Come piaceva a Brahms

Natura e arte, paprika e feste, cantine scavate nelle viscere della terra e pianure sconfinate, l'Ungheria centro-meridionale ha il fascino di una terra aperta verso il futuro, ma ancora legata al passato e alle tradizioni. Scopriamola con un itinerario di circa 1100 chilometri, dal lago Balaton a Pécs, dalla puszta a Budapest.

Indice dell'itinerario

Le note della Palotas di Ferenc Erkel avvolgono il barocco castello di Festetics a Keszthely, quando i neolaureati della “Georgikon”, la prima Facoltà di Scienze Agrarie d’Europa, danno inizio alle danze nell’ampio giardino del palazzo.

Natura e barocco
Se non avete la possibilità di assistere alla festa di fine corso, prevista per la seconda metà di maggio, vi consigliamo comunque di visitare il castello con le enormi sale, dove spesso sono organizzati concerti di musica classica, e la biblioteca Helikon che ospita oltre 90000 volumi, dai codici medioevali alle novelle per bambini (il castello, posto nel centro del paese, è aperto dalle 10 alle 17, escluso il lunedì).
Al Balatoni Múzeum (stessi orari del castello) potrete invece scoprire la varietà della flora e dalla fauna del lago Balaton, il più osannato e frequentato specchio d’acqua dell’Ungheria. Abbiamo preferito trascurare la costa meridionale, eccessivamente turistica, e seguire la strada 71 che costeggia la più tranquilla sponda settentrionale.
Da secoli la zona è rinomata per le acque termali, ottime per la cura delle malattie cardiache.
Tornando per la strada appena percorsa, dopo pochi chilometri si arriva alla penisola di Tihany e all’omonimo villaggio, adagiato attorno a un’abbazia benedettina costruita nel 1055 su uno sperone roccioso. Il paese, anche se molto frequentato e saturo di negozi di artigianato, ancora conserva alcune case tradizionali con i tetti in paglia. Una di queste, adibita a museo, si trova a due passi dell’abbazia.
Dal 1952 la penisola Tihany è stata dichiarata parco nazionale, il primo del paese. Seguendo un cammino posto a lato del cimitero si arriva alla cima Kiserdo (30 minuti) da cui si ha una bella vista su due laghetti interni, il Belso-tó e il Külso-tó, circondati dai canneti dove trovano rifugio centinaia di volatili. Attraversato il lago Balaton con il traghetto (corse ogni ora), si arriva a Szántód: da qui il nostro viaggio prosegue prima lungo la strada n. 7, poi lungo la 67 che fiancheggia una deliziosa campagna coltivata, e infine per la n. 6. Dopo 160 chilometri da Szántód arriviamo a Pécs.

Tra Oriente e Occidente
E’ una tra le cittadine più amabili dell’Ungheria, non solo per il clima di tipo mediterraneo ma soprattutto perché, forse più di altre, Pécs è stata ed è in bilico tra Oriente e Occidente. Da qui transitavano le carovaniere che dal centro Europa trasportavano le merci da e per Bisanzio.
Della romanica Sopianae rimangono le camere sepolcrali e i resti del mausoleo dei primi cristiani, le tracce del dominio dei turchi che conquistarono la città nella seconda metà del Trecento, i minareti e le moschee. Ma anche gli edifici barocchi degli Asburgo, qui arrivati nel 1668, e la sinagoga di Kossuth tér della comunità ebraica, che oggi accoglie 500 persone. La città è piuttosto raccolta, la si gira a piedi; a cominciare dalla piazza Széchenyi su cui si affacciano la Moschea del Pascià Gázi Kássim con la verde cupola (oggi chiesa cattolica), il Municipio, alcuni bei palazzi e la fontana di porcellana. A Pécs non ci si annoia, si contano una ventina tra musei, aree archeologiche e gallerie. Al civico 2 di via Káptalan si trova la mostra di porcellane della fabbrica Zsolnay che, in particolare nei cinquant’anni successivi alla sua apertura nel 1868, fu all’avanguardia nel design in tutto il continente.
Dalle terme di Gellert a Budapest ai palazzi di Kecskemét, sono centinaia gli edifici resi unici dalle singolari maioliche di Zsolnay, fatte di ceramica pirogranitica all’eosina. A Siklós e Villány, due paesi adagiati nella rigogliosa campagna, una quarantina di chilometri a sud di Pécs, si producono alcuni tra i migliori vini dell’Ungheria. La loro qualità è legata a una terra generosa e al clima, che favorisce la perfetta maturazione dell’uva. Rossi corposi, bianchi profumatissimi, rosati vellutati, adatti a tutte le portate, dalla zuppa di gulasch ai dentici del Balaton: Zweigelt, Olaszrizling, Harslevelu. Per degustarli vi consigliamo di raggiungere Villánykövesd, un abitato dove si contano più cantine che case (si trova a un paio di chilometri da Villány, lungo la strada per Pécs). Torniamo a Pécs e continuamo per Kecskemét. Seguiamo la strada 57 fino a Mohács, con la splendida chiesa ortodossa posta nei pressi dell’Hotel Csele in Szent Mihály, poi la 56 fino a Bátaszék dove s’imbocca la 55. A Baja proseguiamo per la 54 fino a Kecskemét, una raffinata città d’arte rinomata soprattutto per gli eventi musicali: come quelli organizzati d’estate nella Chiesa Grande e nel Teatro József Katona, affacciato nell’omonima piazza. Dal 1934, puntualmente ogni agosto, si tiene il “Festival di Hirös” che, oltre a programmi culturali, prevede esposizioni di manufatti tradizionali e prodotti tipici. Dopo aver visto il Cifra Palota (casa sfarzosa) e la sala d’onore all’interno del Municipio, lasciamo la “città più bella del mondo”, secondo il compositore Johannes Brahms, per scoprire una terra selvaggia e misteriosa: la Nagyalföld, la Grande Pianura.
Da Kecskemét seguiamo la strada 441 fino a Cegléd dove deviamo a destra per la 4; a Fegyvernek giriamo a sinistra per la 34 fino a Tiszafüred, con il lago artificiale formatosi dallo sbarramento del fiume Tibisco (possibilità di gite in barca).
Da qui riprendiamo a destra la strada 33 diretta a Hortobágy, base di partenza per molte escursioni nella Grande Pianura. Nei pressi del celebre ponte a nove archi si trovano la Nagycsarda di Hortobágy (un’osteria risalente a due secoli fa), il museo dei pastori e il padiglione dedicato all’ecosistema della puszta.

Una terra senza confini
“Immagina una prateria soda e piatta come una tavola, sulla quale fino al lontano orizzonte non si scorge altro che gli altissimi e nudi pali dei pozzi a carrucola scavati per abbeverare cavalli semiselvaggi e buoi: migliaia di buoi bianco grigi dalle corna lunghissime e paurosi come animali selvatici, cavalli irsuti e insignificanti, custoditi da pastori seminudi a cavallo muniti di bastoni simili a lance” rilevò il secolo scorso Otto von Bismarck. Da allora il paesaggio della Grande Pianura, battezzato dagli ungheresi puszta, solo in parte è stato addolcito dalle coltivazioni.
Puszta significa pianura nuda; è una terra inospitale, dove nei mesi caldi si registrano le temperature più alte del paese e d’inverno quelle più basse. Anche se apparentemente priva di vita, la Grande Pianura, compresa tra il Danubio e il Tibisco, ha un’impensabile varietà, di animali e vegetali, anche endemici. Il loro habitat è protetto da alcune riserve naturali e da tre parchi nazionali: Hortobágy dove sono state censite più di 200 specie di uccelli migratori, Körös-Maros in via di realizzazione e Kiskunsag, dal 1975 dichiarato dall’Unesco riserva di biosfera. La steppa ungherese è la terra dei csikos, mandriani abilissimi a riunire il bestiame, a usare la frusta e a cavalcare stando in piedi su due cavalli lanciati al galoppo. Per vederli in azione, ad agosto, si può partecipare alla Fiera del Ponte di Hortobágy oppure assistere a uno degli spettacoli organizzati per i turisti.
Tornati a Tiszafüred per la strada 33, che attraversa colorati campi di soia e di lavanda, proseguiamo verso est fino all’abitato di Dormánd dove imbocchiamo l’autostrada M3. Arrivati a Gödöllo si lascia l’autostrada per visitare il castello di Grassalkovich, del XVIII secolo, che ospitò l’imperatore Francesco Giuseppe con la consorte Sissi (aperto dal primo aprile al 31 ottobre dalle 10 alle 18, escluso il lunedì).
Di nuovo sull’autostrada M3 continuiamo fino a Budapest “baciata” dal Danubio, la capitale che da sola può valere un viaggio in Ungheria.

PleinAir 322 – giugno 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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