Giganti di pietra

Il breve tragitto stradale che da Belluno sale al gruppo del Sella è uno degli itinerari più godibili per chi vuole scoprire le Dolomiti a passo lento. Sentieri e funivie raggiungono vette e massicci spettacolari – due per tutti, Civetta e Marmolada – con proposte escursionistiche alla portata di tutti, percorsi per trekker più allenati e strutture ricettive all'aria aperta in strategica posizione.

Indice dell'itinerario

“Nell’Agordino, in fondo alla Val di San Lucano, che è uno degli angoli più strani e impressionanti della Terra, si erge con impeto pauroso – dal fondovalle per contemplarla bisogna torcere la testa in su – l’architettura massima di tutte le Dolomiti. E’ il Monte Agnèr, che incombe con un apicco di un chilometro e mezzo. Quando fiammeggia nel tramonto e nel moto delle bianche nubi sembra innalzarsi lentamente, si stenta a credere che una tale cosa possa esistere”. Così nel 1956, sul Corriere della Sera, Dino Buzzati presentava ai lettori l’Agnèr e i suoi altrettanto impressionanti satelliti – lo Spiz della Lastìa, lo Spiz d’Agnèr Nord, la Torre Armena – che dominano la Valle di San Lucano. Il giornalista e scrittore bellunese era lì per incontrare i tre anziani alpinisti Francesco Jori, Arturo Andreoletti e Alberto Zanutti, che trentacinque anni prima avevano salito per primi la Nord dell’Agnèr aprendo un itinerario di quinto grado superiore.
Quelle parole di Buzzati, però, evocano anche i paesaggi della Valle del Cordevole, il magnifico solco che sale da Belluno verso il cuore delle Dolomiti (il Sella, dove s’incontrano il Veneto, l’Alto Adige e il Trentino) e che passa alla base di molti dei massicci più spettacolari dei Monti Pallidi. E’ un viaggio di un centinaio di chilometri, che può essere compiuto in un giorno se ci si sposta in auto o in camper concedendosi solo qualche sosta panoramica, e magari una breve camminata per raggiungere un belvedere o un rifugio. Ma la strada che va da Belluno al Pordoi può occupare un’intera settimana di visite in fondovalle, riposo ed escursioni: e non per nulla molti appassionati di montagna sono felici di dedicare a questi luoghi una vita.
Sul percorso s’incontrano le storiche Miniere di Valle Imperina, la deliziosa cittadina di Agordo, il borgo di Alleghe con il lago creato da una grande frana, l’austera Pieve di Livinallongo con le sue memorie ladine e di guerra, la chiesa gotica di Arabba circondata da alberghi e impianti di risalita. Brevi deviazioni conducono a Canale d’Agordo e a molti piccoli centri che offrono straordinari panorami. Strade, funivie e sentieri conducono al cospetto di montagne famose come le Pale di San Martino, la Civetta, la Marmolada e il Sella. Altre digressioni permettono di scoprire giganti sconosciuti come la Moiazza, i Tàmer, le Pale di San Lucano e naturalmente l’Agnèr, fra le vette più imponenti delle Dolomiti. Parola di Dino Buzzati, uno che di queste montagne se ne intendeva.

Le Dolomiti Bellunesi
La strada di fondovalle che da Belluno conduce ad Agordo è scorrevole, e il traffico locale la percorre a velocità sostenuta fra le pendici boscose che nascondono allo sguardo le cime più alte. Il risultato è che, dopo aver ammirato Belluno con lo sfondo delle pareti della Schiara, la maggior parte dei visitatori schiaccia il piede sull’acceleratore e non lo alza più fino ad Agordo, pensando che le “vere” montagne siano più avanti. E’ un errore, perché a destra della strada si alzano alcune delle cime più scenografiche delle Dolomiti.
Occorre però essere escursionisti molto capaci per seguire lo scomodo sentierino che dalla trattoria Alla Stanga, una vecchia stazione di posta, sale lungo la Val de Piero fino alla base del Burèl, la cima di 2.281 metri che vanta una delle pareti più alte (1.200 metri) di tutte le Dolomiti. “I tetti del Burèl ti possono scaraventare dei sassi addosso, accopparti o anche lasciarti vivo, forse. Eravamo alla mercé del Burèl” scriveva nel 1968 un giovane ma già esperto Reinhold Messner.
Non presenta difficoltà, invece, il sentiero che sale dai 449 metri del posteggio di Casa de la Vècia fino ai 1.245 del Rifugio Bianchét, nel cuore delle Dolomiti Bellunesi. L’ascesa richiede due ore e mezzo, il percorso si snoda tra pareti di roccia e faggete in un ambiente solitario. Con camminate più lunghe (meglio passare la notte al rifugio) si può puntare alle vette della Talvena, della Schiara e del Coro, tra le più belle del parco nazionale che tutela questa porzione dei Monti Pallidi.

Tàmer e la Moiazza
All’ingresso della conca di Agordo una strada sulla destra, che richiede attenzione su un paio di strettoie, sale a La Valle Agordina e al Passo Duràn, sella erbosa a 1.601 metri di altitudine sullo spartiacque con la Val di Zoldo. Il passo, dove sorgono due accoglienti rifugi (il Cesare Tomè è della guida alpina Soro Dorotei, protagonista di molte imprese himalayane), offre una sosta più tranquilla dei celebri valichi intorno al Sella.
In vista delle rocce della Moiazza, bastano tre quarti d’ora lungo un comodo viottolo per raggiungere i 1.835 metri del Rifugio Carestiato, belvedere sulle sovrastanti pareti, posto tappa sull’Alta Via numero 1 e base per la difficile ferrata Costantini. Un sentiero più lungo (circa due ore di percorrenza) e con qualche tratto su terreno scomodo e roccioso porta al Bivacco Grisetti, nel versante orientale del massiccio. Includono tratti aerei e riservati agli esperti i percorsi che s’inerpicano verso le Cime di San Sebastiano e i Tàmer, incombenti sulla strada che sale al passo. Un itinerario lungo ma privo di difficoltà porta invece alla Baita Angelini, nascosta tra i boschi del versante settentrionale.

L’Agnèr e le Pale di San Lucano
Dai caffè della piazza di Agordo è sufficiente alzare lo sguardo per scoprire le straordinarie muraglie dell’Agnèr e delle Pale di San Lucano. Per raggiungerne la base basta deviare a sinistra da Taibòn Agordino e inoltrarsi nella Valle di San Lucano, che corre in piano tra i due massicci. La strada tocca la chiesa dedicata al santo, vescovo di Belluno e poi di Bressanone nel V secolo, e termina al Col di Prà, a 843 metri di quota. Da qui, chi cerca una camminata tranquilla può puntare verso la cascata dell’Inferno o la Valle di Angheràz, celebrata per la sua bellezza già dagli alpinisti ottocenteschi.
Se invece si vuole salire alla Grotta di San Lucano, in cui l'”apostolo delle Dolomiti” si ritirò in preghiera nell’ultima parte della sua vita, bisogna seguire una stradina fino alla Casera della Stua, imboccare un ripido sentiero verso il colle che porta anch’esso il nome del santo e continuare con una traversata a mezza costa, che richiede esperienza di montagna e sicurezza di piede (nell’ultimo tratto il percorso è attrezzato con una malsicura catena metallica). La cavità si affaccia come un nido d’aquila sulle Pale di San Lucano e sull’Agnèr: entrambe queste montagne, però, offrono immagini straordinarie già dalla strada di fondovalle e dal paese.

Le Pale di San Martino
Di solito questo splendido massiccio viene associato a San Martino di Castrozza e al Primiero, in Trentino. Non è uno sbaglio, dato che il Cimòn della Pala, la Cima della Madonna, il Sass Maòr e le altre vette più note si affacciano verso Passo Rolle, la conca di San Martino e la Val Canali; ma le Pale hanno anche un versante veneto, che si raggiunge dal nostro itinerario deviando a sinistra all’altezza di Cencenighe.
Se ci si tiene a sinistra al primo bivio si attraversa Canale d’Agordo (il paese di papa Giovanni Paolo I, con un piccolo museo a lui dedicato), si raggiunge Garès e si scende al Pian delle Giare, una conca a 1.330 metri di altitudine in cui si trova la Capanna Cima Comelle. La zona è ottima per rilassarsi tra prati e boschi, ai piedi di alte pareti, mentre i sentieri che conducono da qui all’Altopiano delle Pale sono lunghi e faticosi. Un itinerario ripido ma molto più accessibile (un’ora fra andata e ritorno) porta alla base della Cascata di Garès, alta una trentina di metri, che sgorga da una parete verticale con acqua abbondante anche in piena estate.
Proseguendo invece nel ramo principale della valle si raggiunge Falcade, centro di vacanze estive e invernali ai piedi della Cima del Focobòn e delle altre vette delle Pale. Da qui l’escursione più classica sale ai 2.571 metri del Rifugio Mulaz e ai 2.921 dell’omonima cima, che affaccia sulla Foresta di Paneveggio: si tratta però di una bella tirata, che richiede tre ore sino al rifugio e un’ora abbondante da questo alla vetta del Mulaz.
A chi cerca itinerari più tranquilli, ma sempre con magnifici panorami, consigliamo la salita dal Passo Valles alla cima che porta lo stesso nome, sul crinale che chiude la conca di Paneveggio, oppure la passeggiata verso il Rifugio Bottari, realizzato dalla sezione di Oderzo del CAI ristrutturando una vecchia baita. Entrambe le gite richiedono meno di due ore tra andata e ritorno, con viste mozzafiato sulle Pale.

La Civetta
Nell’elenco delle grandi pareti dolomitiche, la Nordovest della Civetta occupa un posto speciale. Visibile dalle Pale, dalla Marmolada e dal Sella, è alta 1.000 metri, larga 5 chilometri e ospita un minuscolo ghiacciaio sospeso. Alla vetta più elevata, che raggiunge quota 3.220, si affiancano cime imponenti come la Torre di Valgrande, la Torre d’Alleghe, il Pan di Zucchero e la Cima Su Alto. Anche se è vicina al fondovalle, la bastionata si lascia scorgere con difficoltà dai paesi: a separarla da Alleghe sono la terrazza della Val Civetta e i dirupi del Col Reàn. La si vede benissimo, invece, dalla strada di fondovalle che unisce Alleghe a Caprile, dove una sosta si apprezza in special modo con la luce del tramonto.
Per avvicinarsi alla parete si può salire in cabinovia e poi in seggiovia da Alleghe ai 1.922 metri del Rifugio Col dei Baldi, dove ci si affaccia sul Pelmo e le Dolomiti di Cortina. Una sterrata scende alla Forcella di Alleghe e alla Casera di Pioda, e un sentiero risale ai 2.132 metri del Rifugio Sonino al Coldai. Scavalcata la vicina forcella si scende al bellissimo Lago Coldai (due ore), da cui appare d’infilata la parete. I camminatori allenati possono proseguire (altre due ore) verso il Rifugio Tissi, tra i migliori belvedere delle Dolomiti.
Più breve (da un’ora e mezzo a due ore di salita) ma assolato in estate è il sentiero che sale dalla Capanna Trieste – ci si arriva da Listolade, tra Agordo e Cencenighe – al Rifugio Vazzolèr, che guarda la Torre Venezia, la Torre Trieste e la Busazza, a loro volta fra le massime architetture rocciose dei Monti Pallidi.

Il Sasso Bianco
Non tutti i monti della Valle dei Giganti hanno dimensioni ciclopiche. Lo dimostra il Sasso Bianco, dorsale di erba e rocce friabili che domina da occidente il Lago di Alleghe separando la valle del Cordévole da quella che sale verso la Marmolada. Se la vetta più alta richiede una rispettabile sgroppata, i sentieri che salgono da Piaia, Bramezza e Costoia verso i 1.840 metri del Rifugio Sasso Bianco sono più accessibili e si dipanano tra fitti boschi di abeti e pianori cosparsi di tabià, i caratteristici fienili in legno. I panorami verso la Civetta sono ovunque eccezionali. Offrono atmosfere analoghe i dintorni del Bec de Roces, il torrione roccioso che domina Laste, dove sono state tracciate molte vie di arrampicata. Unica controindicazione, in entrambe queste zone le strade sono strette e non adatte ai mezzi più ingombranti.

La Marmolada
Da Caprile, crocevia del nostro percorso, una strada sale verso ovest a Rocca Pietore e al Passo Fedaia, sul confine con il Trentino. Da Malga Ciapèla una funivia in tre tronchi rinnovata in anni recenti conduce a 3.200 metri di altitudine, a pochi metri dalla Marmolada di Rocca e in vista della Marmolada di Penìa (la più alta) e del ghiacciaio. Nonostante la grandiosità della vista, non si può fare a meno di notare paesaggi che la mano dell’uomo ha pesantemente alterato con edifici, strade e rottami metallici abbandonati. Più piacevole per chi ama gli ambienti integri è raggiungere il Passo Fedaia, attraversare la diga e salire con un’antica cabinovia fino ai lastroni rocciosi ai piedi del ghiacciaio della Marmolada. Un sentierino su rocce scivolose conduce alla Capanna al Ghiacciaio, mentre per la salita alla cima più alta occorre avere esperienza di alpinismo o affidarsi a una guida.
Non tutti sanno, però, che qui è ambientato uno dei sentieri più belli e integri delle Dolomiti. Si inizia dall’agriturismo Malga Ciapèla, si continua a piedi in una valle boscosa, si supera un gradino roccioso e si raggiungono gli idilliaci prati di Malga Ombretta, a 1.904 metri di quota. Un buon sentiero a mezza costa sale al Rifugio Falièr, a 2.074 metri e a meno di due ore dalla base. Dall’alto dominano il panorama le gigantesche placche della parete Sud della Marmolada, tra le più difficili delle Dolomiti: uno scenario da non perdere.

Le vette del Passo Falzàrego
A Cernadoi, un altro snodo lungo l’itinerario fra Caprile e Livinallongo, si stacca a destra un’altra strada di grande suggestione, che sale a tornanti fino ai 2.105 metri del Passo Falzàrego, al confine con le Dolomiti di Cortina e della Val Badia. Da un tornante si stacca a sinistra il viottolo per il Castello di Andraz (mezz’ora tra andata e ritorno), mentre dal passo si sale al Piccolo Lagazuoi in funivia o lungo i tunnel della Grande Guerra, con un tratto di facile ferrata all’inizio.
Dal vicino Passo di Valparola, dov’è un museo storico, inizia la salita al Sass de Stria, altra cima segnata da postazioni e trincee. Il percorso, con un paio di scalette in ferro nell’ultimo tratto, richiede un’ora circa.

Il Col di Lana, Porta Vescovo e la Mesola
Prima delle battaglie del 1915-18 erano solo i geologi a interessarsi al vulcano spento del Col di Lana, che si affaccia a ovest su Pieve di Livinallongo e ad est sul Passo Falzàrego. Due anni e mezzo di scontri sanguinosi e le mine che cambiarono volto alla cima hanno reso questa montagna – come il Grappa, l’Ortigara o il Pasubio – un’icona della Grande Guerra. L’itinerario più breve per salire alla cima, facile ma abbastanza faticoso, inizia da Pieve di Livinallongo. Si segue la strada asfaltata per Palla, si posteggia a 1.650 metri di quota, si segue a piedi una sterrata nel bosco e poi si devia su un sentiero fino al Plan de la Chica, a quota 2.125, ai piedi delle rocce del Cappello di Napoleone. Un ripido crinale erboso conduce al Bivacco Brigata Alpina Cadore e ai 2.462 metri della vetta, dove ci si affaccia sul cratere lasciato dalle mine. Tra andata e ritorno si cammina per quattro ore circa.
Dalla parte opposta della statale 48 la catena della Mesola, che separa Arabba dal Lago di Fedaia, è stata segnata dagli impianti di risalita e dalle piste da sci, ma la funivia che sale a Porta Vescovo consente di ammirare senza fatica un bellissimo panorama verso la Marmolada e il suo ghiacciaio. Oltre il valico si può raggiungere il Viel del Pan e seguirlo verso destra sino al rifugio omonimo e al Passo Pordoi (due ore e mezzo). La ferrata delle Trincee, sulle guglie della Mesola, è un itinerario per esperti.

Il Sella
Giungiamo infine ai piedi del massiccio dove s’incontrano il Veneto e il Trentino Alto Adige. Da Arabba si può salire al Passo di Campolongo e proseguire a piedi verso il Rifugio Bec de Roces e il Rifugio Kostner (due ore dal passo), al centro di uno spettacolare anfiteatro roccioso. Se si parte con gli impianti di Corvara, in Alta Badia, si percorre lo stesso itinerario in discesa.
Dal Passo Pordoi si può invece salire in funivia al Sass Pordoi, uno dei migliori affacci sui Monti Pallidi, e proseguire a piedi (un’oretta) verso il Rifugio Boè, in un paesaggio lunare. La facile salita ai 3.148 metri del Piz Boè, il tetto del Sella, si compie su lastroni rocciosi levigati: si guadagna così la cima, sempre affollata in estate dagli escursionisti, che segna la vera conclusione del nostro piccolo viaggio alla scoperta dei giganti dolomitici

Testo e foto di Stefano Ardito

PleinAir 443 – Giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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