Finestre sull'arte

La ventesima Biennale del Muro Dipinto, a Dozza dal 15 al 18 settembre, è la migliore occasione per visitare una galleria a cielo aperto di fama internazionale. Senza code né biglietti d'ingresso.

Indice dell'itinerario

Sebastian Matta è passato di qui. Ma anche Bruno Saetti, Aligi Sassu, Domenico Purificato, Ennio Calabria e tanti altri artisti italiani e stranieri hanno lasciato una loro traccia sulle mura e negli archivi di Dozza.
E pensare che tutto è cominciato in sordina, quasi per caso. Nel 1960, per distinguersi dalla diffusa consuetudine delle ex tempore pittoriche, in questo piccolo borgo alle pendici dell’Appennino Imolese qualcuno pensa di invitare artisti di chiara fama a decorarne le mura. Agli inizi è un concorso a premi, con l’unico obbligo di consegnare agli organizzatori il bozzetto originale dell’opera; l’obiettivo è quello di riqualificare e “abbellire” un contesto urbano votato al degrado con la povertà e l’abbandono del dopoguerra, creando oltretutto un motivo di attrazione turistica. Le prime edizioni si svolgono a cadenza annuale, ma il successo dell’iniziativa consiglia già nel 1965 di trasformare la manifestazione in Biennale d’Arte del Muro Dipinto, portando finora entro le mura della cittadina più di 200 artisti (questa ventesima edizione coincide pertanto con il quarantennale della rassegna).
«A Dozza possediamo un’invidiabile testimonianza dell’arte contemporanea internazionale dagli anni Sessanta ad oggi» afferma con orgoglio il sindaco Antonio Borghi. «Sono più di novanta le opere d’autore in una galleria d’arte a cielo aperto che non ha eguali, e che si arricchirà ulteriormente quando riusciremo a rendere visibili al pubblico anche i bozzetti originali».
Se ogni momento dell’anno è buono per visitare gli affreschi che caratterizzano il borgo di Dozza, vero è che la ricorrenza della Biennale conferisce al paese un’atmosfera tutta particolare. «E’ sempre più difficile per gli organizzatori trovare artisti disponibili a misurarsi con questa prova. Un po’ per i tempi contenuti, un po’ per l’obbligo di lavorare all’aperto, a costante contatto con il pubblico. Eppure a ogni edizione si ricrea invariabilmente un clima magico, che va a rinsaldare il legame – mai scontato – tra gli artisti e i cittadini».
Questi ultimi, ormai consumati intenditori (è naturale che ci si affinino gli occhi, quando la vista dell’arte permea in modo così significativo l’esistenza quotidiana), non di rado intrecciano amicizie con i singolari ospiti del loro paese; e lo provano i tanti bozzetti e disegni “nascosti” dentro le case, perfino nelle cantine, ivi realizzati dall’artista di turno a suggellare un’intesa, uno scambio di vedute o, chissà, un amore segreto tra la finestra o la soglia di casa e l’impalcatura.
Per l’edizione 2005 la Fondazione Dozza Città d’Arte, creata lo scorso anno sotto la presidenza di Eugenio Riccomini e la direzione artistica di Marilena Pasquali, (già direttrice del Museo Morandi di Bologna), ha in serbo qualche interessante novità. «Al fine di incrementare il rapporto tra il tessuto urbano di Dozza e le opere, quest’anno sono stati invitati anche tre scenografi che realizzeranno delle installazioni inserite armoniosamente nel contesto del borgo». Ancora più significativo sarà il coinvolgimento della Rocca Sforzesca che domina l’abitato: «Tradizionalmente sentita come una realtà a sé stante, lontana dalla popolazione, quest’anno la dimora dei Malavezza sarà una tappa di primo piano della Biennale, ospitando nelle proprie sale anche alcune opere degli artisti presenti alla manifestazione».
E per abbracciare tutti e cinque i sensi, oltre agli spettacoli teatrali e musicali (con testi di Dario Fo, canzoni di Giorgio Gaber e musiche da Bach a Béla Bartók) una sontuosa cena all’interno della stessa rocca offrirà l’occasione di sedere a tavola con gli artisti: naturalmente degustando le specialità selezionate dall’Enoteca Regionale Emilia Romagna, che fortuna vuole abbia sede proprio nelle cantine del maniero.

PleinAir 398 – settembre 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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