Due settimane, un giorno

Enna, detta l'ombelico della Sicilia per la sua posizione al centro dell'isola, vanta celebrazioni pasquali assai ricche e suggestive, che iniziano la Domenica delle Palme per toccare il culmine in quella di Resurrezione e terminare nella successiva.

Indice dell'itinerario

Chi visita la Sicilia nel periodo pasquale per assistere ad alcune delle manifestazioni religiose più spettacolari ed emozionanti del nostro paese rimpiangerà di non avere il dono dell’ubiquità. Durante le intense giornate della Settimana Santa, infatti, riti e cerimonie si susseguono e si sovrappongono quasi ovunque, rendendo difficile la scelta a chi è attratto dalle loro spettacolari scenografie e dall’intensità emotiva che questi eventi sanno trasmettere, grazie a un coinvolgimento popolare che affonda le sue radici nelle tradizioni più antiche dell’isola.

Ma il periodo è indicato anche per approfondire la conoscenza dei luoghi, sfruttando al meglio il clima temperato della primavera che rende ancora più piacevole immergersi nel paesaggio siculo. Scopriremo però che è bene munirsi di pullover e giacca a vento sotto i luminosi ma freddi cieli di Enna (con i suoi 970 metri di quota è il capoluogo di provincia più alto d’Italia) per assistere alle celebrazioni pasquali. Se si capita da queste parti in una di quelle giornate in cui soffia vento gelido sul Belvedere Marconi che guarda Calascibetta, ci si potrà consolare con i versi inneggianti alla primavera eterna che Ovidio dedicò al vicino Lago di Pergusa, praticamente l’unico invaso naturale rimasto oggi in Sicilia e tutelato da una riserva regionale (nonostante un circuito per gare automobilistiche ne segua completamente il perimetro).

Il bacino, tra canneti e paludi, è una piccola oasi di pace, nella cui zona umida sosta durante le rotte migratorie un’avifauna abbondante e varia; oltre ad aironi cenerini, nitticore, folaghe, fischioni, garzette e mestoloni vi si possono avvistare specie rarissime come il falco di palude, la moretta tabaccata, l’airone rosso e l’endemica coturnice sicula. Secondo una leggenda è proprio sulle rive del Pergusa che avvenne il ratto di Proserpina, figlia di Cerere, ad opera di Plutone. L’azione del dio dell’Ade, impossibilitato a trovare una sposa a causa della sua bruttezza e del fatto di regnare sull’aldilà, fu talmente sconsiderata che ne provarono vergogna persino le acque: almeno è questa la spiegazione popolare del fenomeno per cui, di tanto in tanto, il lago diventa di colore rossastro, tanto che un tempo si credeva fosse l’accesso agli Inferi.

In realtà il fenomeno, che si verifica soprattutto d’estate, è legato alla presenza di un microrganismo che per proteggersi dal sole produce un pigmento di colore scarlatto liberandolo poi nell’acqua. Grazie a uno spazio attrezzato per i camper nei pressi di uno degli hotel del circondario, la zona è ideale per rilassarsi nel verde in attesa che entrino nel vivo le intense giornate dei riti pasquali.

 

 

 

La Domenica delle Palme

L'ingresso di Gesù a dorso d'asino nella Gerusalemme sicula è uno dei momenti più intensi delle feste pasquali a Enna
L’ingresso di Gesù a dorso d’asino nella Gerusalemme sicula è uno dei momenti più intensi delle feste pasquali a Enna

Ad Enna si comincia la Domenica delle Palme quando, alle nove del mattino, Gesù in sella a un asino fa il suo ingresso in città scendendo dal cosiddetto Golgota, il piazzale del santuario di Papardura: gruppi festanti accolgono il Nazareno con ramoscelli d’ulivo, poi il corteo scende fino al piazzale della chiesa di San Sebastiano passando sotto un grande portale in cartapesta presidiato da soldati romani. Nel pomeriggio, verso le 15.30, sfila il Collegio dei Rettori dalla chiesa di Montesalvo al duomo, con tre rappresentanti per ciascuna delle confraternite cittadine: nate all’epoca della dominazione spagnola, fra il XV e il XVII secolo, nel ‘700 erano trentaquattro mentre oggi si sono ridotte a quindici, in ogni caso un numero piuttosto cospicuo.

Dalla domenica fino al mercoledì si tengono anche le processioni al duomo per l’ora di adorazione dell’Eucarestia da parte delle stesse confraternite. Il culmine della settimana rimane comunque il Venerdì Santo quando, alle sette di sera, ha luogo lo spettacolare raduno di ben 2.000 confratelli incappucciati, che dal duomo sfilano lungo le vie del centro storico insieme alle vare del Cristo Morto e dell’Addolorata, nel silenzio assoluto della folla che si segna al passaggio del lungo corteo. Le confraternite procedono lente, gerarchicamente ordinate dalla più recente alla più antica e precedute da quella della Passione, i cui rappresentanti mostrano su lucenti vassoi i Misteri, simboli del martirio di Cristo: i dadi, la scala, la borsa coi trenta denari, i chiodi e persino un gallo in carne e ossa agghindato con lustrini colorati, a ricordo di quello che cantò dopo che San Pietro ebbe per tre volte rinnegato Gesù. I figuranti portano simbolicamente croci penitenziali e lunghi blannuna, lampioni accesi che mandano bagliori sulla veste tradizionale ereditata dall’epoca spagnola: tunica, guanti, mantella colorata in una tinta diversa a seconda della confraternita, cappuccio sul viso e corona di vimini in testa. Arrivati al piazzale del cimitero, presso l’ex convento dei Benedettini, si celebra il rito della benedizione delle confraternite e della folla con il reliquiario, contenente una Sacra Spina della crocefissione, per poi fare ritorno al duomo intorno alle dieci di sera. E veniamo al giorno di Pasqua, di nuovo sul sagrato del duomo per assistere, al suono delle campane in festa, alla rappresentazione della Paci, l’incontro tra il Cristo risorto e la Madonna che nel vederlo correre verso di lei fa cadere il velo del lutto fra l’entusiasmo della folla. Poi le due statue vengono portate in chiesa e vi resteranno fino alla Domenica in Albis, quando col rito della Spartenza ciascuna di esse farà ritorno alla propria sede abituale: il Cristo alla chiesa del Santissimo Salvatore e la Madonna a quella di San Giuseppe.

La processione del Cristo risorto ad Aidone
La processione del Cristo risorto ad Aidone

 

Incontri in piazza

Il giorno di Pasqua si celebra a Enna portando in processione la statua del Cristo risorto
Il giorno di Pasqua si celebra a Enna portando in processione la statua del Cristo risorto

L’occasione per assistere a un altro interessantissimo ciclo di riti pasquali è offerta dalla cittadina di Leonforte, a 21 chilometri da Enna lungo la statale 121. Primo episodio, il Martedì Santo, è la processione dell’Addolorata che sfila dalle 19 alle 23 nel centro storico, in un’atmosfera di commovente realismo. Il giorno successivo, a partire dalle 18, un centinaio di figuranti mettono in scena la Via Crucis Vivente con le rappresentazioni dell’Ultima Cena, la cattura nel giardino dei Getsemani, il processo e poi un lugubre corteo dalla Chiesa Madre a quella di Santa Croce. Il Venerdì Santo si tiene invece la processione del Cristo Morto, steso nella bara e seguito dalla riverente partecipazione di tutto il paese: sono centinaia i membri delle sette confraternite che procedono incappucciati lungo le strade, ciascuna indossando abiti di diverso colore. La domenica di Pasqua, infine, avverrà l’incontro fra il Cristo Risorto e la Madonna davanti alla chiesa dei Padri Cappuccini, cui segue la processione finale con le dodici statue degli apostoli. Prima di ripartire, non mancate di apprezzare la Granfonte, monumentale fontana in pietra con 24 cannelle bronzee del 1649.

Un anziano fedele con la medaglia di una confraternita ad Assoro
Un anziano fedele con la medaglia di una confraternita ad Assoro

Nella vicina Assoro i riti iniziano la Domenica delle Palme quando adulti e ragazzi, tenendo ramoscelli d’ulivo in mano, vanno in processione dalla chiesa dello Spirito Santo fino alla Chiesa Madre o basilica di San Leone (uno dei più preziosi e sconosciuti gioielli artistici e architettonici della Sicilia, realizzato nel 1186 per volere di Costanza d’Altavilla). Il martedì pomeriggio verso le 15 inizia la processione degli Angioletti che si dirigono alla Chiesa Madre. Il mercoledì alle 11 il corteo arriva invece al camposanto, per far ritorno in centro all’ora di pranzo: anche in questa occasione partecipano decine di bambini vestiti da angeli, i maschietti in azzurro e le femminucce in bianco, insieme alle confraternite che portano gli stendardi. Giovedì Santo, ancora a San Leone, si celebrano il rito della lavanda dei piedi e la rappresentazione dell’Ultima Cena. Venerdì Santo, infine, dalle 21 sino a notte inoltrata sfila la toccante processione con il Crocefisso e l’Addolorata portati da sessantaquattro confratelli che percorrono a piedi scalzi le vie del paese.

La processione delle Palme a Leonforte
La processione delle Palme a Leonforte

 

 

Il paese dei giganti

I Giganti di Aidone altro non sono che la riproduzione dei dodici Apostoli sotto forma di enormi statue: all'interno di ognuna è collocato un "santaro" incaricato del trasporto
I Giganti di Aidone altro non sono che la riproduzione dei dodici Apostoli sotto forma di enormi statue: all’interno di ognuna è collocato un “santaro” incaricato del trasporto

Caratteristici della Settimana Santa di Aidone, un paese che si trova circa 35 chilometri a sud-est di Enna, sono i Santuna, chiamati anche Sampuluna o Apustuluna: si tratta di grandi statue in cartapesta, raffiguranti i dodici Apostoli, che raggiungono i 3 metri di altezza e vengono portate in processione la Domenica delle Palme e a Pasqua. Durante l’anno sono conservate nelle chiese delle rispettive confraternite (Sant’Anna, Santa Maria la Cava, Santa Maria del Carmine, Santa Maria Annunziata, San Giuseppe e Madonna delle Grazie) e qui rimangono in attesa del gran giorno. Le loro origini, anch’esse sicuramente spagnole, risalgono al XVII secolo, quando il dettato controriformista cercò di rendere meglio visibile al popolo ciò che avveniva nelle chiese: nacquero così le sacre rappresentazioni da portare nelle piazze, qui incarnate appunto dai Santuna che, con le grosse teste e le tuniche colorate e svolazzanti, imprimono una nota vivace alla sacra celebrazione. Ognuna delle coloratissime effigi tiene in mano il proprio simbolo: San Pietro le chiavi, San Matteo la spada, San Filippo il bastone fiorito, San Tommaso la squadra, Sant’Andrea il pesce, San Mattia l’ascia e via dicendo.

Il giorno delle Palme, dopo la benedizione delle fronde di ulivo, i giganti (ciascuno manovrato da un santaro celato dalle lunghe vesti) partono allegramente in processione dalla chiesa dell’Annunziata per arrivare alla Chiesa Madre: trovandola chiusa, l’uno dopo l’altro bussano al portone e finalmente le porte si aprono a San Giovanni, potendo così dare inizio alla messa solenne. Diversa la processione pasquale, che si svolge a metà mattina: sei statue guidate da San Pietro partono alla ricerca del Cristo risorto verso la Chiesa Madre, le altre sei vanno invece ad accogliere l’Addolorata a Santa Maria La Cava (la chiesa che conserva la reliquia miracolosa di San Filippo Apostolo). Tra la folla accorsa nella centrale Piazza Cordova il senso di attesa si fa palpabile, mentre la notizia della Resurrezione rimbalza di bocca in bocca, finché a mezzogiorno in punto Gesù arriva in piazza e incontra la Madonna, alla quale – come già ad Enna – cade a terra il velo nero del lutto. E’ il segnale d’inizio della gioia sfrenata degli astanti, tra le folli corse dei Santuna, i loro inchini, la musica e le danze di tutte le statue, nel tripudio delle campane che suonano a festa.

Ognuno dei Giganti di Aidone mostra il simbolo dell'Apostolo che rappresenta: le chiavi per San Pietro, la spada per San Matteo, il pesce per Sant'Andrea e così via...
Ognuno dei Giganti di Aidone mostra il simbolo dell’Apostolo che rappresenta: le chiavi per San Pietro, la spada per San Matteo, il pesce per Sant’Andrea e così via…

 

Archeologia viva

Lo splendido teatro greco da 5.000 posti della città di Morgantina
Lo splendido teatro greco da 5.000 posti della città di Morgantina

Nel centro di Aidone, dominato dai ruderi del castello normanno, meritano una sosta il portale duecentesco della Chiesa Madre o di San Lorenzo, la Torre Adelasia che funge da campanile dell’annessa chiesa di Santa Maria La Cava, il bugnato bianco della chiesa di San Domenico, lo splendido crocefisso ligneo della chiesa di Sant’Anna attribuito a Fra’ Umile da Petralia. Il Museo Archeologico, ospitato in quattordici sale nell’ex convento dei Cappuccini, raccoglie i reperti ritrovati nell’area di Morgantina, risalenti a un periodo molto ampio che va dall’Età del Bronzo all’epoca romana: ceramiche, utensili in pietra e osso, teste in terracotta che riproducono figure gorgoniche e animali, frammenti di statue, crateri e piatti a figure rosse, monete ed ex voto di remote divinità. Il museo è la miglior introduzione alla visita degli scavi di Morgantina, che si trovano a circa 5 chilometri dal paese: conviene recarvisi al mattino presto o prima del tramonto, le ore migliori per passeggiare tra gli affascinanti resti di questa città sicula risalente all’XI secolo a.C. e poi, intorno all’anno 30, completamente ricoperta da una frana di polvere e fango che ne ha conservato lo splendore. Aggirandosi tra i ruderi si incontrano l’agorà, resti di fornaci, granai e cisterne, abitazioni con il pavimento a mosaico (come la Casa di Ganimede) e ancora il gymnasium, il macellum, l’area sacra posta nella parte alta dell’abitato, una fontana monumentale e lo splendido teatro greco da 5.000 posti, con la caratteristica cavea semicircolare.

La roccia su cui sorge il Castello di Gresti
La roccia su cui sorge il Castello di Gresti

Continuando per circa 10 chilometri in direzione di Raddusa e svoltando a sinistra sulla vecchia strada per Valguarnera Caropepe si raggiungono i suggestivi ruderi del castello di Gresti, forse un’antica torre d’avvistamento innalzata sulla rupe rocciosa che domina la valle del torrente omonimo. Immersa in una natura selvaggia con la visione lontana dell’Etna imbiancato, la squadrata costruzione alta ben 45 metri era servita da una scala elicoidale, ora crollata, che portava alla sommità della torre; alla base si aprono invece grotte piuttosto ampie. Un’antica leggenda racconta che troverà un favoloso tesoro nascosto nella roccia solo chi riuscirà a tradurre l’iscrizione latina incisa sopra una delle finestre mentre sfreccia veloce in groppa a un cavallo.
Non è necessario tornare ad Aidone per la prossima, pregevolissima meta: proseguendo oltre il castello si riguadagna la statale 192 in una quindicina di chilometri, all’altezza di Valguarnera, per poi scendere direttamente a Piazza Armerina. In contrada Casale, poco fuori città, si trovano i resti della Villa Romana del Casale, tra i più spettacolari della romanità e tutelati dall’Unesco, anche se da anni al centro di polemiche e dibattiti circa la loro conservazione. Attualmente sono in corso dei restauri ma i lavori procedono a rilento, e non è stato ancora stabilito quale dovrà essere la struttura esterna adatta a conservare le preziose decorazioni; unica nota lieta, un’efficiente organizzazione delle visite. Storicamente la villa, costruita a più riprese fra il III secolo a.C. e il V secolo, è un esempio di lussuosa dimora di campagna inserita in un sistema di latifondi dell’aristocrazia romana, forse residenza di caccia, almeno fino a quando fu distrutta da una frana causata da un’alluvione. I passaggi pedonali allestiti al suo interno consentono di attraversare i vari ambienti godendo di una visione privilegiata sui meravigliosi mosaici che li ricoprono uniformemente, come tappeti multicolori di duemila e più anni fa. Non è chiaro a chi appartenne la casa: fra i suoi proprietari, probabilmente numerosi, ci sono forse un console, forse Massimiano Erculeo, fratello di Diocleziano. Certo è che gli occupanti se la passavano bene, abitavano nel verde tra ruscelli e montagne e quando ne avevano abbastanza dell’otium se ne andavano a caccia nei boschi. Dei muri è rimasto ben poco, ma ciò che più si apprezza sono i meravigliosi mosaici dai piccolissimi tasselli, distribuiti su ben 3.500 metri quadrati di superficie in quaranta delle cinquanta stanze e giunti fino ai nostri giorni nonostante la friabile composizione del legante e lo scarso spessore delle tessere.

Per fortuna siamo a primavera e la canicola e le insopportabili temperature che si creano d’estate all’interno della villa sono lontane, permettendoci così di godere appieno della visita. Una tenue luce diffusa illumina il mondo magico di Orfeo, la lira di Arione incanta gli abitanti del mare, gli amanti seminudi si stringono in un abbraccio appassionato, Ulisse inganna col vino il gigante Polifemo, raffigurato non con uno, ma con ben tre occhi. Più in là invece si srotola come un film l’interminabile tappeto musivo del corridoio della Grande Caccia, che raffigura complicate operazioni di imbarco di struzzi, antilopi, buoi, tori e persino rinoceronti, segno inequivocabile che l’Africa è vicina e Roma lontana. A sorvegliare questo complesso mondo di traffici e commerci, dall’abside meridionale appare la personificazione femminile dell’India, o forse della Regina di Saba, ritratta in compagnia di una tigre e un elefante. Il viaggio continua tra colorate quadrighe e giovani aurighi, mari pullulanti di pesci, cacciatori con le loro lance, grifi, leonesse ferite, pantere, cammelli, fanciulle che giocano a palla indossando una sorta di bikini. Prima di uscire, un ultimo sguardo cattura il nostro: i malinconici occhi scuri di Ambrosia, trasformata in un tralcio di vite, ci rimangono profondamente impressi nella memoria quasi a voler ricordare che qui, fra storia e paesaggi di Sicilia, il mito è ancora una presenza di tutti i giorni.

I resti dell'antica città di Morgantina
I resti dell’antica città di Morgantina

 

 

 

 

 

 

 

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