Halloween in Daunia

Zucche intagliate, falò su cui si arrostiscono i prodotti della campagna e del bosco, degustazioni sotto le stelle: Orsara di Puglia celebra la ricorrenza dei Defunti con un rito di antichissima origine, del quale la festa americana si rivela forse debitrice

Indice dell'itinerario

Alte fiamme vivaci illuminano la notte magica e misteriosa che l’intero paese di Orsara di Puglia si appresta a trascorrere: è il 1° novembre, il secolare appuntamento con i defunti. Spenta la pubblica illuminazione, il borgo è rischiarato solo da centinaia di enormi falò allestiti laddove le strette e scoscese stradine accennano ad allargarsi: il crepitio dei tizzoni, lo svolazzare delle scintille, l’acre odore di fumo che si mescola con l’aroma di carni alla brace e caldarroste riempiono l’atmosfera del centro storico.

Nella locale cultura contadina i fuochi accesi nelle campagne erano dei segnali per le anime degli estinti che, in attesa del transito verso la meta finale, potevano trovare la strada per rivisitare i luoghi della loro esistenza terrena. Le origini di questa tradizione sono antichissime tanto che, come sosteneva l’antropologo James George Frazer nel suo celebre saggio Il ramo d’oro, quella di Ognissanti – che nasconde un antico rituale pagano – era la festa più importante per i Celti poiché segnava il passaggio dall’autunno all’inverno. Probabilmente furono i Romani, dopo l’invasione della Bretagna, a portare da noi questi costumi: da allora, nei primi giorni di novembre cominciarono a onorare Pomona, la dea dei frutti e dei giardini. Oltre al grande falò invalse poi l’uso di segnalare la propria abitazione ponendo, sull’uscio o su un balcone, una grossa zucchina verde dalla caratteristica forma allungata, svuotata e illuminata all’interno da una candela.

Dal contado di Orsara di Puglia la festa si è trasferita in città, nella cui preparazione sono coinvolti soprattutto i più giovani che qualche giorno prima si addentrano nei boschi limitrofi per tagliare la legna da ardere e recuperare verdi rami di ginestra che, posizionati sulla cima del rogo, scoppiettano creando scatelle (scintille) e munacielli (la cenere che ricade). Numerose sono le famiglie che provvedono all’allestimento delle pire, intorno alle quali ci si intrattiene per consumare cene un tempo a base di patate, cipolle, grano bollito condito con mosto cotto; oggi le pietanze sono state sostituite da salsicce, bistecche e castagne, offerte a chiunque voglia partecipare.

La cittadina è letteralmente presa d’assalto da migliaia di visitatori che si accalcano nella piazza principale, alla base della Fontana Sant’Angelo, per assistere alla dimostrazione pratica dell’intaglio delle zucche e alla mostra di quelle più belle che, adornate in mille modi dalla fantasia di improvvisati artisti, partecipano al concorso organizzato dalla Pro Loco. Inoltre, in più punti della città artisti di strada su trampoli, giocolieri e mangiafuoco animano la serata con spettacoli a tema. Non c’è più il clima mesto d’altri tempi, e molta gente arriva in paese con la convinzione di partecipare alla festa di Halloween: ma nonostante l’impiego delle zucche – uso probabilmente esportato dagli emigranti – questa ricorrenza non ha alcun legame con quella d’oltreoceano.

Tra chiese e palazzi

Con i suoi 650 metri di altitudine, il territorio di Orsara di Puglia presenta i caratteri tipici dell’alta collina con boschi di pini, faggi, cerri e querce; tutta questa ricchezza non è però fruibile turisticamente (salvo il bosco dell’Acquara, tutelato dal Corpo Forestale dello Stato) per mancanza di aree e sentieri attrezzati. Una curiosità del paesaggio è la presenza – come in molti altri comuni della Daunia – di numerose centrali eoliche per la produzione di energia pulita, sfruttando la posizione ventilata.

La storia della città risale al Neolitico per arrivare, passando attraverso i Sanniti, i Greci e i Romani, all’alto Medioevo quando – soprattutto ad opera di monaci basiliani – la zona si arricchì di casali e monasteri che nel 1229 furono affidati, su disposizione di Papa Gregorio IX, ai nobili Calatrava; tre secoli dopo fu la volta dei Guevara, duchi di Bovino, che diedero al centro storico l’impronta architettonica odierna.

Al periodo basiliano risale la frequentazione della grotta di San Pellegrino (non visitabile) dove, alcuni anni fa, sono stati rinvenuti esemplari di un grillo che si pensava non potesse vivere in questa parte d’Europa. Accanto si trova la più importante grotta di San Michele, ancora oggi visitata da numerosi pellegrini e dove, in maggio e in settembre, si festeggia il santo protettore.

Entrambe le cavità sono chiuse da un’imponente struttura architettonica comprendente la chiesa di San Pellegrino e quella dell’Annunziata: la prima, adornata da finestre e da un campanile in forme gotiche, è a navata unica; l’altra si presenta con un massiccio parallelepipedo in pietra viva, che la tradizione orale vuole fosse dotato di ben dodici navate ma delle quali ne rimane solo una, sormontata da due cupole non visibili dall’esterno. Una caratteristica finestra posta sopra l’altare era utilizzata dal duca di Guevara, che abitò la contigua abbazia di Sant’Angelo, per seguire le funzioni religiose.

Alle spalle di questo complesso, in direzione del borgo, si aprono Largo San Michele e Piazza Mazzini su cui affacciano il bel portale bugnato della stessa abbazia e il settecentesco palazzo della principessa di Solofra che, incassato tra due arcate, custodisce la Fontana Nuova del 1457. Qualche isolato più in alto, in Corso Umberto I, il Museo Diocesano espone reperti della storia locale: utensili di selce, lapidi funerarie romane, vari oggetti medioevali e attrezzi legati alla vita contadina.

Il centro storico, una volta racchiuso da alte mura turrite i cui resti sono visibili dal convento di San Domenico, è interamente percorso da un saliscendi di strette strade sulle quali s’affacciano antichi palazzi nobiliari con architravi e stemmi vescovili scolpiti nella pietra, oltre alle chiese di San Nicola da Bari, dei Morti e una di rito valdese. Da non mancare la più profana visita all’antico forno Pane e Salute, risalente al 1526, dove è possibile degustare pietanze locali oltre ad acquistare le tipiche forme tonde di pane di semola.

A 7 chilometri dal paese in direzione Giardinetto s’incontra l’imponente costruzione di Torre Guevara, un palazzo di caccia del 1680 che solo un progetto di recupero architettonico, in fase di avviamento, potrà salvare dal degrado in cui si trova. All’amministrazione comunale o alla Pro Loco è necessario rivolgersi per effettuare le visite guidate ai monumenti cittadini: il giro si potrà compiere tranquillamente a piedi, dopo aver lasciato il v.r. nell’ampia piazza prospiciente la scuola elementare che dista 300 metri dalla parte antica.

PleinAir 399 – ottobre 2005  

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