Formula Due

Due come le ruote della bicicletta: intorno alla città dei bolidi del Gran Premio ci sono borghi, paesaggi e sapori tutti da scoprire, scegliendo il ritmo lento del pedale lungo tappe facilmente fruibili anche in camper e in caravan.

Indice dell'itinerario

Lussuose e veloci macchine sportive dai costi irragionevoli, piadine e Sangiovese a volontà, d’estate musica rock: questa, pensano in molti, è Imola. Dopo il turbine di attenzione che riceve quando si svolge il Gran Premio di Formula Uno, e smaltita la massa dei chiassosi visitatori del Jammin’ Festival, è come se venisse dimenticata per almeno un altro anno. In fondo, a parte l’autodromo, che altro c’è a Imola? Figuriamoci, poi, nei dintorni.
E invece questa tappa della Via Emilia può vantare, prima di tutto, una lunga storia che le ha lasciato i segni di una sottile eleganza: le sue architetture non hanno la baldanza dei palazzi bolognesi o l’ariosità di Piazza Grande a Modena, ma una bellezza discreta, non ostentata, come si conviene a una città troppo piccola per divenire capoluogo ma allo stesso tempo troppo grande per rassegnarsi a essere provinciale.
Là dove Emilia e Romagna si toccano senza riuscire del tutto a fondersi (come pure vorrebbe la burocrazia), Imola è interamente stretta attorno a un meraviglioso maniero che è la prima sorpresa di quest’angolo d’Italia. La rocca, voluta dagli Sforza e con un sistema difensivo alla cui progettazione mise mano anche Leonardo da Vinci, insieme ai suoi quattro torrioni, alle stanze affrescate, alle segrete e al museo rappresenta un ottimo biglietto da visita per una località che vanta pure altre bellezze nascoste, come il Palazzo Comunale, quello della casata Tozzoni, le numerose chiese o l’antica farmacia dell’ospedale, che dal 1766 ha conservato intatti gli arredi interni.
L’amante della natura preferirà invece scoprire le valli che a raggiera confluiscono su Imola: un invito irresistibile ad avventurarsi in quell’intricato insieme di colline e basse montagne, punteggiate da boschi e borghi medioevali, che collega questa zona alla vicina Toscana. Un ambiente incredibilmente ben conservato, con un’autentica vocazione al pleinair, e il fiume Santerno talmente pulito da essere balneabile.
Insomma, ce n’è per tutti: e noi, lungo una linea ideale che unisce Castel del Rio (con un altro poderoso maniero) alla rocca di Imola e che tocca altri gradevoli centri come Casalfiumanese, Borgo Tossignano e Fontanelice, abbiamo identificato una serie di brevi ma intensi itinerari ciclabili in grado di accontentare le esigenze più diverse. Quindi lasciamo a casa ogni pregiudizio: a Imola e dintorni non ci sono solo auto sportive e gare di velocità, anzi è proprio fra un colpo di pedale e l’altro che se ne può scoprire pienamente il fascino.

In bici sui colli
Una visita dell’Imolese su due ruote potrà cominciare proprio dalla città, perfettamente attrezzata a questo scopo: gli stessi abitanti, del resto, si spostano abitualmente in bicicletta. Altrettanto godibili, anche se più impegnativi, sono i percorsi nel territorio, non certo destinati agli esperti ma almeno ai più allenati perché l’altimetria comporta alcune salite riservate a chi ha un po’ di esercizio. Con piccole variazioni, gli stessi itinerari che abbiamo individuato sono percorribili anche dai veicoli ricreazionali, tenendo conto del fatto che in tutta la zona non ci sono particolari divieti per i camper e che il turista itinerante troverà molte occasioni per costruire un percorso personalizzato, grazie ai numerosi riferimenti ricettivi.
Punto di partenza e di ritorno delle nostre escursioni è Castel del Rio, località scelta per la presenza di un campeggio (l’unico della zona) e di una bellissima area di sosta gratuita.

Montebattaglia e Casola Valsenio (43 km, difficoltà medio-alta)
Da Castel del Rio si prende la statale 610, chiamata anche Montanara, scendendo sino a Fontanelice; in questo primo tratto il traffico è più sostenuto soltanto negli orari di entrata e uscita dagli uffici. Subito dopo l’ingresso in paese, si incontra il bivio a destra per la provinciale 33 che conduce alla rocca di Montebattaglia e a Casola Valsenio: è la cosiddetta Strada della Lavanda, un bel percorso che sale con decisione fino a rivelare un panorama caratterizzato da una lunga teoria di colli e boschi; qui il traffico è pressoché assente. A circa 5 chilometri da Fontanelice ci si potrà ristorare a una fontanella di acqua potabile. Quando si raggiunge il crinale e la strada spiana un poco, vedremo comparire quel che resta della torre della rocca (715 m). Si raggiunge il bivio che consente di visitare questo sito e, dopo un tratto sterrato ciclabile, si arriva a una salita finale che obbliga a proseguire a piedi. La vetta è molto panoramica e sulla spianata, oltre alla torre del XII secolo, è situata un’emozionante scultura di Aldo Rontini del 1988 che ricorda le vittime di una cruenta battaglia fra tedeschi e partigiani (“Qui sul Monte Battaglia fece la sua storia un battaglione della 36ª Brigata Garibaldi, il 25-26-27-28 Settembre 1944” ricorda una targa). Tutt’intorno vi sono tavoli da picnic per una comoda sosta.
Tornati in corrispondenza del bivio, all’altezza di un chiosco (che prepara ottime piadine!) si prosegue diritto scendendo tra campi di lavanda e altre erbe sino a entrare nella provincia di Ravenna; qui la strada cambia nome e diviene la provinciale 70. In breve si passa davanti all’ingresso del giardino officinale di Casola Valsenio, fondato nel 1938 da Augusto Rinaldi Ceroni e acquistato nel 1974 dalla Regione: vi sono coltivate più di 400 specie di profumatissime piante officinali e nell’annessa erboristeria è possibile acquistare le essenze pronte per il consumo.
Risaliti in sella, si continua a scendere sino all’incrocio con la statale 306 da dove si prende a destra per Casola Valsenio. Oltrepassato il paese, al bivio successivo si svolta ancora a destra per San Ruffillo. Ci si ritrova così a percorrere una ripida stradina che si inerpica lentamente nel verde, in un ambiente che ricorda da vicino il paesaggio toscano; la salita è davvero impegnativa, ma per fortuna alterna tratti in piano che consentono di riprendere fiato. Si supera una chiesa dell’XI secolo, ricostruita nel XVIII, e dopo un ultimo strappo si esce in corrispondenza del chiosco nei pressi del bivio per Montebattaglia. Da qui, si torna indietro per gli ultimi 14 chilometri seguendo l’itinerario dell’andata.

Prati di Sotto e il Santerno (30 km, difficoltà media)
Sulla statale 610, al ponte poco fuori Castel del Rio, si prende il bivio a sinistra per Sassoleone entrando nella provinciale 15: è questo il tratto più faticoso dell’itinerario perché la strada sale in modo deciso ma per fortuna graduale – e tra splendidi panorami – sino a una rotatoria. Dopo aver svoltato a destra, si inizia a scendere tra le colline prima di giungere al paese.
Si prosegue ancora, sempre sostanzialmente in discesa: al bivio successivo ci si dirige a destra verso Gesso, giungendo in Val Sellustra. Se invece si va a sinistra si può arrivare a Castel San Pietro e da lì tornare via Imola, ma è un giro molto lungo consigliabile solo a chi si sposta in camper o in auto.
La provinciale 34 sale sino al paese (lungostrada si trova il bivio per l’azienda agricola Cà Monti, dove è possibile acquistare prodotti tipici e ristorarsi) e prosegue fino a scendere in modo netto e piacevole per giungere a Prati di Sotto, dove si attraversa il Santerno. La strada ora risale un poco per immettersi nuovamente sulla statale 610 da dove, svoltando a destra, si torna alla base.

Cascata di Moraduccio (17 km, difficoltà medio-bassa)
Prendendo la statale 610 in direzione Firenze, il tracciato sale in modo continuo ma dolce in un ambiente verdissimo e spettacolare. Si attraversa il ponte sul Santerno dove si trova situato il lido di Valsalva, un vero e proprio stabilimento balneare fluviale con bar e vasche in cui tuffarsi, mentre l’annesso boschetto è un vero e proprio campeggio-natura in cui, nella bella stagione, molti si accampano con le tende (più raramente con i v.r.).
Superato il fiume la strada inizia a salire in modo molto deciso, passa Valsalva e prosegue con viste mozzafiato sulle gole del fiume, che qui divengono davvero selvagge. Si raggiunge così Moraduccio, sorto proprio sul confine con la Toscana (tanto che per distinguere i limiti territoriali i toscani lo chiamano Morraduccio). Appena fuori dal paese, una stradina sterrata e priva di segnalazioni si stacca sulla destra: prestando attenzione al fondo sconnesso – ma il tragitto è breve e si può anche fare a piedi – si scende di nuovo sino al fiume e lo si attraversa su un ponticello di cemento per ammirare la bella cascata di Moraduccio, alimentata dal Rio Canaglia. E’ uno dei punti migliori per fare il bagno nel fiume, ma anche un luogo perfetto per un lungo momento di relax.
Per il ritorno, chi non vuole ripercorrere l’itinerario dell’andata e ha ancora un po’ di energia nelle gambe può raggiungere Valsalva e svoltare a destra sulla Via Panoramica che si incontra poco prima di entrare in paese. La stradina è stretta, sale in modo netto e in breve si apre su bei panorami verso i ruderi del Castellaccio di Cantagallo (raggiungibili con una sterrata che si stacca sulla destra), passati i quali si scende verso il ponte degli Alidosi. Da qui, un’ulteriore salita riporta a Castel del Rio.

PleinAir 383 – giugno 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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