Come Robinson sull'isola

La pioggia degli ultimi giorni ha reso impraticabile, a meno che non si guidi un mezzo a quattro ruote motrici, lo sterrato sabbioso che da Rainbow Beach porta a Inskip Point, da dove parte il traghetto per Hook Point, su Fraser Island...

Indice dell'itinerario

La pioggia degli ultimi giorni ha reso impraticabile, a meno che non si guidi un mezzo a quattro ruote motrici, lo sterrato sabbioso che da Rainbow Beach porta a Inskip Point, da dove parte il traghetto per Hook Point, su Fraser Island. A differenza di sette anni fa (la mia prima volta sull’isola), siamo costretti a trovare una diversa soluzione. Allora, arrivati a Inskip Point con un pick-up che portava sul cassone un dinghy (piccolo battello a remi) e un carrello a traino con catamarano, io e Maria Cristina ci siamo imbarcate sul traghetto, mentre Peter, con catamarano e dinghy al seguito con tutta l’attrezzatura, ha veleggiato verso la sponda opposta. Questa volta siamo in cinque, l’attrezzatura per sopravvivere nel nulla è cresciuta, il passaggio per mare da Rainbow Beach molto più lungo, quindi decidiamo di farci accompagnare, con parte dei bagagli, da un motoscafo: Peter ci raggiungerà col catamarano in un punto della spiaggia conosciuto anche al nostro Caronte che verrà a prenderci fra cinque giorni con l’alta marea.
A perdita d’occhio solo una immensa spiaggia, dune di sabbia con vegetazione pioniera e, subito dietro, la foresta; sulla battigia un mare di bagagli: tende, sacchi a pelo, coperte, cuscini, torce, viveri, pinne, boccagli, teli cerati. La striscia verde oltre la sabbia bianchissima, ora alle nostre spalle, è la lussureggiante foresta tropicale: eucalipti, mimose, banksia, cipressi, satinay, casaurina… Fraser Island è un evento geologico raro: tranne poche rocce basaltiche all’altezza di Indian Head, sul Pacifico, tutta la vegetazione poggia le sue radici sulla sabbia; i suoi laghi e ruscelli scorrono a livelli ben più alti della falda acquifera sotterranea: galleggiano su una base di finissimo limo divenuto impermeabile che impedisce di filtrare negli strati più bassi.
Sono cinque giorni di assoluto relax, attorno non c’è anima viva, solo un dingo si avvicina nella notte per avere cibo ma noi, rispettosi delle norme vigenti sull’isola, evitiamo di rifocillarlo. Un boschetto di mangrovie che spunta su una lingua di terra non lontana dal campo è il luogo scelto per rifornirci di esche: individuata da buchi nella sabbia la zona giusta, Peter vi affonda una strana pompa a stantuffo, aspira la sabbia e poi la lascia cadere in terra insieme coi gamberetti. Sono graditi ai pesci che stazionano non lontano dalla riva.
Il primo pomeriggio si esce col catamarano a gettar trappole per i granchi: non abbiamo fortuna ma la spedizione è ricompensata dall’avvistamento di delfini che giocano a rincorrersi tra le onde. I delicati merletti formati dalle palline di sabbia arrotolate dai granchi fantasma sono cancellati stamattina, a un centinaio di metri dal nostro campo, dalle impronte lasciate da un’auto: certo una quattro ruote motrici, l’unico tipo di mezzo che può circolare in queste condizioni di terreno. Le norme per la guida sono molto rigide: solo maggiorenni, pompe e manometri a bordo per regolare la pressione delle gomme in modo da superare le salite nell’interno dove è facile insabbiarsi e, soprattutto, un attento controllo dell’orario delle maree.
Alla mattina, passeggiata a Hook Point, proprio dove sbarcano i mezzi che decidono di affrontare la sabbia. Superata la difficoltà del primo impatto, si dirigono tutti verso nord, i camper e le caravan verso Lake McKenzie e Dundurara, dove si trovano alcuni campsite attrezzati; da ora in poi i loro spostamenti saranno determinati solo dalle maree. Con un bus turistico affrontiamo l’escursione che da Hook Point porta a Lake Birrabeen, una distesa di blu intenso tra foreste di casaurine e auricarie, percorrendo quindi a piedi la Pile Valley, che segue il corso del torrente Wangoolba tra giganti vegetali e un intricato sottobosco di liane, felci a corna d’alce, orchidee, fino a raggiungere la Central Station, il cuore del parco. Sono qui la direzione e gli uffici, qui viene coordinata l’attività di controllo che sovrintende la salvaguardia di quest’isola che nel 1992 fu dichiarata World Heritage Area. A tarda sera ritorno a Hook Point, tra gli spruzzi della marea crescente e passeggiata sotto la luna fino al campo.

PleinAir 317 – dicembre 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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