Eremiti, orsi e quaresime

A Satriano di Lucania (Potenza), un antico Carnevale coniuga riti della religiosità pagana a temi del lavoro contadino e dell'emigrazione.

Indice dell'itinerario

Arriviamo a Satriano di Lucania in un freddo pomeriggio di febbraio, mentre ai bordi dell’autostrada c’è ancora neve: ma sarà il Carnevale a riscaldare l’atmosfera, come scopriremo ben presto. Abbiamo avuto notizia di un antico rito arboreo in cui tracce ed elementi di origine pagana si mescolano con la religione cristiana, sollecitando la nostra curiosità verso una manifestazione che si presenta con caratteri ben diversi da quelli degli odierni cortei in maschera.

Anche la storia del paese conserva una sua peculiarità: secondo una leggenda l’insediamento longobardo di Satrianum, che sorgeva sulla sommità di una collina poco distante, venne raso al suolo nel 1420 per volontà di Giovanna II, regina di Napoli, come vendetta per il rapimento di una giovane e bellissima dama della sua corte. Dell’antico borgo rimangono solo la torre quadrata, databile attorno al XII secolo, e alcune vestigia della cattedrale di Santo Stefano, mentre risalgono al IV secolo a.C. i resti di un santuario italico rinvenuto sul lato sud-occidentale del colle. Quanto agli abitanti della distrutta Satrianum, trovarono rifugio nei feudi vicini tra cui quello di Pietrafesa, che nel 1887 prese l’attuale denominazione di Satriano di Lucania.

L'odierno abotato di Satriano, circondato dai monti dell'Appennino Lucano
L’odierno abotato di Satriano, circondato dai monti dell’Appennino Lucano

Il piccolo centro, che conta circa 2.500 abitanti, dista poco più di 20 chilometri da Potenza e si trova a 650 metri di quota, immerso in un panorama incontaminato e verdissimo anche nei mesi invernali: siamo all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano-Val d’Agri-Lagonegrese, istituito nel 2007 e contraddistinto da un’eccezionale varietà di paesaggi naturali. Entrati in paese, prendiamo posto senza difficoltà nell’area di sosta comunale in Via Sant’Andrea, contigua al centro sportivo Pasqualino Daraio, nella quale è possibile usufruire gratuitamente dei servizi di base e pernottare in tutta tranquillità a pochi passi dal centro.

Nel primo pomeriggio del Martedì Grasso le strade sono pervase da una concitazione che anima l’intero paese e ci fa capire che la festa sta per iniziare. Ci dirigiamo intanto verso Palazzo Loreti, magione nobiliare del XVIII secolo che ospita la sede municipale, il Museo della Civiltà Contadina e il Museo Archeologico; in quest’ultimo sono custoditi i reperti venuti alla luce grazie alle campagne di scavo condotte negli anni ’60 dalla Brown University, un ateneo statunitense, e negli anni ’80 dall’Università di Napoli.

 

 

 

 

Il carnevale

Completa la celebrazione una burlesca festa di nozze
Completa la celebrazione una burlesca festa di nozze

All’uscita, sotto gli archi del turrito edificio e nelle viuzze del centro storico, incontriamo piccoli gruppi di uomini coperti di edera dalla testa ai piedi, che lanciano urla inquietanti percuotendo il selciato con un bastone: sono gli eremiti, le figure più celebri del Carnevale satrianese, le cui vesti di foglie richiamano alla mente antichissimi culti legati a divinità dei boschi come Pan o Dioniso. La moderna interpretazione si collega invece all’endemica povertà che tra l’800 e il 900 costrinse milioni di nostri compatrioti a emigrare, mentre chi rimaneva nella propria terra pativa la fame ed era costretto ad abbigliarsi con quel che trovava.

In opposizione a questo simbolo di miseria scorgiamo subito dopo l’orso, un uomo ricoperto di pelli che ha una collana di campanacci intorno al collo e le caviglie legate con catene: anch’esso è una reminiscenza delle feste pagane, ma nella chiave di lettura recente vuole rappresentare l’emigrato che ha fatto fortuna e che alla fine della sua avventura è tornato in paese.
La lontananza, però, gli ha fatto perdere l’uso della lingua natia e per questo non riesce più a comunicare con i suoi conterranei; ciononostante, la sua figura è una delle più animate dell’intera manifestazione essendo costantemente attorniata da pecore e agnelli – evidente frutto delle sue ricchezze – rappresentati da bambini ricoperti di pellicce. Questi ultimi sciamano ovunque e si divertono a importunare gli astanti con lazzi, grida e abbracci forzati, chiedendo a gran voce un’offerta da destinare ai festeggiamenti: in caso di rifiuto il malcapitato subirà il dileggio dei ragazzi in costume, con grande divertimento del pubblico.

Numerose le figure del Carnevale di Satriano: nella foto l'orso, simbolo dell'emigrante che ha fatto fortuna, e l'eremita, che rappresenta chi è rimasto in paese e lei cui vesti di foglie richiamano antichissimi culti legati alle divinità dei boschi
Numerose le figure del Carnevale di Satriano: nella foto l’orso, simbolo dell’emigrante che ha fatto fortuna, e l’eremita, che rappresenta chi è rimasto in paese e lei cui vesti di foglie richiamano antichissimi culti legati alle divinità dei boschi

Tutti questi figuranti si riuniscono sotto il castello e poi attraversano il paese scortati dalle quaresime, donne vestite di nero che portano in bilico sulla testa delle culle vuote, simbolo del Carnevale ormai al termine. Le donne piangono, urlano, si lamentano e costituiscono la vera colonna sonora della manifestazione, assieme allo scampanio continuo delle mandrie, alle grida degli eremiti e alle note della banda comunale. Seguire l’eterogenea e chiassosa sfilata è il modo migliore per conoscere il paese e i suoi abitanti, e ci troviamo a chiacchierare volentieri con molti anziani e con alcuni ragazzi che esprimono tutto il loro entusiasmo per la festa.

Ma non è finita qui, perché nel mosaico di riti e tradizioni del Carnevale satrianese si inserisce ancora un altro evento. Si tratta della messinscena di un matrimonio, i cui protagonisti sono però invertiti: lo sposo è impersonato da una ragazza e la sposa da un uomo, mentre un finto sindaco che sfoggia un bel paio di baffoni posticci celebra le nozze, seguite da un vivace corteo in cui sono rappresentati (e ovviamente sbeffeggiati) tutti i ceti sociali della piccola comunità.

Al calare del buio tutti i personaggi finiranno per incontrarsi presso il Municipio, davanti al quale è stato allestito un grande falò che attira paesani e visitatori. Sulla soglia del Comune gli sposi offrono ai convitati i cosiddetti peperoncini della fortuna, piccantissimi simboli di fertilità, assieme a vino, pane e salsiccia. Mentre ci riscaldiamo intorno al fuoco e assaggiamo le specialità locali, scopriamo che alcuni dei presenti sono lettori di PleinAir, i quali ci parlano in termini entusiastici dell’area di sosta, della manifestazione e delle numerose bellezze da visitare nei dintorni.

Verso mezzanotte, dopo balli in piazza e vino a volontà, cala il sipario sul Carnevale: domani le Ceneri suggelleranno l’inizio della lunga attesa della Pasqua, ma intanto chiudiamo questa lunga giornata con una robusta cena a base di agnello e peperoncini fritti.

 

Muri a colori

I murales che caratterizzano le vie del borgo: la leggenda della regina Giovanna II, che volle la distruzione dell'insediamento originario
I murales che caratterizzano le vie del borgo: la leggenda della regina Giovanna II, che volle la distruzione dell’insediamento originario

Il mattino seguente le vie del paese sono tornate alla consueta tranquillità. La neve ricopre le vette delle montagne circostanti, e dai comignoli escono sbuffi di fumo bianco odoroso di legna. E’ il momento di dedicarsi con calma alla visita, che ci fa scoprire un’altra caratteristica di Satriano di Lucania: sui muri delle case ecco apparire una galleria di coloratissimi murales, alcuni dei quali raffigurano la vita nei campi e i mestieri tradizionali dell’area in cui ci troviamo. Altri dipinti si ispirano invece all’opera di Giovanni di Gregorio detto il Pietrafesa, che fu il più importante pittore lucano del ‘600 e proprio qui, nel suo paese natale, affrescò la cappella di San Giovanni, ai margini dell’abitato.

 

Facilmente raggiungibile è anche la chiesa della Madonna della Rocca, sul torrente Melandro, la cui campana veniva un tempo suonata per allontanare i temporali come vuole un’antica usanza contadina; si trova invece nel centro storico la chiesa dell’Assunta, risalente al XII secolo. Lungo il corso si allineano molti begli edifici risalenti al XVI e XVII secolo, tra i quali spiccano i palazzi Pignatelli e Abbanante.

 

Dopo colazione acquistiamo del pane cotto a legna, e da alcune terrazze ammiriamo il panorama prima di riprendere la strada: in tasca abbiamo un beneaugurante peperoncino, ricordo della calorosa accoglienza di Satriano e del suo Carnevale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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