Da Roma a Otranto

Se Roma era la prima meta dei pellegrini medioevali, la seconda era Otranto, estremo punto d'imbarco per la Terra Santa. E proprio fra l'Urbe e la città pugliese si snoda, in un viaggio di oltre 600 chilometri, la Francigena del Sud: un itinerario tutto da riscoprire nelle sue molteplici varianti seguendo tratti delle antiche strade romane, incontrando grotte dedicate al culto, soffermandosi di fronte ad alcune delle più belle cattedrali del Mediterraneo.

Indice dell'itinerario

La Via Francigena vera e propria era l’itinerario che, provenendo dal nord dell’Italia e dell’Europa, conduceva a Roma. E’ certo però che il viaggio dei pellegrini non si arrestava tra i sette colli: un’importante strada medioevale si dirigeva infatti dall’Urbe verso sud, alla volta dei porti pugliesi da cui era possibile imbarcarsi per Gerusalemme. I primi pellegrini vi si recarono già nel IV secolo, ma l’esistenza di ospedali risalenti al X secolo per l’accoglienza dei viandanti dimostra che è questo il periodo in cui il viaggio verso la Terra Santa conobbe l’incremento più significativo. Alcune di queste strutture sorsero nella stessa Gerusalemme: nel 1165 un tal Giovanni di Wurzburg annotò nel suo diario che l’Ospedale di San Giovanni, di fondazione amalfitana, contava circa duemila letti. Nel continente europeo venivano intanto costruiti monasteri e chiese che, dedicati al Santo Sepolcro, ne imitavano lo stile architettonico. In Puglia una deviazione molto importante della Francigena del sud permetteva di raggiungere il Gargano, dove dal VII secolo in poi si iniziò a venerare l’arcangelo Michele che sarebbe poi divenuto il patrono della nazione longobarda. Le vie possibili in effetti erano diverse, ce lo narrano i resoconti di viaggio di pellegrini e di cavalieri che, come Filippo Augusto re di Francia, percorsero il tragitto di ritorno dalla Terra Santa. A sud di Roma la Via Latina, cioè la strada che si snodava nell’interno, era preferita al tracciato dell’Appia sulla costa, troppo esposto alle scorrerie e povero di paesi, castelli e altri luoghi di accoglienza. Anche in Campania esistevano due differenti percorsi: si poteva raggiungere Capua e poi, passando per Maddaloni e per le celebri Forche Caudine, giungere a Benevento; mentre un secondo percorso, che sembra fosse più apprezzato per le migliori condizioni della strada e la mancanza di paludi, attraversava il Sannio per portarsi in città. Da Benevento i pellegrini seguivano il tracciato dell’Appia Traiana, l’arteria “a scorrimento veloce” voluta dall’imperatore che le ha dato il nome e che l’aveva fatta costruire in tempi incredibilmente rapidi fra il 108 e il 114. Oltrepassato il crinale a quasi 1.000 metri di quota si scendeva alla volta di Troia (da dove una serie di deviazioni si dirigevano verso il santuario del Gargano), poi lungo la costa per Canosa, Barletta, Trani e Bari o di poco nell’interno toccando Ruvo e Bitonto, per poi continuare ancora verso sud fino a raggiungere Brindisi e Otranto, l’ultimo porto della Puglia, dov’era approdato il sovrano francese insieme ai suoi cavalieri tornando da Gerusalemme.

Nel Lazio
Tutte le strade partono da Roma, e per andare verso sud, oggi come in passato, si può scegliere tra le due consolari dirette a Capua: la Via Appia e la Via Latina. La prima si imbocca dal centro dell’Urbe uscendo da Porta San Sebastiano e seguendo il selciato, ancora ben riconoscibile, della grande opera viaria voluta nel 312 a.C. dal censore romano Appio Claudio Cieco. Per la costruzione della regina viarum fu sfruttata la massicciata naturale offerta dal basalto del Vulcano Laziale: è la colata cosiddetta di Capo di Bove, il cui nome deriva dalla testa di bue incastonata nella facciata della tomba di Cecilia Metella, a circa 3 chilometri da Porta San Sebastiano. Il tratto iniziale dell’Appia Antica è tutelato da un parco regionale, per cui è possibile seguirla a piedi o in bici senza problemi di traffico. Questo è l’inizio dell’itinerario più occidentale, seguito da pellegrini come l’abate islandese Niklaus di Munkathvera che effettuò il viaggio intorno all’anno 1154 e annotò molti particolari nel suo diario, riferendosi anche alle opere fatte realizzare dall’imperatore Traiano per consentire alla strada di attraversare le Paludi Pontine e i boschi tra Albano e Terracina.Quanto alla Via Latina, essa muove dalla Porta Latina (una delle meglio conservate delle Mura Aureliane) e si dirige verso i Colli Albani sfiorando Grottaferrata con la sua abbazia di San Nilo, edificata nell’XI secolo in stile romanico e parzialmente modificata nel XVIII secolo. A Grottaferrata si possono visitare anche diverse catacombe, tra le quali la più famosa è senza dubbio quella Ad Decimum del II-IV secolo, così chiamata in quanto sorgeva presso il decimo miglio della strada. A poca distanza da qui, sulla collina che costituisce il bordo settentrionale della caldera vulcanica di 600.000 anni fa, sorgeva la città di Tusculum, fondata nel IX secolo a.C. e i cui pochi resti, tuttora oggetto di scavo, sono in posizione panoramica sulla campagna romana e sull’Appennino che fa loro da sfondo. A sud si staglia il Monte Cavo sul quale si inerpicava la Via Sacra, pavimentata con poligoni in basalto e tuttora conservata per lunghi tratti fra i castagneti.
Superato il Passo dell’Algido la strada scende verso Artena, suggestivo centro abbarbicato su un colle e caratterizzato da ripidi vicoli percorribili esclusivamente a piedi. E’ la medioevale Castrum Montisfortini, citata anche da Filippo Augusto che nel XII secolo, al ritorno dalla Terza Crociata, la identificò col punto in cui deficit Campania et incipit Tuscania . Qui la Via Latina incorporava l’antica Via Labicana e vi si sovrapponeva in più punti. Pur conservando la direttrice principale lungo la valle del fiume Sacco, il percorso cambiò più volte assecondando l’abbandono o il trasferimento di centri abitati dalla pianura alla collina; e finì col cambiare addirittura il nome in Casilina da Casilinum, cioè Capua dove era diretta.
Superato l’antico Castrum Colisferi, oggi Colleferro, una deviazione conduce a ovest verso i Monti Lepini e raggiunge Segni, l’antica Signia. Oltre a una cinta muraria in opera poligonale del VI secolo a.C. la cittadina possiede alcuni edifici religiosi romanici, tra cui le chiese di Santo Stefano e di San Pietro.
Tornati sulla Casilina, ovvero la statale 6, in breve si è ad Anagni, antico centro di origine ernica. Anagne civitatem episcopalem annotò Filippo Augusto sul suo diario, confermando che a partire dal XII secolo la città conobbe un notevole sviluppo culturale e politico. Anagnini furono ben quattro papi, quelli compresi tra Innocenzo III e Bonifacio VIII, ed è proprio qui, nel duecentesco Palazzo di Bonifacio VIII, che nel 1303 avvenne il celebre episodio dello schiaffo inferto al pontefice da un altro re di Francia, Filippo IV. Ma tutto il centro è degno di nota e merita senz’altro una visita, a partire dal Palazzo Comunale, della seconda metà del XII secolo, passando per la chiesa di Sant’Andrea per finire alla magnifica cattedrale romanica. All’esterno dell’edificio campeggia un austero campanile di aspetto lombardo, mentre all’interno si può visitare (con guida) una cripta dei primi del XIII secolo, interamente affrescata. Nel Medioevo lungo la Francigena sorsero innumerevoli fondazioni cistercensi come quella di Ferentino, Florenciusborg nel diario di Niklaus di Munkathvera: qui la chiesa di Santa Maria Maggiore è tra i primi edifici italiani di architettura cistercense, e testimonia il ruolo di questa città come tappa importante lungo il percorso. Poco più a sud si raggiunge Frosinone, nodo tra la Via Latina, la Via Sublacense e la Via Marittima, ma dell’impianto medioevale cittadino oggi resta ben poco, fatta eccezione per la parte più elevata. A Ceprano, citata in diversi documenti come Separansborg o Fregellanum, nella collegiata di Santa Maria Maggiore si trova un sarcofago medioevale che la tradizione vuole sia il sepolcro di re Manfredi.Superata la collina di Arce e poi Roccasecca si raggiunge Aquino. La romana Aquinum era più ad ovest rispetto all’attuale centro: qui, in corrispondenza dell’antica Porta San Lorenzo o Porta Capuana, si osserva un buon tratto di strada lastricata (nel vicino paese di Caprile, all’interno della chiesa di Santa Maria delle Grazie, si ammira un ciclo di affreschi denso di riferimenti al pellegrinaggio). Aquino è citata in tutte le fonti itinerarie relative alla Francigena come luogo di sosta, ma la sua notorietà è certamente dovuta al fatto di aver dato i natali al dotto San Tommaso. La Casilina procede ora al piede dell’imponente Monte Cairo e raggiunge Cassino. Centro prima volsco, poi sannita e romano, nell’Alto Medioevo la cittadina si trasferì e mutò il nome in San Germano: è infatti citata come Germanusborg da Niklaus di Munkathvera e Sanctum Germanum da Filippo Augusto. Non c’è fonte documentale che non menzioni l’Abbazia di Montecassino, sita in posizione dominante sulla collina a nord dell’abitato e il cui primo nucleo fu eretto da San Benedetto da Norcia nel 529 sul sito di un tempio precedente. Il monastero conobbe demolizioni, rifacimenti, ampliamenti e divenne uno dei massimi complessi abbaziali della cristianità, ma fu ridotto in macerie dai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale, come del resto tutta la città che per questa ragione non conserva nulla dell’impianto originario.

In Campania
Dopo Mignan Castellum, oderno Mignano Monte Lungo, il percorso medioevale entrava nella valle del Volturno e toccava il Caian Castellum citato da Filippo Augusto, ovvero Caianello o più probabilmente Teano, per poi dirigersi verso Casilinum; da qui, come detto, passava per Matelune e raggiungeva Beneventum. In alternativa, lasciato il Lazio si può decidere di inoltrarsi nell’ampia valle compresa tra il Monte Maggiore a sud e i Monti del Matese a nord fino alla romana Alife, che conserva integralmente la cinta muraria e l’impianto del castrum con le quattro porte, i cardi e i decumani.
Restando nella Valle Alifana, la statale 312 tocca Gioia Sannitica, sulla cui collina sono i resti di un bel borgo diroccato, e Faicchio, che conserva un castello ducale quattrocentesco e un ponte romano del III secolo a.C., detto di Fabio Massimo. Non lontano da qui, in particolare a Raviscanina e Curti di Gioia ma anche nella stessa Faicchio, si aprono alcune grotte dedicate al culto di San Michele Arcangelo, lo stesso che incontreremo sul Gargano.
L’itinerario procede lungo il fiume Volturno sino alla confluenza col Calore, e poi segue quest’ultimo alle pendici del massiccio del Taburno Camposauro. Anche questa montagna è ricca di grotte dedicate al culto dell’arcangelo caro ai Longobardi: le più note sono San Michele in Camposcuro, a poca distanza dall’abitato di Melizzano e raggiungibile per una ripida stradina che sale da Solopaca, e l’eremo di San Michele a Foglianise, sul versante orientale del Monte Caruso, in bella vista sulla città di Bevenento. L’originario nome del centro sannita di Maleventum fu cambiato dai Romani in ricordo della battaglia del 275 a.C. in cui sconfissero Pirro che marciava verso l’Urbe. La città fu importante municipium e successivamente fulcro della presenza longobarda in Italia meridionale: vi si accede varcando il fiume Sabato per il Ponte Leproso, di costruzione romana. Durante tutto il Medioevo Benevento, tappa fondamentale per i viaggiatori diretti in Terra Santa o sulla via del ritorno, fu inoltre sede di ospedali e istituti di accoglienza per i pellegrini. Della sua storia longobarda restano molte tracce, fra le quali la chiesa di Santa Sofia dell’VIII secolo, a pianta centrale di impostazione classica, con annesso un suggestivo chiostro della seconda metà del XII secolo.Verso la Puglia lungo l’Appia Traiana
A sud di Benevento, l’antica Via Appia puntava su Taranto tenendosi a ovest della dorsale dell’Appennino e toccando Venosa, ma nel periodo di massimo sviluppo dell’economia dell’impero questo tragitto iniziò a sembrare troppo lento. Così Traiano, intorno all’anno 108, dispose la costruzione di una nuova strada in grado di portare mercanti e truppe il più velocemente possibile fino ai porti pugliesi. La via prese il nome di Appia Traiana e, per celebrare la sua realizzazione, venne edificato a Benevento l’arco trionfale dedicato all’imperatore.
Lasciata la città, il percorso coincideva per un tratto con l’attuale statale 90bis e, allo scopo di favorire la rapidità degli spostamenti, spesso non toccava i paesi ma correva nei fondovalle. Poco prima di arrivare a Buonalbergo, una sterrata scende fino al grande ponte romano delle Chianche di cui rimangono ancora tre delle sei campate che, con un balzo di 120 metri, superavano il corso di un torrente.
Oltre Buonalbergo, il cui nome fa pensare alla presenza di ospitali medioevali per i pellegrini, la Traiana incrociava la Via Herculia, proveniente dalla Lucania. Per seguire ancora il tracciato dell’Appia Traiana è necessario abbandonare la statale 90bis circa 3 chilometri e mezzo prima del bivio verso Ariano Irpino e Greci, per seguire la strada sulla sinistra con i segnali dell’agriturismo Macchiacupa; dopo circa un chilometro e mezzo si segue l’indicazione per Faeto, si tiene la destra al bivio successivo e la sinistra al seguente e si raggiunge il crinale (i veicoli più ingombranti facciano attenzione lungo il tragitto). Qui si trova un impressionante villaggio turistico semiabbandonato e, soprattutto, il paesaggio è segnato dalla presenza di decine e decine di pale eoliche: visto il vento che spazza la cresta – siamo a quasi 1.000 metri di quota – sembrano essere state sistemate nel punto più indicato.
La discesa verso il Tavoliere tocca adesso Faeto, il più alto paese della Puglia che i cartelli descrivono come area di minoranza franco-provenzale, e poi Castelluccio Valmaggiore, per scendere nella grande piana agricola di Troia. Nel Medioevo la città aveva un’importanza notevole, giacché qui si diramava dalla Francigena la deviazione più logica e breve che conduceva a oriente verso il Gargano, dov’era il santuario dedicato a San Michele. A Troia non si conservano tracce degli ospedali fondati dagli ordini monastici, ma la cattedrale in stile pisano è una meta eccezionale: venne fondata da un vescovo dal nome significativo di Gualtiero Francigena.

Verso il Gargano
Molte erano le vie per giungere al Gargano, dove il santuario dedicato all’arcangelo Michele sarebbe divenuto fondamentale per la nazione longobarda. Alcuni storici sostengono che il messaggero armato di Dio sia stato adottato come protettore dai Longobardi per la sua somiglianza con i guerrieri nordici: fatto sta che il percorso verso Monte Sant’Angelo divenne frequentato e importante anche prima del grande sviluppo della Francigena, che avrebbe coinciso con l’epoca delle Crociate.
Lucera fu prediletta da Federico II, che diede ai Saraceni del suo regno il permesso di trasferirsi fin qui e di costruire le loro moschee in città, tanto che i viaggiatori medioevali la chiamarono Lucera Saracenorum. A vegliare sull’abitato ancora oggi sono le torri della grandiosa fortezza che gli Angioini costruirono sulle fondamenta del castello dell’imperatore svevo.
Superata Foggia senza entrare in città (l’anello stradale che la circonda espone a qualche difficoltà per individuare il percorso) si giunge sulla costa meridionale del Gargano a Siponto: abbandonata dopo il rovinoso terremoto del 1223 e ricostruita poco lontano da Manfredi, prese da lui il nome di Manfredonia. I pellegrini medioevali qui trovavano chiese, come la cattedrale di Santa Maria Maggiore a pianta quadrata di sapore orientale, e ospedali dei principali ordini monastici. Poco prima di raggiungere Siponto, proprio a fianco della statale 89 proveniente da Foggia, il complesso di San Leonardo era la casa dei Cavalieri Teutonici che, insieme alla chiesa, avevano qui il loro ospedale per i viandanti.In alto, a 796 metri di quota davanti al mare del Golfo di Manfredonia, i vicoli di Monte Sant’Angelo salgono fino al campanile del santuario, voluto da Carlo d’Angiò nel 1274, che riproduce le proporzioni della pianta di Castel del Monte. Come in ogni santuario rupestre che si rispetti, anche a Monte Sant’Angelo dalle porte si scende, seguendo una lunga scalinata, fino all’atrio bianco. La porta che dà accesso alla grotta è un capolavoro proveniente da Costantinopoli, dove venne fusa nel 1076, poi si accede finalmente alla grotta dell’Arcangelo. Gli archi poggiano sulle volte rocciose, gli altari di epoche differenti testimoniano della lunga storia del culto dedicato al principe delle schiere celesti: a destra dell’ingresso si trova il seicentesco altare di San Francesco, mentre in fondo alla grotta sono collocati l’altare ornato dalla statua dell’arcangelo, realizzata da Sansovino, e l’altare della Madonna, a sinistra del quale emergono dalla roccia sculture dell’XI e XIII secolo. Proseguendo il giro in senso antiorario, il trono reale è ornato da piccoli bassorilievi del IX secolo, e il grande altare del Sacramento di fronte all’ingresso un’opera del 1690. Per capire la storia del complesso è molto interessante la visita del museo che si sviluppa nel piano inferiore: qui, come nella grotta, sulle pareti non si contano le iscrizioni votive, alcune tracciate nelle antiche rune nordiche, e sono esposte statue e pietre tombali che nei secoli sono state sostituite nella chiesa superiore. Non lontano dall’ingresso del santuario, lungo una discesa si incontrano la cosiddetta Tomba di Rotari (attualmente in restauro), che in realtà era un battistero a pianta circolare, e la chiesa di Santa Maria Maggiore, costruita a più riprese e terminata nel 1170, che conserva tra i suoi pur rovinati affreschi del ‘300 la più celebre immagine dell’arcangelo Michele.

Verso Bari
Da Troia, invece di seguire la deviazione per il Gargano, il tracciato dell’Appia Traiana volgeva verso sud toccando Ordona, l’antica Hordoniae, che fu contesa tra i Romani e i Cartaginesi per poi divenire il punto d’incrocio tra la via che stiamo seguendo e la Eclanense, che si dirigeva verso il Sannio.
Le tracce del Medioevo dei pellegrini emergono di nuovo con evidenza a Canosa di Puglia, nel cui centro la cattedrale di San Sabino, coperta seguendo lo stile orientale da cinque cupole, conserva un pergamo della prima metà del XI secolo. Il collegamento strettissimo della Puglia con la Terra Santa è ricordato dalla tomba di Boemondo, divenuto principe d’Antiochia e morto nel 1111: oltre le splendide porte di bronzo, la cappella ricorda le forme architettoniche del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Da Canosa la Francigena torna a sfrangiarsi, poiché le vie verso i porti pugliesi erano due: la prima, oggi statale 98, correva sotto le alture dell’interno toccando Andria, Corato, Ruvo di Puglia e Bitonto, mentre la seconda, odierna statale 16 Adriatica, raggiungeva la costa a Barletta e toccava l’uno dopo l’altro i porti di Trani, Bisceglie, Molfetta e Giovinazzo prima di raggiungere Bari. Su entrambe le direttrici, le tracce del passato francigeno sono imponenti: a Ruvo di Puglia (l’antica Rubi, dove Orazio sostò durante un suo viaggio) si trova una cattedrale duecentesca con splendido rosone e torre fortificata; a Bitonto invece la cattedrale di San Valentino è forse il più spettacolare esempio del romanico pugliese, con gli eccezionali loggiati del fianco destro.
Barletta, la Barlet di Filippo Augusto, era il primo scalo marittimo utile per i viaggiatori diretti in Terra Santa, e dopo la conquista normanna del 1071 divenne una città prospera e ricca. Qui erano presenti sia i Templari che i Cavalieri Teutonici e in città si trovava uno dei quattro priorati degli Ospitalieri (gli altri erano a Venezia, Pisa e Messina), l’ordine militare a cui faceva capo la chiesa del Santo Sepolcro.
Affacciata sul mare, la cattedrale di Ognissanti di Trani conserva due chiese sovrapposte (in quella inferiore non mancano le tracce del passaggio dei cavalieri crociati), ma soprattutto è spettacolare la posizione della grande chiesa romanica, affacciata sul mare e isolata, tanto da poter essere avvistata dalle navi che raggiungevano la Puglia dopo la traversata del Mediterraneo. Segue Bisceglie, Bissenuborg per Niklaus di Munkathvera, con la sua cattedrale e la chiesetta romanica di Santa Margherita; poi si entra a Molfetta, dove nel 1148 era stato fondato un ospedale dei Templari. Nel 1268 venne costruito anche il Sancte Dominis Hospitalis dei Teutonici mentre, nelle corsie della Madonna dei Martiri, venivano custodite le spoglie dei più nobili fra i crociati morti oltremare. La cattedrale di San Corrado, che si specchia nelle acque del porto, è coperta da un’eccezionale struttura a cupole ispirata all’Oriente e culmina in una doppia torre di modello invece nordeuropeo.

Verso Otranto
Prima emirato arabo tra l’847 e l’871, poi capitale bizantina, Bari era la città più popolosa della Puglia alla fine dell’XI secolo. Nella sua basilica sono conservate le reliquie di San Nicola, vescovo di Mira, che furono trafugate da marinai baresi e portate in città, secondo la tradizione, il 9 maggio del 1087.
Il tracciato della statale 16 costeggia l’Adriatico e raggiunge Monopoli, dove tra le case della periferia s’incontra un tratto dell’antica strada romana e poi, sul mare, sorge il castello di Santo Stefano, di origine templare e poi magione degli ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, che conserva ancora mura e fossato. Un lungo tratto dell’Appia Traiana si osserva nel parco archeologico dell’antica città di Egnazia, sulla costa a poca distanza da Fasano. Fiorente in epoca romana, come ricorda anche Orazio, la città (vedi anche servizio seguente) decadde nel Medioevo per motivi che non conosciamo e probabilmente il transito si spostò più nell’interno.
Ai piedi della salita verso Locorotondo, molte sono le tracce dei secoli seguenti al Mille. La chiesetta di Seppannibale (cioè Giuseppe Annibale), quasi sperduta nelle campagne in Contrada Facianello a 2 chilometri dalla statale tra Fasano e Monopoli, è una minuscola cappella a cupola, dove sopravvivono tracce di affreschi ancora oggi studiati dagli archeologi: basta chiedere con cortesia le chiavi alla masseria vicina per avere l’opportunità di una visita. Più a sud, poco prima di entrare a Brindisi, il grande viadotto romano di Apani era stato costruito sul corso della Traiana, mentre in città si trovava la coppia di colonne gemelle (forse i sostegni di un fanale) che segnavano il termine della strada voluta da Traiano.
Ultima tappa di questo lungo viaggio verso sud è Otranto “ki est en chef de Poille”, come scrisse Filippo Augusto. Nella cattedrale si conserva l’eccezionale mosaico che l’arcivescovo Gionata commissionò al prete Pantaleone e che fu terminato negli anni fra il 1163 e il 1165. I soggetti dell’impressionante tappeto di pietra sono i più vari: scene tratte dai romanzi cavallereschi, dalla Bibbia, dai Vangeli Apocrifi, da racconti ebraici e da leggende arabe. Al termine di un lunghissimo viaggio partito dal Gran San Bernardo, qui si concludeva l’avventura dei viaggiatori medioevali in Italia. E da questo porto ne cominciava una nuova e ancor più favolosa e pericolosa: il viaggio verso la Terra Santa, i suoi campi di battaglia e la basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.

PleinAir 430 – maggio 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio