Dove correva Ottavio

Arte, storia e paesaggi tra Veneto e Friuli seguendo le tracce di Bottecchia, indimenticato protagonista del ciclismo europeo degli anni '20.

Indice dell'itinerario

Ottavio Bottecchia fu il primo italiano a vincere il Tour de France: una leggenda finita troppo presto per il ciclista di origini contadine nato alla fine dell’800 in una frazione del paese di Colle Umberto, a metà strada fra Vittorio Veneto e Conegliano. E proprio da qui prende le mosse un itinerario ideale sulle orme del campione che si conclude a Peonis, quasi in riva al Tagliamento, dove Bottecchia fu misteriosamente ferito a morte mentre si allenava per trionfare di nuovo sul circuito d’oltralpe.
Siamo nel Pedemonte, in quella fascia di pianura veneto-friulana immediatamente sotto le Prealpi che si alzano ripide e imponenti, scure di boschi, al di sotto dei quali predominano le vigne. San Martino prende il nome dalla chiesa che sorge in cima a un piccolo rialzo, con un armonioso portico del ‘500 e un possente e slanciato campanile. Colle Umberto in più ha un edificio nobile, il settecentesco casino di caccia Onesti, e un grandioso monumento ai caduti, trovandosi nella zona in cui ebbe termine la Grande Guerra.

Prendendo verso est, lungo il corso del fiume Meschio, si attraversa una zona di fertile pianura da sempre densamente abitata per entrare in provincia di Pordenone subito dopo Cordignano, con una bella piazza centrale chiusa in fondo da una grande chiesa gialla e intorno edifici che sono al contempo villa e fattoria. Caneva è annunciata dal grande squarcio di una cava di pietra sul fianco boscoso del monte; un paio di chilometri fuori paese si trovano i ruderi di un castello, mentre pregio locale è il Museo del Ciclismo Toni Pessot che conserva maglie come quella di Girardengo (campione d’Italia nel 1925), prime pagine storiche di giornali e un telaio, quel che resta della bicicletta di Bottecchia.

L’abitato di Sacile è bagnato dal fiume Livenza che nasce poco lontano, a Polcenigo, da copiose sorgenti e indugia arzigogolando nel vecchio borgo: conteso nel Medioevo fra il Patriarcato di Aquileia e varie signorie, nel ‘400 divenne possedimento di Venezia che qui caricava legname e derrate trasportandole in barca nella Laguna, e ciò gli valse il titolo di Giardino della Serenissima. Ma fu anche detto Piccola Venezia per l’aspetto rinascimentale e barocco, con i palazzi affacciati sui tre rami del Livenza: dalla porticata Piazza del Popolo ci si muove su isolette e ponti, sull’acqua si levano la deliziosa loggetta del Battistero, la residenza Flangini-Biglia e altri edifici di pregio che i commercianti veneziani si fecero costruire e nei quali, tra ‘500 e ‘700, furono ospitati papi, imperatori e re.

 

L’antico porto

I magredi ciottolosi del Tagliamento nella zona di Vivaro: è questa una delle poche zone sopravvissute alla bonifica
I magredi ciottolosi del Tagliamento nella zona di Vivaro: è questa una delle poche zone sopravvissute alla bonifica

