Dove volano le aquile

Dalle Dolomiti alla Sila, ancora otto riserve gestite dal Corpo Forestale dello Stato per un turismo davvero secondo natura, che unisce l'esplorazione dell'ambiente alle attività didattiche e di scoperta organizzate dai centri visita. Una proposta per tutte le età e tutti i gusti, una collezione di mete – laghi e montagne, boschi e colline, ma anche mare fuoristagione – per il weekend e i brevi viaggi pleinair d'autunno.

Indice dell'itinerario

Concludiamo il nostro viaggio attraverso le riserve naturali gestite dalla Forestale, che ci ha portato a visitare numerose eccellenze ambientali del nostro territorio in diverse stagioni. Su e giù per lo Stivale abbiamo scoperto molti tesori inaspettati: come a Monte Croccia, una delle mete che vi proponiamo in queste pagine, dove le valenze naturalistiche si uniscono a quelle storiche e antropologiche. Singolare anche la Selva di Meana, in Umbria, dove il bosco circonda una villa liberty che non ci si aspetterebbe di trovare proprio lì. All’Orecchiella, in Toscana, ci abbiamo lasciato il cuore: non solo per la selvaggia bellezza della natura e dei paesaggi ma perché le strutture al servizio del visitatore sono all’avanguardia. Anche nella Sila il centro visite, nato da lungo tempo con un interessante diorama realizzato da Alberto Angela, cresce di anno in anno con nuovi spazi espositivi.
Nelle tre puntate di questo speciale (le prime due sono apparse nel numero di dicembre del 2009 e nel maggio di quest’anno) non vi abbiamo raccontato tutte le riserve, naturalmente, ma quelle che ci hanno colpito di più e che meglio consentono al turista e all’escursionista di apprezzare le loro caratteristiche: e nell’anno internazionale della biodiversità, visitarle è un modo per conoscere la straordinaria ricchezza del nostro paese in fatto di montagne, foreste, zone umide come quelle che vi descriviamo. Molte sono il cuore dei grandi parchi nazionali e, visti i tagli di fondi alle aree protette, possono risentirne anch’esse.
Un’ultima avvertenza: le riserve sono aperte al pubblico, ma a volte l’accesso è consentito solo in gruppo o lungo determinati itinerari, non certo per penalizzare il visitatore ma per garantirne la sicurezza nel rispetto dell’ambiente. Collaborate anche voi, dando i vostri suggerimenti al personale e facendo il passaparola con gli amici se avete scoperto, come è capitato a noi, delle riserve di grande interesse ma poco conosciute. Buona visita!

Veneto • Eterni piani
Quando ci si avvicina al massiccio delle Dolomiti Bellunesi, quell’insieme di guglie e pareti inaccessibili che incantò lo scrittore Dino Buzzati, si rimane colpiti dall’asprezza del paesaggio. Se si è conservato fino ad oggi, però, lo si deve non solo alla natura ma anche all’opera dei forestali, visto che tra il 1954 e il 1975 qui furono istituite ben otto riserve gestite ininterrottamente dal Corpo per una superficie di oltre 17.000 ettari, più della metà dell’estensione dell’attuale parco nazionale.
Il cuore dell’area protetta è rappresentato dalla riserva dei Piani Eterni, un vero paradiso accessibile solo agli escursionisti allenati perché il dislivello è di 1.000 metri e occorrono circa 8 ore di cammino per salire all’altopiano e poi scendere verso la valle opposta. In queste distese sconfinate si ammirano depressioni carsiche coperte di pino mugo, con qualche larice isolato, e molte sono le occasioni di incontro con gli animali selvatici.
La nostra ascesa ai Piani inizia dal Lago della Stua, facilmente raggiungibile da Feltre: e non siamo soli, perché poco dopo la partenza troviamo in un valloncello degli escrementi freschi che indicano il recente passaggio di un cervo. «Da una decina d’anni – spiegano i forestali – i cervi sono tornati e i Piani Eterni sono l’ideale per ascoltare i loro bramiti, specialmente nelle prime settimane d’autunno». Ma questo è soprattutto il regno dell’aquila, che conta otto coppie nel parco e ben tre in questa riserva. E poi ci sono i camosci – preda molto gradita proprio dall’aquila – che brucano l’erba dell’altopiano, alle prese con il passaggio dal manto estivo a quello invernale. Sono loro una delle sorprese più belle che ripagano della dura ascesa a 1.700 metri di altitudine, stretti fra la cima del Monte Mondo e altre vette minori. Il gallo cedrone e il forcello non li vediamo, bisognerà tornare in primavera quando è tempo di parate amorose, ma a più riprese lungo il cammino ci accompagnano i fischi delle marmotte.

Informazioni utili
Le Dolomiti Bellunesi sono ben servite dalla viabilità di lunga e media percorrenza del nord-est. Arrivando da Torino e Milano sulla A4 si supera Vicenza e si imbocca la A31 della Val d’Astico fino a Dueville, poi si prosegue per Cittadella, Bassano del Grappa e Feltre. Da Venezia si prende invece la A27 fino a Belluno e si continua lungo la valle del Piave. Da Trieste, infine, si lascia la A4 a Portogruaro, si segue la A28 per intero fino a Conegliano e si continua per Belluno. Chi invece arriva dalla A22 del Brennero uscirà a Trento percorrendo la Valsugana fino a Primolano e incontrando poco più avanti il bivio per Feltre.
In città sono disponibili due aree attrezzate, la prima delle quali è situata in Via Gaggia nella zona di Piazzale Pra del Vescovo, presso il palaghiaccio: qui la sosta è gratuita per 15 mezzi ma limitata a 48 ore, con acqua anche d’inverno, pozzetto, illuminazione e area picnic. La seconda possibilità è offerta dall’Area Camper Vincheto (Via Casonetto 158/c, tel. 0439 81687, 328 3539292, www.areacampervincheto.it, info@areacampervincheto.it, annuale) con tariffe di 9 euro per la piazzola, 3 euro per gli adulti, 2 euro per i bambini fino a 10 anni e 3 euro per l’allaccio elettrico.
Per saperne di più sulla riserva dei Piani Eterni, che comprende anche la Valle Scura e la Val Falcina, ci si può rivolgere all’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Belluno (tel. 0437/944830, utb.belluno@corpoforestale.it). Per informazioni sul Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi collegarsi al sito Internet www.dolomitipark.it o telefonare allo 0439 3328. Notizie sulle foreste gestite dalla Regione al numero 049 8293711, www.venetoagricoltura.org.

<F”L 2” Light Frutiger><BC”ARANCIO S”>Emilia Romagna • Un lago tra cento
Se dalla Lunigiana puntiamo verso il crinale montuoso che separa la provincia di Massa Carrara da quella di Parma, percorrendo la A15 o la parallela statale della Cisa, entriamo nel Parco Regionale delle Valli del Cedra e del Parma, più conosciuto come Parco dei Cento Laghi e ora incluso in quello nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. I rilievi sono ammantati in gran parte da castagneti, che a quote più alte lasciano il posto alla faggeta e infine, giunti nel Parmense, ai boschi di conifere.
Tappa da non perdere – e con un percorso accessibile anche ai disabili – è il Lagdei, in un bellissimo anfiteatro naturale a 1.200 metri d’altezza, dove si può sostare con il veicolo ricreazionale. In una quarantina di minuti a piedi su una comoda mulattiera, oppure con una seggiovia di prossima riapertura, si raggiunge il Lago Santo; da qui, volendo, i sentieri portano in cima al Monte Marmagna (1.852 m) da cui si gode di una vista a 360 gradi che arriva fino al mare quando il cielo è terso. La Riserva Naturale di Guadine Pradaccio, gestita dal Corpo Forestale, ospita un altro lago pieno di trote fario autoctone, e tra i mammiferi che la frequentano ci sono il lupo e il capriolo. Noterete poi i tronchi lasciati al suolo a favore di un progetto di valorizzazione del legno morto, che ha favorito lo sviluppo di una fitta comunità di insetti che se ne cibano.
Il sentiero nella riserva, percorribile solo insieme ai forestali ma adatto anche alle famiglie, è una vera gioia per gli occhi: si cammina senza fatica in un fitto sottobosco di mirtillo tra numerose fioriture, lungo vecchie mulattiere recuperate, toccando anche due interessanti torbiere. Dalla tarda primavera fino all’autunno si organizzano con regolarità visite guidate, mentre d’inverno è facile trovare il paesaggio imbiancato, visto che siamo tra i 1.200 e i 1.800 metri di altitudine.

Informazioni utili
Dalla A15 Parma-La Spezia si esce a Berceto e si prosegue sulla provinciale per circa 12 chilometri fino all’abitato di Corniglio e alla frazione Bosco. Da qui si seguono le indicazioni per i laghi e si accede facilmente alla riserva.
A Berceto, in Via San Francesco di Sales a circa 300 metri dal centro, si trova un’area di sosta a pagamento dotata di acqua, pozzetto, servizi igienici anche per disabili, area picnic, barbecue, giochi bimbi.
Per saperne di più sull’area protetta ci si può rivolgere all’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Lucca (tel. 0583 955525, utb.lucca@corpoforestale.it) o connettersi al sito www.parks.it/parco.cento.laghi.

<F”L 2” Light Frutiger><BC”ARANCIO S”>Toscana • La perla della Garfagnana
Il parco dell’Orecchiella, nel cuore della Garfagnana, è il risultato di un’azione di recupero ambientale di un’area fortemente degradata a causa degli incendi boschivi, dei tagli irrazionali del bosco e dell’eccessivo sfruttamento dei pascoli. In principio, tra il 1925 e il 1927, vi fu un’opera di rimboschimento per difendere il suolo e le foreste dell’alta Garfagnana dai danni idrogeologici; poi i comuni montani cedettero alcuni pascoli all’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, che realizzò imponenti lavori di bonifica e di forestazione. Si crearono così le condizioni per la realizzazione del parco, che venne istituito all’inizio degli anni ’60 per unire le foreste demaniali alle tre riserve statali (Orecchiella, Lamarossa e Pania di Corfino) gestite dal Corpo Forestale dello Stato.
Fiore all’occhiello di questa bella area protetta è il centro visitatori con i quattro recinti faunistici di cervi, mufloni, caprioli e orsi bruni. La struttura comprende un laghetto, un giardino botanico con una sessantina di specie tipiche degli ambienti montani e due musei: uno naturalistico, con reperti, animali impagliati, diorami e pannelli tridimensionali illustrativi, e uno che ha per tema i rapaci diurni, con la riproduzione di un nido d’aquila a grandezza naturale. Il grande rapace nidifica regolarmente sulla Pania di Corfino, il monte dall’aspetto quasi alpino che sovrasta l’Orecchiella.
Fra gli itinerari più battuti del comprensorio (circa 120.000 escursionisti l’anno) ci sono i cosiddetti Sentieri della Domenica, pensati per gli escursionisti che hanno poco tempo e per le famiglie con bambini. Tra questi, molto bello quello della Faggiola Fortunata, che porta a un maestoso esemplare di faggio vecchio di circa otto secoli. Tre invece i sentieri realizzati nel 1985 su iniziativa della rivista Airone, della locale Comunità Montana e del Corpo Forestale: contrassegnati dal trifoglio giallo e blu, formano un anello che va dal parco dell’Orecchiella ai crinali dell’Appennino e si collega con il parco del Gigante. I tempi medi di percorrenza vanno dalle 5 alle 6 ore e mezzo per i primi due, mentre il numero 3 si sviluppa in due tappe di un giorno ciascuna, con pernottamento in rifugio. Alcuni percorsi guidati e attrezzati, adatti anche ai ragazzi, attraversano l’area protetta partendo dal centro visitatori e toccano i recinti con gli animali selvatici. Altri tre itinerari per i diversamente abili completano l’offerta: il sentiero del Fontanone, in particolare, si sviluppa in un bosco di conifere ed è consigliato in modo particolare ai non vedenti per la ricchezza di suoni (uccelli, fronde, acque) e profumi. Un corrimano in legno rende sicuro il tragitto sul lato esposto a valle.
Fra le numerose attrattive dell’area, infine, da segnalare la concentrazione di siti preistorici, con ben trentuno grotte di origine carsica nelle quali sono state rinvenute tracce di animali (marmotta, orso delle caverne, orso bruno, stambecco) ma anche dell’uomo e dei suoi manufatti.

Informazioni utili
L’Orecchiella si raggiunge dalla A1 uscendo a Reggio Emilia e seguendo per circa 100 chilometri la SS63 del Cerreto fino a Cormezzano, per poi imboccare la SS445 della Lunigiana fino a Piazza al Serchio, da dove si devia per Orzaglia, Caprignana e la riserva. Dalla A15 Parma-La Spezia si esce invece ad Aulla e si continua per circa 50 chilometri sulla 445. Da sud l’uscita autostradale più vicina è quella di Lucca, sulla A11; si prosegue quindi per Castelnuovo Garfagnana e qui si imbocca la provinciale per Corfino, prendendo subito dopo la deviazione per l’Orecchiella.
Il ben curato centro visitatori del parco si trova a San Romano in Garfagnana ed è forse l’unico in Italia a prevedere un biglietto d’ingresso (2 euro, tel. 0583 619002 o 0583 619098, orecchiella@libero.it, dal 1° luglio al 15 settembre aperto tutti i giorni, dal 1° novembre a Pasqua su richiesta, negli altri periodi tutte le domeniche). Vi si possono visitare un museo naturalistico e uno di storia del territorio e del paesaggio, il giardino di montagna, i recinti faunistici e l’orto botanico Pania di Corfino. A disposizione dei visitatori anche aree picnic, sentieri didattici e servizio di guida su prenotazione. Per maggiori informazioni sui percorsi per disabili rivolgersi all’ufficio di Lucca del Corpo Forestale dello Stato (tel. 0583 955525).
La riserva offre nove rifugi demaniali in cui è possibile alloggiare, mentre a Castelnuovo Garfagnana, nel parcheggio dello stadio in riva al fiume Serchio, c’è un’area di sosta gratuita attrezzata con acqua, pozzetto e illuminazione.

<F”L 2” Light Frutiger><BC”ARANCIO S”>Umbria • A casa del conte
Tra le dolci colline argillose dell’Umbria si trova l’area naturale protetta della Selva di Meana. Siamo in provincia di Terni al confine con la riserva di Monte Rufeno, che si trova nel Lazio. Inoltrandosi nel folto, la prima cosa che colpisce è un’elegante residenza dei primi del ‘900 in stile liberty, Villa Cahen, che domina la valle del fiume Paglia. Il conte Ugo Cahen, che era proprietario di tutta la selva, faceva parte di una famiglia di banchieri amici dei Rotschild che vissero tra XIX e XX secolo, e le cui frequentazioni comprendevano Proust e Maupassant, mentre a ritrarre i membri della famiglia venne chiamato anche Renoir.
Nei giardini che circondano l’edificio, realizzati in stile giapponese, inglese e italiano e completati da alcune sette tropicali, la natura è modellata come un’opera d’arte nella disposizione di alberi, piante, fiori e statue, mentre il mormorio dei ruscelli fa da colonna sonora. La vegetazione della Selva di Meana, poi, è rigogliosa, fitta e diversificata: nelle aree più umide e ombrose, accanto al cerro, si trovano carpino bianco, rovere, castagno e qualche esemplare di faggio, mentre sui versanti soleggiati è più alta la presenza di roverella e orniello. Tra i fiori sono da segnalare la santolina etrusca, il narciso e quasi quaranta specie di orchidee.
Nella zona ci sono numerosi sentieri naturalistici, in particolare l’anello di Allerona che ricopre l’intero territorio. Si impiegano circa 5 ore a coprirlo, ma non è impegnativo e il dislivello è di appena 400 metri. Altrimenti un anello più breve si può effettuare in località Villalba, nella parte alta della riserva, dove ci sono diverse strutture per il picnic. Ricca la fauna, che comprende daini e caprioli ma anche la rara testuggine palustre e la farfalla del corbezzolo.

Informazioni utili
L’area naturale protetta della Selva di Meana è facilmente accessibile sia da nord che da sud uscendo dalla A1 al casello di Fabro e proseguendo sulla provinciale in direzione di Allerona.
Un’area di sosta attrezzata è disponibile a Ficulle, a pochi chilometri sia da Allerona che dall’uscita autostradale di Fabro, sulla statale 71 tra Orvieto e Chiusi presso il parco pubblico. Aperta tutto l’anno tranne che ad agosto, offre la sosta per 25 mezzi ed è dotata di acqua, pozzetto, illuminazione e servizi igienici. Ad Orvieto si trova l’omonima area camper (tel. 0863 300161, 338 6843153, renzo_battistelli@hotmail.com) che, in convenzione con il Club del PleinAir, offre lo sconto del 10% sulla sosta.
La Forestale non gestisce la riserva, ma cura le visite e le attività di educazione ambientale che vi si svolgono: la Selva è sempre visitabile, mentre a Villa Cahen si accede esclusivamente su prenotazione in gruppi limitati e accompagnati dal personale del Corpo. Per saperne di più ci si può rivolgere all’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Assisi (tel. 075 812285, utb.assisi@corpoforestale.it), mentre per informazioni sul parco di Monte Peglia e Selva di Meana ci si può collegare a www.parks.it/parco.monte.peglia.selva.meana.

<F”L 2” Light Frutiger><BC”ARANCIO S”>Abruzzo • Il monte dei grifoni
La riserva naturale del Monte Velino è nata trentacinque anni fa in maniera singolare, ovvero per espressa volontà delle amministrazioni comunali di Magliano de’ Marsi e Massa d’Albe, proprietarie dei terreni, che decisero di affidare la gestione dell’area al Corpo Forestale dello Stato. Estesa su circa 3.500 ettari, si trova nella provincia aquilana ai margini settentrionali della Piana del Fucino, un tempo occupata dall’omonimo lago. Sullo splendido massiccio del Monte Velino, terzo gruppo montuoso dell’Appennino dopo Gran Sasso e Majella, nidifica una coppia di aquila reale: proprio grazie all’istituzione della riserva è stato possibile proteggere il maestoso rapace e di accrescerne la popolazione sull’Appennino.
Il centro visite di Magliano de’ Marsi è stato pensato soprattutto per bambini e ragazzi e comprende, oltre al museo con diorami, ecorami e vetrine, anche un giardino botanico, nel quale sono stati riprodotti gli ambienti principali dell’area protetta in una sequenza spaziale che permette di apprezzare le variazioni dell’ambiente, dai coltivi delle quote più basse fino alle praterie delle cime più elevate, passando dai boschi di quercia e di faggio. Il percorso natura che sale fino a Monte Lo Pago permette poi di ammirare il Velino in tutta la sua bellezza.
Tra i mammiferi si segnalano l’orso bruno marsicano che ogni tanto capita da queste parti, il lupo, il gatto selvatico, il capriolo e il cervo (quest’ultimo reintrodotto dalla Forestale). Il grifone, un avvoltoio estintosi nella zona già da molti secoli a causa delle persecuzioni subite, è oggi tornato ad occupare le pareti rocciose dell’area, dove ha costituito una numerosa colonia. Anche il corvo imperiale, che era scomparso in epoche più recenti, è tornato. Queste reintroduzioni di successo compiute dal Corpo Forestale sono il vero orgoglio della riserva, e vale la pena armarsi di binocolo per scorgere la sagoma di questi due rari volatili.

Informazioni utili
La riserva è accessibile dall’autostrada A25 Torano-Pescara, uscita Magliano de’ Marsi, o dalla A24 Roma-L’Aquila fino al casello di Tagliacozzo, proseguendo sulla statale 5 in direzione Cappelle.
Sulla strada fra Castelnuovo e Prata d’Ansidonia c’è l’area Hestia (tel. 0862 931144, aperta da aprile ad ottobre, d’inverno su prenotazione) attrezzata con acqua, pozzetto e servizi igienici con docce. Un punto sosta si trova presso il parco giochi e pizzeria Funny Island di Avezzano (Via dei Cappuccini 1, tel. 0863 455423, www.funnyisland.it, info@funnyisland.it).
Visitabile tutto l’anno, la riserva offre la possibilità di organizzare escursioni e visite guidate. Al centro visite di Magliano de’ Marsi (aperto dalle 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 16.30 tutti i giorni tranne il lunedì) sono presenti un’area picnic, un giardino botanico, un’area faunistica e le voliere con i rapaci feriti. Tutta la struttura è stata adeguata alle esigenze di disabili motori e sensoriali.
Per saperne di più ci si può rivolgere all’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Castel di Sangro (tel. 0864 845938, utb.casteldisangro@corpoforestale.it) oppure al centro visite della Riserva Naturale Orientata Monte Velino (tel. 0863 515162) o ancora al Parco Naturale Regionale Sirente Velino (tel. 0864, 797775, www.parcosirentevelino.it, info@sirentevelino.it).

<F”L 2” Light Frutiger><BC”ARANCIO S”>Puglia • La salina del Tavoliere
E’ la più grande d’Italia e una delle più vaste dell’intero bacino mediterraneo: la Salina di Margherita di Savoia è al lembo estremo del Tavoliere delle Puglie in riva all’Adriatico, separata dal mare da un sottile cordone costituito da terreni agricoli e da sabbia. Sul luogo dell’odierna salina si trovava originariamente una vasta laguna costiera abitata dall’uomo già nel Neolitico; in seguito, con la fondazione della città di Salpi (della quale rimangono rovine sommerse e un molto costruito con lastroni di pietra), vi si succedettero i Greci e i Romani. Questi ultimi la utilizzarono anche come punto d’imbarco per i cereali prodotti nel Tavoliere e sfruttarono intensamente i depositi salini, attività che continuò a svilupparsi nelle epoche successive e alla quale lavorarono progettisti illustri: sono ancora osservabili alcune strutture fatte costruire da Ferdinando I di Borbone nella prima metà dell’800, che rappresentano importanti testimonianze di archeologia industriale. Fin dall’antichità, inoltre, le saline erano note per le loro proprietà terapeutiche e ancora oggi, con le famose acque madri o acque rosse si praticano le cure nello stabilimento termale di Margherita di Savoia.
La zona è assai frequentata dai birdwatcher in particolare durante le migrazioni autunnali, quando gli uccelli si spostano dai siti riproduttivi del Nordeuropa ai quartieri africani di svernamento. La ricchezza faunistica si spiega con le notevoli dimensioni dell’area umida, con la sua posizione geografica sulle rotte migratorie e con lo stesso assetto idrico: da nord a sud, tra Zapponeta e Margherita di Savoia, si succedono sistemi di vasche di varia profondità caratterizzate da un progressivo aumento dei livelli di salinità, che accontenta un gran numero di specie diverse. La quantità degli uccelli svernanti varia molto a seconda soprattutto delle condizioni meteorologiche: in gennaio, ad esempio, è oscillato negli anni tra i 20.000 e i 40.000 esemplari, motivo per cui le saline rientrano nelle zone umide d’importanza internazionale.
La riserva riveste una grande importanza per l’avifauna anche come sito di riproduzione. Vi si trovano una delle più grandi colonie italiane di avocetta con oltre 650 coppie, di gabbiano corallino con un migliaio di coppie, di gabbiano roseo, di fraticello e di cavaliere d’Italia, molti dei quali osservabili semplicemente dalla strada che costeggia la riserva. Il fenicottero, con 6.000 esemplari, ha qui la più grande concentrazione nell’Italia continentale, ed è il corrispettivo del Cairo o di Città del Messico per questa specie. Pensate che quest’estate sono stati contati ben 800 nidiacei bianco-grigiastri, che a forza di mangiare gamberetti diventeranno rosa come mamma e papà.
A completare il quadro è il museo storico della Salina di Margherita di Savoia, articolato in quattro sezioni (proprietà del sale e storia dall’antichità al XX secolo), con un programma di visite all’aperto e laboratori didattici per bambini e ragazzi.

Informazioni utili
La riserva si raggiunge comodamente dalla A14 Adriatica, uscendo a Cerignola Est e proseguendo per Trinitapoli e Margherita di Savoia. Chi arriva dal versante tirrenico segua invece la A16 Napoli-Canosa fino ad immettersi sulla A14 in direzione di Foggia, continuando come sopra.
A Margherita di Savoia e nei dintorni sono disponibili ben quattro aree attrezzate. Aperte tutto l’anno quella nei pressi del villaggio Miamy Beach e quella – solo due posti – presso la casa vacanze Villetta Rosa, con acqua, pozzetto, illuminazione, picnic e ristorante (Via Polibio 12, tel. 349 5217224, www.villettarosa.it, giugno e luglio 15 euro al giorno, agosto 20 euro, altri periodi 12,50 euro). Lo stabilimento balneare Moby Dick offre una terza possibilità di sosta (Via Barletta – SS159, tel. 0883 656178, www.lidomobydick.it, acqua, pozzetto, illuminazione ed elettricità, 15 euro al giorno), mentre dalla fine di maggio alla fine di settembre è aperto il camping Millenium (Via Manfredonia, tel. 333 3530100, tariffe da 16 a 20 euro a seconda del periodo).
Per saperne di più ci si può rivolgere all’Ufficio Territoriale per la Biodiversità della Foresta Umbra (tel. 0884 560944, utb.forestaumbra@corpoforestale.it).
Sul web si trovano molte informazioni sulla salina (ad esempio www.margheritadisavoia.com/la-salina) e sul museo storico (www.museosalina.it).

<F”L 2” Light Frutiger><BC”ARANCIO S”>
Basilicata • Qui regnavano i Lucani
Nel parco di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane, in un bosco di cerro, si torna di colpo indietro nel tempo, nel cuore di una civiltà lontana, quella dei Lucani. Alla riserva antropologica di Monte Croccia si arriva lungo una provinciale spesso affollata da vacche podoliche, bianche e immobili come monumenti di pietra.
Lasciato il Palazzo, sede del centro visite, si procede verso l’abitato di Oliveto Lucano, lungo la strada comunale che conduce alla riserva. Qui è necessario lasciare il veicolo e inoltrarsi a piedi nel bosco lungo una gradinata costruita con paletti di castagno, fino a un piccolo cancello di legno che delimita l’ingresso. Ci troviamo fra rocce di arenaria e alte piante di cerro ammantate di licheni, tra gli aceri, i carpini bianchi e le carpinelle. Il sentiero di Monte Croccia, da poco recuperato, a volte delimitato da un breve tratto di staccionata, a volte inciso da gradini appena accennati per attenuare la pendenza, si snoda per circa 2 chilometri. Alle quote più alte la vegetazione si dirada lasciando il posto a una bassa macchia di erica e cisto dalla quale emergono begli esemplari di farnetto, specie endemica dell’Appennino meridionale.
Ed ecco la porta monumentale dell’acropoli a sbarrare il cammino: un sistema difensivo pressoché intatto e lungo 2 chilometri delimita la città antica, a 1.149 metri sul livello del mare, mentre un’altra cinta muraria a un’altitudine inferiore, oggi sommersa dalla vegetazione, abbracciava l’intero abitato. Entrambe le fortificazioni risultano edificate secondo canoni tipicamente greci: blocchi di pietra viva regolari, di grandi dimensioni, sovrapposti gli uni agli altri in poche file senza malta. La tecnica costruttiva evidenzia il miglior utilizzo della morfologia e della geologia del terreno mediante il raccordo della fortificazione alla roccia esistente: il perfetto sfruttamento di ogni curva di livello a svantaggio di chi attaccava e a vantaggio dei difensori, unitamente all’andamento spezzato della fortificazione che consentiva una continua offesa di fianco, testimoniano il perfezionamento del genio militare dei Lucani nella seconda metà del IV secolo a.C. L’insediamento originale risale addirittura alla prima Età del Ferro, periodo al quale sono da attribuire anche le tombe in località Pietre della Mola. I Lucani diedero vita a una civiltà vivace e guerriera e tennero testa ai Greci, senza mai venirne assoggettati.

Informazioni utili
Monte Croccia si raggiunge dalle uscite di Castelmezzano o di Oliveto Lucano della superstrada E847 Basentana, che è la prosecuzione del raccordo autostradale Sicignano-Potenza. Dal versante tirrenico si percorre la A3 Salerno-Reggio Calabria fino ad imboccare direttamente il raccordo; dal versante adriatico si lascia la A14 a Foggia, si continua per Potenza e prima di raggiungere la città si devia per Metaponto; da Bari si possono seguire le statali 96, 96bis e 169 via Altamura, Gravina in Puglia e Oppido Lucano, per poi immettersi sulla superstrada sempre in direzione Metaponto. La viabilità locale di accesso alla riserva è in buono stato e consente di arrivare sino alla base dell’insediamento archeologico.
A Castelmezzano c’è un punto sosta per cinque veicoli presso l’agriturismo Grotta dell’Eremita (Contrada Calcescia 1, tel. 0971 986314, www.grottadelleremita.com, info@grottadelleremita.com, annuale), che è convenzionato con il Club del PleinAir e offre agli iscritti il 7% di sconto sulla sosta e il pernottamento in camera. In alternativa si può far tappa all’agriturismo Il Molino della Contessa (Contrada Fiumara, SP32, tel. 0971 986099, www.molinodellacontessa.it, annuale) con possibilità di sosta per otto veicoli.
Nell’area degli scavi di particolare interesse è la Tomba del Guerriero, dove furono ritrovate le spoglie di un guerriero del IV secolo, mentre all’interno del Palazzo, antico convento delle Clarisse e oggi sede del Comando Stazione Forestale, si può visitare l’ecomuseo. Per saperne di più ci si può rivolgere all’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Potenza
(tel. 0971 411064, utb.potenza@corpoforestale.it).

<F”L 2” Light Frutiger><BC”ARANCIO S”>Calabria • Nel cuore della Sila
Massiccio tra due mari, la Sila è vera foresta e vera montagna: morbidi versanti fittamente boscati, con cime che raggiungono i 1.900 metri di altitudine. Tre laghi artificiali, Cecita, Arvo e Ampollino, creati per scopi prevalentemente idroelettrici, arricchiscono l’ambiente e gli conferiscono un tocco alpino. Nel 1876 si istituirono le cosiddette camere chiuse, ovvero zone boschive nelle quali era proibito a chiunque di legnare, poiché i tronchi erano destinati alle costruzioni navali: ciò avvenne grazie a una delle prime leggi di tutela dei boschi, e da allora sono nate le future riserve della Forestale nella Sila.
Fino a quota 1.400 il pino laricio è sicuramente la specie vegetale predominante. Se lo si vuole ammirare, il consiglio è di visitare la riserva naturale dei Giganti di Fallistro, che protegge cinquantasette piante monumentali di pino laricio e sette di acero di monte, tutte numerate e classificate. I diametri del fusto oscillano dai 71 ai 187 centimetri, mentre l’altezza in più casi supera i 40 metri. Su alcuni tronchi sono ancora evidenti le incisioni praticate per la raccolta della resina destinata alla produzione della cosiddetta pece brutia, particolarmente odorosa. Variando la quota e la giacitura, il pino si unisce al faggio e più in basso al castagno; il fitto sottobosco è invece costituito da felce aquilina, trifogli, fragole e lamponi. In autunno è la volta dei funghi, porcini in particolare: non è ovviamente possibile raccoglierli nella riserva, ma tutto il territorio della Sila Grande è facilmente accessibile e, in più, offre molte belle passeggiate lungo i laghi ed escursioni di vari livelli di difficoltà, descritte in apposite tabelle.
Di particolare interesse è il centro visite gestito dalla Forestale in località Cupone. Nato dall’adattamento degli spazi intorno a una segheria demaniale (che prossimamente verrà convertita in un museo etnografico), oggi è un centro di educazione ambientale con sentieri naturalistici, osservatori faunistici, museo, giardino geologico e un orto botanico accessibile ai non vedenti, con pannelli e file audio mp3 esplicativi delle varie essenze. Tutto ciò, oltre alla vicina area attrezzata per picnic lungo il lago di Cecita, fa del centro una delle zone più frequentate del parco della Sila. Nei recinti faunistici vedrete gli animali che difficilmente incontrerete in escursione: il lupo, il cervo e il capriolo. Con un po’ di fortuna, al mattino o al tramonto, spostandosi in silenzio e con cautela basterà invece una semplice passeggiata per osservare lo scoiattolo nero.

Informazioni utili
Per raggiungere le riserve della Sila Grande si prende la A3 Napoli-Reggio Calabria fino all’uscita Montalto-Rose e si prosegue sulla provinciale 279. L’accesso all’area dei Giganti di Fallistro è consentito solo a piedi nei mesi da giugno a ottobre lungo un percorso obbligato, fruibile anche ai disabili.
A Torano Castello, a 800 metri dall’uscita Torano-Bisignano della A3, c’è l’area Camperworld (tel. 0984 506209, carni_cian88@hotmail.it, annuale). Dotata di acqua, pozzetto, illuminazione ed elettricità, è convenzionata con il Club del PleinAir ai cui iscritti offre la sosta al costo di 7 euro a equipaggio e allaccio elettrico più camper service gratuito.
Su locomotive a vapore restaurate degli anni ’20 e ’30, il trenino della Sila offre un servizio per i turisti che funziona tutto l’anno in particolari occasioni (orari e altre informazioni su www.ferroviedellacalabria.it). La stazione di San Nicola-Silvana Mansio, posta ad oltre 1.400 metri di altitudine, vanta il primato di essere la più alta stazione d’Europa tra le ferrovie a scartamento ridotto. Il viaggio tra andata e ritorno dura un’ora e un quarto e si snoda nel bellissimo paesaggio della Sila Grande, caratterizzato da boschi di larici, laghi e appezzamenti agricoli.
Il centro visite del Cupone si raggiunge da Cosenza prendendo la SS107 Silana-Crotonese e uscendo a Camigliatello, nei pressi del lago Cecita. Per saperne di più ci si può rivolgere all’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Cosenza (tel. 0984 76760, utb.cosenza@corpoforestale.it). Per informazioni sul Parco Nazionale della Sila telefonare allo 0984 537109, www.parcosila.it.

Testo di Gabriele Salari
Foto dell’autore e dell’Archivio Corpo Forestale dello Stato

PleinAir 459 – ottobre 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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