Dove osano le streghe

Vasti pascoli dominati dalle austere pareti dello Sciliar e del Sassolungo, antichi masi, centinaia di sentieri nascosti nelle pieghe della montagna. E un'infinità di leggende: ecco l'Alpe di Siusi, il più vasto altopiano d'Europa. Più di cinquanta chilometri quadrati di prati e di boschi nascosti nel cuore dei "Monti Pallidi", a meno di mezz'ora di auto da Bolzano.

Indice dell'itinerario

Dal sentiero che da Compatsch sale al Monte Pez, il paesaggio appare ordinato come in una cartolina: i viottoli che portano alle malghe, gli steccati di legno con cui i contadini delimitano le proprietà, i covoni di fieno disposti a file parallele. Dall’inizio di giugno alla fine di luglio la montagna mostra i suoi colori più intensi: il giallo dei ranuncoli, il rosso dei rododendri, il rosa della potentilla delle Dolomiti, il blu delle genziane. La particolare posizione geografica, la morfologia delle valli e le scarse precipitazioni hanno favorito la crescita di flora straordinariamente varia, in un’area piuttosto ristretta, compresa tra i 1800 e i 2300 metri. Alcune specie sono tipiche delle Alpi, altre arrivano dall’Europa occidentale e perfino dalla Siberia. Ai piedi della Punta Santner e della Punta Euringer, s’incontrano piante rare, come la campanula di Moretti (Campanula morettiana) e il raponzolo chiomoso delle Dolomiti (Physoplexis comosa). Dell’orso e del lupo, restano il ricordo e alcuni toponimi: Bärenloch (Buco dell’orso) e Wolfsgrube (Fossa del lupo). Non risultano estinti né l’ermellino, né l’aquila reale che provvede alla selezione naturale della selvaggina.
Dal 1974, parte dell’Alpe di Siusi e il massiccio dello Sciliar rientrano nei confini del più vecchio degli otto parchi naturali dell’Alto Adige. L’area protetta, di 6817 ettari, interessa Castelrotto, Fiè allo Sciliar e Tires. E’ un territorio di notevole pregio naturalistico, storico e architettonico.

In quel tempo
Di certo, la cima del Monte Castello fu raggiunta dall’uomo primitivo, per celebrare sacrifici di animali e riti pagani. Circa cinquant?anni fa, ad oltre 2000 metri d’altezza, nel luogo dove oggi si trova il Rifugio Bolzano, furono portati alla luce frammenti di ossa carbonizzate, cocci di antichi vasi detti “Laugener Henkeltöpfe” e monete romane. Dell’epoca del bronzo è invece la splendida “spada di Hauenstein”, rinvenuta alla base dello Sciliar. Un tempo anche l’Alpe era rivestita da foreste di abeti e di larici; all’inizio del Medioevo, furono incendiate per dissodare il territorio ed ottenere maggiori profitti.
Il fieno dell’Alpe, corto ma ricco di piante aromatiche, è comunque prezioso; non solo per le mucche, ma anche per l’uomo. Lo si usa per curare l’artrosi, le sciatalgie, l’obesità e le contrazioni muscolari. La pratica ha sicuramente origini più antiche; i contadini dell’Alto Adige, infatti, per ritemprarsi dalla fatica erano soliti passare la notte avvolti nell’erba appena tagliata. L’eco degli effetti benefici dei “bagni di fieno” si diffuse oltre le Dolomiti e la terapia del fieno incuriosì farmacisti e malati, anche illustri.

Erbe e incantesimi
“Tutti i monti, le colline, e le valli sono altrettante farmacie” fece notare Paracelso; aveva ragione, soprattutto se si pensa al Maso Pfleger di San Vigilio. Da quasi vent’anni Martha Musler e la sua famiglia si dedicano alla produzione di piante officinali e di erbe aromatiche secondo criteri assolutamente biologici. Dalla menta piperita all’ortica, dalla camomilla al dragoncello, sono più di 40 le specie coltivate per preparare tisane, sciroppi, cuscini profumati e miscele per gli arrosti. Nel Medioevo si attribuì un potere diabolico ad alcune piante, chi le usava poteva essere accusato di stregoneria. Le “donne dalle calze nere” si riunivano ogni giovedì, in luoghi remoti e misteriosi. Volavano su magiche scope di saggina dal Monte Pez ai Laghi di Fié, dai fitti boschi di Tiolses alle “Panche delle streghe” (Hexenbänke) del Monte Bullaccia, singolari strutture di pietra a forma di sedie. Oggi le streghe sono la mascotte dell’Altopiano dello Sciliar. Di pezza o di legno, sono appese ovunque: sotto ai tetti, nei ristoranti, nelle camere dei bambini, all’ingresso delle case e, quelle d’oro, all’orecchio delle signore. Ad agosto, nella “Notte delle streghe”, i negozi di Castelrotto restano aperti. Piazza Kraus e le strade del paese si riempiono di gente: di adulti interessati agli spettacoli e alla musica, di bimbi incuriositi da quelle strane signore vestite di nero che urlano, aspergono l’acqua delle fontane e regalano caramelle.
Nel tristi anni della caccia alle streghe, Leonardo di Fiè, castellano del Tirolo e capitano della regione Atesina, fece ampliare il nucleo primitivo di Castel Presule per soddisfare ad esigenze di difesa e di rappresentanza. A lui si deve anche la creazione del Lago di Fiè, un bacino artificiale destinato all’allevamento delle carpe, alimentato da una sorgente cristallina detta “Sangue dello Sciliar”. Protetto da ben sette torri e da mura massicce, il maniero sorge su un ardito sperone roccioso da cui si dominano la valle e due antiche vie di comunicazione. Circa quindici anni fa, fu acquistato dall’associazione “Curatori di Castel Presule”, che lo ha riportato all’antico splendore ed ha aperto le porte al pubblico per visite, manifestazioni culturali e concerti.

E festa sia!
Ogni anno, all’ombra del maniero si tiene una delle quattro prove della cavalcata dedicata all’insigne poeta Oswald von Wolkenstein, che visse in questa zona dal 1377 al 1445. Puntualmente a giugno, 36 squadre, ciascuna di quattro cavalieri, si confrontano a Castelrotto nel “passaggio agli anelli”, a Siusi nel “labirinto”, al Lago di Fiè nel “galoppo con ostacoli” e, come ultima prova, nello spettacolare “slalom” di Castel Presule. Durante la cerimonia d’apertura della cavalcata e in molte solenni feste religiose, decine di persone indossano con orgoglio l’abito tradizionale, il tracht.
Il tracht è indossato solo nelle occasioni importanti, per la festa del Corpus Domini o per il “Matrimonio contadino”. Ai piedi dello Sciliar, non si sono persi né la lingua del vecchio regno austro-ungarico, né l’amore per le cose buone e genuine. Come quelle vendute al mercato di Castelrotto. Ogni venerdì mattina, alla base del campanile con la caratteristica punta a cipolla, si riuniscono i contadini scesi dai masi per smerciare i loro tesori: funghi, mirtilli, fragole, miele e formaggi, speck. Gli stessi prodotti sono disponibili anche presso alcune baite, di recente trasformate in accoglienti agriturismi a conduzione familiare.
Il turista goloso non dovrà perdere la settimana gastronomica dedicata ai nobili Kraus. In giugno, quattro locande di Castelrotto propongono le più raffinate ricette tratte da antichi libri e da menù tramandati da madre in figlia. Difficile non cedere alla tentazione di assaggiare il prosciutto cotto al rafano e panna, gli gnocchetti di ricotta, lo strudel alle erbe selvatiche e i canederli ai porcini o allo speck di fattura artigianale. E per finire, gli immancabili krapfen: deliziosi rettangoli di pasta fritta, ripieni di marmellata di pere.
Per smaltire i peccati di gola c’è l’imbarazzo della scelta. Un prato per riposare o i sentieri che salgono al Monte Bullaccia, la montagna preferita delle streghe dello Sciliar.

PleinAir 308 – marzo 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio