En el suelo solo la arena

Solo sabbia per pavimento; solo azzurro sopra la testa; solo infinito davanti agli occhi. Il Parque Nacional de Coto Doñana è la vera casa delle libertà: quella degli uccelli migratori; quella dei gitani andalusi; quella dei turisti secondo natura.

Indice dell'itinerario

Il nostro viaggio alla scoperta di Coto Doñana inizia da un luogo magico, El Rocío. Un gruppo di case basse, pittoresche, decorate, immerse in un’atmosfera da favola, con le strade solo di sabbia. Una sabbia leggera che il vento solleva e che accatasta in cumuli minacciosi per la guida, almeno alle prime mosse’ poi si impara. E la palude, tutta quest’acqua odorosa e un immenso canneto, una fantastica palude popolata da migliaia di animali bellissimi.
Straordinaria di El Rocío è la chiesa, bianca, con un timpano alto, solido ma etereo che spicca nel cielo azzurro. Bellissima e armoniosa, è sorprendente che sia circondata da sabbia e posta sull’orlo di una palude! Sulle sue mura vivono e nidificano centinaia di rondini, rondoni e balestrucci.
Lo scenario è quello dell’immenso delta del grande fiume Guadalquivir, a pochi chilometri da Siviglia. Quest’ambiente è di una fragile e composita bellezza, c’è acqua, con i cicli stagionali che fanno cambiare le terre, dall’aridità quasi totale dei mesi estivi all’allagamento dei mesi invernali. E con l’acqua vanno e vengono anche le centinaia di specie di uccelli che riempiono di frullar d’ali e suoni vitali il cielo e il canneto.
Oggi il Parque Nacional de Doñana, esteso per circa 500 kmq, è una delle regioni paludose più importanti d’Europa. E’ un ambiente di inestimabile valore. L’Africa è lì a due passi, quando il cielo è sgombro e non c’è vento umido sembra quasi di poter toccare le coste del Marocco. A seconda del vento, si può scegliere se fare birdwatching sullo Stretto, a Gibilterra oppure a Tarifa, perché i grandi trasvolatori cercano di risparmiare energie e sul mare si fanno portare dal vento.
Così come si facevano trasportare dal vento gli invasori arabi e berberi i cui segni sono molto presenti nell’architettura e nella cucina andaluse.

Il parco di Coto Doñana
Lo stesso destino di Coto Doñana è legato a un tragico assedio musulmano della non lontana Tarifa. Il duca difensore della città, che perdette il figlio tenuto in ostaggio dagli assalitori, ricevette quale impossibile indennizzo proprio un pezzo di questa immensa palude: un coto, appunto, un recinto, una riserva. E la riserva di caccia rimase per quasi mille anni tutelando questo delicato ambiente. Al tempo stesso codificò nelle sue genti un legame profondo con questa terra difficile. Vivere qui era duro, faticoso. Anche se nel ‘500 vi si rifugiò, lasciando la vita di corte, Ana Gómez de Mendoza y Silva, moglie del duca di Medina-Sidonia.
Non a caso, per salvare questo ambiente straordinario il WWF è nato proprio qui nel 1969 grazie all’impulso dell’ambientalista locale José Valverde.Basta recarsi a Matalascañas per capire quel che sarebbe potuto accadere a questi luoghi senza il parco. Tutto il litorale è un immenso agglomerato turistico. Dall’inizio dell’area protetta invece, sino alla foce del Guadalquivir, verso sud la costa atlantica di Coto Doñana è sabbia e vento, macchia e uccelli limicoli che vi nidificano. Doñana è la più estesa area protetta spagnola, dichiarata nel 1994 dall’Unesco riserva della biosfera e patrimonio dell’umanità.
La singolarità del parco è la varietà dei suoi ambienti naturali: la piatta marisma formata dall’accumulo delle sabbie e dei detriti del Guadalquivir, del Guadiamar e dei piccoli corsi d’acqua costieri; i cotos, bassi terreni sabbiosi coperti da fitta vegetazione (sughere, pini, olivi selvatici, corbezzoli…); le spiagge di dune mobili e quindi le grandi pinete.
Un’esperienza unica, da non perdere, quella di percorrere questo luogo ormai scomparso altrove: chilometri e chilometri di spiaggia deserta, senza costruzioni e, nelle orecchie, solo il suono della risacca e le strida dei gabbiani. Ventotto chilometri di passeggiata libera, purché non si sconfini nell’entroterra dalla spiaggia. Per visitare l’interno del parco, infatti, bisogna prenotare in anticipo una visita guidata a pagamento. Si parte dal centro visitatori El Acebuche (qualche chilometro a sud di El Rocío in direzione Matalascañas) oppure da Sanlúcar de Barrameda, da dove è anche possibile effettuare una visita in battello alla foce del fiume, navigabile sino a Siviglia.

Flora, fauna e biodiversità
Il Parque Nacional de Coto Doñana annovera oltre un centinaio di specie di uccelli residenti e altrettanti migratori: oltre sei milioni di volatili passano qui almeno una parte dell’anno. Metà del parco nazionale è formato dalle paludi del delta del Guadalquivir. Solo un decimo di questa maremma primigenia è nel parco, mentre il resto è stato incanalato a fini agricoli. Da luglio a ottobre le paludi sono al minimo, ma in autunno con le piogge il livello risale. Sono circa 500.000 gli uccelli acquatici e tra questi, numerosissime, le anatre dell’Europa occidentale che vengono a svernare a Doñana. In primavera arrivano fenicotteri, spatole, cicogne, avocette, upupe, gruccioni e tutti gli aironi che potete immaginare! In cielo ci sono gli onnipresenti nibbi e, nelle ore più calde, l’aquila imperiale spagnola e il grifone. A terra, l’inaspettatamente grossa lucertola ocellata e la lince iberica, difficilissima da avvistare, autentico relitto di un’Europa selvaggia che ormai esiste solo qui.
Tra la spiaggia e le paludi ci sono le dune mobili: il vento dal mare le spinge verso l’interno anche di 6 metri all’anno. Quando raggiungono il fiume, sono trasportate di nuovo al mare, e il ciclo ricomincia…
Dove questo equilibrio è stabile, le sabbie formano i 144 chilometri quadrati del coto, l’habitat dei mammiferi del parco: cinghiali, cervi, manguste che popolano la brughiera, la fitta macchia, le pinete e le sugherete.
Intorno alla marisma (maremma, palude) si succedono tre ambienti. La rigogliosa vegetazione liminale e ripariale che è costituita da carpini, lecci, robinie, eucalipti, con i canneti e i laghetti. Poi la cosiddetta duna stabilizzata che segue nell’evoluzione del paesaggio la duna mobile, che qui forma un mare di sabbia dorata in perenne movimento. La zona retrodunale è appunto il coto.

PleinAir 368 – marzo 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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