Cuore di fiume

Sul Ticino lombardo, fra borghi rinascimentali e cittadine industriali, per vivere con tutti gli strumenti del pleinair una natura sorprendentemente intatta e pienamente fruibile grazie alle iniziative di un parco che funziona.

Indice dell'itinerario

Lo chiamano il Fiume Azzurro per la trasparenza cristallina delle sue acque, che scorrono come una lingua celeste nel bel mezzo del verde in chiaroscuro di prati e boschi. Una leggenda metropolitana continua a sostenere che sia, se non potabile, sicuramente balneabile. E anche se da più parti si sta scoraggiando o addirittura vietando l’abitudine di farci il bagno, il Ticino resta uno degli angoli più selvaggi e incontaminati della Pianura Padana. Un fiume dal corso libero e privo di argini, un vero polmone di natura nel cuore produttivo, agricolo e industriale del Norditalia. Praterie di ranuncoli bianchi o nannufari gialli si affacciano sulle dolci rapide come un tappeto ondeggiante, il raro gladiolo palustre o l’iris siberiano sbocciano ai margini dei prati umidi, gli ultimi residui di foresta planiziale di ontani e salici coperti di edere e liane danno rifugio a tassi, volpi, scoiattoli, ghiri, donnole, puzzole, cinghiali e al raro capriolo, da poco reintrodotto, che di tanto in tanto attraversa il sentiero in un solo balzo dando all’escursionista appena il tempo di notare il bianco delle terga. Persino la timida lontra, molto esigente in fatto di pulizia dell’ambiente e disturbo umano, ha fatto capolino sulle sponde grazie a un progetto pilota.
Centodieci chilometri di parco in territorio lombardo – oltre al più breve tratto piemontese a settentrione, anch’esso posto sotto tutela – ne fanno l’area fluviale protetta più lunga d’Europa, 22.000 ettari quasi completamente intatti (poco meno di un quarto della superficie totale, che ammonta a oltre 90.000 ettari comprendendo le zone agricole e quelle urbanizzate). Una lunga via d’acqua che collega le Alpi svizzere, dove il fiume nasce, con le sponde del Lago Maggiore, poi con le rive del Po e quindi con gli Appennini formando un corridoio che permette il passaggio e la sopravvivenza di quasi 1.700 specie diverse di avifauna e la nidificazione di alcune di esse oggi considerate a rischio: le garzaie sono frequenti, con colonie miste di ardeidi gregari come nitticore, aironi cinerini o guardabuoi ma anche, tra i canneti delle rive, i nidi isolati del raro airone rosso e del tarabuso, dato altrove per estinto. Nelle acque cristalline delle rogge, i canali artificiali per l’irrigazione, si possono ammirare le evoluzioni subacquee del simpatico tuffetto, un piccolo anatide che somiglia alle paperelle giocattolo, ma anche le immersioni dell’elegante svasso o della rumorosa folaga. In alto, sopra le radure, le piccole isole sabbiose o le anse dai greti più scoperti, è possibile scorgere il volo planato del falco pescatore o dell’aquila anatraia, mentre nei rami fluviali senza sbocco, le lanche più isolate e pulite, sopravvivono la tartaruga palustre europea e persino il gambero di fiume. Ideale per un weekend o un ponte di vacanza, il Ticino regala insomma in un colpo solo atmosfere da foresta continentale, da giungla temperata, da fiume tropicale e da palude selvaggia.

In camper
La visita al Parco Regionale del Ticino Lombardo non può che iniziare dalla sede operativa del Centro Parco La Fagiana, a Ponte Vecchio di Magenta. Si raggiunge facilmente dalla strada Boffalora-Magenta, seguendo le indicazioni, ed è dotato di un ampio parcheggio asfaltato di fronte a un allevamento di bovini; non c’è molta ombra perché gli alberi piantati sono ancora giovani, ma non ci sono neppure divieti e il pernottamento è concesso, ovviamente con la massima educazione. All’interno dell’area, ex riserva di caccia di 600 ettari dove si arriva percorrendo poche centinaia di metri a piedi lungo l’asfalto chiuso da una catena, è attivo un centro visitatori con un piccolo museo-laboratorio, un diorama sull’ambiente del bosco e un centro di recupero rapaci della Lipu, visitabile su prenotazione per ammirare alcuni esemplari di gufi, poiane e civette purtroppo incapaci di tornare in libertà. In queste anse è stato inoltre attivato il Progetto Lontra, con l’acclimatamento di alcuni esemplari prima della liberazione, mentre nel tratto più agevole della riserva è allestito un trekking per non vedenti.Superata Abbiategrasso, dove valgono una visita il Castello Visconteo, la chiesa di Santa Maria Nuova con elegante quadriportico e l’ex complesso conventuale dell’Annunziata, ci si immette sulla strada principale per Vigevano, bellissima cittadina rinascimentale ridisegnata per volere di Ludovico il Moro alla fine del XV secolo. Per la visita a piedi, che avrà come meta principale il Castello Visconteo Sforzesco, è possibile parcheggiare fuori le mura lungo la strada principale per Mortara, con disco orario o nei posteggi a pagamento. Prendendo invece da Abbiategrasso la provinciale 526 per Pavia si incontra l’abbazia di Morimondo, esempio di architettura cistercense evoluta ma anche sede del Centro di Etica Ambientale, da cui partono alcuni interessanti percorsi in mountain bike. Seguendo le stradine secondarie, piccole ma transitabili con un po’ di attenzione, si arriva a Besate, altro centro del parco, dove si notano le indicazioni di alcuni accessi al fiume; qui troverete piazzole erbose per la sosta. Nei pressi del piacevole borgo di Motta Visconti, anch’esso in forme rinascimentali, si può raggiungere su uno stretto asfalto il Centro Parco di Geraci, posto lungo il fiume, con un ampio piazzale sterrato dove è possibile il pernottamento. Lungo uno sterrato chiuso ai mezzi a motore ha sede il centro canoistico Onda Blu, che affitta kayak e organizza escursioni di rafting in gommone, mentre nel posteggio vicino al ristorante si noleggiano rampichini per escursioni ben segnalate lungo il Ticino.

Proseguendo ancora verso Pavia si trova il piccolo centro storico di Zelata da dove inizia un bel tratto del sentiero europeo E1, percorribile ad anello, mentre poco più avanti si incontra il pittoresco ponte di chiatte di Bereguardo: il passaggio sulle barche è consentito solo a veicoli non oltre i 35 quintali di peso e con altezza massima di 270 centimetri, quindi i mezzi di dimensioni o stazza superiore dovranno portarsi sull’altra sponda del Ticino imboccando la A7 a Bereguardo-Pavia Nord e percorrendola in direzione Genova fino al casello successivo, Gropello Cairoli-Pavia Sud. Dall’uscita si raggiungono in breve Zerbolò e, seguendo i cartelli, il Centro Cicogna Bianca e la B>Cascina Venara: da non perdere il pasto delle cicogne verso le cinque del pomeriggio, anche se gli agili trampolieri sono ben visibili a tutte le ore nei nidi. Alla Cascina è attivo inoltre un centro ippico con cavalli della Camargue.
Continuando a dipanarsi in una serie di meandri, il Ticino si prepara a confluire nel Po: ma prima, prendendo da Zerbolò una bella stradina piuttosto stretta da affrontare con pazienza e perizia per osservare le anse del fiume tra splendidi scorci e panorami, si potrà concludere il giro a Pavia. Al capoluogo si può giungere in alternativa da Gropello Cairoli, prendendo per Carbonara e infine per la città, o reimmettendosi sulla A7 in direzione Milano e poi sul raccordo autostradale che sbocca a ridosso del centro.

In canoa
Il Ticino è il fiume ideale non solo per un primo approccio al pleinair itinerante, ma anche per la canoa escursionistica o per i principianti della pagaia che possono affrontare le prime discese, quando non c’è piena, anche con kayak sit-on-top: nella stagione estiva non si formano infatti rapide o acque bianche veloci che richiedano particolari abilità. L’esperienza più agevole è la semplice discesa del fiume, seguendo il corso principale con la maggior portata. Si può deviare di tanto in tanto in qualche lanca secondaria, dove l’acqua è tranquilla e gli animali prosperano, per riposarsi dalla corrente o perché, come spesso accade, si è perso il ramo maestro; se avete voglia di fermarvi a riflettere senza pagaiare, portatevi su un ciuffo di ranuncoli che vi terranno fermi per qualche minuto. E’ comodo mettere le canoe in acqua da Vigevano, a Lido Ticino, oppure dal centro visite di Motta Visconti, ricaricandole poi al ponte di chiatte di Bereguardo o, più a valle, all’ingresso di Pavia, dove però sarà necessario risalire l’argine di cemento e gli scalini a mano.
Il Canale Scavizzolo permette invece di esplorare uno degli angoli più selvaggi del fiume. La corrente non è forte, tanto che si possono anche affrontare gli ultimi 2 chilometri in risalita visitando il Canale Vecchio e i suoi ambienti incontaminati (una delle ultime zone del parco in cui vive la tartaruga palustre), ma sono comunque necessari numerosi trasbordi a causa di vari ostacoli e spesso anche alberi e detriti che ostruiscono la via. Non c’è il rischio di perdersi, ma spesso una costante indecisione sull’itinerario da seguire: tuttavia l’esperienza è delle più suggestive, permettendo di entrare in contatto con un ambiente veramente unico. Nel complesso l’itinerario si sviluppa per una dozzina di chilometri e richiede, se non si incontrano imprevisti e con buona portata d’acqua, da 4 a 5 ore circa. Il percorso inizia circa 3 chilometri a valle del ponte ferrostradale tra Abbiategrasso e Vigevano; 200 metri dopo la Lanca dell’Ajala, sulla sponda destra, c’è una presa d’acqua che in breve porta allo sbarramento da cui origina la Roggia Castellana. Si scende quasi paralleli al fiume su un percorso complicato dall’acqua bassa, che obbliga a vari passaggi a piedi per superare chiuse e altri sbarramenti. Indispensabili anche deviazioni su rami apparentemente secondari: appena prima della seconda porta, sulla sinistra, uno sfioramento d’acqua forma il canale naturale del Selvatico, che attraversa i boschi del Mercalli e il Pubié con ampie curve tra querce, robinie e noccioli. Nel bosco del Modrone il canale si divide, dà origine alla Roggia Magna e diventa finalmente lo Scavizzolo. Risorgive e scoli di fossi irrigui ne hanno intanto aumentato la portata; poco prima della Villa Ronchi riceve le acque melmose della Roggia Moretta e diventa navigabile senza impedimenti. Si transita ora nel bosco del Tachin ricco di acque, dossi, lanche e querceti, con un altro sbarramento artificiale che impone un trasbordo. L’apporto delle acque del Cavo Nuovo, nei pressi della Cascina Portalupa, vivacizza la corrente nel tratto più suggestivo dello Scavizzolo dove saliconi e noccioli restringono l’alveo. Superato un ponte in ferro per la Cascina Torricella, l’acqua rallenta e l’alveo si allarga: a sinistra entrano le acque pulitissime del Canale Vecchio, che si fanno largo tra crescione, tife, canne e salici. Ancora un chilometro e il ponte di legno della Valanzuola, assieme all’apporto del canale Cerro (cièr in dialetto, cioè chiaro, pulito), preannunciano il Ticino quasi confuso con la lunga Lanca della Zelata, a meno di 3 chilometri dal ponte di barche di Bereguardo.

PleinAir 418 – maggio 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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