Esplicite armonie

La natura, il paesaggio, la serenità della Val Pusteria furono muse ispiratrici per molte opere di Gustav Mahler. Ma continuano ancora ad affascinare, in specie sotto la neve. Prendete sci e racchette e venite a scoprirle insieme a noi.

Indice dell'itinerario

Quando componeva aveva bisogno d’assoluto silenzio, nessuno lo poteva disturbare, neanche la moglie; il minimo rumore lo irritava. Amava lavorare all’alba, lontano da tutto e da tutti, per questo Gustav Mahler cercò ispirazione e pace sui monti della Val Pusteria. Scelse il Maso Trinker a pochi chilometri da Dobbiaco in direzione di Villabassa; poi preferì ritirarsi in una modesta, ma più tranquilla, costruzione di legno nel bosco. A Dobbiaco aveva tre pianoforti, che sceglieva e suonava a seconda dell’umore; era informale, anticonformista, generoso con la povera gente, assolutamente intollerante con chiunque lo distraesse mentre componeva. Lassù all’ombra dei Monti Pallidi, nelle estati del 1908 e del 1910, il grande maestro austriaco trovò l’armonia che ispirò alcuni tra i suoi brani più celebri. Il segreto della nona e della decima sinfonia è lì, nascosto nelle abetaie, nei riflessi dei laghetti alpini, sulle vette di nuda roccia che solleticarono, e ancora solleticano, l’interesse di poeti, di pittori e dei primi turisti stranieri. Ne rimasero incantati anche i grandi viaggiatori vittoriani Gilbert e Churchill: “Avevamo lasciato l’Inghilterra con il proposito di vedere le Dolomiti ed ora quelle cime aguzze, pallide e misteriose che ci apparivano librate nel cielo della sera altro non potevano essere che loro. Eravamo impazienti di esplorarle e da quel momento esse esercitarono su di noi un richiamo stregato…”
I primi turisti d’oltralpe prima arrivarono in Pusteria su calessi trainati da cavalli, poi in treno. Il mitico “Trenino delle Dolomiti” arrancava da Calalzo a Cortina d’Ampezzo, poi proseguiva a Cima Banche e arrivava a Dobbiaco. Dal 1964, dopo 43 anni di lavoro, ha smesso di sferragliare; restano i sessantacinque chilometri di binari a scartamento ridotto e il ricordo di quelle carrozze bianche e azzurre che ospitarono pendolari, soldati, viaggiatori, sciatori, teste coronate, legname, merci e posta. Il tracciato della vecchia ferrovia è splendido, in particolare il tratto Dobbiaco-Cortina d’Ampezzo, celebre per la gara di sci di fondo che puntualmente, ogni inverno, vede al nastro di partenza migliaia di sciatori.
Oggi la Val Pusteria è ancora raggiungibile in treno, grazie alla ferrovia che collega Fortezza a San Candido e a Lienz, in Austria. Questo tratto di strada ferrata contribuì allo sviluppo commerciale, economico e turistico della valle, soprattutto negli anni in cui non esistevano né la ferrovia dei Tauri, inaugurata all’inizio di questo secolo, né quella che collegava Wörgl a Bischofshofen funzionante dal 1875. Il 14 maggio del 1845, i rappresentanti del Tirolo proposero a Ferdinando I il progetto di una ferrovia a cavalli, che avrebbe dovuto unire Bressanone all’attuale Maribor, in Slovenia. I lavori della tratta Fortezza – Villach cominciarono all’inizio del 1869; furono impegnati circa 1300 tra operai e tecnici specializzati che riuscirono a terminare i lavori in un paio d’anni, in netto anticipo rispetto al programma stabilito. Nel ’75, dopo oltre cent’anni di trazione a vapore, comparvero le prime locomotive diesel; tredici anni più tardi l’intera linea fu elettrificata. Un paio di volte all’anno, d’estate, la mitica vaporiera 740 riprende a trainare le storiche carrozze “centoporte”, a scorrazzare lungo la Val Pusteria e a trasportare turisti amanti del viaggio lento e contemplativo. Per scoprire e apprezzare la Pustertal non bisogna avere fretta. Conviene lasciarsi cullare nelle romantiche carrozze trainate da cavalli che da Moso vanno verso la Val Fiscalina, scivolare sulle piste di fondo della Val Foresta o camminare con le racchette ai piedi, fino alla cima del Monte Specie. Da lì il paesaggio è grandioso, la vista spazia dalla Croda Rossa al Cristallo, dalla Croda dei Rondoi alle Tre Cime di Lavaredo, le montagne più celebri delle Dolomiti. Da nord appaiono come muraglie verticali, gialle e strapiombanti, sono spettacolari, uniche al modo. La storia dell’alpinismo è legata a questi monti e ad alcuni audaci scalatori, che seppero individuare e salire le vie più dirette, anche sui versanti più ostili.
