Fiori e cannoni

A piedi tra le fortificazioni ottocentesche e i campi di lavanda del Col di Nava.

Indice dell'itinerario

Un rombo assordante scuote le pareti e ci toglie il fiato; un tuono preannuncia lo scroscio di un temporale, ma tra le mura umide del forte ricorda piuttosto lo schianto di una bomba. La Strada della Cucina Bianca ci ha condotto sul Col di Nava al Forte Centrale, una delle quattro fortificazioni ottocentesche costruite subito dopo l’Unità d’Italia in una delicata zona di confine tra lo Stato sabaudo e la Francia, interessata perciò da un massiccio sistema difensivo, oggi visitabile grazie a un circuito di sentieri di varia difficoltà allestito dalla Pro Loco.
Il forte, dismesso dall’Esercito, ceduto al Comune e aperto ai visitatori nell’estate 2002, è una meraviglia di architettura militare, costruito – si nota – anche per dimostrare ricchezza e potere: ospitava persino i cadetti delle famiglie patrizie in una reggia di 97 locali, dove alcune stanze conservano pavimenti in pregiato parquet e caminetti decorati. La complessa costruzione presenta vani nel sottosuolo, gallerie di fuga protette da alte mura, un labirinto di corridoi e scale a chiocciola, due cortili interni e quattro caponnière a cuore che si ritrovano solo qui. Il progettista decise che l’unica strada tra Liguria e Piemonte dovesse passare al suo interno attraverso quattro porte e due ponti levatoi, proprio come faceva sino a pochi anni fa la provinciale, ancora oggi accessibile ai mezzi motorizzati.
Tanto lavoro per un attacco che in realtà non ci fu mai, ma ci pensarono in seguito le due grandi guerre a sfruttare i forti. Nella prima furono usati come campi di concentramento per i prigionieri austriaci; nella seconda vi si arroccò un gruppo di nazifascisti sbandati che dovettero fronteggiare più volte i partigiani.
Ma a dispetto dei cannoni il Col di Nava, poche case raccolte giusto intorno al passo, vive di fiori e dagli anni Venti è uno dei maggiori centri italiani produttori di olio di lavanda: saponi e profumi con l’inconfondibile simbolo della giovane lavandaia, in abito provenzale e fascio di spighe tra le braccia.
Un anziano signore, mentre ci mostra il suo cappello dalla lunga penna nera, ci spiega che le spighe blu, seccate al sole, vengono bollite e distillate come fossero vino per ottenere una sostanza alcolica e densa. «Sono alpino e mietitore – dice raccontando di scarpinate sui monti in tempo di guerra e di altrettante per il fieno e la lavanda in tempo di pace – perché il fiore grosso e sbiadito che altrove trovate in vendita non è la vera pianta, qui noi lo chiamiamo lavandon». Le piccole spighe che ci mostra sono infatti corte, di un viola cupo come il cielo d’autunno, e aggiunge: «Crescono da sole, in piccoli ciuffi, su dove l’aria è più fresca e la terra umida».

Le vie dei forti
Ci mettiamo in cammino anche noi allora, per scoprire l’anima di queste montagne. Il primo sentiero della via dei forti che scegliamo è dedicato alle torri di avvistamento ed è un’escursione facile, di circa due ore, con meno di 300 metri di dislivello e un facile orientamento. L’anello parte proprio dal Forte Centrale e, seguendo la strada prima asfaltata poi sterrata, raggiunge il Forte Bellarasco (ancora chiuso e non visitabile). Da qui si prosegue sempre lungo lo sterrato per circa un chilometro, volendo anche in auto se le condizioni della strada lo consentono; quindi, abbandonato obbligatoriamente il mezzo, si inizia a salire nel bosco e nel prato per le Batterie San Lorenzo, una postazione pensata per cannoni e mitragliatrici a difesa del passo che ha ovviamente una vista stupenda. Il sentiero poi ritorna a sinistra verso Col di Nava, salendo per due curve di livello fino a Poggio Richermo e notando una torre di avvistamento di bella fattura. Quindi comincia la discesa verso Colla San Bernardo, dove si incontra nuovamente uno sterrato che riconduce a Col di Nava.
Il secondo itinerario è un po’ più impegnativo, ma sicuramente spettacolare perché consente di vedere Forte Montescio in un affascinante stato di abbandono e raggiungibile solo a piedi. Parte proprio dalla piazza di Col di Nava, salendo subito su una stradina ripida e stretta che diventa un piccolo sentiero. All’inizio si trova l’indicazione per Forte Possanghi, la torre di avvistamento del lato ovest, poi però l’orientamento si fa più difficoltoso, salendo verso Poggio Possanghi. Poco dopo il poggio il sentiero corre parallelo alla strada regionale n. 1 per Monesi fino a Colla dei Boschetti. In alternativa, quindi, ci si può spostare in auto da Case dei Nava verso Monesi raggiungendo il bivio sull’asfalto che indica una strada sterrata direzione Montescio-Madonna dei Cancelli. Seguendo lo sterrato principale, invece, si raggiunge Tetti dei Cani (segnalazioni di colore bianco e rosso). Da qui un sentiero scende a Case Rossi dove un ulteriore sterrato porta a Case di Nava.
Gli altri due percorsi che proponiamo non fanno parte del circuito dei forti, ma regalano scorci unici della Val Tanaro e Pennavaire e per giunta partono comodamente da due postazioni per la sosta. Il primo ha come campo base l’area attrezzata situata sulla strada da Ponte di Nava a Viozene in località Ponte Tanarello. Da qui, lasciato il mezzo, è possibile proseguire sulla strada a fondo naturale che costeggia il Tanarello fino al Ponte Schiarente (circa un’ora di cammino). Nella bella stagione è possibile scendere sul greto del fiume per una facile esperienza di risalita in torrentismo. Dal Ponte Schiarente il percorso, divenuto sentiero e ben indicato, prosegue in salita verso la Grotta Cornarea dove si sono ritrovati resti dell’orso preistorico e pare abbiano vissuto i nostri antenati paleolitici. Proseguendo, in circa due ore di salita piuttosto impegnativa ma immersa in un freschissimo bosco, si raggiunge la Madonna dei Cancelli, una chiesina campestre dedicata ai mietitori di fieno delle vette dove in estate dormono alcune famigliole di ghiri e da cui si gode un panorama a 360 gradi su tutte le valli circostanti.
L’ultimo trekking è dedicato alla Madonna del Lago, uno splendido santuario (ben indicato subito prima del borgo medioevale di Alto) affacciato su un verdissimo laghetto alpino che si incontra sulla strada che da Ponte di Nava, in direzione Ceva, svolta per Prale e Caprauna. Eccezion fatta per agosto, periodo in cui vi si svolgono le feste paesane, si può pernottare nei parcheggi intorno alla chiesa usufruendo dell’acqua della fonte e, nei giorni di apertura, del punto di ristoro. Il percorso a piedi è segnalato da molte indicazioni e permette di raggiungere Monte Dubasso con i suoi faraglioni d’arrampicata e il cimitero napoleonico d’alta quota, il più impegnativo Monte Armetta (almeno quattro ore di cammino) e infine la chiesina di Madonna Guarnieri, sulla strada sterrata che incontrerete proprio in vetta.

PleinAir 376 – novembre 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio