E' qui la festa

Un parco architettonico da fantascienza, un rito vecchio di secoli: Valencia, al centro della costa mediterranea della Spagna, è una città che si rinnova con slancio senza rinunciare all'entusiasmo delle tradizioni.

Indice dell'itinerario

Il turista che abbia in mente la classica città spagnola proverà un senso di disorientamento nell’entrare a Valencia: al posto di un sontuoso tessuto urbano, denso di monumenti antichi e atmosfere barocche, man mano che ci si avvicina al centro diviene sempre più folta la presenza di alti palazzi moderni, dalle linee semplici e squadrate. Ma l’iniziale perplessità viene subito compensata dalla spettacolare scenografia che si incontra costeggiando gli argini del fiume Turia, il cui corso è stato deviato per evitare il ripetersi di disastrose alluvioni, come accadeva in passato: il vecchio alveo ormai secco è divenuto un lungo serpente di verde nel quale si ergono le strabilianti costruzioni della Città delle Arti e delle Scienze, un parco scientifico, culturale e tecnologico il cui progetto porta la firma dell’ormai celebre architetto Calatrava. Osservandole a distanza sembra di guardare i fondali di una puntata di Star Trek, mentre ogni singola parte richiama figure e temi della storia, della cultura, dell’immaginario iberico: ora un gigantesco elmo simile a quelli indossati dagli armigeri di Cortés, ora un grande armadillo proteso verso l’acqua o piuttosto lo scheletro di un animale preistorico. A sottolineare tanta avveniristica magnificenza, una serie di vasche crea un gioco di riflessi che esalta la grandezza e la bellezza degli edifici.
Su una superficie di 350.000 metri quadrati si alternano le strutture di acciaio, vetro e cemento che nei loro spazi espositivi collegano il presente con il futuro. Cosicché il Palazzo delle Arti Regina Sofia, ricoperto da lucide piastrelle, in quattro sale accoglie rappresentazioni teatrali, liriche e di musica classica; proprio accanto, come se emergesse dalle acque per guardarsi intorno, è il “piccolo occhio” dell’Emisferico, una grande sala audiovisiva dove è riprodotta l’intera volta celeste con un modernissimo planetario e, in alternativa, si proiettano spettacolari filmati a 180 gradi utilizzando tecniche cinematografiche Imax.
Poco più avanti si stende la caratteristica sagoma del Museo delle Scienze Principe Filippo, che racconta l’evoluzione della vita mediante un percorso interattivo lungo il quale, come dicono invitanti cartelli, è vietato non toccare. Poco lontano si apre l’Umbracle, il belvedere sul futuro, un’area verde coperta da tubi in acciaio sagomati dove si passeggia con vista panoramica sull’intero complesso architettonico.
Oltre alla grande sfera in rete metallica della cosiddetta Voliera, per completare la visita non resta che l’Oceanografico, il più grande acquario d’Europa che, disegnato da Félix Candela e contornato da laghetti vivacizzati dagli uccelli esotici, accoglie oltre cinquecento specie di fauna marina provenienti da ogni parte del mondo. Un’esperienza unica è l’attraversamento del tunnel nelle cui volte, a pochi centimetri dalla propria testa, guizzano pacifici pesci e voraci predatori. Il parco è divenuto ormai un indiscusso polo d’attrazione e meta di relax ampiamente sfruttata dai valenciani, che qui trovano numerosi servizi (negozi, parcheggi auto, spazi per i bambini, ristoranti) per rendere ancora più gradevole la visita, tanto da trascorrervi l’intera giornata.

Ritorno al passato
Intorno alla Città delle Arti si vanno allineando numerosi edifici di nuovo conio, in parte ispirati al vicino contesto, che testimoniano l’intensa opera di ammodernamento in cui la città si è impegnata. Visto dal mare, infatti, lo skyline di Valencia è punteggiato da una foresta di gru, prova di quell’attività di maquillage che ha avuto un’ulteriore spinta con la scorsa edizione dell’America’s Cup.
Per ritrovare il cuore antico della città appena lambito dal nuovo corso, bisognerà lasciare il futuristico quartiere e attraversare uno qualsiasi dei cinque ponti che collegano le due sponde del vecchio solco fluviale. La visita ai principali siti storici può iniziare dalla Plaza de Toros, su cui affacciano l’imponente edificio in stile liberty della Stazione Nord e la neoclassica Arena di forma circolare: scandita da ben 384 archi e con una capacità di 17.000 persone, è utilizzata per gli spettacoli di tauromachia ma anche per i concerti. Di fronte alla stazione ferroviaria nasce l’Avenida De Sotelo che conduce direttamente in Plaza de l’Ayuntamiento (il municipio), contornata da altri monumentali palazzi in gran parte sede di uffici e dove si svolgono le più importanti manifestazioni. Sempre affollata ad ogni ora del giorno, è uno dei luoghi in cui ci si dà appuntamento per consumare le tipiche bevande locali, come la fresca horchata per le ore più calde o il cocktail Agua de Valencia. Quest’ultimo può rappresentare un ottimo aperitivo che anticipi la degustazione della paella: riso, fagioli, peperoni e carni bianche dell’originale ricetta nata in questa città.
A nord della piazza, prima di incrociare Calle San Vicente Martir, si svolta a destra su Calle Barcas e subito a sinistra su Poeta Querol per giungere, dopo pochi metri, al Palazzo Marques de Dos Aguas, oggi sede del Museo Nazionale di Ceramica. In stile barocco, presenta una porta monumentale con figure allegoriche del fiume Turia scolpite in alabastro; all’interno sono esposte collezioni di ceramiche greche, romane e medioevali, mentre l’ultimo piano ospita la ricostruzione di un’antica cucina tradizionale valenciana.
Dal museo, spostandosi verso la vicina chiesa di San Martin, si attraversa Calle San Vicente per cercare qualche curioso souvenir a Plaza Rotonda, un mercato che ha appunto tale forma, caratterizzato dalle abitazioni che affacciano direttamente sull’area commerciale. Un dedalo di stradine, in cui si si perde piacevolmente, raggiunge da qui l’ampia Avenida Maria Cristina al termine della quale si fronteggiano il Mercato Centrale, un’architettura degli anni Venti in ferro, maiolica, mattoni e mosaico e, soprattutto, la splendida Lonja de la Seda, la Borsa della Seta, dichiarata patrimonio Unesco: è un monumento in stile gotico del quale si ammira in particolare la sala delle contrattazioni, con le volte sostenute da artistiche colonne elicoidali alte 16 metri. Spesso però l’utilizzo di questo spazio per mostre ed esposizioni non permette di godere appieno della grandiosità di quest’emblematico interno (dove sarebbero visibili perfino i vecchi tavoli su cui un tempo si concludevano gli affari); superando le grandi porte vetrate si accede invece al giardino degli aranci, abbellito da una scala laterale in pietra.
Risalendo l’Avenida Maria Cristina si giunge a Plaza Tossal: a sinistra la strada discende verso la Torre di Quart, una delle testimonianze dell’antica cinta muraria, mentre sulla destra costeggia il Palau de la Generalitat, sede della presidenza regionale. Continuando sullo stesso viale si giunge infine al cuore storico e religioso di Valencia con la basilica de la Virgen de los Desamparados (la Madonna dei Bisognosi) e, nella vicina Plaza de la Reina, il complesso della Cattedrale. Quest’ultima si mostra con i suoi tre portali d’accesso in stili diversi, romanico, gotico e barocco; all’interno di particolare interesse sono due tele del Goya, un tabernacolo d’oro, argento e pietre preziose e, in una cappella, il presunto calice del Sacro Graal. Un’impresa da sportivi, ovvero la salita di 220 gradini, porta in cima alla torre campanaria del Miguelete, dalla quale la vista spazia fino al porto per un ultimo sguardo d’insieme.

Giorni di festa
Come ben testimonia il retaggio lasciato nel nostro Sud dalle dominazioni spagnole, la profonda religiosità del popolo iberico raggiunge la sua espressione più genuina e coinvolgente in occasione delle ricorrenze più sentite. A Valencia l’esplosione di questo sentimento di fede, accompagnato da una altrettanto potente gioia profana della vita, si realizza con le Fallas, le pire innalzate in onore di San Giuseppe. I tumultuosi avvenimenti che scandiscono questa festa occupano interamente i giorni dal 15 al 19 marzo anche se, per giungere a tale risultato, i valenciani hanno lavorato per l’intero anno.
L’origine delle celebrazioni risale alla consuetudine che avevano i falegnami di dar fuoco ai residui delle lavorazioni nel giorno onomastico del loro patrono. Col tempo si cominciò a bruciare anche vecchi mobili accatastati, e ciò stimolò la fantasia degli artigiani che videro l’occasione di costruire vere e proprie figure allegoriche per riferirsi in chiave satirica a personaggi altrimenti intoccabili. Nacquero così le Fallas, oggi vere opere d’arte di maestri cartapestai che, pur conservando lo spirito del passato, hanno assunto proporzioni gigantesche, tanto da superare perfino i 20 metri d’altezza. Un tempo effettuato da singoli carpentieri, oggi il loro allestimento è divenuto un impegno di tutta la comunità che in ogni quartiere, con sforzi finanziari privati, innalza la propria Falla che gareggerà con le altre in bellezza, abilità d’esecuzione e significato allegorico e satirico. Per l’imponenza delle dimensioni e la ricchezza dei paticolari merita una visita almeno quella di Nou Campanar, in Jorge Comín 3, inserita in un vasto cortile il cui perimetro è illuminato da migliaia di piccole lampade; la visita può effettuarsi liberamente dall’esterno, ma pagando un modesto biglietto d’ingresso si ha la possibilità di ammirare da vicino ogni più piccolo dettaglio delle figure create con la cartapesta.
Dalla competizione tra le Fallas è esclusa solo quella preparata dalla municipalità ed esposta in Plaza dell’Ayuntamiento, dove si tengono gli appuntamenti con i Mascletá, impressionanti fuochi d’artificio che iniziano puntualmente alle 14 in ognuno dei giorni di festa, annunciati da grida e fischi di incitamento del pubblico. Per seguire questi spettacoli pirotecnici vi consigliamo di trovare, con qualche ora di anticipo, una buona posizione a ridosso di un palazzo e non al centro della piazza, poiché questa si riempirà di pubblico a tal punto da impedire qualsiasi movimento: a ben considerare, del resto, si tratta di uno spettacolo più da sentire che da vedere, poiché l’intensa luce del giorno occulta il gioco cromatico dei fuochi artificiali, ma non toglie che il tremendo fragore della fase conclusiva sia un vero terremoto che scuote materialmente il suolo. Alla fine, come il fumo lentamente si dirada, così la gente con calma si disperde per ammirare le Fallas degli altri quartieri, che espongono anche le realizzazioni dei bambini. In città, intanto, è un continuo risuonare di piccole esplosioni perché molti, senza distinzione di sesso o di età, usano dar fuoco a minuscole e innocue micce.
Nel pomeriggio del 17 e del 18 la manifestazione assume connotati più tipicamente religiosi con l’omaggio portato alla Virgen de los Desamparados. Nella piazza a lei dedicata migliaia di valenciani, tra cui famiglie intere compresi i neonati, dopo aver attraversato in corteo la città affluiscono dalle strade laterali in un incessante pellegrinaggio, per offrire fiori alla Vergine che serviranno a decorare il mantello della sua effigie, una statua alta 6 metri. In contrasto con i rumori delle ore precedenti, la folla si raccoglie in un silenzio interrotto solo dagli annunci dello speaker e dalla canzone Valencia, che puntualmente accompagna tutti i gruppi nei quali spiccano i sontuosi costumi tradizionali e le ricche acconciature delle donne. E non si può fare a meno di commuoversi guardando le mamme che invitano i più piccoli a volgere lo sguardo lassù in alto, verso la Madonna, per poi depositare il loro fascio di fiori e lasciar scorrere sul volto le lacrime non più trattenute.

Notti di fuoco
Fra gli appuntamenti irrinunciabili di queste giornate, un altro grandioso spettacolo pirotecnico è quello che si svolge nella notte di vigilia, tra il 18 e il 19. Fin dall’ora di pranzo converrà trovare una comoda postazione su uno dei ponti lungo il viale dell’Alameda, dove si sposta lo scenario della Nit de Foc che illuminerà il cielo sopra l’antico letto del fiume con i mille bagliori dei fuochi sincronizzati. Se si vuole conservare il proprio punto di osservazione bisognerà avere pazienza ed essersi premurati di portare con sé qualche genere di conforto: per l’inizio dello spettacolo bisogna infatti attendere lo scoccare della mezzanotte, quando un immane fragore scuote la città che, pochi momenti dopo, sembra essere preda di un enorme incendio. Le fiamme si levano alte, fin quasi a lambire il cielo, dalle centinaia di Fallas sparse nei quartieri: è l’ora della Cremá, l’atto finale che in pochi minuti distrugge le irriverenti opere d’arte. L’ultima a bruciare e a consumarsi sarà quella posta nella piazza del Municipio, mentre la gente si avvia verso casa dopo aver invocato il cielo, con una cristiana preghiera o un laico scoppio di petardi, per un sereno futuro.

PleinAir 427 – febbraio 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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