Dove l'oro è blu

A zonzo tra campi di lavanda, borghi arroccati, distese di vigneti, città romane, canyon da spettacolo: nel cuore della Provenza, una classica vacanza per tutti.

Indice dell'itinerario

Non a caso Cézanne e Van Gogh trovarono, nella luce e nei colori della Provenza, l’ispirazione delle loro opere: il paesaggio è una tavolozza su cui si alternano e si mescolano il blu del cielo e del mare, il rosso della terra, il verde della vegetazione, il bianco della pietra, le infinite tonalità delle fioriture che rendono il quadro di una bellezza incomparabile. A fare da colonna sonora il fruscio del fresco mistral, il mormorio delle fontane, il ronzio delle api che bottinano tra i fiori e soprattutto il frinire delle onnipresenti cicale, simbolo della regione. Una spiritosa leggenda vuole che si tratti di angeli tramutati da Dio in insetti e inviati a tenere sveglia e operosa la gente che, a causa del gran caldo, durante il giorno preferiva riposare: oggi, che sia per volontà divina o meno, il popolo provenzale è noto per la varietà e la qualità dei prodotti agricoli e dell’artigianato (immancabile souvenir è proprio la cicala, riprodotta nei più diversi materiali), e se in qualche piccolo borgo è facile osservare gli abitanti sfidarsi al gioco delle bocce all’ombra di alti platani o nell’atto di consumare lentamente un pastis al tavolino di un bar, è solo un retaggio di quello che anche i francesi chiamano dolce farniente.

Profumo di vacanza
Per chi viaggia su queste strade fra la primavera e l’estate, il motivo di maggior richiamo è la lavanda: migliaia di ettari di campi tra le Alpi dell’Alta Provenza e il Vaucluse, due dei dipartimenti nei quali “l’oro blu” è più intensamente coltivato.
Lasciate le coste mondane di Nizza e di Cannes, il primo tratto attraverso Grasse e Saint-Vallier-de-Thiey in un ambiente brullo e severo è decisamente in salita fino a Castellane. All’ingresso del paese, l’area di sosta obbligatoria per i camper si trova proprio sotto la rupe che sovrasta e caratterizza l’abitato. In cima alla gigantesca falesia, alta 184 metri, sorge la cappella di Notre-Dame du Roc, più volte distrutta e ricostruita nel 1703; con le pareti ricoperte di ex voto, è da sempre meta di pellegrinaggi dei quali il più emozionante, la cosiddetta veglia con le fiaccole, si tiene il 14 agosto.
Imboccando la D952 si attraversa La Palud-sûr-Verdon, che dà accesso a uno dei tratti più spettacolari delle Gorges du Verdon con scorci imperdibili sulle rocce a strapiombo verso l’acqua turchese del fiume, e si giunge a Moustiers-Sainte-Marie. Che sia una delle località più visitate della Provenza lo si intuisce subito dalla moltitudine di turisti a passeggio nelle strette strade che si inerpicano verso l’isola pedonale del centro: in tutto il paese è infatti vietato il transito agli autoveicoli, da lasciare in uno dei numerosi parcheggi disposti lungo l’anello stradale a senso unico che circonda l’abitato; per i camper un’area alberata è ubicata a 200 metri dal centro sulla stessa D952. Non a caso questa cittadina è inserita nel circuito Les Plus Beaux Villages de France, incastonata com’è tra due speroni di roccia sui quali è sospesa una stella di metallo posta da un cavaliere sopravvissuto alle crociate: le case disposte a più livelli lungo le pareti rocciose, il ponte che scavalca il Rioul le cui acque formano piccole cascate, il campanile della parrocchiale che dal basso guarda la piccola cappella di Notre-Dame-de-Beauvoir in cima alla rupe, le fontane e i lavatoi medioevali che ornano le piccole piazze sembrano il fondale di un gigantesco presepe naturale. La presenza più evidente è quella degli atelier che propongono raffinate creazioni in faïence, la ceramica che qui nasce da una salda tradizione artistica: oltre alle botteghe (tra le più rinomate il centralissimo Atelier Saint Michel dei coniugi Baudey e l’Atelier des 2 Arches del giovane Bruno Louis) merita una visita il museo delle maioliche, nel quale si conservano preziose opere del ceramista Pierre Clérissy che nel XVI secolo diede particolare impulso a quest’attività. A coronare la vivacità del borgo, decine di negozi di souvenir si contendono l’attenzione offrendo i tipici prodotti provenzali, tutti legati alla lavanda.Ed eccole, finalmente, le ordinate file di color viola che si perdono negli avvallamenti del pianoro, sembrano terminare contro il muro di una casa o sfumano in lontananza fin sotto le montagne. Siamo sul lato meridionale del Plateau de Valensole lungo una delle Routes de la Lavande, dove basta aprire il finestrino per essere sommersi dagli inebrianti effluvi portati dal vento: una fragranza di eccezionale intensità (altro che deodoranti per auto…) che pian piano si deposita sugli abiti e sulla pelle mentre ci fermiamo per scattare le prime fotografie. Costeggiando il lago artificiale di Sainte Croix, il meraviglioso spettacolo dei campi fioriti si alterna ai panoramici belvedere affacciati sull’acqua turchese del bacino.
Da Sainte-Croix-de-Verdon volgiamo la prua verso Riez, Saint-Martin-de-Brômes e l’elegante stazione termale di Gréoux-les-Bains, allineate sulla D952; poi, tra campi di grano e boschi, prendiamo la D8 verso Valensole. In settembre, dai poderi che circondano questa città fra le più importanti per la lavorazione della lavanda, s’innalzano innumerevoli pennacchi di fumo: sono le alte ciminiere delle distillerie nelle quali si estrae la preziosa essenza. In centro si alternano numerosi e coloratissimi negozi nei quali c’è davvero l’imbarazzo della scelta tra saponi, creme, lozioni, oli essenziali e prodotti per l’igiene domestica. Dal locale ufficio turistico si possono ottenere informazioni sulla festa della lavanda, che si tiene la terza domenica di luglio, e sulle modalità di visita di alcune distillerie; quella della famiglia Gradian è una delle ultime a produrre artigianalmente gli estratti dalla lavandine, una pianta ibrida.
Ci immettiamo ora sulla D6 che, sempre attraverso distese fiorite, scavalca il fiume Durance e la parallela autostrada per portarci a Manosque, dove l’antica porta Souberyan è uno degli accessi al centro storico, attraversato dalla Strada dei Mercanti e abbellito da un susseguirsi di vivaci piazzette. Poco più avanti, svoltando sulla D13 in direzione di Forcalquier, si incontra la maestosa abbazia di Notre-Dame de Salagon sorta ai margini della romana Via Domitia (l’attuale N100) su un insediamento primitivo, sostituito in seguito da una villa gallo-romana della quale sono visibili numerose tracce nei pavimenti della basilica: un lungo restauro ha riportato a nuova vita l’antica struttura, annunciata da un bel portale colonnato che introduce agli interni di affascinante semplicità; al corpo della chiesa è collegato un grande edificio, che servì come residenza del priore ed è completato da stalle e fienili oggi utilizzati per mostre e manifestazioni culturali. Ma Salagon non è solo un’abbazia, poiché i giardini etnobotanici che la circondano narrano la storia e i diversi impieghi delle piante dal Medioevo ai giorni nostri: un gradevole excursus da effettuare liberamente o con la guida di esperti studiosi.

Le città del gusto
Una targa all’ingresso di Forcalquier ci ricorda che siamo giunti in un territorio assai noto per le sue specialità gastronomiche: i famosi aperitivi locali, i formaggi caprini della vicina Banon e l’olio d’oliva di Lurs. Finalmente potrà partecipare alle gioie del viaggio anche il gusto, che finora era rimasto quasi inoperoso. Alle spalle del palazzo comunale un grande parcheggio gratuito consente la visita alla cattedrale, con due campanili, e alla Citadelle con gli antichi palazzi allineati lungo le strade che salgono in collina.Proseguendo sulla D950, la lasciamo a Banon per deviare sulla D51 fino all’ampia vallata – anche questa coltivata a lavanda – che contorna il colle su cui sorge Simiane-la-Rotonde: il nome le deriva proprio dalla forma a tronco di cono, ripresa dal castello medioevale in cima all’altura. La possente struttura difensiva racchiude un’elegante cupola, la cui struttura dà origine a un’ottima acustica (lo spazio sottostante viene utilizzato per ospitare in agosto un festival di musica rinascimentale e barocca), mentre le altre sale del castello accolgono mostre temporanee e un laboratorio di aromaterapia, in cui il fondatore Jean-Noël Landel e i suoi collaboratori illustrano le tecniche di distillazione delle piante per ottenere gli oli essenziali, da acquistare nell’annessa boutique. Ai piedi della rocca, il centro storico vanta palazzi del ‘500, l’antico mercato coperto e numerose chiese.
A Boulinette, una frazione a 4 chilometri dalla città, non si può mancare la visita alla cistercense abbazia di Valsaintes. La chiesa seicentesca e il territorio circostante si trovavano in condizioni di degrado totale finché Jean-Yves Meignen e sua moglie li rilevarono e, a partire dal 1996, con pochi mezzi e l’aiuto di volontari sono riusciti a ristrutturare completamente l’edificio creandovi intorno un bellissimo giardino terrazzato ove fioriscono ben 600 varietà di rose, da ammirare grazie a un apposito percorso.
Tornati a Banon, riprendiamo la D950 per Revest-du-Bion e Saint-Trinit giungendo a Sault. Mandorle di Provenza, miele di lavanda e bianco d’uovo sono gli ingredienti principali del famoso nougat, il torrone: di qualità sopraffina quello prodotto dalla famiglia Boyer, con negozio in pieno centro e un piccolo museo (visitabile a richiesta) che conserva le antiche attrezzature utilizzate per la lavorazione di questo e altri dolciumi.
Attraverso il Plateau d’Albion e la cittadina di Saint Christol scendiamo ora verso Apt, altrimenti nota come la capitale mondiale della frutta candita. Qui ogni sabato si svolge il tradizionale mercato provenzale: fin dalle prime ore del mattino l’intero centro si riempie di banchi sui quali si espone di tutto, dai mobili ai tessuti al pane, in un pittoresco e coloratissimo disordine dove, tra la folla di compratori e di curiosi, le ore trascorrono quasi senza rendersene conto.

L’ocra e la pietra
La varietà del territorio di Provenza non finisce mai di stupire, e ce lo conferma la prossima tappa: Roussillon, il paese dell’ocra. Il ferroso minerale – conosciuto sin dalla preistoria ma oggi estratto in quantità limitate poiché sostituito dai coloranti sintetici – permette di ottenere le varie sfumature del giallo in modo naturale, mentre sottoposto a temperature elevate produce la gamma completa delle tinte scarlatte e quelle dal marrone al nero. Dai numerosi parcheggi disposti ai piedi dell’abitato si risale verso il centro, famoso per le rosse facciate delle case che si intravvedono tra le quinte formate da antiche porte e archi. Le stesse tonalità, dalle più accese alle più polverose, dominano il paesaggio della vicina Route de l’Ocre, un singolare quanto inatteso percorso tra le rocce erose dall’acqua, dal vento e dalla mano dell’uomo: superato l’ingresso (a pagamento), un balcone affaccia su una grande platea dominata dal rosso intenso delle falesie e della finissima sabbia che si è accumulata ai loro piedi. Alcune piattaforme in legno agevolano la discesa verso il pianoro sottostante, in un susseguirsi di nuance che via via passano all’arancio e al giallo. La visita continua lungo una pista alberata, opportunamente segnalata, che dopo circa un chilometro di saliscendi giunge alla Chaussée des Géantes, un’ampia conca circondata da alte e imponenti creste dalle strane forme che creano un paesaggio quasi irreale.
Appena 5 chilometri ci separano da Gordes, classificata anch’essa tra le più belle località minori di Francia: un tempo famosa per la bravura dei suoi tessitori, è divenuta un’apprezzata meta turistica nella quale si ammira l’uso sapiente della pietra a secco, squadrata in grandi blocchi per costruire case e alti muri di cinta. La panoramica completa delle abitazioni, arroccate sulle dolci pendici del colle dominato dal castello del ‘500, si ha imboccando la strada che conduce al vicino Village des Bories. Quest’antico sito, abbandonato circa un secolo e mezzo fa e restaurato nei primi anni ’70, presenta numerose costruzioni piramidali innalzate sul terreno sovrapponendo pietre a secco: com’è ad esempio avvenuto in alcune regioni d’Italia, questi edifici nacquero dallo spietramento delle terre recuperate all’agricoltura e furono utilizzati come rifugio per uomini e animali i più grandi, come deposito di attrezzi i più piccoli. La strada piuttosto angusta non permette tuttavia di raggiungere con il v.r. l’ingresso del sito museale e pertanto, dall’area di sosta distante circa 2 chilometri, bisogna percorrere a piedi un viale sterrato (una passeggiata da evitare nelle ore più calde).
E’ necessario tornare a Gordes e prendere la D177 per dirigersi a Notre-Dame-de-Sénanque, una delle tre abbazie cistercensi della Provenza. In prossimità della meta, lo stretto percorso offre viste dall’alto sull’intero complesso monastico circondato dai campi di lavanda. Un ampio parcheggio accoglie i turisti che vengono suddivisi in gruppi di 50 persone per la visita guidata che in un’ora tocca la chiesa, il chiostro, la sala capitolare e il dormitorio.
Una fitta rete di piccole e grandi strade (la più agevole da Gordes passa per Coustellet e L’Isle-sûr-la-Sorgue) conduce a Fontaine-de-Vaucluse, dove Francesco Petrarca conobbe Laura durante il suo decennale soggiorno. Lasciato il camper nel parcheggio posto all’entrata, la visita prosegue tra le “fresche e dolci acque” che bordano i viali e i parchi alberati. Il museo dedicato a Petrarca raccoglie antiche edizioni delle opere del poeta, mentre in quello del Santon sono conservate ben 1.500 statue in terracotta di personaggi sacri e contemporanei che, come vuole la tradizione, adornano i presepi provenzali. Lungo la strada che porta alla sorgente, la visita al mulino (dove si fabbrica ancora la carta come nel XIV secolo) ripaga in parte dell’assenza d’acqua che da qualche anno non forma più il limpido laghetto; attualmente ci si affaccia solo su un cupo antro che sembra sprofondare nel sottosuolo.

Verde da bere
Risalendo verso nord, oltre Carpentras, si nota un sostanziale cambiamento nei colori della campagna: i toni dell’oro blu lasciano il posto al verde intenso dei vigneti che si perdono a vista d’occhio. La D7 ci porta fino a Beaumes-de-Venise e al suo famoso Muscat, uno dei migliori vini dolci naturali della Côte du Rhône. Numerose cooperative (in particolare quella all’uscita della cittadina in direzione di Vacqueyras, segnalata da una grande scultura che riproduce due mani colme di grappoli) aprono al pubblico le loro cantine dove si possono degustare e acquistare numerosi nettari.La D90, passando da Lafare e Suzette, attraversa le Dentelles de Montmiral, un’immensa roccia frastagliata da crinali e guglie lunga 15 chilometri, meta classica di arrampicatori e scalatori. La strada, che offre splendidi panorami sulla montagna contornata dalle vigne, arriva fino a Malaucène, stazione climatica molto frequentata nel periodo estivo e dotata di una moderna area attrezzata; a poca distanza dal centro, la freschissima acqua della risorgiva del Groseau alimenta numerose fontane e si raccoglie in un tranquillo laghetto abbellito da panchine e da un’alta vegetazione arborea.
Una decina di chilometri ci separano da Vaison-la-Romaine: già capitale gallica, raggiunse in epoca romana il suo massimo splendore testimoniato ancora oggi dalle lussuose case patrizie, dai mosaici, dai colonnati, dalle terme, dal teatro antico e da quello delle Ninfee, vestigia tutte raccolte in pieno centro. L’Avenue de Gaulle che l’attraversa porta dritto sull’antico ponte che, scavalcando l’Ouvèze, conduce alla città medioevale dominata dal castello. Costeggiando l’altra sponda del fiume si rientra in centro, dinanzi alla cattedrale di Notre-Dame de Nazareth e al suo meraviglioso chiostro colonnato.
Lasciato questo vero e proprio museo all’aria aperta facciamo rotta su Cairanne, altro rinomato centro vinicolo, dove la locale Cave Cooperative (che dispone di un’area di sosta per camper) offre degustazione e vendita dei suoi prodotti oltre alla possibilità di effettuare, con l’ausilio di una guida e di strumenti audiovisivi, un percorso sensoriale per scoprire il mondo del vino.
Seguiamo ora la D93 attraversando Travaillan e passando dinanzi alla turrita porta di Camaret alla volta di Orange. Le imposte dipinte nel tradizionale blu provenzale ornano le case in prossimità del teatro romano, l’unico a conservare ancora il muro di scena a metà del quale una nicchia accoglie la statua di Augusto: la perfetta acustica dell’ambiente si può apprezzare negli spettacoli dell’annuale festival lirico a cui partecipano i nomi più prestigiosi dell’opera e della musica sinfonica; la visita si effettua con l’ausilio di audioguide che illustrano la storia del monumento, riconosciuto patrimonio mondiale dall’Unesco. Dalla parte opposta, accanto a un ampio parcheggio, domina la strada omonima l’Arc de Triomphe, dedicato ai veterani fondatori della colonia romana d’Orange, che conserva alcuni pannelli ancora leggibili come il trofeo marittimo, un bassorilievo a ricordo della supremazia di Roma anche sul mare.
Siamo quasi al termine dei 500 chilometri che ci hanno portato attraverso la Provenza: prima di riprendere l’autostrada, l’ultima tappa è a Mornas dove ogni giorno si tiene uno spettacolo medioevale all’interno del castello, in cima alla collina (raggiungibile solo a piedi con un’ora circa di cammino su una strada in forte pendenza). All’ingresso una guardia accoglie i visitatori narrando la storia del luogo in un comprensibile francese; poi si prosegue con il giro degli spalti dai quali si gode una magnifica vista sulla pianura sottostante attraversata dal Rodano. In due piccole sale i figuranti in costume mettono in scena alcune abitudini del tempo legate all’arte culinaria e all’istruzione dei fanciulli, infine si assiste a una dimostrazione dell’uso delle armi effettuata nel cortile della fortezza.
Mentre imbocchiamo la via del rientro, l’ultima immagine che ci regala la terra di Provenza è quella di un vasto campo di girasoli inondati dalla luce dorata del tramonto, come nel celeberrimo quadro di Van Gogh. Mancano solo i corvi in volo: cercheremo di ritrovarli in una prossima visita, chissà…

PleinAir 404 – marzo 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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