E vola lu cardille

Come nel linguaggio, così è nella natura e nei tratti del costume l'Abruzzo forte e gentile che qui ci accoglie sull'altopiano di Navelli, tra i primi verdi e le ultime nevi della primavera.

Indice dell'itinerario

Dalle grotte alle vette
Le Grotte di Stiffe sono la principale cavità carsica attrezzata dell’Abruzzo. Benché alcune strutture siano francamente eccessive, c’è comunque da dire che lo spettacolo dei giochi d’acqua, delle cascate, delle sale immense scavate nella roccia, delle stalattiti è davvero mozzafiato. Esplorate sinora per una lunghezza di circa tre chilometri, le grotte sono visitabili per 650 metri di profondità. Le acque raccolte dal superiore Altopiano delle Rocche, filtrano nella montagna e sgorgano proprio in questa cavità, dando vita a un fenomeno geologico di grande suggestione. Il percorso attrezzato (si entra solo accompagnati da guide) percorre il torrente interno, soffermandosi poi nella grande Sala del Silenzio – così chiamata perché qui non scorre l’acqua – sino all’apoteosi della Sala delle Cascate. Presso il centro visitatori, nel paese di Stiffe – dove occorre rivolgersi per acquistare i biglietti – è possibile sostare comodamente col camper (ci sono anche bagni e lavabi). Da segnalare che in paese è visitabile anche un interessante Museo della Speleologia. Da Stiffe ci si può dirigere a San Demetrio ne’ Vestini (da vedere il bel Lago Sinizzo, di cui abbiamo già parlato in PleinAir n. 308) o concedersi un’interessante gita a Ocre, col suo monastero e il bel castello. L’Aquila, città d’arte ricca di attrattive è a pochi chilometri.
Da San Demetrio, percorrendo parte della Valle dell’Aterno, ci si dirige quindi verso Ripa di Fagnano. Bominaco è la nostra successiva meta. Il paese riveste un ruolo molto importante nella storia dell’arte per la presenza delle due chiese di Santa Maria Assunta e di San Pellegrino. L’oratorio di San Pellegrino è interamente decorato da splendidi affreschi medioevali, con la raffigurazione in dodici quadri del calendario monastico: un vero spettacolo. Ma di grande suggestione è anche la visita al bel castello, raggiungibile in dieci minuti di cammino grazie a un comodo sentierino che parte proprio dal piazzale antistante le due suddette chiese. Del castello rimane l’imponente torre, recentemente restaurata, e le possenti mura esterne. Il panorama che si gode da quassù è amplissimo: verso nord appare la sagoma inconfondibile di Rocca Calascio con il Gran Sasso sullo sfondo; a ovest avremo il Sirente, a sud la Maiella! A est invece, è ben visibile il bel borgo di Caporciano (che merita una visita) e, subito sotto, la Piana di Navelli attraversata dalla statale 17.
La piana è nota per la coltivazione dello zafferano (vedi PleinAir n. 259). Originaria del Medio Oriente, questa varietà di croco (Crocus sativus) venne introdotta in Italia nel XIV secolo ed è oggi prodotta solo qui (un centinaio di chili l’anno) e in poche altre località europee e asiatiche. Del fiore si utilizzano gli stigmi, raccolti a ottobre – novembre e messi ad essiccare sul fuoco per essere poi utilizzati come condimento o per la preparazione di liquori. Navelli costituisce un borgo di notevole interesse turistico, avendo conservato quasi intatto l’originario tessuto urbanistico, con archi, viottoli, scalinate. Il Palazzo Santucci, di impianto cinquecentesco, domina il borgo dall’alto e ne è anche l’autentico simbolo.
Tornati su strada, seguiamo le indicazioni per Capestrano, la cittadina resa celebre dal ritrovamento (negli anni ’30) del “guerriero”, tra i primi esempi di arte italica, oggi adottato come simbolo dell’Abruzzo turistico. Anche qui c’è un castello, e si tratta davvero di un monumento di grande interesse, facilmente visitabile (almeno il cortile) perché vi è ospitato il municipio. Poco fuori dell’abitato, è da vedere la bella chiesa di San Pietro ad Oratorium, attualmente in corso di restauro. Ricca di affreschi e altorilievi, la chiesa conserva anche qualche mistero, come la scritta esoterica “Sator arepo tenet opera rotas” incisa su una lastra della facciata, leggibile anche da destra a sinistra. Nella piana è visibile il bel laghetto di Capo d’Acqua, artificiale ma ricco di fauna, dove nasce il fiume Tirino.
Da Capestrano verso Ofena imbocchiamo il bivio per Calascio. La strada sale tortuosa, sino al paese nuovo dominato dai resti della rocca e del paese vecchio. Apparso in molti film (ad esempio Lady Hawk), il castello è forse il monumento più carico di suggestione di questa parte d’Italia. Edificato a cavallo di un’ardita cresta a circa 1500 metri di quota, da cui si gode un panorama amplissimo, conserva parte di una poderosa torre, circondata da alte mura rette da quattro torri angolari. Poco sotto, un altro monumento straordinario, l’oratorio ottagonale di Santa Maria della Pietà, eretto nel 1451 a ricordo di uno scontro tra i soldati del Piccolomini e una banda di briganti. Lo sfondo non potrebbe essere più spettacolare: il Corno Grande appare in tutta la sua maestosità, circondato dalle cime minori della cresta che arriva al Monte Camicia. Quasi confuso tra tanta roccia, il bel borgo di Castel del Monte può rappresentare un’altra meta del nostro girovagare (da vedere il borgo antico, chiamato “Ricetto” con bei portali e vicoli e un nuovissimo, interessante museo di arte materiale).Vestini, Romani e altri
Ridiscesi dalla rocca, a cui si deve comunque accedere a piedi, imbocchiamo la strada verso Barisciano, per raggiungere Santo Stefano di Sessanio, uno dei paesi più belli d’Abruzzo. Strette attorno alla bella torre medicea, le case del paese conservano ancora i tipici caratteri delle abitazioni medioevali di montagna. Fondato dai Romani, Santo Stefano fu proprietà dei Piccolomini durante il XV secolo. Nel 1569, Costanza Piccolomini lo cedette a Francesco Medici, granduca di Toscana: i Medici tennero il paese sino al 1743, quando entrò a far parte del Regno delle Due Sicilie. Nel 1810, infine, divenne comune autonomo. All’interno del borgo, sprovvisto di vere mura, sostituite da una muraglia di case strette una all’altra con funzione difensiva, si trovano bellissimi portali, passaggi coperti e notevoli case-torri. Caratteristica la presenza di loggiati. Rivolgendosi al titolare del bar in Piazza Medicea, è possibile ottenere le chiavi per visitare la torre, alta 18 metri e da cui si gode un meraviglioso panorama. Da non perdere una sosta al piccolo laghetto ai piedi del paese, dov’è la chiesetta di Santa Maria del Lago. Per chi ama l’equitazione, poi, a Santo Stefano esiste un centro ippico tra i più importanti d’Italia.
Da Santo Stefano, passando per Barisciano, è possibile tornare sulla S.S. 17. A questo punto si può girare a destra, raggiungendo L’Aquila e quindi l’autostrada. Altrimenti, non sazi di sorprese, voltiamo a sinistra, per non perdere uno dei luoghi più suggestivi di questo angolo d’Abruzzo, Castelcamponeschi. Occorre dirigersi prima a Prata d’Ansidonia: proprio all’inizio del paese una stradina sulla sinistra conduce a questo piccolo borgo murato, già visibile in alto di fronte a noi. Compreso nel territorio di Peltuinum, il borgo venne potenziato dai Camponeschi tra il 1173 e l’epoca di Federico II; proprietà di potenti casate – come gli Orsini – l’insediamento venne infine lasciato ai contadini locali, che lo abbandonarono definitivamente negli anni ’50. Immerso tra fitti boschi, in una pace idilliaca, il borgo è stato da poco restaurato e forse verrà adibito a struttura ricettiva. La strada di accesso termina in un piazzale antistante il borgo (attualmente non visitabile), che costituisce un ottimo luogo per una piacevole sosta e dove c’è anche una fontanella.
Tornati a Prata d’Ansidonia, non manchiamo una visita ai vicini scavi di Peltuinum. La strada è dissestata e occorre un po’ di attenzione; in compenso il parcheggio di arrivo, sotto i poderosi resti della cinta muraria, ci accoglie anche con tavoli da picnic al coperto. Dopo una ricognizione dell’acropoli, seguendo le tracce di un sentiero sul lato destro dell’insediamento, raggiungiamo a piedi l’importante chiesa medioevale di San Paolo di Peltuinum, edificata a suo tempo con gli stessi materiali di scavo.
Sul fianco della chiesa si noteranno incisioni misteriose (spirali e altri simboli) di probabile significato magico. Poco più avanti si trovano i resti del teatro, attualmente in fase di scavo e visibile solo dall’esterno. In tutta l’area archeologia sono sistemate esaurienti tabelle esplicative, che raccontano la storia della città, dapprima dei Vestini poi romana, e illustrano il significato dei ruderi che si osservano.
Tornati sulla S.S. 17, raggiungiamo San Pio delle Camere, dominato dai resti di un caratteristico castello a puntone, così chiamato per la forma a triangolo delle mura, appoggiate a una torre edificata nel punto più alto. Il 14 marzo 1424 l’audace capitano di ventura Braccio da Montone, detto Fortebraccio, riuscì a conquistarlo riducendolo più o meno come lo vediamo oggi. Si tratta, in effetti, di un rudere magnifico a dominio della Piana di Navelli, circondato da estesi rimboschimenti.
Seguendo di nuovo la S.S.17 si torna a Navelli. Un’ulteriore deviazione è però d’obbligo, a questo punto, per San Benedetto in Perillis. Il paese è sorto attorno alla più antica chiesa d’Abruzzo, quella di San Benedetto Abate, edificata nell’ottavo secolo dai Longobardi. Di aspetto severo, addossata a una torre, la chiesa è stata recentemente restaurata e merita una visita attenta, così come i resti del vecchio borgo che la circonda. Destinato allo spopolamento come molti altri centri montani, San Benedetto, che conta oggi circa 200 abitanti, cerca di trovare nel proprio splendido territorio e nelle proprie tradizioni una possibilità di riscatto. La posizione del paese è quanto mai strategica, a snodo di ben tre aree protette: la Maiella, il Gran Sasso e il Sirente. Il Comune sta tentando anche il recupero delle antiche tradizioni, grazie all’apertura di un piccolo ma graziosissimo Museo della Civiltà Contadina (per la visita rivolgersi al Comune, che risponde allo 0862/955148). Girovagando nel borgo prestate attenzione alle porte di stalle, fienili, fondaci, dove fanno bella mostra di sé antiche serrature realizzate in legno. Già in uso nell’antico Egitto queste singolari serrature, funzionanti con un meccanismo che anticipa le moderne Yale, sopravvissero sino al XIX secolo. Ma a San Benedetto in Perillis – caso unico in tutto il bacino del Mediterraneo, ad eccezione forse di alcune zone del Marocco interno – sono ancora diffuse e utilizzate normalmente. Poco sotto il paese, un ennesimo laghetto permette una comoda sosta a breve distanza dall’abitato. Da San Benedetto, in pochi minuti, grazie a una bella strada panoramica dotata anche di piazzaletti per la sosta, si può tornare nella valle dell’Aterno transitando per Acciano.

PleinAir 321 – aprile 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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