Favole alpine

Sulle pendici della Valsusa, nel Gran Bosco di Salbertrand, si cammina in tutte le stagioni scoprendo magici laghetti e rustiche borgate in un ambiente di intatta bellezza.

Indice dell'itinerario

C’era una volta Biancaneve che per sfuggire alla strega corse nel bosco, ma inciampò sulla Bella Addormentata e cadendo fece ruzzolare di mano il cestino di Cappuccetto Rosso, così che i Sette Nani con il cacciatore e il Principe Azzurro scossero il capo e… stiamo facendo confusione? In ogni caso, in ogni fiaba che si rispetti c’è sempre un bosco: solitamente scuro, grande e intricato, nascondiglio del tesoro, dei briganti o del lupo cattivo. Ed è nel cuore della Val di Susa che si trova questo scenario da favola: è il bosco di Salbertrand. Anzi, il Gran Bosco di Salbertrand.
Visto dal fondovalle mette quasi paura, così disteso sul fianco della montagna come un’immensa coperta verde e nera. Le sue ombre si allungano sui paesi di fondovalle, e viene facile credere alle leggende che vogliono belve crudeli e streghe malvage in agguato fra gli alberi. Storie d’altri tempi, dicono. Intanto i lupi, dopo anni di assenza forzata, sono finalmente tornati e non vengono più ritratti a tinte così fosche. Quanto alle streghe, si mormora che non siano mai andate via.

Cervi, lupi & C.
La borgata di Salbertrand è la porta d’accesso al territorio tutelato che ne porta il nome, un parco unico nel suo genere. Istituito nel 1980, si estende dai 1.000 metri d’altitudine della Dora Riparia fino ai 2.500 della cresta che divide la Val di Susa dalla Val Chisone. Già nei secoli passati aveva un’importanza strategica come riserva di legname, tanto che da qui furono ricavate le travature per grandi opere come la Basilica di Superga, il castello di Venaria Reale e l’Arsenale di Torino.
I numeri della natura sono impressionanti, specialmente vista la modesta estensione che non raggiunge i 3.800 ettari: oltre 600 specie botaniche, una settantina di avifauna nidificante tra i quali diversi tipi di rapaci, innumerevoli piccoli mammiferi e quattro tipi di ungulati, con il cervo a fare da protagonista: alcune coppie sono state introdotte nel 1962 e si sono ambientate così bene che a tutt’oggi quella del Gran Bosco è la colonia più importante delle Alpi Occidentali. Da una decina d’anni è possibile trovare anche il lupo, giunto qui a seguito di una lenta e metodica migrazione: trovare ma non vedere, perché le sue abitudini riservate fanno sì che gli stessi studiosi fatichino ad osservarlo dal vivo, e bisogna quindi affidarsi a un’attenta lettura del terreno – aiutati dai guardaparco – per coglierne le tracce.
Per chi vuole avventurarsi da solo non è necessario essere esperti di outdoor: non c’è che l’imbarazzo della scelta tra quattordici itinerari ben segnalati, senza contare i circuiti didattici dei Sentieri Natura Autoguidati che portano alla scoperta dei vari aspetti dell’ambiente. Nell’area protetta passano anche due tratti della Grande Traversata delle Alpi, mentre a ridosso del fondovalle si snoda il Sentiero dei Franchi, l’antico percorso utilizzato da Carlo Magno per spingersi alla conquista delle terre italiche.

Passeggiate alpine
Ideale punto di partenza per le escursioni nel Gran Bosco è ovviamente Salbertrand, sede del Centro Visite dove troviamo un’area espositiva, diorami, vetrine didattiche e quanto serve per conoscere a fondo la vita del parco, oltre alle cartine dei vari itinerari. Citata per la prima volta in documenti che risalgono alla metà dell’XI secolo, la borgata conserva inoltre una bellissima chiesa parrocchiale costruita a partire dallo stesso periodo e completata via via nei secoli successivi fino al ‘500: una Danse macabre accoglie il visitatore all’ingresso segnato dall’imponente portale, ed è solo il prologo agli affreschi del XV secolo che decorano le pareti, mentre il campanile romanico si staglia con la sua pietra chiara sullo sfondo del bosco. Sparse per il paese si trovano inoltre alcune fontane in pietra, anche di dimensioni imponenti, una delle quali – risalente al 1524 – è stata riprodotta all’interno del Borgo Medioevale di Torino.
Varcando i confini del parco si toccano numerose borgate e case isolate: la più nota è probabilmente Montagne Seu, posta al limite tra la linea degli alberi e i prati più alti, dove non è raro vedere camosci al pascolo. All’interno della borgata sorge il Rifugio Daniele Arlaud, uno dei primi sulle Alpi ad ottenere l’Ecolabel, l’etichetta di qualità ecologica per prodotti e servizi istituita dalla Comunità Europea.
Che si decida di percorrere i sentieri del Gran Bosco con una semplice passeggiata o si scelga di fermarsi più giorni, difficilmente si resterà indifferenti al fascino di questa natura così selvaggia e, nel contempo, così alla portata dell’escursionista. E ben presto scoprirete di camminare con tutti i sensi tesi alla ricerca di quei segnali che rivelano una presenza nascosta tra gli alberi.

Ghiaccio fresco
Da Salbertrand si seguono i cartelli con le indicazioni per il Gran Bosco. La strada supera un cavalcavia ferroviario e piega a destra; all’altezza di un giardinetto con fontana si prende a sinistra, si passa sotto un cavalcavia autostradale e si arriva al Parcheggio Pinea. Come dice il nome, questo è un parcheggio per veicoli e si potrebbe risparmiare circa un chilometro di cammino, ma va considerato che dal giardinetto la strada diventa una sterrata in condizioni a dir poco pessime. Quindi, ciascuno si metta una mano sul cuore e una sugli ammortizzatori e decida liberamente. A questo punto (obbligatoriamente a piedi) si prosegue oltre la sbarra che vieta l’accesso ai veicoli. Al primo bivio si prende la diramazione a sinistra, segnata da un cartello di legno, per il Lago Ghiacciaia. Il piccolo ma affascinante bacino si trova a poche centinaia di metri, dopo una brevissima salita. Come suggerito dal nome, serviva un tempo per ricavare blocchi di ghiaccio che venivano stivati nell’edificio adiacente e usati secondo necessità. L’escursione è senz’altro facile e si può effettuare in ogni periodo dell’anno: ogni stagione ha il suo fascino particolare, ma consigliamo soprattutto l’autunno con i colori accesi della vegetazione o l’inizio dell’inverno quando comincia a ghiacciare la superficie del lago.

Salita al rifugio
Un altro itinerario alla portata di tutti prende il via da Sauze d’Oulx (collegata con i mezzi pubblici a Oulx, dove si trova uno dei campeggi della zona). Anche questa passeggiata è fattibile in ogni stagione poiché si snoda per buona parte lungo una sterrata che d’inverno viene battuta e resa percorribile anche con semplici scarponcini.
Da Sauze d’Oulx (1.510 m) si segue la strada per circa 2 chilometri e mezzo fino alla borgata Monfol (1.666 m), dove inizia un primo tratto sterrato che seguiremo per circa 5 chilometri, con dislivello minimo. In assenza di neve si può giungere fin qui anche con l’auto o il camper e proseguire ancora per un chilometro fino al parcheggio Serre Blanche, poiché ci sono alcune piazzole lungo il percorso e sufficienti spazi di manovra all’arrivo. Dal parcheggio si continua a piedi oltre la sbarra e al primo bivio si prende a destra, seguendo il cartello di legno che indica Montagne Seu; in breve si giunge ad un vasto pianoro su cui sorge un’altana per l’osservazione degli animali e da cui la vista spazia sulla vallata del Gran Bosco. Poco dopo si giunge a un ulteriore bivio, dove entrambe le direzioni sono corrette: mantenendo la destra si continua a seguire la sterrata che sale con ampi tornanti in modo graduale, mentre a sinistra si imbocca l’itinerario siglato con il numero 10 percorrendo un sentiero che si inerpica nel fitto del bosco prima di ricongiungersi al precedente (in caso di neve è consigliato solo a camminatori esperti). Si prosegue sempre sulla scorta della segnaletica per Montagne Seu, sulla sterrata che si snoda con leggeri saliscendi, fino alla borgata e al Rifugio Daniele Arlaud (1.770 m) dove ci si può rinfrancare con un’ottima cucina; d’inverno è preferibile telefonare prima per avere la certezza che sia aperto.

Per grandi camminatori
Nel parco non mancano itinerari più impegnativi per gli escursionisti più preparati: uno di questi, con 700 metri di dislivello tutti in notevole pendenza, prende il via da Salbertrand e ricalca, nel tratto iniziale, l’itinerario per il Lago Ghiacciaia. Al primo bivio si prende però la diramazione a destra, indicata dal cartello Sersaret; da qui si devono seguire i cartelli dell’itinerario 1 che portano in ripida salita, addentrandosi nel bosco e tagliando i tornanti della sterrata. Superata la borgata Sersaret si segue ancora la segnaletica 1 fino all’incrocio con la 2 che va ad intersecare una nuova strada bianca, confluendo sul secondo itinerario già descritto che conduce a Montagne Seu. Un’alternativa per il ritorno può essere quella di seguire sempre la segnaletica 2 che porta a scendere in modo vertiginoso toccando alcune suggestive casette immerse nel bosco, come Cà Buissanière, e piombando quasi a precipizio sul Lago Ghiacciaia.
In caso di neve quest’itinerario è percorribile solo in parte, tralasciando i bivi e mantenendosi sempre sulla strada sterrata che con numerosi tornanti porta fino alla borgata Sersaret. Da qui, proseguendo sempre sulla sterrata, si può arrivare al parcheggio di Serre Blanche già indicato nella precedente proposta. La bellezza dei luoghi farà dimenticare la fatica… e poi le favole, si sa, sono sempre a lieto fine.

PleinAir 412 – novembre 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio