Due ruote di libertà

Prima estate a Creta con la moto e la tenda: mete scelte lungo la costa e nell'entroterra, per un pleinair mitico quanto l'isola di Minosse.

Indice dell'itinerario

Per una volta, cominciamo dal veicolo: basta uno scooter, purché valido e in buone condizioni, per visitare Creta in lungo e in largo. In questo caso si trattava di un 125 cc, completato dal minimo necessario per il campeggio. Nel vano sottosella del casco e in un bauletto supplementare ho riposto il sacco a pelo, l’abbigliamento e quant’altro rischiava di bagnarsi. La tenda è rimasta per quasi tutto il tempo legata di traverso alla maniglia del sedile assieme a una stuoia, indispensabile per stendersi di giorno e di notte (niente materassino: siamo dei duri, noi!). Due sacche già usate per la bici, appese di lato, contenevano il fornellino e le riserve alimentari con una piccola sacca termica, la mantella, le ciabatte da mare, una tanichetta di riserva; uno zainetto con macchina fotografica compatta, pellicole, guida, cartine e libri era fissato in modo da formare una sorta di spalliera a conforto della schiena, mentre una borsa appesa al manubrio serviva per riporre gli oggetti dell’ultim’ora e gli indumenti da mettere e togliere a seconda delle situazioni. Nelle soste il casco, essendo integrale, veniva facilmente ancorato con una catena alle maniglie posteriori della moto. L’insieme risultava forse un po’ pittoresco, specialmente nei primi giorni in attesa che i vari pezzi trovassero un assetto definitivo, ma funzionale e per di più sicuro, visto che la moto è rimasta incustodita più volte anche nei centri abitati e mai è mancato il minimo oggetto.
Ciò premesso, l’idea di esplorare in moto la più grande delle isole greche (ha una superficie di circa 8.300 chilometri quadrati, per intenderci poco meno dell’Umbria, anche se la sagoma stretta e allungata rende più lunghi gli spostamenti in orizzontale) si rivela vincente per il navigatore di terra. Cercando la caletta o la spiaggia poco frequentata l’auto si fermerà dove finisce la strada, il camper pure e con qualche difficoltà in più nell’attraversamento delle strettoie, a piedi bisogna mettere in conto una lunga scarpinata sotto il sole, con la bici o anche la mountain bike si rischiano le gomme su un fondo inevitabilmente sconnesso e pietroso… La moto costituisce dunque il mezzo ideale, e non è necessario sia da cross. Certo, poi si scopre che in quasi tutti i posti si riusciva ad arrivare anche con le quattro ruote e che i soliti audaci camperisti non si sono fatti intimorire da sterrati e passaggi in acrobazia: ma restano comunque il piacere e soprattutto il divertimento di aver conquistato la meta in sella allo scooter.

Le spiagge dell’est
Certi posti si sa bene dove sono, per la loro indiscutibile fama; altri invece si trovano solo consultando attentamente la cartina e lasciando le cosiddette grandi rotte turistiche. E’ il caso di Mòchlos, villaggetto di pescatori che si raggiunge uscendo dalla statale che segue il profilo settentrionale di Creta dirigendosi verso est. Molte case sul mare sono state trasformate in ristoranti, ma ci sono anche spiagge libere: basta prendere lo sterrato sulla sinistra e raggiungere in poche centinaia di metri un parcheggio, da dove un viottolo scende direttamente in una caletta solitaria. Sul terreno, in forte pendenza, due grandi alberi schermano il sole. Vai, all’estremità orientale dell’isola, vanta l’unica foresta di palme europea con migliaia di esemplari che coprono le pendici di una valle fino al mare. La spiaggia è attrezzata con stabilimenti, ristoranti, baracchini vari e grande parcheggio (che sarebbe a pagamento, ma in pieno mese di luglio nessuno si è presentato a riscuotere). Defilandosi lungo l’arenile, verso le rocce che chiudono la baia, ci si può ritagliare un angolo di assoluta tranquillità. Quanto al pernottare, a parte la sbarra che potrebbe chiudere il posteggio, alle sette di sera tutto si svuota e la solitudine stavolta rende un po’ inquieti. Altrettanto dicasi della spiaggia libera sotto il sito archeologico di Itanos, 4 chilometri più avanti.Quando la strada che attraversa l’isola raggiunge la costa meridionale, in località Analipsi si prende a sinistra per una litoranea alta sul mare, che per 13 chilometri si affaccia su vari approdi (basta individuare gli stradelli per scendere a piedi); in prossimità della chiesetta di Moni Kapsa, un oliveto a due passi dall’acqua è l’occasione di una sosta nelle ore più calde della giornata. Si arriva infine a Goùduras dove, da un grande parcheggio, si scende fino alla spiaggia libera che si stende a volontà.
Tornati sulla statale, si supera Ierapetra e dopo 14 chilometri ci si trova a Sarkamos Beach. L’omonimo e solitario albergo dipinto in bianco e giallo, con un parcheggio di fronte, presidia una spiaggia di ciottoli che troviamo assolutamente deserta, con il mare subito profondo.

Le spiagge dell’ovest
Il nome di Bali è troppo coinvolgente per non tentare di raggiungerlo («Anch’io sono stato a Bali»…). Il villaggio originario, più o meno a metà strada fra Iraklion e Rethimnon, si è espanso sulla retrostante collina diventando una località turistica, ma nel porticciolo stazionano ancora le barche dei pescatori. Al mattino, chi ha dormito in libertà sui moli ritrova i servizi aperti del ristorante in cui ha cenato (basta salire per la parallela alla strada d’accesso), la doccia in riva al mare, una spiaggiola che a quest’ora permette il primo tuffo della giornata di nuovo in beata solitudine.
La baldoria balneare alle porte di Chania, il terzo grande centro della costa nord di Creta, finisce in località Gerani. Alla targa d’ingresso di Pyrgos Psilonerou si prende a destra su una stradina che porta direttamente a un litorale sterrato, qualche rara casa e una trattoria con pochi ombrelloni sul davanti; la spiaggia è di sabbia ma il mare subito profondo, e in una passeggiata di due chilometri abbiamo contato otto persone a mezzogiorno. Last but not least, la trattoria si chiama East of Eden, un chiaro omaggio a James Dean (era il titolo originale de La valle dell’Eden).
Sulla vecchia strada da Chania a Kasteli un’indicazione sulla destra invita ad andare a visitare, oltre il paese di Kolimbari, il monastero di Moni Gonias che si presenta come un bell’edificio color ocra con balconi scolpiti (proprio lì di fronte una provvidenziale fontanella). Proseguendo per neanche 500 metri, da un parcheggio alberato si scende a una scogliera circondata dagli olivi, ottimo posto per passare anche un’intera giornata.
Ancora a Kasteli (indicata anche come Kissamos) desta una certa perplessità l’indicazione del mare all’interno della cittadina. In realtà, raggiunta la spiaggia dove sono allineati i ristoranti, si scopre che poco più in là il litorale sotto grandi pini è libero e così l’accesso al mare; addirittura sono a disposizione le docce. Un buon posto, senza troppe pretese, per accamparsi la notte e ripartire dopo il bagno ristoratore del risveglio.
Il sito archeologico di Falassarna si trova con difficoltà perché i chilometri annunciati dai cartelli non sono giusti e si deve proseguire a piedi per un brutto sterrato, ma la segnaletica è utile perché ci porta su un tratto di costa davvero straordinario. Già scendendo per i tornanti si è colpiti dal verde smeraldino del mare, dopodiché ci sono vari accessi: scegliendo il quarto (il primo porta a delle serre) si arriva a un grande spiazzo presso il quale si trova un ristorante; da qui uno stradello o in alternativa una curiosa passerella portano alla spiaggia, ovviamente affollata, ma da cui ci si può defilare a destra o a sinistra verso le rocce, regno indisturbato dei naturisti.
A Sfinari le spiagge sono di sassi grigio scuro, e forse per rendere più attraente il sito a qualcuno è venuta una bella pensata. Vistosi cartelli di free camping guidano a una caletta ove due ristoranti hanno attrezzato i rispettivi parcheggi sotto gli alberi per ospitare chi voglia fermarsi; acqua e servizi sono gli stessi del locale, e tenuti aperti tutta la notte. In teoria si potrebbe approfittare della gentilezza e poi, per chi è in camper, attenersi alla propria autosufficienza: ma è quasi inevitabile cenare ai tavoli contemplando il tramonto sul mare, e poi attardarsi finché lo stesso gestore viene a spiegare come si spegne la luce delle tettoia e se ne va lasciando gli utenti padroni del campo, anzi del free camping.Stando alla carta, a Elafonisi ci si aspetterebbe perlomeno un paesino: e invece c’è solo la spiaggia, famosa e affollata da bagnanti che ci arrivano con i bus navetta. L’impatto dunque non è dei migliori, ma poi si scopre che di fronte c’è un’isoletta (raggiungibile a guado) che offrirà siti nascosti e liberi. Se si preferisce rimanere sull’arenile c’è comunque abbondante spazio per defilarsi e trovare persino l’ombra di un albero o di un grande cespuglio, mentre un baracchino offre ristoro con ottimi panini e bevande fresche. Dove la strada termina sono assiepati dei camper.
Ed eccoci all’ultima meta marina, Paleochora. Le strade che, attraversata l’isola, raggiungono l’estremo ovest della costa meridionale convergono in paese: subito un’indicazione porta a sinistra verso spiagge libere. Qui lo sterrato è impegnativo perché il vento lo ricopre di sabbia, ma bene o male si arriva in fondo dove c’è un grande parcheggio e, al di sotto, l’accesso al mare con docce e prese d’acqua.

Avventura a Samaria
L’escursione al famoso canyon va raccontata come l’ha vissuta il sottoscritto che, avendo ignorato la quota montana di partenza, sorpreso dal freddo e dall’umidità notturna ha dovuto montare la tenda alle quattro del mattino, riaddormentandosi poi a fatica e di conseguenza svegliandosi quasi all’ora di pranzo, alla faccia del programma previsto (inutile essere arrivati la sera prima, se alla biglietteria ci si ritrova praticamente a mezzogiorno!).
Orari a parte, la situazione non è delle migliori per chi giunga in camper, auto o mezzo pubblico all’imbocco del percorso che porta alle gole senza però aver organizzato il recupero al termine del percorso, visto che la località di arrivo non è raggiungibile in alcun modo via terra. In questo caso le gite organizzate godono di un invidiabile vantaggio: verso le 9 del mattino, decine di pullman scaricano i gitanti che spensierati affrontano la lunga camminata attraverso il canyon, sapendo che al termine troveranno ad attenderli il battello che li ricondurrà in albergo.
Agli altri non resta che calcolare i tempi e mettere in conto la fatica dell’andata e ritorno sullo stesso tragitto: per arrivare all’imbocco delle gole vere e proprie, infatti, ci vogliono almeno 4 ore, e dunque altrettante per tornare indietro. Il percorso comunque non è difficile, basta avere le giuste calzature, essendo il fondo del sentiero in pietra o disseminato di ciottoli.
Lasciato il mezzo nel parcheggio dove praticamente finisce la strada, 4 chilometri dopo Onanos, si passa alla biglietteria (5 euro, conservate il ticket perché lo controlleranno anche all’uscita); da qui un sentiero parzialmente scalinato scende ripidissimo con decine di tornanti alla testa della valle. Si arriva così al letto di un torrente passando in continuazione da una riva all’altra: d’estate l’acqua è poca e i pietroni sistemati per facilitare il cammino sono scoperti, ma in primavera c’è sicuramente da bagnarsi i piedi. Entrati in una foresta di pini, il sentiero ora sale e scende su un fianco della valle e infine arriva a ciò che resta del villaggio di Samaria (abbandonato da quando la zona è diventata parco): pochi ruderi attorno a un’area attrezzata per il picnic. Da qui l’imbocco delle gole vere e proprie, con altissime pareti a strapiombo su uno stretto passaggio, richiede ancora mezz’ora di cammino. Il vostro cronista, come detto, non ha avuto materialmente il tempo di andare oltre: per raggiungere il punto più spettacolare, dove la gola si restringe al massimo, ci sarebbe voluta ancora un’ora e mezzo con la certezza di ritrovarsi al buio nell’ultimo tratto di risalita.
Non c’è purtroppo soluzione alternativa al problema, se non, come detto, affidarsi ad una gita organizzata. Se però scegliete l’avventura fai-da-te procuratevi innanzitutto la cartina dettagliata con orari di percorrenza, aree attrezzate, wc e altri servizi, in vendita in ogni esercizio del paese o al bar-ristorante di fronte alla biglietteria, e poi, una volta sul percorso, con l’orologio alla mano prendete dei riferimenti per rendere meno interminabile il ritorno. Partite di buon’ora con un’adeguata scorta di viveri, mente l’acqua non serve poiché troverete frequenti fontanelle. La pista è priva di segnavia e i pochi cartelli si preoccupano soprattutto di vietare il campeggio, oltre che naturalmente di accendere fuochi. In caso di dubbi, cercate per terra le orme di chi vi ha preceduto: è un ulteriore incentivo, se mai ce ne fosse bisogno, per trovare avventurosa quest’escursione!L’altipiano dei mulini
L’Egeo, soprattutto a luglio, è spazzato da un vento incessante e di notevole forza, e dunque non per caso il paesaggio delle isole è caratterizzato dai tradizionali mulini a vento (mentre da qualche parte sorgono già le moderne centrali eoliche).
A Creta, in particolare sull’altipiano di Lassithi, quest’energia viene sfruttata per estrarre le abbondanti acque del sottosuolo. La guida parla di circa 7.000 mulini: a occhio i sopravvissuti sono molti di meno, ma sicuramente il numero di quelli che si riescono a incontrare si aggira sul migliaio. Più che altro si tratta oggi di tralicci che sorreggono delle pale o gli scheletri delle medesime, poiché la grande maggioranza è in abbandono, salvo quelli che fanno da insegna a qualche ristorante e i pochi ancora in funzione.
All’altipiano si arriva da Iraklion lasciando la strada costiera una trentina di chilometri ad est della città e salendo per le montagne. Presso uno degli ultimi tornanti, tre mulini chiaramente falsi fanno da insegna al solito bazar e a un “museo dell’uomo” con pupazzi di trogloditi davanti ai quali i turisti si fanno puntualmente fotografare. Basta però salire di poco per trovare tutt’altra situazione: su un anello di una ventina di chilometri tutti in piano – ottima escursione per chi ha le bici al seguito – sono disseminati villaggi e villaggetti che il turismo di massa ancora non ha contaminato, con qualche ristorante e due o tre botteghe di souvenir nei punti chiave. La visione completa dell’altipiano si ha raggiungendo Psyhro e da qui salendo alle grotte di Dikteon, con un panorama davvero straordinario dal piazzale antistante la biglietteria. L’antro, in cui la mitologia racconta che vi fu nascosto il piccolo Zeus per sottrarlo alla ferocia del padre, è in pratica una cavità attorno a un laghetto sotterraneo: chi già ha visitato siti come Postumia o Frasassi può evitare senza troppi rimpianti la scarpinata per raggiungere l’imbocco (ma si noleggiano anche asini con relativo conducente) e poi per le scalette che scendono in grotta.
Quanto ai mulini, se ne incontrano in continuazione lungo il periplo della strada asfaltata, ma per fotografare i più belli e scovarne qualcuno che ancora pompa acqua con il contadino al lavoro nel vicino campo è consigliabile infilarsi negli sterrati, piuttosto stretti ma di buon fondo, che tagliano in continuazione l’altipiano.

Monumenti e non solo
Non si dovrebbe mai tornare nei posti dove si è stati bene, è una mia regola: e proprio per questo motivo ho escluso dal giro le aree archeologiche, in particolare Cnosso e Festo, delle quali si trovano peraltro abbondantissime informazioni su guide e opuscoli; sono invece tornato al museo archeologico di Iraklion, la cui visita è indispensabile per chi voglia conoscere la civiltà minoica.
E poi, sulla strada, mi sono imbattuto nel sito dell’antica città di Gournia, ben segnalata sulla costiera una ventina di chilometri dopo Aghios Nicolaos. In posizione idilliaca su un colle da cui la vista spazia verso il mare, senza abitati nei dintorni, vanta i resti del terzo palazzo dopo quelli di Cnosso e di Festo. Pochissimi i turisti, ed è stato davvero bello vagare a piacimento, saltare da una pietra all’altra, sedersi a meditare e persino stendersi a prendere il sole tra queste rovine dove il tempo, davvero, sembra essersi fermato.

PleinAir 407 giugno 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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