Girotondo in paradiso

Cercate una strada per l'eden? E' qui a Kangaroo Island, dove poche migliaia di uomini e qualche milione di animali vivono tra foreste quasi vergini, placide lagune, strabilianti scogliere affacciate sul blu dell'oceano. E a un'ora di traghetto dall'Australia.

Indice dell'itinerario

Poco al largo della costa a sud di Adelaide, Kangaroo Island è la più grande d’Australia dopo la Tasmania e l’isola di Melville: separatasi dal continente circa 9000 anni fa, è lunga 144 chilometri e larga non più di 52, con una superficie equivalente al nostro Molise e appena 4.000 abitanti. Ma qui i numeri che contano davvero sono quelli della natura, con centinaia di specie di animali selvatici: dalle foche ai pellicani, dai formichieri ai pinguini, per non dire ovviamente dei canguri. Una varietà e una concentrazione davvero incredibili, dovute all’assenza di predatori (in particolare volpi e dinghy) ma anche a una lungimirante politica ecologica. Proprio per la felice condizione ambientale, infatti, sin dal 1920 sono state importate qui alcune specie a rischio di estinzione, e oggi Kangaroo Island annovera ben 21 parchi di conservazione e di protezione, efficienti e ben organizzati.
Questa sorta di paradiso terrestre fu popolato in epoche remote dagli aborigeni che misteriosamente lo abbandonarono più di due millenni fa, dopo averlo abitato per circa 9000 anni; gli europei vi giunsero invece all’inizio dell’Ottocento, e con loro i problemi. Nel 1802 vi attraccò l’Investigator di Matthew Flinders, al quale si devono il nome dell’isola e la cattura di numerosi esemplari di canguri grigi. Foche e otarie australiane rischiarono invece di scomparire a causa di cacciatori privi di scrupoli, particolarmente attivi fra il 1803 e il 1836, che ne uccisero a centinaia: le pelli e l’olio di foca furono tra i più importanti prodotti destinati all’esportazione.
Malgrado le vicissitudini del passato e i problemi di tutela dei giorni nostri, l’isola è un santuario della natura, unico al mondo. Un luogo in cui – recita a ragione un pieghevole promozionale – “il viaggiatore riceve intatta l’immagine del South Australia di migliaia di anni fa”.

Penne, aculei e pellicce
Penneshaw, dove giungono i traghetti da Cape Jervis, è l’ideale punto di partenza per visitare Kangaroo Island. Dopo aver visitato il Penneshaw Maritime & Folk Museum, che ospita reperti di storia locale, vale la pena una deviazione fino a Cape Willoughby Lighthouse, il faro più antico del South Australia, situato 30 chilometri a sud-est del paese.
In compagnia dei ranger si possono invece osservare (ma non disturbare con i flash delle macchine fotografiche) i fair penguin che nidificano nelle dune di sabbia in prossimità del centro abitato: nella varietà minore raggiungono al massimo i 33 centimetri d’altezza, dunque sono nettamente più bassi dei loro cugini d’Antartide. Le escursioni guidate vengono programmate di sera (dalle 20.30 d’estate e dalle 19 d’inverno), quando questi simpatici uccelli – presenti solo nell’emisfero australe – lasciano le acque dell’oceano per dar da mangiare ai piccoli rigurgitando il pesce catturato.
Da Penneshaw si prosegue lungo la Hog Bay Road fino a incrociare la Playford Highway, la rotabile asfaltata che attraversa il cuore dell’isola collegando la parte orientale a quella occidentale, e la si imbocca verso ovest. A Parndana si può visitare un piccolo parco privato dove dal 1992 Russell e Shirley Ross curano e, per quanto possibile, rimettono in libertà gli animali feriti, perlopiù investiti dalle pur rare auto che circolano di notte.Proseguendo sulla Highway sempre in direzione ovest, su un percorso non molto trafficato, si incrocia la West End Highway diretta a sud e si procede ancora diritto sulla Playford per 30 chilometri, lungo un tracciato non sempre asfaltato, fino alle scogliere di Scott Cove e Cape Borda, dove si trova un faro eretto nella seconda metà dell’Ottocento. Siamo nel Flinders Chase National Park, uno dei più importanti del paese, che con le sue foreste e praterie occupa gran parte del settore occidentale dell’isola: fra le oltre 400 specie botaniche catalogate nell’area protetta troviamo le acacie, gli eucalipti, i callistemoni e le banksie dai fiori sgargianti, mentre la fauna comprende canguri e istrici ma anche wallaby, emù e opossum, questi ultimi tra i più facili da fotografare, soprattutto nell’area di Scott Cove. Da qui si diparte verso sud una strada sterrata solo in parte percorribile dagli autoveicoli; a piedi (in circa 3 ore fra andata e ritorno per un totale di 8 chilometri) si raggiunge la località Ravine des Casoars, ovvero il burrone dei casuari, un tempo abitato da questa specie di uccelli simili a piccoli emù estintisi dopo l’arrivo degli europei.

Passeggiate costiere
Tornati al bivio con la West End Highway, la si segue per circa 23 chilometri fino a raggiungere un incrocio: lasciata sulla sinistra la South Coast Road, si imbocca sulla destra la strada che conduce al Flinders Chase Visitor Centre, a Rocky River. Nell’area circostante partono alcune piacevoli escursioni a piedi: le quattro hike di Snake Lagoon (circa 2 ore di cammino), Sandy Creek (circa 2 ore), Breakneck River (3 ore) e Rocky River (3 ore), che richiedono un certo allenamento e l’abitudine a camminare su terreni ripidi o scivolosi, e la più tranquilla Platypus Waterholes Walk (2 ore), adatta anche ai bambini, che all’alba e all’imbrunire offre i momenti migliori per avvistare l’ornitorinco.
Proseguendo ancora verso sud sulla rotabile, si raggiunge il panoramico Admirals Arch a Cape du Couedic. Una serie di scale e passerelle di legno scendono dal parcheggio a un arco scavato nelle rocce dove si possono ammirare numerosi esemplari di fur sea lions i quali, indifferenti alla presenza dei turisti (che non possono raggiungerli), si tuffano nell’oceano, sonnecchiano stesi sulle rocce o baruffano rumorosamente. Tra i vari sentieri della zona segnaliamo il Cape du Couedic Hike, che richiede meno di un’ora di cammino.
Procedendo con il veicolo verso est si arriva in prossimità di uno dei luoghi più fotografati dell’isola: le Remarkable Rocks, enormi blocchi di roccia rossa che i millenni, la pioggia e il vento hanno lavorato in architetture bizzarre. Tondeggianti, a forma d’animale o protese come la prua di una nave, queste singolari sculture naturali sono tutte adagiate su una grande cupola di granito che precipita nell’oceano. Qui le onde s’infrangono con straordinaria violenza sugli scogli; non c’è perciò da meravigliarsi se decine di navi che incautamente si erano avvicinate troppo alla costa ora giacciono sul fondo del mare (e non possono più raccontare il loro viaggio neanche quei turisti che hanno preteso di scendere verso l’acqua a dispetto di tutti i divieti).
Ripresa la marcia, si segue la South Coast Road verso est incontrando le deviazioni per Hanson Bay, abitata da una colonia di pinguini, e per il parco di conservazione delle Kelly Hill Caves, che comprende numerose cavità calcaree ricchissime di stalattiti e stalagmiti: gli anfratti furono scoperti, per così dire, da uno sfortunato cavallo di nome Kelly precipitato in una di queste caverne nella seconda metà dell’Ottocento.
A Vivonne Bay chi non teme l’acqua gelida dell’oceano potrà fare il bagno, prestando però molta attenzione alle correnti: le cosiddette rips sono infatti potenti e pericolose. Se si viene trascinati al largo, gli esperti consigliano di mantenere la calma e di nuotare non controcorrente, bensì trasversalmente.La baia delle foche
Ancora pochi chilometri lungo la rotabile principale conducono al bivio per la celebre Seal Bay e l’omonimo parco. Anche qui una comoda passerella di legno consente ai visitatori di scendere su alcune piattaforme panoramiche per osservare lo scheletro di una balena e, in compagnia di una guida, passeggiare sulla spiaggia dove le otarie selvatiche si concedono un meritato riposo: questi pinnipedi passano infatti tre giorni in mare e altrettanti a terra per recuperare le energie bruciate nella caccia a polipi, crostacei e calamari, che i maschi riescono a catturare anche a oltre 250 metri di profondità, restando immersi fino a 7 minuti. Oggi a Seal Bay vivono circa 600 esemplari di otarie australiane che in gran parte nascono, vivono, si riproducono e muoiono proprio in quest’angolo dell’isola, essendovi le condizioni ideali per l’accoppiamento e lo svezzamento dei cuccioli: insenature rocciose in cui proteggere i neonati, dune che ostacolano i gelidi venti meridionali, luoghi riparati per insegnare ai piccoli a nuotare.
Ripresa la South Coast Highway, la si percorre fino ad immettersi nella Birchmore Road, avvicinandosi al nord dell’isola. All’altezza della Birchmore Lagoon, una deviazione sulla destra per Starrs Road conduce all’Emu Ridge Eucalyptus Distillery dove si produce e si vende il Kangaroo Island Eucalyptus Oil, ottenuto dalla distillazione delle foglie di Eucalyptus cneorifolia secondo il metodo tradizionale. Le foglie vengono riscaldate in una caldaia contenente acqua e, una volta condensato il vapore, si separa l’olio: dopo un’ulteriore raffinazione, lo si utilizza come repellente contro gli insetti, come decongestionante o come calmante dei dolori muscolari. Nell’Ottocento si contavano una dozzina di impianti per la sua produzione; oggi la Emu Ridge è l’unica distilleria ancora funzionante. Radici italiane hanno invece il miele, la pappa reale e il polline prodotti alla Cliffords Honey Farm, che si trova a una dozzina di chilometri: grazie alle discendenti delle api liguri importate due secoli fa, oggi si gustano ottimi mieli d’eucalipto, di banksie, d’acacia e di altre piante locali o introdotte.
Prima di reimbarcarsi a Penneshaw, varrà ancora una sosta il paese di Kingscote, il centro più abitato dell’isola, che si affaccia sulla Nepean Bay e ospita un piccolo museo con oggetti dell’epoca coloniale. Ma l’incontro più suggestivo è quello con i pellicani che a centinaia, verso le cinque del pomeriggio, arrivano sul molo: ad accoglierli, puntuale, un signore vestito di blu che tutte le sere offre loro del cibo. Un appuntamento da non perdere per salutare nel modo migliore l’isola del canguri… e non solo.

PleinAir 388 – novembre 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio