Crociata di pace

Dalla Turchia alla Siria e dalla Giordania a Israele: otto equipaggi in camper ripercorrono la Via dei Crociati. Non vanno a liberare il Sacro Soglio: più semplicemente vanno a sentirsi figli di Dio, uomini liberi tra gli uguali nella terra che fu dei Padri.

Indice dell'itinerario

L’assetto politico odierno e la storia più recente hanno posto una cortina tra lo stato di Israele e i suoi confinanti Siria e Giordania; eppure quell’area, oggi ripartita tra diverse nazioni e soggetta a status giuridici tra i più vari, con legami complessi e implicazioni per noi difficilmente analizzabili, fu la culla delle civiltà mediorientali e quindi della storia del mondo occidentale. Il nostro “pellegrinaggio” ci ha portati a ripercorrere la Via dei Crociati, andando a toccare siti archeologici risalenti fino a 11.000 anni fa: egizi, assiri, babilonesi, ittiti, greci, romani, arabi e turchi hanno lasciato il proprio segno tra le montagne, i deserti e i fiumi del Medio Oriente. E poi, a dir la verità, un altro motivo ci ha spinto fin laggiù. Se in trent’anni di vita camperistica l’Europa del Sud e il Nordafrica abbiamo avuto modo di conoscerli piuttosto bene, all’appello mancava ancora la Terra Santa. Siria e Giordania hanno più volte ricevuto attenzione sulle pagine di PleinAir, mentre è con una piccola punta di compiacimento che vi proponiamo per la prima volta un’esperienza in camper attraverso lo stato di Israele.

Siria
Due giorni di nave da Bari a Cesme, in Turchia, e la rapida traversata del paese ci portano a Iskenderun, in prossimità del confine. La nostra prima meta siriana è Aleppo, seconda città dopo la capitale Damasco e insediamento di antichissime origini (vi sono testimonianze che risalgono addirittura al XVIII secolo a.C.). La sua storia più recente, legata alle vicende dell’impero ottomano, è ben leggibile nei resti della città antica, purtroppo devastata da un terremoto. Per la visita, che richiede almeno una giornata, ci siamo rivolti con successo al gestore del campeggio dove abbiamo sostato (vedi Buono a sapersi); in alternativa è possibile servirsi dei taxi collettivi disponibili in città.
Conviene iniziare dalla cittadella medievale (fatta costruire nel 1189 dal Saladino per resistere all’assedio dei Crociati), posta su una collina che domina la città, cui si accede percorrendo il suk, il grande mercato giornaliero. Tra gli edifici sacri ricordiamo la sfarzosa e imponente Grande Moschea degli Omayyadi; il suo minareto, alto circa 47 metri, è a detta degli studiosi la più notevole opera architettonica di tutta la Siria.
Fuori città sorge la basilica di San Simeone Stilita, eretta nel luogo dove il santo trascorse la vita assiso su una colonna (in greco stylos). Della colonna in verità non rimane che un masso, mentre ben conservato è il grandioso complesso circostante, composto da quattro basiliche che formano un cortile ottagonale. Nelle vicinanze vi sono i resti di alcune tombe romane scavate nella roccia e ornate di pitture, con iscrizioni in lingua greca.
L’agevole autostrada N4 ci porta verso sud. All’altezza di Sraqeb deviamo per Ebla, insediamento che ebbe il suo splendore nel periodo altosiriano. Dei suoi famosissimi archivi ci sono pervenute 15.000 tavolette in argilla con iscrizioni in lingua sumera; una parte di queste presenta la doppia grafia sumera e greca, e ciò ha consentito l’opera di traduzione, tuttora in corso.
Raggiunta Ma’arrat an Nu’man puntiamo verso gli imponenti resti delle “città morte” di Al Bara e di Athakya, immersi in sterpaglie o incastonati fra orti e terreni coltivati.
La maggiore attrazione dell’antico centro di Hamah sono le Norie, gigantesche ruote in legno (del diametro di 20 metri) anticamente utilizzate per rifornire di acqua città e campagne. Prima di Homs seguiamo l’indicazione per Tartus e quindi per Qal’at al Husn. In cima a una collina, dopo il borgo antico di Hosn, raggiungibile per una ripida e stretta strada c’è il ben conservato Krak dei Cavalieri, uno dei molti castelli edificati dai Crociati per sorvegliare il passaggio del traffico da e per il mare.
Palmira, 130 chilometri più ad est, è una delle mete più classiche della Siria. Ricorderemo solo il tempio di Bel, ricco di dipinti e sculture, gli scavi del Grande Colonnato, il tempio di Nabo, l’Agorà, il Tetraphylon, il tempio funebre. L’escursione a piedi al castello, non molto ben conservato, offre una splendida visuale sull’area archeologica.
La nostra traversata della Siria prosegue in direzione di Damasco lungo la bellissima strada del deserto (la N7), punteggiata di centri abitati e coltivazioni. All’altezza di Adra deviamo verso Maalula, suggestivo insediamento abbarbicato su una roccia alle falde dei monti Al Qalamoun, sotto il monastero di Mar Sarkis. Purtroppo le moderne costruzioni e il turismo hanno in parte pregiudicato il fascino originario del luogo.
Della capitale Damasco, le cui origini (stando alle tavolette di Ebla) sono attestate al 2500 a.C., sono da vedere la cittadella, i musei, la Grande Moschea e l’immancabile suk. Attraversato il centro con qualche difficoltà prendiamo la N5 verso sud e seguiamo l’indicazione per Ezra. Qui visitiamo due importanti chiese: la basilica di San Giorgio risalente al VI secolo, di culto greco ortodosso, e la chiesa di Sant’Elia, pure del VI secolo, di culto greco cattolico. Vale la pena citare, tra i tanti e piacevoli momenti di contatto con la tradizionale ospitalità araba, l’accoglienza ricevuta dalla comunità di Esra, dove abbiamo potuto parcheggiare nel cortile della chiesa di San Giorgio il nostro “caravanserraglio”.
Proseguendo sulla N10 ci dirigiamo verso As Suwaida’, città moderna la cui unica attrazione è il museo, che conserva reperti dalla preistoria al periodo romano e mosaici, provenienti dallo Shebba, di eccezionale bellezza e integrità. Ultima tappa in territorio siriano è Bosra, antico insediamento romano (vero gioiello il teatro perfettamente conservato). Ripresa l’autostrada all’altezza di Dar’a raggiungiamo in breve la Giordania.

