Granducato di collina

Dai fasti campagnoli della corte medicea al genio di Leonardo: a due passi da Firenze, Prato e Pistoia, il territorio del Montalbano è legato a doppio filo alla storia e ai personaggi della Toscana rinascimentale.

Indice dell'itinerario

Il Monte Albano – che l’uso corrente abbrevia in un’unica parola – è un piccolo massiccio collinare di forma allungata che si alza tra la piana pratese e i territori attraversati dal basso Arno, dove si incontrano le province di Firenze, Pistoia e Prato. Boscoso nelle zone più elevate, che superano di poco i 600 metri, lungo le falde si riveste di vigne e ulivi, di vecchie case divenute residenze di campagna, di ville rinascimentali che confermano come, tra il Quattro e il Cinquecento, si avviò con i Medici una colonizzazione anche agricola di cui il paesaggio serba i sereni caratteri.
Nel Medioevo il Montalbano era stato zona di frontiera, allorché i castelli marcavano instabili confini nella lotta tra Firenze e le altre città toscane. Quando poi il territorio si era da tempo integrato nella supremazia della Dominante, dove la mercatura aveva prodotto grandi ricchezze furono in primo luogo le ville erette dai signori fiorentini a diventare oggetto di moda e imitazione da parte delle altre famiglie abbienti. Nel 1626 Ferdinando II decise di fare del monte una vasta e protetta riserva di caccia, il Barco Reale: in vari punti si possono ancora riconoscere tratti del muro di cinta, alto quasi 2 metri per uno sviluppo di una cinquantina di chilometri: una delle tante tracce della cultura da scoprire o da riscoprire in un ambiente come questo, ideale per le tranquille scorribande esplorative a misura del nostro v.r.

Genio e nobiltà
Lasciata l’Autosole a Firenze Signa, la strada di grande comunicazione per Pisa permette, subito oltre Empoli, di immettersi sulla più tranquilla provinciale 67 per Cerreto Guidi (alle soglie dell’abitato, chiedendo del parcheggio Belvedere ci si assicura un buon posto in cui lasciare il mezzo ed eventualmente pernottare). Salendo per Via Roma ci si immette in un centro storico strutturatosi nel Medioevo tutt’intorno al poggio, su cui svettava in origine il castello dei conti Guidi ma dove, dal 1567, domina la villa eretta da Cosimo de’ Medici. La strada principale porta il nome di Santi Saccenti, notaio e poeta del Settecento, le cui rime franche e argute sono spesso condite da una buona dose di autoironia: Dirò con verità che un Rodomonte/Fui sempre in pace e un Mammalucco in guerra. Alla Villa Medicea di Cerreto si può salire dalla stessa Via Saccenti mediante un erto vicolo, ma è preferibile arrivarci per la bella rampa doppia in cotto che l’estroso architetto Bernardo Buontalenti progettò per la duplice esigenza di superare il marcato dislivello tra il borgo e la nobile residenza, consolidando nello stesso tempo il fianco cedevole del poggio. Accanto si trova, da poco restaurata, la pieve di San Leonardo che tra le varie opere conserva un’effigie del santo nella quale Cristofano Allori, figlio del Bronzino, avrebbe ripreso sé stesso, nonché una fonte battesimale in terracotta policroma invetriata di Giovanni della Robbia.
La villa presenta una facciata del tutto sobria, con retrostante giardino e interessanti interni affrescati nei cui ambienti, da qualche anno, ha sede il Museo Storico della Caccia e del Territorio. Una sala è dedicata all’ambiente umido del Padule, ma ci pare invece che la caccia – argomento chiaramente scelto per la nota passione venatoria dei Medici – sia trattata pochissimo, limitandosi a una cospicua collezione di armi da fuoco in prevalenza da guerra e da difesa. Al piano superiore una ventina di quadri raffigurano personaggi del casato, tra i quali Isabella, figlia di Cosimo I, e sulla parete frontale il marito Paolo Giordano Orsini, che le tolse la vita nella notte tra il 10 e l’11 luglio del 1576. Teatro del fatto è la stanza, detta appunto di Isabella, situata nel pianterreno all’estremità destra della villa.Di Cerreto e della vicina Vinci Firenze divenne padrona senza colpo ferire, ottenendoli dai conti Guidi nel 1273 in pagamento di alcuni debiti. In paese la rocca dei Guidi – donata al Comune nel 1919 – ospita il museo dedicato a Leonardo nel quale sono esposti principalmente macchine e modelli riprodotti secondo le indicazioni e gli schizzi da lui tracciati nei manoscritti. La chiesa limitrofa di Santa Croce conserva la fonte che vide il battesimo del futuro genio. Nelle vicinanze una seconda raccolta istituita più recentemente da privati illustra, anche con modelli tridimensionali, i differenti versanti dell’opera e le interpretazioni da essa suscitate, ed è integrata da una rilevante biblioteca specializzata in opere vinciane: si tratta dunque di una visita interessante, che si potrà accompagnare con una circostanziata guida cartacea o con audioguida.
Non lontano da Piazza Garibaldi, una curiosità che merita senz’altro una sosta è la villa Martelli (di proprietà privata, è osservabile parzialmente dall’esterno) in cui l’architetto Adolfo Coppedè applicò, alla fine degli anni Venti, la mescolanza di stili tipica del gusto eclettico che caratterizza a Roma il noto quartiere omonimo.
Per raggiungere invece quella che è nota come la casa natale di Leonardo occorre salire ad Anchiano (uno spazioso parcheggio è situato a qualche distanza dall’edificio). Il casolare quattrocentesco, di bionda pietra a vista, ospita un’accurata sintesi murale della vita e delle attività dell’artista e scienziato, nell’incredibile molteplicità dei suoi interessi. Ma ciò che qui più conta è la suggestione del sito isolato e poetico, alle cui spalle scende dal Montalbano un’argentea diagonale di ulivi.

I dolci del convento
Lamporecchio fu patria di Francesco Berni, poeta burlesco nella dissacratoria tradizione toscana, ma è anche il luogo da cui Boccaccio fa provenire il Masetto, delle cui monastiche vicissitudini si legge nel Decamerone (prima novella della terza giornata). Il paese è pure noto per i brigidini, una dolce e croccante invenzione – risalente alla metà del Cinquecento – delle monache di un convento di quest’ordine: per gustare le cialde sempre fresche e friabili, che ben si sposano con cioccolato e vinsanto ma anche con gli insaccati, dopo l’acquisto si consiglia di riporle in contenitori ermetici di metallo. Noi ne abbiamo assaggiate di ottime nella pasticceria Carli, in Piazza del Comune; una sagra le celebra ai primi di agosto.
Sul posto non mancano siti per il parcheggio, come tra la suddetta piazza e la chiesa di Santo Stefano dove si ammira un cospicuo altare robbiano in terracotta invetriata. Dopo aver lasciato il veicolo, si può compiere la passeggiata di poco più di un chilometro lungo il viale di lecci ultrasecolari già all’interno del parco del più importante monumento, la seicentesca Villa Rospigliosi, commissionata al Bernini da Clemente IX.
A metà della strada che conduce a Larciano si trovano le piscine comunali (coperte e scoperte) che offrono una gradevole occasione di sosta. Qualche chilometro oltre il paese, un tracciato porta alla rocca medioevale che fu anch’essa dei Guidi e più tardi, in mano a Pistoia, divenne un prezioso caposaldo territoriale che permetteva ai commerci della città di collegarsi con l’Arno e quindi con il mare senza dover sottostare ai controlli di Lucca. Nell’ultimo tratto di strada si sale alla porta del minuscolo borgo, dove un’ampia curva permette di lasciare il camper prima di entrare nell’abitato e raggiungere il cassero e quanto resta delle mura, con la ben conservata e visitabile torre e un annesso museo di archeologia locale.Tornati a Lamporecchio, ci accingiamo a lasciare il versante sud-occidentale del Montalbano attraverso il passetto costituito dall’abitato di San Baronto, una piccola località che conta ristoranti, qualche albergo e un campeggio in favorevole posizione. L’abbazia ha origini medioevali, ma è stata ricostruita dopo gli eventi bellici che risparmiarono solo la cripta con la sua piccola selva di arcate. Il primo maggio qui ha luogo la Fierucola del Lavoro Ecologico del Montalbano, in qualche modo erede della festa del Perdòn, di origine medioevale, che proprio in quella data richiamava gente da tutta la zona: Marzo, chi non ha scarpe vada scalzo/chi ce l’ha ne tenga di conto/per andare alla festa a San Baronto.
Un chilometro a ovest del centro di Quarrata, ai margini di un vasto parco si trova la grande Villa Màgia, derivante da una precedente struttura fortificata che nel 1595 Francesco I de’ Medici acquistò e fece subito trasformare dal Buontalenti in lussuosa dimora per ospitarvi un suo presunto figlio. Circondata da un curato giardino all’italiana, è attualmente di proprietà del Comune e sembra che non sia mai stata aperta al pubblico; speriamo che possa diventare la maggiore attrazione del paese al termine degli importanti lavori di restauro attualmente in corso. Per il momento ci rimettiamo in strada visitando a Seano il parco dedicato a Quinto Martini, un museo en plein air nel quale trovano posto 36 sculture bronzee dell’allievo di Ardengo Soffici.

Rinascimento vivo
Proseguiamo ora in direzione di Bacchereto: salendo brevemente tra vigneti e cipressi s’incontra la villa di Capezzana, legata al nome dei Medici in quanto fu costruita per le nozze di una rappresentante della famiglia. La produzione vinicola locale viene citata già nel 1200 e il vino di questi territori – oggi DOCG – è documentato come Carmignano già nel 1396 per l’acquisto da parte del notaio Lapo Mazzei. Data la rilevante pendenza del tracciato, sconsigliamo ai camper di scendere al parcheggio della tenuta; è preferibile proseguire fino alla grande cantina, dove si può anche effettuare l’inversione di marcia.
Il piccolo e tranquillo abitato di Bacchereto, dove in passato fiorì l’arte della ceramica, è caratterizzato dal roccione su cui sorgono la pieve e il cimitero. Ai margini del paese, il ristorante Cantina di Toia occupa quella che sarebbe stata l’abitazione di Lucia di Zoso, nonna di Leonardo, e mantiene nel complesso l’aspetto di casa colonica del Quattrocento. Da qui uno sterrato si insinua ancor più nel Montalbano per condurre, in circa un chilometro, alla fattoria di Bacchereto, complesso in appartata posizione che dovette svolgere il ruolo di casino di caccia dei Medici nel Barco Reale. La famiglia che ne è da tempo proprietaria, e che vi produce olio e vino, ha dato vita a un’attività agrituristica con piscina e corsi di ceramica (con forno di cottura), yoga, cucina toscana ed enogastronomia.
Nella piazza centrale di Carmignano è sito un museo della vigna e del vino che è anche presentazione del territorio e delle sue emergenze, liberamente accessibile grazie a un ufficio informazioni prodigo di utili consigli. Parcheggiato il veicolo nei pressi della chiesa di San Michele, dove ha inizio un viale con platani adatto anche al pernottamento, si parte per una passeggiata che consente di salire al panoramico sito dell’antica rocca (chiedere gli orari di apertura). Quanto a San Michele, benché sia attualmente in restauro insieme al chiostro, è possibile ammirarvi La Visitazione, il capolavoro del Pontormo dove le quattro figure che arditamente coprono quasi l’intera tavola sembrano danzare nell’armonia e levità dei panneggi nonostante il peso delle gravidanze di Maria e di Elisabetta: è un’opera davvero insolita, di una grande gioia creativa nell’accostamento degli smaglianti colori.

Vita di corte
Pochi chilometri dividono Carmignano da Poggio a Caiano e dalla famosa villa progettata dal Sangallo per Lorenzo de’ Medici verso la fine del Quattrocento. La grande costruzione, che per bellezza e prestigio i successori dei Medici – gli Asburgo Lorena e poi i Savoia – avrebbero scelto come residenza estiva, fu donata allo Stato nel 1919 ed è quindi visitabile. Agli inizi dell’Ottocento ha subito esternamente la sola sostituzione della scala dritta con una doppia rampa curvilinea; all’interno la stanza della veneziana Bianca Cappello, che conserva il suo aspetto rinascimentale.
Passati per Comeana dove si trovano resti etruschi, il percorso sale ripido verso La Ferdinanda, la villa di Artimino che, ordinata anch’essa al Buontalenti da Ferdinando I, sfrutta l’ariosità di una posizione di crinale; osservandone la sommità è facile capire il popolare appellativo di villa dei cento camini. Di proprietà privata, viene oggi utilizzata per matrimoni e convegni e non ne sarebbe consentita la visita se non per il fatto che entro le sue mura è situato un museo comunale etrusco, con reperti molto interessanti (nell’orario di apertura è possibile fruire del parcheggio privato). Se da qui farete una breve escursione in direzione di Poggio della Malva, potreste scorgere qualcuno dei daini che vivono nella boscaglia sulla sinistra della strada.
A meno di un chilometro dalla villa si evidenzia il borgo medioevale di Artimino, con un monumento di eccezionale valore – già sulla strada verso Carmignano – nell’isolata e bellissima pieve romanica di San Leonardo, della metà del X secolo: per la costruzione delle murature fu utilizzato persino materiale etrusco reperito in zona. L’interno offre importanti pitture e statue in legni policromi, oggetto di un lungo e accurato restauro (per parcheggiare il v.r. ci si può servire dell’area sterrata situata in prossimità del bivio che, sulla destra, porta a fare il giro del borgo). Pochi chilometri oltre San Leonardo, la deviazione indicante San Martino in Campo conduce a una chiesa dell’XI secolo che ha invece subito nel tempo pesanti modifiche.
Di ritorno a Carmignano, continuando oltre la chiesa di San Michele avremo la possibilità di fare nuove scoperte tra le quote elevate del Montalbano dove i panorami, le fattorie, i vigneti e i boschi presentano una grazia e un fascino particolari. A poco più di 400 metri di altitudine si incontra un piazzale sterrato con un ristorante, poco più avanti la deviazione per un campeggio, quindi quella per un altro ristorante: occorre prendere quest’ultima per fermarsi accanto alla chiesa romanica appartenuta all’ex abbazia di San Giusto, circondata da una fitta vegetazione. Oggi si presenta abbandonata ma in altri tempi, trovandosi lungo il sentiero che tagliava i boschi del massiccio, i monaci vi davano asilo a viandanti e pellegrini; da ciò il nome La Sperduta attribuito a un’apposita campana che veniva suonata al tramonto da chi era in cerca di aiuto e ristoro.
Lasciato il mezzo e tornati alla rotabile, si fronteggia una strada che seguiremo per un’interessante passeggiata fino al sito di un insediamento etrusco in corso di scavo. Dopo essere saliti per poco più di mezz’ora, appena ci appare in lontananza un ripetitore va preso sulla sinistra un sentiero con segnalino che attraversa la magnifica lecceta di Pietramarina, presto in vista di una roccia isolata conosciuta come Masso del Diavolo; tenendo sempre a sinistra si sfiora il casino dei Birri, rifugio dei guardaboschi granducali al tempo degli Asburgo Lorena, poi si tocca un’altra piccola costruzione a monte della quale già si riconosce la zona degli scavi. Data la quota di 585 metri, tra le più elevate del Montalbano, si è pensato che fosse un punto di controllo del territorio per esigenze di sicurezza degli insediamenti etruschi. Nella lecceta vi sorprenderanno agrifogli con tronchi del diametro anche di una quindicina di centimetri, una meraviglia della natura.
Tornati al parcheggio avrete l’opportunità di scegliere se puntare verso Empoli e, passando per Vitolini e Ansano, rifare il percorso dell’andata, oppure se, ridiscesi a Poggio a Caiano, andare a visitare Prato o la stessa Firenze, che distano ormai pochi chilometri.

banner abbonamenti PA

PleinAir 387 – ottobre 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio