Dove osano gli elefanti

Solo a dorso del pachiderma, rispettato da tutti gli animali della giungla, è possibile avvicinare i rinoceronti e le tigri del Royal Chitwan National Park, in Nepal.

Indice dell'itinerario

«Gaida, gaida!» urla all’improvviso Arat, la guida che ci accompagna alla scoperta del grande parco nepalese: da un acquitrino emergono due grinzosi rinoceronti, una femmina adulta e il suo piccolo. Disturbata dalla nostra presenza la madre grugnisce e sbuffa, puntando decisa verso l’elefante sul dorso del quale siamo appollaiati. Per pochi lunghissimi secondi i tre pachidermi si scrutano, poi la coppia d’unicorni preferisce la riservatezza della boscaglia allo scontro. Nonostante la sua mole il rinoceronte indiano rispetta l’elefante e lo attacca solo se costretto a difendere la prole; è un’eventualità piuttosto rara, anche se all’irascibile bestione (che non ha una vista acuta e perciò spesso carica solo per difendersi da un potenziale pericolo) si ascrive la maggior parte degli incidenti registrati all’interno dell’area protetta.
All’interno del Royal Chitwan National Park vivono circa 400 esemplari di rinoceronte indiano (Rhinoceros unicornis), un discreto numero se si pensa che fino al secolo scorso questi animali sono stati il bersaglio di vergognose battute di caccia. Oggi la legge li protegge, ma la caccia di frodo continua: in tutto il sud-est asiatico è ancora diffusa la convinzione che un pizzico di polvere del suo corno sia il miglior rimedio per curare la febbre alta, l’epilessia e altre malattie. Ad approfittare dell’ignoranza e della credulità popolare sono bracconieri senza scrupoli che continuano a vendere a prezzi astronomici l’appendice della specie asiatica, ritenuta più efficace e pregiata di quella degli animali africani. E’ anche difficile scoprirli perché il corno, prima di raggiungere i mercati di Taiwan, viene polverizzato. In realtà di miracoloso o d’afrodisiaco quella polvere non ha nulla trattandosi semplicemente di un ammasso indurito di cheratina, la stessa sostanza che forma i peli. Ma non è tutto: secondo credenze ancora diffuse in Oriente il cordone ombelicale dell’animale calmerebbe il pianto dei bimbi, l’urina allevierebbe gli attacchi d’asma, mentre la pelle essiccata sarebbe un rimedio efficace per le dermatiti.
Il folklore attribuisce speciali poteri anche all’elegante tigre del Bengala (Panthera tigris), anch’essa presente nel parco e oggetto di un altro vergognoso commercio: oltre alla pelle del felino si vendono le ossa, i denti, le unghie, le vibrisse e il grasso al quale si attribuiscono proprietà contro l’impotenza. All’interno del Chitwan Park ne sono state censiti meno di cento esemplari che si mimetizzano perfettamente e sono perciò piuttosto difficili da avvistare. Le probabilità aumentano tra gennaio e febbraio, mesi in cui agli abitanti del luogo, i Tharu, è consentito falciare l’erba all’interno dell’area protetta. In questo periodo il clima è più asciutto e le temperature sono più sopportabili; il cielo terso garantisce un’ottima visibilità e in lontananza si possono scorgere le candide sagome dei monti, che qui raggiungono gli 8.000 metri di altitudine.
Compreso tra la catena dell’Himalaya a nord e la pianura indo-gangetica a sud, quest’angolo della regione del Terai, nella parte centro-meridionale del Nepal al confine con l’India, è stato dichiarato parco nazionale nel 1973 e oggi abbraccia un’area di circa 930 chilometri quadrati, perlopiù di giungle alluvionali. Un vero paradiso naturale abitato da una cinquantina di specie di mammiferi, centinaia di uccelli tra stanziali e migratori, 67 di farfalle e dal gharial, un coccodrillo che si nutre essenzialmente di pesci. Per scoprire le bellezze del parco conviene scendere in canoa il fiume Rapti o il Narayani e programmare un’escursione a piedi tra i villaggi dei Tharu, considerati i più antichi abitanti del Terai. Il safari a dorso d’elefante resta comunque il modo migliore per avvistare il rinoceronte e la tigre nel loro habitat.

Un viaggio fuori dal comune
Dalla capitale Kathmandu si può giungere nelle vicinanze del Chitwan Park in aereo: i due scali principali sono Megahauli, servito dalla Royal Nepal Airlines, e Bharatpur, servito da Cosmic Airlines e Gorkha Airline (per entrambe le destinazioni, 63 dollari solo andata); l’aeroporto non è lontano da alcuni grandi alberghi e lodge, presso i quali si possono concordare escursioni e visite all’area protetta.
Il modo migliore per apprezzare gli ambienti naturali e la vita del paese è però il viaggio via terra, servendosi dei bus: da Kathmandu a Sauraha (l’abitato posto nei pressi di Tadi Bazar e del Royal Chitwan National Park) sono necessarie circa 7 ore di viaggio. In particolare nei periodi di maggior afflusso turistico – ad esempio durante le nostre vacanze di Natale – vi consigliamo di prenotare con un certo anticipo i biglietti, sia dell’autobus che dell’aereo, presso una delle numerose agenzie del quartiere Thamel, nel cuore della capitale nepalese. Ovviamente i bus e i pulmini per turisti sono più rapidi, meno affollati, più comodi ma anche più costosi.
Avendo tempo a disposizione, prima di raggiungere il Royal Chitwan National Park vi consigliamo di visitare Phokara, delizioso paese adagiato ai piedi del Machhapucharej e del lago Phewa (210 km da Kathmandu, 7 ore di autobus): è la base di partenza per alcuni trekking famosi, come quello di circa 10 giorni al santuario dell’Annapurna (vedi PleinAir n. 341), o escursioni meno impegnative sul lago e tra le risaie. Da Pokhara, in bus o con pulmini privati, si può tornare a Mugling e proseguire fino a Narayanghat e Tadi Bazar (180 km, da 5 a 6 ore).
Agli appassionati di rafting segnaliamo la possibilità di scendere il Trisuli; a Mugling il fiume unisce le sue acque con quelle del Marsyandi formando il Narayani, che lambisce il Royal Chitwan National Park (uno dei tratti più frequentati è compreso tra Mugling e Narayanghat). Le escursioni in gommone, prenotabili presso le agenzie di Kathmandu o direttamente dall’Italia rivolgendosi a un tour operator specializzato, possono durare da uno a più giorni.
Comunque abbiate deciso di arrivare al Royal Chitwan National Park, non potete rinunciare al safari a dorso d’elefante. Le escursioni programmate governative partono nei pressi di Sauraha; sono più economiche rispetto a quelle organizzate direttamente dai lodge, ma nei periodi di alta stagione gli elefanti disponibili non sono sufficienti a soddisfare le richieste. A Sauraha, presso il centro di accoglienza del parco, è possibile reperire notizie sul territorio e sugli animali presenti (gli uffici sono aperti dalle 8 alle 17). Vi consigliamo inoltre di contattare un’esperta guida locale disposta ad accompagnarvi sul Rapti, sul Narayani e nei villaggi più interessanti. Se avete poco tempo a disposizione o non volete accollarvi l’onere di prenotare spostamenti e alberghi, potete rivolgervi a un operatore specializzato (vedi riquadro Buono a Sapersi).
Il periodo migliore per visitare il parco va da ottobre a febbraio, quando si registrano temperature fino a 25°; di sera possono essere utili un maglione e un giubbotto. Da marzo a maggio il clima è notevolmente più caldo ma in compenso, essendo i mesi in cui è consentito il taglio dell’erba, è più facile avvistare gli animali. Durante la stagione delle piogge la natura regala colori meravigliosi, ma gli spostamenti in fuoristrada sono piuttosto complicati. In questo periodo, chi scrive ha visitato il parco a piedi, a dorso d’elefante, in piroga o su carretti trainati da buoi. Ad agosto, attenzione, molte strutture turistiche poste all’interno del parco sono chiuse.
Durante il safari è meglio indossare abiti dai colori sobri, scarpe comode e un cappello per proteggersi dal sole; da non dimenticare la crema solare, i repellenti per gli insetti, gli occhiali da sole, la pellicola fotografica acquistata in Italia e uno zainetto, sufficientemente capiente per contenere tutto. E poi non resta altro che affidarsi a un pizzico di buona fortuna: namastè, è l’augurio dei nepalesi.

PleinAir 377 – dicembre 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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