Cuore di maschera

Quello di Castrovillari è considerato uno dei dieci più importanti Carnevali d'Italia: una coreografica kermesse con oltre mille figuranti, che sfilano attraverso il centro abbigliati nelle fogge più varie.

Indice dell'itinerario

Era il 1635 quando a Castrovillari fu rappresentata per la prima volta, nel periodo carnevalesco, la farsa dialettale Organtino di Cesare Quintana, dedicata alla figura di un massaro. Proprio a quello spettacolo di impronta contadina risalirebbero il teatro popolare in vernacolo calabrese e i festeggiamenti della cittadina del Pollino: ma per veder nascere il Carnevale di Castrovillari nella sua forma moderna si deve compiere un salto nel tempo di oltre quattro secoli. La prima edizione si è tenuta infatti nel 1959 e da allora si è ripetuta puntualmente ogni anno, giungendo così al quarantanovesimo appuntamento. Nel corso di questo mezzo secolo, poi, lo spettacolo si è talmente evoluto da coprire ormai l’intera decade precedente il Martedì Grasso, con un articolato programma di intrattenimenti che si sviluppa lungo le strade del centro.
Tutto ha inizio con la presentazione di Re Carnevale che, accompagnato dai Vignaioli del Pollino, offre un brindisi di benvenuto ai partecipanti della festa in maschera. I giorni successivi vedono lo svolgersi di sfilate in costume di adulti e bambini, gare di danza, tornei sportivi, cineforum e musica dal vivo che costituiscono il ricco calendario delle manifestazioni collaterali. Tra queste, la riproposta dell’antica tradizione popolare detta Chiamata dei Compari o A’ Sirinata d’à Savuzìzza, durante la quale alcuni amici si radunano per cantare stornelli a parenti e conoscenti in cambio di un bicchiere di vino e di un pezzo di salsiccia. Altra occasione di grande allegria sono le scorribande di attori professionisti mascherati, con incursioni tra la folla per impartire lezioni sull’arte del travestimento e mettere in scena divertenti siparietti. Nei rari momenti in cui manca un’attrazione specifica, il pubblico si dirige in Piazza Municipio fra gli stand di truccatori, ritrattisti e caricaturisti a disposizione di quanti vogliono sottoporsi gratuitamente alle loro cure. Recenti innovazioni hanno apportato ulteriore prestigio alla kermesse con l’introduzione del Premio Cultura, del Premio Pitrè (considerato una sorta di Nobel dell’antropologia) e del Festival del Folklore al quale ogni anno partecipa un paese straniero diverso che presenta la propria cultura tradizionale con usi, costumi, danze e canti.
Ma il principale richiamo del Carnevale rimangono i corsi mascherati del Martedì Grasso e della domenica precedente, che impegnano oltre mille figuranti in una indimenticabile coreografia: mesi di lavoro sono necessari per creare i costumi, confezionati da capaci artigiani all’insegna della più colorata e fantasiosa varietà. L’appuntamento è di pomeriggio in Corso Garibaldi, che viene transennato nella parte finale sino a Piazza Municipio dove il corteo giungerà sul far della sera: se però si vogliono apprezzare i travestimenti in tutta la loro magnificenza e ancora alla luce del sole, il consiglio è di risalire l’ampio corso per un paio di chilometri portandosi in Via Polisportiva, presso la partenza, dove non ci sono transenne o altri impedimenti alla vista e all’obiettivo della macchina fotografica. Lo spettacolo è fra i più coinvolgenti che si possa immaginare: i gruppi, infatti, non si limitano a sfilare tra la folla ma intrecciano balli con gli astanti e realizzano veri e propri quadri viventi, con l’accorta regia di numerose scuole di danza del circondario che preparano al meglio i propri allievi non solo per divertire il pubblico, ma anche con la speranza di vincere il premio messo in palio dall’organizzazione.
Solo dopo qualche ora, con l’arrivo dell’ultimo gruppo dinanzi al palco di Piazza Municipio e con l’esibizione degli ospiti stranieri e dei gruppi folkloristici locali, si conclude la grande manifestazione che ancora una volta ha saputo richiamare visitatori da tutta la Calabria e dalle regioni del circondario.Un giro in città
Il Pollino, con i suoi 2.248 metri, domina l’abitato che nel tempo ha visto una notevole espansione oltre i confini della Civita, il cuore antico di Castrovillari. Corso Garibaldi, lungo e ampio come vollero nell’800 gli ingegneri di Gioacchino Murat, attraversa il centro in tutta la sua lunghezza costituendo il naturale riferimento per la visita. Sulla centralissima Piazza Municipio, a metà del corso, si affacciano il palazzo comunale (già monastero delle Clarisse) e l’adiacente chiesa di San Francesco. Percorrendo in discesa il viale alberato si incontrano, in Piazzetta Vittorio Emanuele, i due palazzi Gallo; più avanti ci si troverà al termine della strada chiusa dalla mole del settecentesco Palazzo Cappelli, con balconate in ferro battuto. Svoltando a sinistra su Via Mazzini, dopo pochi metri si incontra la bottega di Gianni Cherillo, uno scultore che sarà ben lieto di mostrare i lavori in pietra esposti nel proprio laboratorio.
Tornando sui propri passi e girando intorno a Palazzo Cappelli, si passa dinanzi alla chiesa di Santa Maria di Costantinopoli e alla fontana medioevale con mascheroni in pietra per entrare nel borgo più antico, dominato dal Castello Aragonese. I lavori di restauro in corso lasciano intravvedere solo il perimetro esterno, racchiuso ai quattro angoli da torri cilindriche; lo stemma della casa reale d’Aragona sormonta il portale dell’edificio, adoperato soprattutto in funzione di carcere tanto che, a ricordo di un gruppo di briganti lasciati morire nelle segrete durante l’occupazione napoleonica, è stato ribattezzato con il nome di Torre Infame.
Addentrandosi fra le case addossate l’una all’altra, si attraversa il quartiere ebraico per giungere al Protoconvento Francescano, divenuto il fulcro della vita culturale cittadina. Fondato nel 1220 da Pietro Catin, discepolo del Poverello d’Assisi, fu utilizzato anche come ospedale e poi trasformato in caserma: duramente colpito dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, è tornato a nuova vita grazie alle iniziative che vi si svolgono. Un bel portale in pietra apre su due chiostri, apparentemente identici ma costruiti in epoche diverse, ornati da numerosi pilastri; da qui si accede al teatro ricavato nei locali delle scuderie, alla sala bar e, tramite un’ampia scalinata, al piano superiore che ospita la pinacoteca, con opere del pittore castrovillese Andrea Alfano, e il Museo Civico, in cui è conservata una ricca collezione di reperti archeologici. Dal Protoconvento si osserva infine il Conservatorio delle Pentite, un ricovero ormai in disuso per le donne che desideravano espiare la vita immorale condotta fino ad allora, mentre sullo sfondo si levano, ad abbracciare il panorama, le montagne del Pollino chiazzate dalla neve di febbraio.

PleinAir 415 – febbraio 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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