Giardini di pietra

Visitare Matera e i Sassi, prima che un piacere è un dovere. Prima che un viaggio nella fascinosa natura delle Murge è un pellegrinaggio nei luoghi della nostra stessa origine.

Indice dell'itinerario

Negli anni Cinquanta i Sassi di Matera vennero bollati come una vergogna nazionale, un drammatico emblema della miseria nel “profondo Sud”, secondo lo stereotipo che proprio allora ne disegnarono lo scrittore Carlo Levi e il cinema neorealista. Una legge speciale obbligò i residenti ad abbandonarli per ragioni “igienico-sanitarie” e neppure l’interesse degli ambienti culturali più sensibili o di altri cineasti, quali Pier Paolo Pasolini che vi ambientò Il Vangelo secondo Matteo, riuscì più a frenarne il degrado.
Soltanto nel 1993, dopo quasi mezzo secolo, l’Unesco li ha dichiarati un “patrimonio dell’umanità”, perciò da tutelare: riconoscendoli tra i più straordinari insediamenti del mondo e tra i più antichi di quelli ipogei, frequentati con continuità fin dal Paleolitico.
I tanti progetti di recupero e i cantieri che si aprono qua e là tardano però a dare risultati confortanti; e sono ancora pochi i coraggiosi che tornano ad abitare e a lavorare nelle antiche strutture. Eppure, questa che sonnecchia dimenticata nell’aspro paesaggio delle gravine è forse l’unica vera Mecca italiana, più di Roma Venezia e Firenze, che sono tenute sveglie da continue risonanze. Tutti, una volta nella vita, dovrebbero recarsi in pellegrinaggio e aggirarsi in raccoglimento tra i vuoti giardini di pietra, gli umidi antri e le pareti polverose di questo incredibile termitaio umano. Qui trovano materia di studio molti addetti ai lavori dei nostri giorni: non solo urbanisti in crisi di identità, ma esperti di architettura biodinamica, ingegneri idraulici, sociologi, ambientalisti… Ancora stupiscono gli articolati sistemi di raccolta, regimazione e distribuzione dell’acqua messi a punto dalle comunità dei Sassi, i metodi di coltivazione degli orti pensili con il riciclaggio dei rifiuti organici, i sistemi per illuminare e aerare naturalmente le cavità anche profonde, per conservare a lungo neve e ghiaccio, per gestire senza sprechi le risorse collettive e gli spazi comuni. Ancora commuovono le fatiche, le tracce di tante difficili esistenze e di tanta dolorosa fede, impresse nel tufo e murate negli avancorpi dei “vicinati”…

Quattro passi tra i Sassi
La visita dei Sassi comincia dall’alto, dal ciglio della gravina dal quale “precipitano” e sul quale s’attesta la moderna Matera. Gli improvvisi affacci (ad esempio dallo slargo di Palazzo Lanfranchi su Via Ridola) ne danno subito spettacolari colpi d’occhio, e ne lasciano apprezzare l’impianto: due nuclei disposti ad anfiteatro, il più antico Sasso Caveoso a sud-est e il Sasso Barisano a nord-est, separati dallo sperone della Civita, l’originaria acropoli ora sormontata dalla cattedrale del XIII secolo. Non resta che procurarsi una mappa, organizzare un percorso e avviarsi a piedi. Meglio però è farsi accompagnare da una guida: se ne trovano di autorizzate (vedi “Buono a sapersi”) ma soprattutto di “indipendenti”, che non tardano ad individuare il turista e a proporsi con insistenza, seppure garbatamente. Nessun testo scritto, del resto, potrebbe sostituirsi alla descrizione vivavoce di una così complessa organizzazione urbanistica e sociale, alle annotazioni colorite e alla rivelazione in diretta di tanti segreti e di tanti ambienti (tra i quali, luoghi di culto con affreschi d’epoca bizantina e alcune abitazioni arredate custodite da privati cittadini) che sarebbero negati al visitatore fai-da-te.
Per una ricognizione esauriente del vasto comprensorio occorre preventivare più di mezza giornata. Avendo fretta, ci si può accontentare di una passeggiata lungo la strada panoramica (percorsa anche da un servizio pubblico di minibus) che attraversa i Sassi scendendo dai due opposti terminali: dalle vicinanze del Museo archeologico nazionale Ridola (Sasso Caveoso) o dalla chiesa di Sant’Agostino (Sasso Barisano). Ma anche in questo caso è difficile resistere al richiamo dei belvedere (San Pietro Caveoso, Santa Lucia, lo stesso Sant’Agostino), delle botteghe artigiane e dei tanti scorci pittoreschi, ad esempio le salite al duomo (dove ammirare tra l’altro un presepio in pietra dipinta del XVI secolo). Ad ogni buon conto la visita dei Sassi non si può dire compiuta se non si connette alla visita del capoluogo, e se non comprende un’escursione tra le importanti chiese rupestri che si individuano numerose sul fianco opposto della gravina. In altre parole: a Matera non si possono dedicare meno di due giorni. E resta comunque il rammarico di non poter approfondire certe conoscenze. Ad esempio, non sono agibili gli ambienti medioevali ipogei, tra cui alcune grandi cisterne idriche, scavati sotto il pianoro sommitale del Sasso Barisano e parzialmente esposti alla vista da un avvincente restyling di Piazza Vittorio Veneto.
Interdetti restano anche fin troppi edifici sottoposti a eterni restauri e fin troppe chiese rupestri abbandonate all’incuria (è desolante la carenza di supporti logistici nell’intero complesso archeologico della gravina). Quanto alla città di oggi, il vuoto di strade e piazze che segna lo stacco dai Sassi è anche la spina più vitale del centro storico e la vetrina di alcune notevoli architetture (ad esempio, le chiese romanico-pugliesi di San Domenico e di San Giovanni, e quelle barocche di Santa Chiara e di San Francesco). Subito alle spalle, l’area verde che accoglie l’incompiuto Castello Tramontano offre buone sistemazioni per la sosta e il pernottamento.

PleinAir 314 – settembre 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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