e volto annerito come la Ciocia, stazionano invece insieme alla Sigurtà (la Sicurezza), in cappotto verde e berretto d’ordinanza, sotto una finestra dov’è appeso il Carlisep o Zep, un fantoccio ricolmo di paglia che tiene un ombrello sotto il braccio e un fiasco di vino in mano. E’ quest’ultimo la personificazione del Carnevale, il cui gramo destino è quello di venir messo al rogo intorno alla mezzanotte.
I Mascarun agitano i campanacci, camminano con movenze raffinate in mezzo alla folla pavoneggiandosi con il loro variopinto pancione, fanno mostra di enormi ventagli, cappelli coloratissimi e raffinati ombrellini, e ogni tanto danno vita a divertenti scenette con la Ciocia tenuta al guinzaglio. Poi, guidato dalla Sigurtà e dai Sapeur, parte il lungo corteo che sale verso le frazioni di Retregno e Aurascio. Dopo una breve sosta a base di vin brûlé e dolci nella piazzetta accanto alla chiesa di San Giuseppe, il seguito fa ritorno ad Occagno, ma una volta arrivati in piazza tutti si accorgono che il Carlisep è scomparso e subito si riparte alla sua ricerca. Da qualche parte, intanto, qualcuno sta travestendo da Carlisep una giovane vittima per inscenarne il funerale, con il trasporto del corpo lungo le strade su una scala a pioli. «L’e mort!» grida disperata la folla, e a nulla valgono i tentativi di rianimazione a base di vino. Arrivati a Piazza San Giovanni, il Carlisep tenta di fuggire ma viene catturato, riesce a scappare ancora e viene ripreso una seconda volta, ben custodito in attesa della condanna al rogo.
Verso sera tutti si ritrovano a far baldoria nel salone del ristorante Carpigo, dove in un grande salone avrà luogo il ballo in maschera. L’allegria collettiva cambia di segno solo a notte fatta, quando due mesti Mascarun, uno con la lanterna e l’altro con una grande sveglia, entrano per annunciare che l’ora ferale è giunta. Si riforma così il corteo che sale fino a Piazza San Giovanni, dove intorno alla mezzanotte il Carlisep (nuovamente sostituito dal pupazzo) viene dato alle fiamme, vegliato da un gruppo di Mascarun affranti che piangono con i fazzoletti agli occhi. E mentre le ceneri del fantoccio si levano nell’aria, resta solo il rimpianto dei bei giorni andati: è la fine del Carnevale e l’inizio della lunga Quaresima.

PleinAir 415 – febbraio 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio