Guerra e pace

Nei grandiosi paesaggi della Val Camonica si stenta a credere che queste montagne furono teatro di drammatiche battaglie durante il primo conflitto mondiale: oggi quei luoghi (che della storia raccontano anche vicende ben più lontane, narrate dai celebri graffiti rupestri) sono meta privilegiata degli escursionisti, con una vera chicca: i deliziosi Laghi Seroti.

Indice dell'itinerario

Il primo colpo di fucile partì da qualche parte in alto, verso la cima del monte. Nel silenzio della montagna quel suono secco, improvviso, violento, rimbalzò di parete in parete, di picco in picco, riempiendo di sé ogni angolo della stretta vallata sino a raggiungere gli Alpini rannicchiati dentro le trincee e le fortificazioni. Era come un segnale, come un pronti, via! decretato dal giudice di gara alle Olimpiadi. Tutto, d’altra parte, era pronto da mesi: le gallerie scavate nelle pareti incombenti sulla Val Camonica brulicavano di fanti; le strette e vertiginose strade sterrate che si arrampicavano verso le quote più alte avevano già conosciuto il passo pesante delle truppe con i cannoni al seguito; fortezze e trincee erano state tirate su con un lavorìo intenso e continuo dai soldati. Il nemico aveva certamente fatto altrettanto. Il fronte italiano e quello austriaco vennero così fatalmente in contatto già nel 1914 nei pressi del Passo del Tonale. Tutte le montagne intorno sembrarono esplodere, l’aria risuonò, percossa dal rantolo del cannone, l’eco degli spari giunse sino ai paesi.
Ancora oggi, a novant’anni di distanza, il ghiacciaio del Passo Paradiso – nome quantomeno beffardo – ogni tanto restituisce i corpi dei caduti, per la cui sepoltura è già da tempo predisposto un sacrario militare proprio ai bordi della strada del Tonale: a volte sono alpini, a volte austriaci. Poco importa, entrambi vengono recuperati e collocati dietro una lastra di marmo con su scritto milite sconosciuto. Almeno davanti alla morte non ci sono né vinti né vincitori, solo vittime. E le frotte di turisti che arrivano sin qui – moltissimi i camperisti che possono usufruire dei numerosi parcheggi adatti alla sosta – dopo una veloce visita al sacrario con le sue frasi retoriche, le bandiere e i simboli di un passato per fortuna lontano, escono guardando con un moto di stupore le cime aguzze dei monti circostanti. La bellezza e la maestosità delle Alpi Camune contrastano troppo con i ricordi di un passato di morte e violenza. Lo stesso contrasto che si coglie seguendo i sentieri che conducono a visitare le suggestive gallerie della Prima Guerra Mondiale, con i loro affacci vertiginosi sulla valle. Il rigoglio della natura, le estese fioriture, i panorami grandiosi attutiscono il senso di claustrofobico disagio che ci coglie quando penetriamo in quelle che ormai sembrano solo grotte di forma troppo regolare: ma in quell’atmosfera umida e fredda, in quella oscurità opprimente, ci sono uomini che hanno vissuto e combattuto per mesi, forse per anni. Se si prende la moderna funivia che sale verso il passo (i meno pigri possono effettuare la salita a piedi) e poi si imbocca il cosiddetto Sentiero della Pace, si può tornare a valle percorrendo la vecchia strada militare che sfiora le fortificazioni e i rifugi della Grande Guerra, in cui le tracce della furia bellica sembrano come cristallizzate, o fossilizzate, al solo scopo di regalare qualche brivido all’escursionista e, speriamo, farlo riflettere.
E la riflessione acquista tutt’altra forza e spessore quando si lascia Ponte di Legno tornando verso Edolo, voltando poi su una strada tortuosa e in rapida salita in direzione di Mortirolo, con l’omonimo passo – teatro di grandi imprese ciclistiche durante il Giro d’Italia – nei cui pressi si trova il punto di partenza del sentiero per i Laghi Seroti. Anche qui pare che qualche proiettile sia volato tra le fazioni opposte, e certamente durante la Seconda Guerra Mondiale gruppi di partigiani hanno percorso quelle stesse tracce che calpesteremo noi. Ma in qualche modo questa passeggiata costituisce il termine di paragone, l’alter ego delle cime e dei paesaggi legati alle vicende del 1915-18. Il paesaggio è altrettanto aspro ma immensamente più solitario, silenzioso, affascinante. E se guardando a oriente vedremo le cime legate alle memorie della Grande Guerra, qui le vette tormentate dei Monti Serottini, che conservano nel nome il mistero etimologico dei laghi stessi, sembrano voler proteggere e nascondere queste diciassette gemme verdi e azzurre, limpide e pure, dalla follia degli uomini ieri fatta di combattimenti, armi e violenza, oggi di strade, impianti di risalita e sempre nuovi edifici.
Siamo ai confini meridionali del Parco dello Stelvio, in un’area certamente meno nota e frequentata. Fate una ricerca su Internet e potrete verificare che ben pochi siti parlano dei Laghi Seroti; i più vi fanno un rapido accenno, considerandoli al massimo una piccola aggiunta a più importanti itinerari nella Valle Camonica, con i siti rupestri Patrimonio dell’Umanità, i sentieri ben tenuti, gli alberghi e le stazioni climatiche, ma anche il traffico molto intenso, soprattutto nella parte bassa, laddove si concentrano numerose aziende e piccole industrie del nord operoso e ricco. E invece i nostri preziosi laghetti sono una meta di prim’ordine, da intenditori, di quelle che poi si racconta agli amici di aver scoperto quasi per caso, mostrando le foto per supportare descrizioni che i più accolgono con incredula sufficienza. In fondo le quote non sono esattamente da record, raggiungendo la cima più alta dei Serottini i 2.967 metri, e restando al di sotto della soglia psicologica dei 3.000 che, sulle Alpi, fanno la differenza tra una montagna vera e una di second’ordine. Forse la grandiosità di queste cime sarebbe davvero poca cosa se ai loro piedi non si trovassero questi laghetti glaciali, ognuno in qualche modo differente dall’altro, ognuno per così dire con una propria personalità. Visitarli tutti richiede doti da veri alpinisti, attrezzati per sostare in quota anche per più giorni e in grado di orizzontarsi su terreni scoscesi e privi di sentieri segnalati; limitarsi alla visita dei laghetti principali è invece impresa alla portata di chiunque abbia un minimo di allenamento. Sino al Lago Storto (2.700 m), collocato sotto un’impressionante parete di roccia su cui ogni tanto passano gli stambecchi, il sentiero è infatti ben segnalato e conduce alla scoperta di un mondo affascinante in cui la natura è protagonista assoluta. Lungo il percorso, potremo godere di affacci panoramici di incredibile vastità verso alcune delle vette più blasonate delle Alpi Centrali, dall’Ortles-Cevedale all’Adamello, con i loro lucenti ghiacciai. Lungo il cammino non mancheranno certo i classici incontri con la fauna alpina, anche se tutto dipende da quanto felpato sarà il nostro passo e quanto ricca la nostra fortuna. Il fischio delle marmotte sarà comunque la degna colonna sonora delle nostre esplorazioni. E tornando a valle, la quieta bellezza dei paesini, delle chiesette solitarie, dei siti rupestri non farà altro che arricchire la nostra scoperta.

Edolo e i graffiti rupestri
La porta d’accesso alla media e alta Val Camonica è certamente Edolo. Collocato a cavallo del fiume Oglio, è molto cresciuto negli ultimi anni ma conserva ancora la tipica atmosfera da paese alpino, soprattutto se ci si reca a fare una passeggiata per i vicoli del centro storico, con i suoi passaggi voltati e le improvvise aperture verso le montagne circostanti, fittamente ricoperte di abeti. Seguendo Via della Chiesa, si giunge alla pieve della Natività di Maria (parrocchia plebana di Mù) che sorge in alto rispetto al paese e offre una bella vista panoramica. Nella navata centrale, racchiusa da sei colonne monolitiche, si trovano interessanti affreschi barocchi. Scendendo di nuovo verso il centro si può arrivare alla chiesa di San Giovanni, che conserva numerose opere d’arte tra cui un ciclo di affreschi recentemente restaurati che rappresentano il patrimonio artistico più importante del paese risalendo ai primi del ‘500. Sulla volta dell’arco d’ingresso al presbiterio appaiono alcune figure di Sibille e profeti.
Da Edolo è facilmente accessibile tutta l’area dei graffiti rupestri, e specialmente il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, a Capo di Ponte. All’ingresso dell’area non si può arrivare con i mezzi a motore: seguendo le indicazioni dal paese, si giunge a un ampio piazzale dove si parcheggia (c’è posto anche per diversi camper) e da qui in dieci minuti si è al sito archeologico, collocato in un bosco di castagni e betulle attraversato da una rete di sentieri che conducono ai grandi massi dove sono tracciati i graffiti. E’ meglio visitare il parco di prima mattina o nel pomeriggio avanzato, quando la luce radente evidenzia le incisioni. Notevoli le viste verso valle.
Sempre a Capo di Ponte si trova il Parco Archeologico comunale di Seradina-Bedolina, dove un panoramico sentiero conduce alla scoperta di graffiti non sempre molto evidenti. L’ingresso è nei pressi del cimitero, sulla strada che conduce alla pieve di San Siro, la quale merita decisamente una visita. A Capo di Ponte va segnalata anche l’area sosta camper Concarena, in località Prada, in posizione strategica sul fiume da dove è possibile effettuare una passeggiata sul sentiero natura fluviale e raggiungere a piedi il parco archeologico andando in direzione del Centro Camuno di Studi Preistorici, il Parco dei Massi di Cemmo e quindi salendo verso il cimitero. Provenendo dalla statale, il punto di riferimento migliore è la Pro Loco, ben visibile dalla strada.
Un’altra area naturalistico-archeologica degna di nota è quella di Foppe di Nadro. Da Nadro, dove si trova un piccolo museo e si acquistano i biglietti d’ingresso, si prosegue lungo il sentiero segnalato che percorre un’antica strada medioevale acciottolata. In circa venti minuti si arriva alla zona delle pietre istoriate.

I Laghi Seroti
Da Edolo si segue la statale 42 sino al bivio per Monno per proseguire poi fino a Mortirolo: prestate attenzione lungo questo tratto, la strada è stretta e con molte curve. Si parcheggia il v.r. nei pressi di alcuni edifici e di un hotel a Ponte Palù con segnavia, e si segue il sentiero 3 sino alla Malga Salina. Qui si può anche arrivare con i mezzi a motore, prestando però molta attenzione perché la strada è abbastanza stretta (dal passo del Mortirolo tenersi a destra e al bivio successivo ancora a destra). Dalla malga si segue il sentiero 73a che dapprima segue a mezzacosta la montagna sino a incontrare il sentiero 73, poi supera una piccola cengia al di là della quale si trova il Lago Seroti Inferiore: è un luogo sereno e bellissimo, dominato dalle cime rocciose delle montagne. Una parte del bacino si è già trasformata in torbiera. Si segue la riva destra del lago e si inizia a salire verso sinistra (bivio segnalato, a destra si va per il sentiero dell’Asino) tra ghiaioni e macereti, con panorami sempre più ampi. Poi il sentiero spiana un po’ dirigendosi a sinistra, entra in una valletta percorsa da un torrentello in uscita da un piccolo laghetto e attraversa una zona pietrosa dove sono possibili avvistamenti di fauna, dalla marmotta allo stambecco. In breve si arriva al Lago Storto, il più alto dei Seroti (2.700 m) nonché quello più severo. Nelle sue acque scure si riflettono le montagne soprastanti, in questo punto ricche di picchi, pareti rocciose e sfasciumi. Sin qui occorrono circa quattro ore, e il ritorno avviene per la stessa via.

Il sentiero dei forti
Si supera Ponte di Legno e il chilometro 146 della statale 42: poco oltre una cappelletta, al di là di una curva, si stacca a destra una stradina in discesa chiusa al traffico, proprio ai piedi di una pista da sci dove si può parcheggiare (non c’è molto spazio, ma lungo la strada asfaltata si trovano altri punti di sosta allungando di poco la gita). Seguendo la stradina sino a un tabellone esplicativo, si supera il torrente su una briglia e si prosegue sino a sbucare sulla pista da sci, che si attraversa diagonalmente verso destra per raggiungere un sentierino (CAI 45) in salita verso il rudere di una costruzione dell’acquedotto, dove si abbandona il sentiero CAI e si va a destra sul sentiero che passa a mezzacosta nella valle, qui molto bella nonostante la vicinanza degli impianti di risalita. Prestando particolare attenzione al primo, si guadano alcuni torrenti e si passa accanto a una cascata. Salendo dei tornanti, alcuni dei quali presentano tratti scivolosi, si giunge a una radura da dove una traccia che svolta a destra conduce a un sistema di grotte della Prima Guerra Mondiale, con vertiginosi affacci sulla valle (è consigliabile portare con sé una torcia). Sin qui occorrono circa due ore, solo la metà per il ritorno.

Il sentiero della pace
Benché sia fattibile interamente a piedi, il sistema più comodo per seguire questo sentiero è saltare il tratto prossimo alla funivia utilizzandola per salire dal Passo del Tonale a Passo Paradiso, poco sopra i 2.500 metri di quota.
Dalla stazione di arrivo si prende sulla sinistra il sentiero in discesa (CAI 281 – Sentiero della Pace) e non appena si scende un poco al di là degli impianti si ritrova il silenzio, con grandiosi panorami verso le montagne e i ghiacciai. Il sentiero cala verso valle (si tratta di una vecchia strada militare) sfiorando resti di fortificazioni e rifugi della Grande Guerra. Si raggiunge così una torbiera, si scende alla stazione di partenza di una vecchia seggiovia dismessa e si svolta a sinistra sulla sterrata che passa dentro una galleria scavata nella viva roccia, per poi arrivare in un ampio prato. A questo punto si piega nettamente a sinistra sul sentiero che riporta al punto di partenza, passando per un’area sosta camper. In tutto, da Passo Paradiso occorrono due ore e mezzo. Ovviamente il sentiero è percorribile in senso inverso, ridiscendendo in funivia: in tal caso bisognerà aggiungere un’ora.

Testo e foto di Marco Scataglini

PleinAir 443 – Giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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