Grosseto e Massa Marittima, una miniera di scoperte

Oltre ai dolci paesaggi delle sue colline, la Maremma grossetana custodisce un patrimonio culturale tutto da scoprire, sopra e sotto terra: per secoli l’economia locale si avvantaggiò delle estrazioni di metalli dal suolo. Visitiamo insieme Grosseto e Massa Marittima, scrigno colmo di fulgide testimonianze artistiche e architettoniche, senza trascurare la straordinaria e solinga area archeologica di Roselle

Indice dell'itinerario

Maremma grossetana, 2 agosto 1958. Il paleoantropologo svizzero Johannes Hürzeler si aggira sconsolato nelle gallerie della miniera di Baccinello, nel comune di Scansano. È il suo ultimo giorno di ricerca in quell’area. A causa della crisi del settore, nel giro di poche ore l’attività estrattiva sarà definitivamente sospesa e per lo studioso svanirà la possibilità di reperire e studiare nuovi resti di Oreopithecus bambolii, la scimmia fossile che a suo avviso potrebbe essere l’anello mancante nel percorso evolutivo che ha portato all’uomo.

Lo scienziato d’oltralpe era arrivato da Basilea quattro anni prima, proseguendo gli studi del collega Paul Gervais che per primo, nel 1872, aveva scoperto e descritto la specie da resti fossili provenienti da miniere toscane di lignite. Sino quel momento non aveva avuto fortuna: i ritrovamenti si fermavano a qualche dente e alcuni frammenti ossei, secondo lui comunque sufficienti per formulare la sua innovativa – e contestata – teoria evolutiva. All’improvviso un gruppo di minatori arriva trafelato: durante la notte il crollo di una galleria a circa 200 metri di profondità ha messo in luce qualcosa che merita la sua attenzione. E sul soffitto liberato dalla frana ecco lo scheletro completo di un giovane maschio di Oreopiteco, mai trovato prima.

Una domus dai mosaici ben conservati si ammira passeggiando nel sito archeologico di Roselle
Una domus dai mosaici ben conservati si ammira passeggiando nel sito archeologico di Roselle

Sandrone, com’è stato soprannominato dai minatori sin da quegli anni del ritrovamento, è oggi diventato il simbolo del Museo di Storia Naturale della Maremma, che ha da poco riaperto i battenti dopo un attento restauro e costituisce la tappa perfetta per iniziare la scoperta della città di Grosseto e del suo territorio. Una collezione che non ha niente a che vedere con l’immagine statica e polverosa degli antichi musei scientifi ci: diorami e rappresentazioni eccezionalmente fedeli di piante e animali, che si possono anche toccare, accompagnano il visitatore nei vari ambienti che compongono il paesaggio maremmano.

Ogni fondale è riprodotto a partire da fotografi e reali, con elementi architettonici riconoscibili che permettono la collocazione nello spazio: si possono ammirare la spiaggia e le dune, il canneto e la palude (dove nel 2011 è tornato a nidificare il falco pescatore), il bosco e la gariga (dove si nascondono il capriolo e la lepre italica). Persino i materiali di costruzione provengono dal territorio, come le pietre delle miniere, incluse quelle stupefacenti dotate di fluorescenza naturale, o il mercurio, per cui l’area del Grossetano è stata in passato il secondo produttore al mondo.

E poi c’è il mare, con i cetacei e la fauna acquatica che vagano nello spazio aereo delle sale, come se nuotassero. Nella stessa posizione del ritrovamento, su una finta galleria, si può ammirare una copia a grandezza naturale dello scheletro dell’Oreopiteco, il cui originale è conservato a Basilea. Nel diorama a lui dedicato, Sandrone si mostra in posizione eretta e con il pollice opponibile che gli permette di raccogliere una bacca.

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Il cassero senese nelle mura di Grosseto
Il cassero senese nelle mura di Grosseto

Rinfrancati dalle nozioni di storia geologica e preistorica usciamo su Piazza Pacciardi, con la pittoresca chiesa della Misericordia proprio sul lato, per andare a scoprire la storia più recente del capoluogo maremmano. Il passato di Grosseto è racchiuso all’interno delle mura. Giusto alle spalle del museo si trova il Cassero Senese: il Bastione della Fortezza – la torre principale di tutta la fortifi cazione – è il più suggestivo ingresso al centro storico, proprio di fronte a un comodo parcheggio. Di probabile origine medioevale, fu rinforzato durante il trecentesco domino di Siena e poi inglobato nella poderosa struttura muraria voluta dal granduca Cosimo de’ Medici nel 1565 per trasformare l’insana città di campagna in una piazzaforte militare. Percorrendo Strada Ginori si raggiunge la Piazza Indipendenza, su cui si affaccia la chiesa con il convento di San Francesco.

Un diorama al Museo di Storia Naturale della Maremma
Un diorama al Museo di Storia Naturale della Maremma

Nell’adiacente Piazza Baccarini si trova invece il Museo Archeologico e d’Arte della Maremma. La maggior parte dei reperti proviene dall’abitato e dalla necropoli di Roselle, una delle più importanti città etrusche, a cui sono dedicate ben dodici sale. In altrettanto spazio è esposta la storia degli altri centri abitati: Vetulonia, Vulci, Cosa, Saturnia e Heba. Tra le curiosità non mancano singolari reperti di vita quotidiana come la matrice rotante per decorazioni, il rasoio intarsiato con disegni di cervi, il fornello da abitazione, i contenitori per balsami a forme animali. Molto utile per capire l’evolversi della cultura etrusca, dall’epoca villanoviana alla orientalizzazione e latinizzazione, la ricostruzione delle capanne arcaiche e della casa patrizia con impluvium; fondamentale il ritrovamento di un vaso con una scritta in etrusco antico, ancora senza l’uso delle lettere B e D. Nella stessa struttura si trova anche il Museo Diocesano d’Arte Sacra, che espone opere di scuola senese e un ricchissimo tesoro di oggetti religiosi e di culto.

Una sala del museo archeologico
Una sala del museo archeologico

Nella stessa piazza non si può non notare il campanile dell’antica chiesa di San Pietro e con pochi passi lungo la Via Carducci si arriva in Piazza del Duomo dove affaccia appunto la bella cattedrale di San Lorenzo, la cui facciata subì numerosi rimaneggiamenti dal XIV al XIX secolo. All’interno vale la pena di soffermarsi sulle vetrate quattrocentesche, sul fonte battesimale, sull’altare dello stesso periodo e sull’acquasantiera del Cinquecento. Sul lato della chiesa si apre Piazza Dante, con al centro il monumento a Leopoldo II di Lorena, il precursore delle opere di bonifi ca delle paludi, immortalato mentre solleva una fi gura femminile (la Maremma) con al seno un fi glio malato e portando in braccio un bimbo sano e forte che rappresenta il futuro. Defi lato sulla laterale Via Mazzini ammiriamo il Teatro degli Industri, inaugurato nel 1819, quindi usciamo dal Bastione del Mulino a Vento, aggirando le mura medicee.

Miniera di pietra e d’arte

Cattedrale di San Cerbone, stupendo duomo millenario di Massa Marittima
Cattedrale di San Cerbone, stupendo duomo millenario di Massa Marittima

È rimasta nascosta per secoli, sepolta sotto strati di vernice e pittura: il mistero di una delle più belle tavole polittiche del Trecento, la Maestà di Ambrogio Lorenzetti, uno dei dipinti più importanti del maestro senese. L’arcano è la colomba dello Spirito Santo, di cui negli ambienti di storia dell’arte si parla da anni, che avrebbe dovuto essere rappresentata sopra l’immagine della Trinità, nello Specchio della Fede, e che invece risultava invisibile.

La pala rappresenta un momento di svolta nell’iconografi a rinascimentale; fu data per scomparsa dal 1600 al 1867, quando venne ritrovata smembrata in cinque pezzi, nascosta nella soffi tta della chiesa di Sant’Agostino a Massa Marittima. Un accurato studio fotografi co è riuscito a mostrare oggi le linee del candido pennuto, permettendo un’ipotesi di rappresentazione. Ce lo racconta la mostra La colomba ritrovata, allestita al complesso museale di San Pietro all’Orto che tra statue, dipinti medioevali e libri istoriati ospita anche i Rilievi neri, dieci alabastri scuri intriganti nelle loro incognite di provenienza, autore e funzione.

Una veduta dalla Torre del Candeliere
Una veduta dalla Torre del Candeliere

Il periodo autunnale regala luci morbide e poco affollamento a una delle più originali piazze d’Italia, su cui si affaccia la basilica cattedrale di San Cerbone. È questo splendido esempio di architettura romanica che dona allo spazio cittadino la sua forma irregolare: la facciata è in posizione obliqua e offre un’originale prospettiva. L’insolita chiesa è a sua volta dedicata a uno dei santi più stravaganti dei primi secoli di culto: africano di origine, capace di ammansire gli orsi per convertire i Longobardi, di scatenare un coro di angeli in una sua Messa dell’alba o di presentarsi al papa con uno stuolo di oche ai suoi comandi e una sfi lza di miracoli tale che, per la prima volta nella storia, il pontefi ce si alzò dal suo trono per accoglierlo. La grande cattedrale racconta tutta la sua biografi

Museo della Miniera di Massa Marittima
Museo della Miniera di Massa Marittima

a, dalla fuga dai Goti verso l’Italia all’arrivo e al vescovato a Populonia, poi l’eremitaggio all’Elba e i miracoli, fi no alla visita papale: le sue avventure sono disegnate sulla vetrata trecentesca del rosone e intarsiate sul fonte battesimale del XIII secolo, rappresentate sugli affreschi attorno agli altari e, ovviamente, scolpite sull’Arca di San Cerbone, il sarcofago che custodisce le sue spoglie.

L’affresco che raffigura L’albero della fecondità, rinvenuto presso la fonte pubblica
L’affresco che raffigura L’albero della fecondità, rinvenuto presso la fonte pubblica

Ma c’è dell’altro per stupire sulla bella piazza: un altro dipinto dalla storia insolita e di sicuro effetto, anche se non in linea con la santità dei precedenti. Alle Fonti dell’Abbondanza fa bella mostra di sé un affresco davvero originale: l’Albero della Fecondità, da cui pendono enormi falli pronti a essere colti da uno stuolo di donne in attesa. Era il 1265 quando l’anonimo autore realizzò l’opera: grazie allo sfruttamento delle miniere di rame e di argento Massa Marittima aveva potuto affrancarsi dal vescovato e costituirsi libero comune.

Nel secolo successivo la cittadina raggiunse i diecimila abitanti e arrivò a battere moneta; a simbolo d’indipendenza fu costruita la poderosa Torre del Candeliere, visibile ancora oggi proprio di fronte all’antico castello di Monteregio dove dimorava il vescovo. Attirò importanti autori, artisti e architetti dell’epoca; sorsero chiese e palazzi fra cui quello comunale (con tanto di torre campanaria, il bargello) e quello del podestà, con la nicchia in cui era conservato il “passo a tre braccia massetano”, cioè la misura uffi ciale cittadina di lunghezza.

Al suo interno è oggi ospitato un museo archeologico che raccoglie i materiali scavati per la maggior parte nell’area del Lago dell’Accesa, a pochi chilometri dalla città. Nelle sue sale si trova anche l’unica statua stele ritrovata al di fuori di Lunigiana e Corsica. Molto interessante l’allestimento dedicato ai più antichi abitanti, gli uomini preistorici che abitavano le numerose grotte della zona, perfettamente ricostruite nei bei diorami.

Museo d’Arte Sacra di San Pietro all’Orto
Museo d’Arte Sacra di San Pietro all’Orto

La fortuna di Massa Marittima sembrò declinare dalla prima metà del Trecento, con la conquista dei Senesi; la peste e la malaria spopolarono l’area per quattro secoli. Poi, nella seconda metà del Settecento, i Lorena – protagonisti delle grandi opere di bonifica della Maremma – lanciarono un nuovo sfruttamento delle miniere di pirite, riportando prosperità per oltre due secoli. Dal 1994, come racconta il Museo della Miniera, le estrazioni sono chiuse.

Ma i lavoratori non si dettero per vinti e riadattarono alcune cave di travertino medioevali – utilizzate in tempo di guerra come rifugi – per trasformarle in un museo rappresentativo della loro vita quotidiana e delle loro fatiche nel sottosuolo. Con tranquillità, a pochi passi dalla piazza principale, si può scoprire un passato nascosto alla luce del sole, tra vagoncini, pale meccaniche, martelli pneumatici e antichi attrezzi del mestiere. Un luogo ideale per chiudere con una riflessione la visita di luoghi tanto belli quanto a lungo difficili da vivere. 

Testo di Federica Botta – Foto di Alessandro De Rossi

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