La statale 13 Pontebbana è molto trafficata e bisogna farsi largo tra le industrie per scoprire a Porcìa un grandioso castello, tanto fu il potere dell’omonima casata fra il XV e il XVII secolo. Segno della munificenza di questi principi del Sacro Romano Impero e signori di vaste regioni al di qua e al di là delle Alpi è la decorazione della parrocchiale, che vanta uno spettacoloso coro barocco di legno intagliato.
Pochi passi di periferia e si è a Pordenone, l’antico scalo fluviale di Portus Naonis attraversato dal Noncello, le cui verdissime rive formano un parco. La città si è molto sviluppata verso ovest e nord-est, congiungendosi a Cordenons. Su Corso Vittorio Emanuele una sfilata di notevoli palazzetti cinquecenteschi, tutti su portici, si conclude di fronte al piccolo e prezioso Palazzo Comunale, un edificio gotico che sembra voler invitare i cittadini con la sua ampia loggia; accanto il cinquecentesco Palazzo Ricchieri, sede del Museo Civico d’Arte, le cui sbilenche finestre della facciata ricordano i terremoti subiti. Alle spalle si apre lo spazio davanti al grande duomo romanico-gotico di San Marco la cui costruzione iniziò nel 1284, durò quasi un secolo e fu modificata ma non finita, perché la semplice facciata dà l’idea del non compiuto: l’interno a navata unica, vasto e luminoso, conserva gli affreschi di uno dei maggiori artisti locali, Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone. Salendo sull’altissimo campanile, con la guglia puntuta che si innalza sulla base quadrangolare, si gode una veduta di tutta la città. Passato un ponte pedonale, davanti alla chiesa ottagonale della Santissima Trinità con un interessante affresco cinquecentesco del porto fluviale, si trova un parcheggio centrale e comodo per la visita, dal quale ci si può muovere a piedi; la bici è utile se si vogliono raggiungere i sobborghi di Porcìa e Cordenons incontrando sul percorso il castello di Torre, dove è allestito un museo archeologico, e un altro grande duomo con imponente torre campanaria.  

 

Verso il Tagliamento

Un parco verdeggiante circonda gli edifici del complesso castellano di Zoppola
Un parco verdeggiante circonda gli edifici del complesso castellano di Zoppola

Per avere un’idea di come fossero le strade ai tempi di Bottecchia, da Cordenons si devia sulla provinciale verso nord per San Quirino e San Foca. Siamo nella zona dei magredi, formati in tempi remoti da materiale alluvionale ciottoloso e molto permeabile portato da antichi e possenti fiumi, dove ora gli attuali corsi d’acqua si perdono filtrando e tornando in superficie una quindicina di chilometri più a valle, sulla linea detta appunto delle risorgive. Adesso i magredi sono stati in gran parte bonificati e resi fertili, ma c’è una zona rimasta naturale, bianca di sassi e con poca vegetazione: è percorsa dalla strada per Vivaro che guada l’ampio letto ormai secco del Cellina e del Meduna, fiumi che ridiventano tali solo in caso d’alluvione. Il pionieristico e romantico guado è in via di sostituzione con un ponte (che rovina il paesaggio); piste per attraversare i letti asciutti dei magredi se ne trovano ancora ad est di Cordenons e di San Leonardo Valcellina.

Un cippo ricorda il luogo dove, ormai morente dopo l'aggressione, fu trovato Osvaldo Bottecchia: il campione aveva solo trentatré anni
Un cippo ricorda il luogo dove, ormai morente dopo l’aggressione, fu trovato Osvaldo Bottecchia: il campione aveva solo trentatré anni

Continuando a seguire i percorsi del campione, si ridiscende verso il capoluogo e, ripresa la Pontebbana in direzione di Udine, la si lascia quasi subito per Zoppola, dove un vasto parco circonda un grande castello trecentesco (privato e non visitabile) già ben difeso dal fossato. Sempre al ritmo di un paese a un paio di chilometri di distanza dall’altro si transita per Castions, con un maniero diroccato e una tela del Moretto nella parrocchiale (altri dipinti dell’artista, dell’Amalteo e del Nervesa si trovano ad Arzene). Valvasone vanta una sosta napoleonica nel suo bel castello, un piccolo borgo circolare ora in restauro, anch’esso privato; nel duomo, privo di cantoria, l’organo del 1533 posto nella navata di sinistra si apprezza in tutto il suo splendore con le decorazioni del Pordenone e dell’Amalteo. Con una breve deviazione ad Arzenutto e a San Martino al Tagliamento si possono visitare altre chiese decorate dai citati artisti e dallo scultore e intagliatore Domenico da Tolmezzo, anch’egli del ‘500; a Domanins si trova una pregevole villa. Ancora più a nord, a San Giorgio della Richinvelda, si ammirano Villa Pecile e, nella chiesa di San Nicolò, un singolare altare in pietra dipinta firmato da Giovanni Antonio Pilacorte, un ticinese trapiantato in Friuli, dove lavorò molto fra il ‘400 e il ‘500.

 

Artisti in chiesa

La pietra chiara del duomo di Spilimbergo accresce l'imponenza del monumento
La pietra chiara del duomo di Spilimbergo accresce l’imponenza del monumento

Il paese più nobile della zona è Spilimbergo, conosciuto per le sue attività culturali, specie nel campo del mosaico e della fotografia. Il castello, forse dell’VIII secolo, si ergeva su una piccola altura vegliando la strada che guadava il Tagliamento, distante poco più di un chilometro, il minimo per salvarsi dalle esondazioni. Il borgo antico (che oggi appare ben restaurato dai danni del sisma del 1976) fu dunque costruito nella parte opposta, procedendo dal maniero verso ovest, distanziato con una cinta di mura di cui resta la Porta Orientale. All’esterno di questa fu iniziata la costruzione del duomo, successivamente conglobato in una seconda cinta; un ulteriore ampliamento avvenne, sempre verso ovest, dal XV secolo in poi quando al potere subentrò Venezia, che diede notevole sviluppo alla città. Il castello, modificato nei secoli da assedi, incendi e distruzioni, è ora un vasto borgo circolare sul cui grande cortile si affacciano nobili palazzi edificati dalla fine del XV secolo al XVIII, tra i quali senza dubbio si evidenzia il più antico, il raffinatissimo Palazzo Dipinto in gotico veneziano affrescato forse dal Bellunello. Tra l’edificio e la torre orientale si apre un vasto piazzale che ha come sfondo una fiancata del duomo: la costruzione gotica realizzata tra ‘200 e ‘300 presenta sulla facciata tre finestre circolari sopra il portale e due ai lati, così da dare buona luce agli affreschi. Dal bellissimo portale laterale, opera ticinese del 1376, si entra in un interno a tre navate e altrettante absidi, oblique rispetto all’asse dell’edificio. Nascosta dalla mole del duomo la chiesetta di Santa Cecilia, con affreschi del XIII secolo. Passeggiando ancora lungo le strade acciottolate si giunge nella chiesa dei santi Giuseppe e Pantaleone, all’interno della quale è stato collocato un mirabile coro ligneo intagliato del 1475. Il vicino centro di Baseglia annovera la chiesa di Santa Croce con mirabili affreschi di Pomponio Amalteo; le sculture, i portali, le balaustre e le fonti battesimali sono invece opere del Pilacorte. Analoghe suggestioni a Tauriano, dove la parrocchiale di San Nicolò conserva altri affreschi dell’Amalteo, e a Vacile, con dipinti del Pordenone nella chiesa di San Lorenzo.

San Nicolò in una posa  irriverente (o almeno così pare) in una chiesa di Séquals
San Nicolò in una posa irriverente (o almeno così pare) in una chiesa di Séquals

Tornati sulla strada principale si continua per Sequàls, dove incrociamo le tracce di un altro mito dello sport italiano del primo ‘900: vi ebbe infatti i natali Primo Carnera, il gigantesco boscaiolo divenuto nel 1933 campione mondiale di pugilato nella categoria dei pesi massimi. Uscendo dal paese in direzione di Lestàns si incontra la piccola chiesa di San Nicolò, con portico antistante e portale scolpito anche qui dal Pilacorte; nella nicchia in alto, sotto una cupoletta a cipolla inusuale nella regione, la curiosa statuina marmorea del santo titolare. Lestàns è un paesino agricolo di case basse e grandi portoni con arco ribassato in pietra, mentre di impronta signorile sono la Villa Savorgnan e la chiesa di Santa Maria Assunta, con l’abside mirabilmente affrescata da Pomponio Amalteo o dal Pordenone. Approssimandosi al Tagliamento, con un paio di curve in salita si giunge a Valeriano, dove si può lasciare il v.r. davanti alla chiesa per vedere l’oratorio di Santa Maria dei Battuti: superato il prezioso portale del Pilacorte (sempre aperto), si ammirano gli affreschi originali del Pordenone e la mirabile Natività; altri dipinti nella parrocchiale di fronte.

 

Una fine misteriosa

La chiesa di Forgària, immersa nel verde
La chiesa di Forgària, immersa nel verde

La strada si snoda ora ai piedi dei colli, con numerose curve. Uscendo da Pinzano al Tagliamento, con un’altra parrocchiale decorata dall’attivissimo Pordenone, si incontra un bivio: a destra si scende con tornanti a superare il fiume in una stretta fra alte rive, punto panoramicissimo, e si procede verso Ragogna e San Daniele del Friuli, mentre a sinistra si continua verso nord fra le colline. Si può scegliere la via per Flagogna, che conserva una chiesetta con bella vista, procedendo nel bosco lungo il fiume e sottopassando la ferrovia; oppure quella per Forgària nel Friuli, del quale rimase salda durante il terremoto la grande chiesa settecentesca in stile veneto. Una titolata guida segnala inoltre che qui si trova l’area archeologica del Monte Raimondo, con i ruderi di una torre e di una casa romana: la passeggiata in quota nel bosco su un sentiero artificiale in sassi e cemento non dispiace, ma il punto di accesso al percorso non è raggiungibile in camper a causa della strada troppo angusta e per di più, una volta giunti alla meta, si scopre che la torre è poco più che un mozzicone tenuto in piedi da ferri, mentre della casa (protetta da un’imponente tettoia) rimangono poche decine di centimetri di mura che permettono al più di delineare il perimetro delle stanze.

Grifoni al centro di popolamento vicino Cornino: i maestosi rapaci si possono osservare in volo, ma anche più da vicino grazie alle voliere che ospitano alcuni esemplari
Grifoni al centro di popolamento vicino Cornino: i maestosi rapaci si possono osservare in volo, ma anche più da vicino grazie alle voliere che ospitano alcuni esemplari

Poco al di fuori della frazione Cornino, in riva destra del Tagliamento, si trova il Centro di Ripopolamento dei Grifoni: i grandi uccelli rapaci con testa e collare di colore bianco, ali grigio e avana, coda nera, volano maestosi e lenti sopra le nostre teste; alcuni sono rinchiusi nelle voliere e si possono osservare da vicino. Poche centinaia di metri dopo il centro, un sentiero conduce in un piccolo spiazzo con possibilità di sosta per un paio di veicoli e un belvedere sul sottostante laghetto color turchese, un luogo incantato di silenziosa contemplazione.
Si procede in riva destra del Tagliamento in un ambiente solitario e tutto naturale, su un tracciato che corre poco più in alto del livello del fiume. Questa carreggiata, rispetto a quella della sponda di sinistra, si presenta da sempre piuttosto stretta ma con scarsissimo traffico, e forse per questo era preferita da Bottecchia. Poi, all’improvviso, compare sulla destra un cippo di pietra ben curato che fa da base a una bicicletta stilizzata in ferro: poche parole ricordano che in quel punto il campione fu trovato morente. Al di là del piccolo monumento si sente solo il fluire del fiume, e chi conosce la storia dello sfortunato asso del pedale non può non rimanere commosso.

 

La città rinata

Il lago di Cornino è un angolo di pace circondato dalla natura, che si può esplorare anche a bordo di piccole imbarcazioni a vela
Il lago di Cornino è un angolo di pace circondato dalla natura, che si può esplorare anche a bordo di piccole imbarcazioni a vela

Dopo qualche leggera curva si attraversa il paesino di Peonis e in 4 chilometri, sempre sulla solitaria riva destra del Tagliamento, si sottopassa l’autostrada Udine-Tarvisio, si giunge al bivio di Trasaghis e continuando verso nord si arriva subito al piccolo lago di Cavazzo, le cui tiepide acque invitano a una sosta; al di là c’è una piccola palude sotto il ripido fianco del monte, di interessante e densa vegetazione. A Cavazzo Carnico fu ambientato il romanzo storico di Carlo Sgorlon L’armata dei fiumi perduti, che racconta le tristi vicende di due reggimenti di cosacchi i quali, per orgogliosi ma incauti sentimenti antibolscevichi, si allearono con i tedeschi e si illusero di trasformare la Carnia in un protettorato tedesco.
Sempre da Trasaghis, procedendo lungo il fiume, si oltrepassa Braulins alla volta di Bordano, il celebre paese delle farfalle. Oltre ai murales si può ammirare la Casa delle Farfalle, un giardino tropicale perfettamente ricostruito, o fare un’escursione lungo il sentiero entomologico alle pendici del Monte San Simeone il cui particolare microclima è particolarmente gradito ai lepidotteri, visibili in punti determinati secondo le stagioni.

Trent'anni dopo il terremoto che polverizzò il Friuli, Gemona è una città rinata e una meta d'arte di grande interesse
Trent’anni dopo il terremoto che polverizzò il Friuli, Gemona è una città rinata e una meta d’arte di grande interesse

Attraversato invece il Tagliamento sul ponte di Braulins, la carrabile porta a Gemona, sulla sviluppata riva sinistra. A differenza dei tempi di Bottecchia, lungo la strada ora ci sono molte case e fabbriche: siamo nella zona che ha avuto nuovo impulso dopo il sisma del ’76, il cui epicentro era a soli 7 chilometri dal paese. Gemona è ben visibile anche da lontano, sia perché distesa sul conoide di deiezione formato dai due monti che la sovrastano, sia per i colori chiari della maggior parte dei suoi edifici. Bianco avorio è il Palazzo Comunale di inizio ‘500, caratterizzato da una struttura tipica nella regione con il pianterreno a portico e il primo piano occupato dal salone del consiglio, il soffitto a cassettoni e una graziosa trifora con balcone. Di pietra rosata il duomo, all’estremità meridionale del borgo antico: un leggero dislivello e lo spazio di rispetto ne esaltano la grande facciata romanica, che si avvale di pochi ma impressionanti elementi scultorei: il portale, la gigantesca statua di San Cristoforo, il grande e raffinato rosone centrale. Sopra il portico la Galleria dell’Epifania, nove nicchie con al centro l’effigie della Madonna e ai due lati una serie di altorilievi che riproducono i Magi assopiti o recanti i loro doni, San Giuseppe e un palafreniere. Il luminoso interno è a tre navate (la destra è stata ricostruita dopo il sisma), con le nervature gotiche che poggiano su possenti colonne in marmo rosa, emozionanti per l’inclinazione dovuta al movimento tellurico. Persi gli affreschi, rimangono lavori in legno scolpito del XIV e XV secolo e il tesoro del duomo con codici miniati; ricostruito anche l’alto campanile che termina con un ordine di trifore, terrazza e guglia conica in cotto. I due monumenti sono collegati da Via Bini, antico corso cittadino, tra palazzetti del XVI secolo con portici, bifore e trifore gotiche, affreschi, come nelle adiacenti stradine Brollo, Altaneto e Portuzza. A Palazzo Elti è allestito il Museo Civico, con dipinti di varie epoche da Cima da Conegliano e Pomponio Amalteo fino al ‘900, nonché sculture e oreficerie.

Sul poggio più alto, al centro del paese, il castello ridotto a rudere che si cerca di ricostruire a testimonianza di un passato forse celtico, sicuramente di stazione romana sulla strada da Aquileia ai valichi alpini, poi longobardo e dal XII secolo di libera comunità. Scendendo si trovano la chiesetta di San Rocco (1499) e il santuario di Sant’Antonio, entrambi rimaneggiati. Nella parte alta, accanto agli edifici moderni di Piazza Garibaldi, non è stato invece possibile ricostruire la chiesa della Beata Vergine: rimangono parte del portale e il pavimento, a ricordo di una città martire che era un cumulo di macerie ed è ritornata a vivere anche nei suoi monumenti antichi.

 

 

 

 

 

 

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