Davanti San Giulio

Un Sacro Monte dedicato a San Francesco e di fronte un'isola-santuario dedicata a San Giulio. In mezzo le acque di un placido lago e le delizie domestiche del piccolo capoluogo, Orta. Una gita indimenticabile a misura di camper, e non solo.

Indice dell'itinerario

Non c’è zucchero nel pane dolce di San Giulio, imperdibile specialità dei fornai di Orta: a dargli sapore e fragranza sono unicamente ingredienti pregiati come l’uva sultanina, le noci, le nocciole, i pinoli, le arance… Dolce e speciale in ugual modo è la mistura ambientale che comprende la città, il suo lago, l’isola che allo stesso San Giulio è dedicata e il parco collinare che accoglie un Sacro Monte, ora riserva naturale della Regione Piemonte e patrimonio dell’umanità.
Un pane per visitatori dal palato fine, insomma, che gli amministratori locali mostrano di voler dispensare benevolmente anche agli equipaggi dei veicoli ricreazionali. Lo si scopre già all’arrivo se, come noi, si proviene da sud lungo la panoramica statale da Gozzano: proprio al bivio per il centro storico di Orta e di fronte alla deviazione per il Sacro Monte si trovano un’area di sosta, provvidenziale per le caravan e i veicoli più ingombranti e, a circa 500 metri, un campeggio. Ma ai camper più agili è riservata un’altra chicca: al termine della breve salita per il complesso sacro, che impone il transito su due rampe alquanto selettive, ecco un’area di sosta libera con nove posti numerati, ombreggiata, illuminata e dotata di un blocco servizi, con permanenza consentita per un massimo di due giorni. Quanto basta per organizzare un breve ma indimenticabile soggiorno.

A zonzo sul promontorio
Con pochi passi entriamo nell’area del Sacro Monte di Orta, un pianoro ondulato che affaccia sulla città e sul lago, dove tra il XVI e il XVIII secolo furono edificate e armoniosamente inquadrate nel verde venti cappelle a protezione di pitture e gruppi statuari di grandezza naturale illustranti la vita di San Francesco. Un percorso devozionale le collega tutte disegnando notevoli prospettive architettoniche e dispensando artistici diorami, tra i migliori del genere. L’accesso è libero, ma conviene iniziare la visita dal complesso conventuale, nel punto più alto del monte, perché lì si trova anche l’ufficio informazioni dove rifornirsi di documentazione. Poi è tutto un divagare per più di un’ora tra scorci panoramici e stimoli spirituali.
Usciti dal recinto dell’area sacra, s’imbocca in discesa il sentiero acciottolato che conduce a Orta. E’ questa una delle più belle passeggiate che si possano immaginare: il clima mite, il silenzio rotto appena dai suoni naturali e dal nostro scalpiccio, la cortina di antiche recinzioni da cui sporgono boschetti e ciuffi fioriti, le viste che di tanto in tanto si allungano sull’acqua, sugli orti e sui tetti, tutto infonde serenità. L’arrivo dall’alto tra le case, poi, è un capolavoro di scenografia da gustare metro a metro. A inquadrarlo da un elegante protiro su colonnine è la parrocchiale di Santa Maria Assunta, edificata nel 1485 ma ristrutturata in forme barocche, che veglia sulla città in cima alla scalinata della Motta. Affiancata da aiuole fiorite e da due quinte di nobili edifici (tra i quali, in particolare, la Casa dei Nani del XIV secolo e il Palazzo Gemelli del XVI), la gradinata scende all’omonima piazza, il salotto buono della città aperto sul lago. Subito si è attratti dall’antico Palazzo Comunale con esterni affrescati nel ‘500, poi dalla colorata animazione di negozi e locali pubblici, infine dal pacifico andirivieni della darsena.
Ora si può scegliere se imbarcarsi subito per l’isola di San Giulio o passeggiare ancora per il centro storico, che è vietato al traffico motorizzato e talmente vario di scorci, curiosità e tentazioni da catturare piacevolmente per almeno un paio d’ore. Quanto alla prossima meta, un servizio privato di motoscafi assicura collegamenti diretti ogni quarto d’ora, mentre i più grandi ed economici battelli del servizio pubblico, che toccano anche altri scali, si alternano più o meno ogni ora e hanno il pregio di navigare intorno all’isola, consentendo di scoprirne tutto il perimetro.

L’isola del silenzio
Sbarcare a San Giulio equivale a un addio: soli sul molo, ci si accorge all’improvviso di essere sospesi in una dimensione estranea. Tutt’intorno le rive costruite del lago paiono quasi toccarsi, ma su questo fazzoletto di terra appena cullato da una timida risacca c’è un altro mondo che sembra immobile da secoli. Eppure l’isola è abitata, non mancano alcuni negozi e un apprezzato ristorante; inoltre molte case della cerchia esterna, a pelo d’acqua e con darsena privata, sono prestigiose residenze di villeggiatura, come dire un emblema di mondanità.
Ancora più forte però è l’alone di misticismo che emana dalla basilica e dal complesso degli edifici sorti per celebrare la vita e i miracoli del predicatore Giulio, che scelse l’isola più di sedici secoli fa come centro di evangelizzazione. Da un poggio centrale incombe il grande monastero di clausura, nato nel 1842 come seminario in luogo di un castello del V secolo. Vi risiedono una settantina di suore dedite alla preghiera e al lavoro secondo la regola benedettina: particolarmente esperte nella confezione e nel restauro di arazzi e paramenti, realizzano anche icone sacre e stampano libri utilizzando laboratori modernissimi. Una “via del silenzio” lastricata circonda il complesso monastico, stretta fra muri di cinta, giardini discreti ed eleganti architetture. E’ l’unica passeggiata di meditazione consentita nel borgo ai visitatori: inizia e termina appena varcato il muraglione dell’imbarcadero, detto dei Sabbioni, sotto l’austera torre campanaria e davanti al palazzo vescovile. Quest’ultimo, originario forse del IV secolo ma ampiamente rimaneggiato tra il ‘500 e il ‘700, si addossa alla basilica nascondendone la facciata, che è inclusa negli spazi di clausura ed è visibile solo dal lago. Alla chiesa, edificata nell’XI secolo ma ristrutturata negli interni, si accede da una porta laterale per mezzo di una scalinata coperta ricavata accanto al campanile; e, complice il gioco della luce che filtra dall’alto, è un’altra esperienza di estraneazione. Tra le pareti del piccolo santuario si accavallano immagini ed epoche, simboli e stili, affreschi naïf e preziosi gioielli come l’ambone di marmo serpentino del XII secolo, il fonte battesimale del XVI, le tele seicentesche nelle cappelle laterali… Il viaggio spirituale si conclude nella cripta, davanti all’urna di vetro e argento che custodisce le spoglie del santo. All’uscita non resta che riordinare le idee, fare ritorno a Orta e riconquistare l’intimità del camper.

Testo e foto di Alberto Galassetti
PleinAir 441 – Aprile 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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