Oggi sulle montagne più famose del mondo si contano centinaia di percorsi, tutti i versanti sono stati saliti, ma le Tre Cime di Lavaredo continuano ad esercitare un fascino irresistibile. D’estate, sono una delle mete più amate dai turisti italiani e stranieri; la maggior parte di loro raggiunge il Rifugio Auronzo, adagiato ai piedi del versante meridionale, per la strada asfaltata che sale da Misurina. Con l’arrivo della stagione fredda termina il pellegrinaggio e torna il silenzio; per vedere da vicino le Tre Cime di Lavaredo, bisogna scarpinare.
A piedi o con gli sci da fondo si scopre la vera anima della Pusteria, una terra ricca di leggende, dolce e aspra al tempo stesso. Sulla Croda Rossa viveva la bella Moltina. Un giorno il principe di Landrines rimase affascinato dalla grazia della fanciulla, che non ebbe il coraggio di cedere alle lusinghe del giovane nobile e si rifugiò tra i monti. Raccontò del suo amore appena sbocciato alle marmotte che arrossirono. Il principe la raggiunse e la trovò nascosta in un crepaccio; rimase per sempre con lei. Da allora la Croda Rossa si tinge di porpora, specie all’alba quando le rocce divampano come le gote di Moltina e delle marmotte.
La Pusteria è ricca di storie antiche, tramandate da generazioni. Sono ispirate a un mondo fantastico dove uomini e natura si fondono. Fino a pochi decenni fa la vita dei pusteresi era strettamente legata all’agricoltura; i valligiani hanno sempre amato, rispettato e saputo conservare con lungimiranza la loro terra. Il maso chiuso, la fattoria sudtirolese, aveva un ruolo fondamentale. La proprietà, che comprendeva l’abitazione, il fienile, la stalla e un appezzamento di terreno sufficiente al mantenimento della famiglia, era assolutamente indivisibile.
Oggi nella provincia di Bolzano se ne contano più di ventimila; ce ne sono di splendidi anche in Pusteria, ad esempio lungo la strada che da San Candido sale all’omonimo monte. I loro nomi? Zwiglhof, Mehlhof, Glinzhof. Sorgono arroccati su crinali ripidissimi, raggiungibili solo grazie a tortuose stradine nascoste nelle pieghe dei monti; il paesaggio pusterese ha una grande armonia, soprattutto d’inverno quando il freddo e il candore della neve rendono tutto più suggestivo: gli antichi mulini ancora funzionanti, gli steccati di legno, le arpe per essiccare il fieno e, ben visibile da Sesto – Moso, quella straordinaria meridiana naturale formata da una chiostra di monti, il cui nome è chiaramente ispirato alla posizione rispetto al sole. Per questo le vette portano i nomi delle ore: Cima Nove, Cima Dieci, Cima Dodici e Cima Uno. Chi si reca in Pusteria per la prima volta resterà colpito dalla notevole varietà di ambienti naturali, giustamente tutelati da due splendidi parchi, quello di Fanes Sennes e Braies e quello delle Dolomiti di Sesto. Il primo, famoso anche per le leggende riportate da Karl Felix Wolf, occupa circa 260 chilometri quadrati, l’altro circa la metà. Entrambi offrono decine d’escursioni estive o invernali, un mondo popolato da una fauna ricca e varia, ritenuta tra le più rappresentative dell’area dolomitica.
Nel parco di Fanes Sennes Braies, si può avere anche la fortuna di assistere ad un combattimento tra galli forcelli, che nella tarda primavera cercano di attirare le femmine e assicurarsi la supremazia gerarchica. La Val Pusteria, dunque, riserva sorprese e scenari inaspettati; basta lasciare le strade asfaltate e addentrarsi nei boschi che stregarono quell’illustre direttore d’orchestra che amava comporre in assoluto silenzio. “E’ meraviglioso qui, e mette a posto anima e corpo” scrisse Gustav Mahler a un amico. Da allora le cose non sono cambiate poi molto.

Due proposte
Tra le tante occasioni di calzare sci e racchette, ve ne presentiamo due di grande fascino.
Monte Specie. Da Villabassa seguite la rotabile 49 in direzione di Monguelfo; dopo circa 3 chilometri, deviate sulla sinistra per Braies. Arrivati a un bivio, continuate sulla sinistra per la strada che sale al Passo di Prato Piazza (1993 metri, parcheggio).
La parte finale della strada, piuttosto stretta ma transitabile anche da camper, può richiedere l’uso delle catene o dei pneumatici da neve. Dal parcheggio, continuate a piedi per l’ampia carrareccia (segnavia estivo 37) diretta al Rifugio Vallandro (aperto anche d’inverno, 2040 m, circa 2 chilometri, 20 minuti; tel. 0474/972505). Fino a qui il percorso è quasi completamente pianeggiante e battuto. Indossate le racchette da neve, proseguite per la strada militare (segnavia estivo 34 e Alta Via n. 3) fino alla Sella del Monte Specie (2200 metri, circa un’ora dal rifugio). Continuando sul versante occidentale si raggiunge la Cima del Monte Specie (2307 m, 45 minuti). Si torna per lo stesso percorso seguito in salita, impiegando un’ora e mezza. Questo tracciato, molto frequentato anche d’inverno, è alla portata di ogni escursionista ben attrezzato (E). Complessivamente richiede circa 4 ore e supera un dislivello di 320 metri.
Sillianerhütte. Questo itinerario, facile ma non banale (EE), è generalmente battuto; può essere percorso con le racchette o con sci e attacchi da sci-alpinismo. Il tracciato va affrontato solo con neve ben assestata; nel dubbio meglio affidarsi all’esperienza delle guide alpine. Punto di partenza: la funivia del Monte Elmo a Sesto (indicazioni in paese). Parcheggiate nei pressi dell’impianto; la stazione a valle potete raggiungerla anche con lo skibus che parte dai principali paesi della Pustertal. Salite al Ristorante-rifugio Monte Elmo (2060 m, aperto anche d’inverno; tel. 0474/710255), quindi scendete a lato della pista rossa e con la seggiovia risalite in prossimità del Rifugio Gallo Cedrone (2150 m, aperto da Natale a Pasqua; tel. 0335/8344253). Raggiuntolo, proseguite per l’ampia mulattiera che sale verso il Monte Elmo (segnavia estivo 4). A quota 2274 c’è un bivio: il tracciato di sinistra porta alla panoramica vetta del Monte Elmo; noi abbiamo seguito quello di destra che prosegue sul versante orientale. Arrivati all’anfiteatro dell’Alpe delle Pecore, proseguite lungo la panoramica cresta di confine con l’Austria. Sempre facendo attenzione ai cumuli di neve che potrebbero staccarsi, si arriva al valico di Leckfeldsattel (2381 m) e, continuando sul crinale, al Sillianerhütte (2447 m, 2-3 ore, chiuso d’inverno). Discesa per lo stesso itinerario percorso in salita (la discesa richiede circa un’ora e mezza). Complessivamente l’itinerario copre un dislivello di circa 400 metri, senza contare quello superato con gli impianti di risalita.

PleinAir 329 – dicembre 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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