Giordania
Non molto distante dal confine, Jarash (o Gerasa) è costruita sulle colline del Gilead e divisa in due da un piccolo fiume; il luogo, come attestano i reperti, fu popolato sin dall’età neolitica, ma è sotto il dominio romano che la città raggiunse il massimo splendore. Di quell’epoca conserva il teatro (dove si svolge l’annuale festival di musica folcloristica), il circo massimo, le terme e una piazza colonnata di insolita forma ellittica, mentre sulla parte occidentale si trova la zona degli scavi.
La nostra discesa in linea retta attraverso la Giordania ci porta ora a Ma’daba, il cui monumento più notevole è la chiesa di San Giorgio, con i resti di un grande mosaico del VI secolo d.C. raffigurante l’antica Palestina. Facendo base in questa città, sotto l’ala rassicurante della polizia turistica visitiamo il Monte Nebo, a circa 10 chilometri, e la capitale Amman, vivace e caotica.
Superata Amman, prendiamo la N30 diretti ai cosiddetti Castelli del Deserto (vedi PleinAir n. 304), situati nell’arida e stepposa zona delle colline a est della città.
Si tratta di costruzioni risalenti al tempo dei Crociati ma, a differenza di analoghi edifici situati a sud lungo la Strada dei Re con scopi difensivi, poco si sa della funzione dei castelli dell’est, quasi tutti isolati. Nella zona visitiamo i castelli Qasr Hellahat, Al Azraq (noto in quanto fu il quartier generale di Lawrence d’Arabia durante la guerra contro i Turchi), Qasr Amra (dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità), Al Qatrani (residenza degli Omayyadi) e, riprendendo la Strada dei Re, quello di Kerak (in posizione dominante e strategica, tra Shobak e Gerusalemme).
Facciamo una breve sosta ai ruderi del castello di Shobak, più a sud; ripreso il viaggio, dopo una quarantina di chilometri eccoci a Petra, sicuramente il punto focale della visita in Giordania (vedi PleinAir n. 304). Al regno dei colti e raffinati Natabei ben si addicono le parole del viaggiatore Dean Burgon: “Trovatemi un’altra meraviglia così ben conservata nel Medio Oriente, una città rosa, antica quanto la metà del tempo”.
Riprendiamo il nostro cammino e scendiamo sempre più verso sud, dapprima sulla Strada dei Re e quindi sull’autostrada fino alla deviazione per il deserto del Wadi Rum. L’occasione è propizia per un’escursione guidata su fuoristrada noleggiabili in loco, con tanto di cena berbera sotto le tipiche tende. Famoso per le formazioni rocciose dalle forme bizzarre, il Wadi Rum fu il teatro delle imprese dell’enigmatico Lawrence d’Arabia, che ebbe a definirlo “vasto, echeggiante e divino”.

Israele e Palestina
Il nostro primo impatto con lo stato di Israele avviene alla frontiera di Al’Aqabah.
Sorridenti e gentili, le donne soldato che presidiano il confine non mancano di farci un certo effetto; eppure il loro approccio quasi suadente maschera le tensioni politiche di questa nazione. Di fronte a noi si affaccia una delle estreme propaggini del Mar Rosso, il Golfo di Al’Aqabah.
La nostra prima meta è Elat, a 3 km dal confine, sul lato occidentale del golfo. E’ appollaiata sulla costa dei monti En Natatum, e il suo maggiore motivo di attrazione è l’Oceanario, uno dei più grandi punti di osservazione marina del mondo. Città di antica origine, attestata sin dai tempi di Re Salomone, Elat in seguito cadde nell’oblio per risorgere solo in questo secolo negli anni ’50, diventando un importante punto di riferimento turistico e commerciale con porto e aeroporto.
Risaliamo a nord addentrandoci nel deserto del Negev, e dopo circa 30 km seguiamo le indicazioni per la riserva naturale del Parco di Timna (quello delle Miniere di Re Salomone), attraversato da un percorso ben segnalato. Grazie alla piantina fornita all’ingresso si possono osservare i graffiti detti del Chariot, massi di varie forme (come l’Arco e il Fungo) e le famose Colonne di Re Salomone, concrezioni di rocce modellate dal tempo. Tutt’intorno fanno da corona i monti Berekh, Eteq e Gadna.
Costeggiamo il confine con la Giordania e dopo circa 90 km prendiamo la N25 diretti all’interno del deserto, in direzione Dimona; deviamo quindi per la N206, raggiungendo in breve i resti di Mamshit. La città fu costruita dai Nabatei nel IV secolo a.C. e successivamente abitata da romani e bizantini. A Sede Boqer visitiamo il kibbutz dove è posta la tomba di Ben Gourion, padre fondatore dello stato di Israele. La visita di un kibbutz è di grande interesse e ci ha messi a contatto con un aspetto originale della cultura di Israele.
Puntiamo a nord verso il Mar Morto, incontrando molti attendamenti di beduini arabi; tralasciate Be Er Sheba e Arad, sempre immersi in uno scenario desertico arriviamo alla grande depressione del Mar Morto, 400 metri sotto il livello del mare.Masada, città antichissima che sorgeva su un massiccio isolato dove Maccabeo ed Erode eressero una roccaforte, ebbe una vicenda drammatica: gli abitanti preferirono morire in massa piuttosto che arrendersi all’assedio romano. La storia è documentata dagli scavi della cittadella che hanno riportato alla luce l’antico insediamento. Vi si accede per un ripido viottolo che si arrampica lungo la costa, o per mezzo di una più comoda cabinovia.
Lungo la costa del Mar Morto facciamo tappa ancora a En Gedi (dove c’è anche un porticciolo da cui partono imbarcazioni turistiche) per cercare la famosa sorgente che sgorga dalle rocce, raggiungibile seguendo un sentiero. Quindi proseguiamo diretti a Gerico, e giunti a Ma Agant pieghiamo verso est fino all’incrocio con la N1.
A Gerusalemme, troviamo un comodo parcheggio all’ingresso delle mura. Vorremmo raggiungere Nablus, più a nord. Giunti a Kefar Sava, imbocchiamo la 55 e attraversiamo in compenso lo spettacolare deserto della Assamirah. Solo l’aiuto di una donna soldato ci consente di trovare le rovine di Samaria, ricca e importante città del passato che raggiunse il suo massimo splendore sotto Re Erode. Più volte distrutta e ricostruita nel corso dei secoli, conserva ancora la via colonnata e l’anfiteatro.
Lasciata Sebastia prendiamo la 57 in direzione Natanya, che sorpassiamo dirigendoci verso nord.
Qesarya (Cesarea per i latini) è una ricca meta turistica. Proprio in riva al mare dominano i resti di un bellissimo acquedotto; poco distante sono gli scavi dell’antica Cesarea: risale al III secolo a.C., e la sua magnificenza fu nota in tutto il mondo.
Le occupazioni che si sono susseguite nei secoli hanno lasciato la miglior traccia in diversi edifici come il teatro, l’ippodromo, l’acquedotto, la sinagoga e vari colonnati, tutti in buono stato di conservazione.
Seguendo la 65 in direzione nord-est arriviamo a Megiddo. Posta su un’altura, la città è il punto d’accesso alla vallata dell’Esdralon, che fu teatro di epiche battaglie per il controllo della via verso l’Africa e il Mediterraneo: la derech Hayam del Vecchio Testamento, ovvero la Via Maris dei romani.

Sulle tracce di Gesù
Nazareth è la più grande città araba in Israele, e i suoi abitanti sono per la maggior parte cristiani. Nella ‘culla della cristianità’ sono ben sette le chiese presenti.
La città è un dedalo di stretti vicoli e strade e la Chiesa dell’Annunciazione sorge nel luogo in cui l’Arcangelo apparve a Maria. Nello stesso complesso c’è la chiesa di San Giuseppe o della Sacra Famiglia, dove sarebbe esistita la bottega del santo falegname. Ci troviamo ormai nella regione della Galilea, i cui verdi paesaggi sono in netto contrasto con il desertico sud di Israele.
Il Mare di Tiberiade o di Galilea è un altro luogo strettamente legato alla vita di Gesù: qui egli chiamò i primi apostoli a seguirlo, compì il miracolo dei pani e dei pesci, camminò sulle acque. Negli ultimi decenni sono state riportate alla luce le rovine dell’antico insediamento, con una parte archeologica posta sulle rive del lago e vicino al centro, facilmente raggiungibile a piedi.

Nella Città Santa
Tre grandi religioni monoteistiche identificano in Gerusalemme un loro punto di riferimento fondamentale. Il Santo Sepolcro per i cristiani, il Muro del Pianto per gli ebrei e la Moschea di Omar per i musulmani sono i simboli di questa città dove la differenza è fonte di lacerazione. Fra le molte porte esistenti per l’accesso alla città vecchia noi abbiamo scelto quella di Jaffa, la più vicina al nostro punto base.
Importanti sono anche le porte di Damasco, il Golden Gate (posto nella zona antistante il Monte degli Ulivi) e la Porta di Santo Stefano, in corrispondenza della Via Dolorosa.
Per la visita (una pianta dettagliata si può acquistare nelle vicinanze degli ingressi) abbiamo seguito un percorso in senso antiorario a partire dal quartiere armeno, con la cattedrale di San Giacomo e il monastero, per poi dirigersi a sud, verso il quartiere ebraico. Qui troviamo la scala che raggiunge il Muro del Pianto e il grande piazzale Haram es Shari, dove sorgono a destra la moschea di El Aqsa e al centro la moschea di Omar o della Roccia.
Usciamo dal piazzale per entrare nel quartiere musulmano, verso la Porta di Santo Stefano. Raggiunta la porta e il monastero di Sant’Anna prendiamo la Via Dolorosa alla volta del quartiere cristiano, dove si trovano il Santo Sepolcro e la Custodia della Terra Santa, per poi uscire dalla Porta Nuova.

E venne in una grotta…
Per raggiungere Betlemme, abbiamo preso uno dei tanti pullman che la collegano a Gerusalemme, distante soli dieci chilometri. Negli ultimi decenni la città ha visto una notevole espansione tutt’intorno alla Chiesa della Natività, costruita sul posto della grotta dove nacque Gesù, meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. La chiesa, caduta in degrado nei secoli successivi, venne restaurata e riportata in auge dai Crociati. La particolarità della costruzione è il fatto che a utilizzarla – talora con qualche frizione – sono ben tre comunità cristiane: cattolica (rappresentata da un frate francescano), armena e greco-ortodossa.

PleinAir 320 – marzo 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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